Danno dinamico-relazionale e danno morale: risarcibilità, prova e liquidazione a punti

28 Novembre 2023

La Cassazione indaga il rapporto tra danno da perdita del rapporto parentale e danno morale chiarendo se il primo è ricompreso nel secondo oppure è un danno autonomamente risarcibile e diverso.

Massima

Nella valutazione del danno alla salute, il giudice di merito deve valutare la fenomenologia della lesione non patrimoniale: sia nell’aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale, che si colloca nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso), che nell’aspetto dinamico-relazionale della vita del danneggiato (c.d. danno relazionale, che si colloca nell’ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce “altro da sé”). Si tratta di danni diversi e autonomamente risarcibili, a condizione di essere provati caso per caso.

Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella.

Il caso

Moglie e nipoti, unici eredi legittimi, agivano in giudizio per chiedere i danni iure hereditatis e iure proprio da uccisione del proprio congiunto, rispettivamente marito e zio. Costui, infatti, era stato investito da un’automobile per esclusiva colpa e responsabilità del conducente e da lì a poco era deceduto all’ospedale, per l’aggravarsi delle lesioni subite.

Il Tribunale accoglieva la domanda.

La Corte d’appello riformava la sentenza, rigettando la domanda risarcitoria per i nipoti.

In sostanza, il giudice di secondo grado aveva ritenuto che il danno relazionale andasse ricondotto al solo “stravolgimento della vita” e quindi al danno morale, ragione di personalizzazione del danno, ma non di autonoma considerazione.

In seconda battuta, aveva ritenuto non provata la relazione parentale e il relativo danno da lesione., affermando che era mancata l’allegazione della “sofferenza patita”, ignorando le presunzioni (stretto vincolo familiare, coabitazione, frequentazione, etc.), pur dando atto che a livello istruttorio erano stati articolati capitoli di prova testimoniale in ordine al vincolo affettivo di particolare intensità.

La questione

Come si evince dal fatto, si pongono tre questioni fondamentali che la Suprema Corte ha affrontato e chiarito:

  1. il rapporto tra “danno da perdita del rapporto parentale” e danno morale in relazione alla natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale, per evitare la duplicazione del danno, ma anche per riconoscere e risarcire gli effettivi danni. Detto diversamente, il danno da perdita parentale è ricompreso nel danno morale e va eventualmente liquidato tramite la personalizzazione del secondo? Oppure è un danno autonomamente risarcibile e diverso dal danno morale?
  2. la prova del rapporto parentale di particolare intensità che possa dar luogo al relativo risarcimento.
  3. l’eventuale liquidazione del danno da perdita parentale.

Le soluzioni giuridiche

Le soluzioni rinvenibili nel panorama giurisprudenziale possono essere diverse.

Sul rapporto tra danno non patrimoniale e danno da perdita del rapporto parentale.

  1. l'opinione maggioritaria ritiene che la valutazione della lesione non patrimoniale debba avvenire nella sua fenomenologia, sia nell'aspetto interiore del danno sofferto (danno morale), sia nell'aspetto dinamico-relazionale (danno relazionale): Cass. civ., sez. lav., 28.8.2023, n. 25191; Id., sez. III, 18.4.2023, n. 10335; Id., 17.2.2023, n. 5119; Id., 9.11.2022, n. 32935; Id., sez. VI, 13.4.2022, n. 12060; Id., sez. III, 22.2.2022, n. 5763; Id., 7.10.2021, n. 27269; Id., sez. lav., 12.11.2020, n. 25614; Id., sez. III, 11.11.2019, n. 28989; Id. 26.7.2019, n. 20287; Id., 31.1.2019, n. 2788; Id., 28.9.2018, n. 23469; Id., 19.7.2018, n. 19151; Id., 17.12.2018, n. 901; Id., 20.5.2016, n. 10414; Id., sez. lav., 16.10.2014, n. 21917; Id., sez. III, 11.10.2013, n. 23147; Id., 3.10.2013, n. 22585.
  2. un diverso orientamento ritiene che l'attribuzione congiunta del danno morale e del danno da perdita del rapporto parentale costituisca duplicazione del risarcimento: Trib. Venezia, 8.3.2021, n. 433; Trib. Palermo, 07/01/2022, n.42. Per i giudici di legittimità occorre distinguere il danno dinamico-relazionale, rientrante nel danno biologico, dal diverso danno relazionale: costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno dinamico-relazionale, atteso che con quest'ultimo si individuano pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente (quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale). Non costituisce invece duplicazione la congiunta attribuzione del danno biologico e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore: Cass. civ., sez. III, 11/11/2019, n.28989; Id., sez. III, 10/01/2017, n.238; si veda anche Id., 04/11/2020, n.24473; sez. III, 17/12/2015, n.25351.

Sulla prova del danno da perdita parentale.

  1. in termini generali, vi è apprezzamento secondo l'id quodplerumqueaccidit: Cass. civ., sez. III, 30.8.2022, n. 25541; Id., 24.4.2019, n. 11212; Id., 11.12.2018, n. 31950; Id., 14.6.2016, n. 12146. Dunque si fa ricorso a presunzioni, massime di comune esperienza, al fatto notorio con riferimento alla realtà e alla intensità dei rapporti affettivi e alla gravità delle ricadute della lesione.

Sulla liquidazione

  1. il sistema a punti: in tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, illustrato in Cass. civ., sez. III, 21.4.2021, n. 10579 (v. anche Cass. civ., sez. III, 18/04/2023, n.10335).
  2. per la possibilità di riconoscere per il danno relazionale (accertabile dal punto di vista medico-legale e rientrante nel danno biologico e diverso dal danno da perdita del rapporto parentale) un aumento fino al 30% del danno biologico in assenza di danno morale: Cass. civ., sez. III, 17.5.2022, n. 15733; Id., 12.11.2020, n. 25614. Il codice delle assicurazioni, infatti, al comma 3° art. 138 stabilisce che “Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l'ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale di cui al comma 1, lettera b), può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30 per cento”.

La soluzione offerta dalla sentenza in esame fa riassunto e applicazione di quanto ritenuto dall'opinione maggioritaria:

1. Il cd. danno morale e quello dinamico-relazionale sono danni diversi e perciò autonomamente risarcibili, a condizione di essere provati caso per caso, all'esito di articolata ed esaustiva istruttoria (c.d. comprovabilità del danno non patrimoniale), tenendo conto che:

  • il danno dinamico relazionale può formare oggetto di prova rappresentativa diretta,
  • mentre il risarcimento del danno morale può rappresentare soltanto l'esito terminale di un ragionamento deduttivo, che tenga conto (oltre che delle presunzioni) del notorio e delle massime di esperienza.

2. Occorre una articolata ed esaustiva istruttoria: l'esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere, secondo l'id quodplerumqueaccidit, la sofferenza del familiare superstite, giacché tale conseguenza è, per comune esperienza, connaturale all'essere umano. Naturalmente, trattandosi di una praesumptiohominis, sarà sempre possibile per il convenuto dedurre e provare l'esistenza di circostanze concrete dimostrative dell'assenza di un legame affettivo tra vittima e superstite.

3. Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella (Cass., sent. cit. n. 10579/2021).

Osservazioni

La decisione si segnala perché ricostruisce e riassume, con particolare capacità sintetica, la morfologia e la funzione del danno non patrimoniale.

Sulla scorta delle Sezioni Unite del 2008 sulla natura unitaria e omnicomprensiva del danno non patrimoniale, si chiarisce che l'unitarietà del danno non patrimoniale va intesa nel senso che qualsiasi pregiudizio non patrimoniale sarà soggetto alle medesime regole ed ai medesimi criteri risarcitori (artt. 1223, 1226, 2056, 2059 c.c.); mentre la onnicomprensività del danno non patrimoniale va intesa come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (modificative in peius della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall'evento di danno, con il concorrente limite di evitare duplicazioni (attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici).

Dunque il giudice deve procedere ad una compiuta istruttoria, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi, oltre alla testimonianza, il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni.

Questa diversità ontologica tra danno biologico e danno da perdita parentale si rinviene anche a livello normativo, in quanto gli artt. 138 e 139 cod. ass., come modificati dalla L. 4.8.2017, n. 124, art. 1, comma 17°, presentano una nuova rubrica ("danno non patrimoniale", sostituiva della precedente, "danno biologico"), e il cui contenuto letterale impongono al giudice di distinguere, su di un piano generale ed al di là della specifica sedes materiae, il danno dinamico-relazionale dal danno morale. Ad esempio, il comma 3° art. 138 stabilisce che “Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l'ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale di cui al comma 1, lettera b), può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30 per cento”.

Conseguentemente, il giudice deve valutare la fenomenologia della lesione non patrimoniale: sia nell'aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale, che si colloca nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso), che nell'aspetto dinamico-relazionale della vita del danneggiato (c.d. danno relazionale, che si colloca nell'ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce "altro da sé").

Con riguardo al danno da perdita del rapporto parentale, a fronte della morte di un soggetto causata da un fatto illecito di un terzo, il nostro ordinamento riconosce ai parenti del danneggiato un risarcimento iure proprio, di carattere patrimoniale e non patrimoniale, per la sofferenza patita e per le modificate consuetudini di vita, in conseguenza dell'irreversibile venir meno del godimento del rapporto parentale con il congiunto.

Tale forma risarcitoria intende ristorare il familiare del pregiudizio subito sotto il duplice profilo, morale, consistente nella sofferenza psichica che questi è costretto a sopportare a causa dell'impossibilità di proseguire il proprio rapporto di comunanza familiare, e relazionale, inteso come significativa modificazione delle abitudini di vita - destinate, a volte, ad accompagnare l'intera esistenza del soggetto che l'ha subita.

Quanto alla prova del danno, in linea generale, spetta alla vittima dell'illecito altrui dimostrare i fatti costitutivi della propria pretesa e, dunque, l'esistenza del pregiudizio subito: onere di allegazione che potrà essere soddisfatto anche ricorrendo a presunzioni semplici e massime di comune esperienza.

Nel caso di morte di un prossimo congiunto (coniuge, genitore, figlio, fratello), l'esistenza stessa del rapporto di parentela faccia presumere, secondo l'id quod plerumque accidit, la sofferenza del familiare superstite, giacché tale conseguenza è, per comune esperienza, connaturale all'essere umano. Naturalmente, trattandosi di una praesumptio hominis, sarà sempre possibile per il convenuto dedurre e provare l'esistenza di circostanze concrete dimostrative dell'assenza di un legame affettivo tra vittima e superstite.

Più in generale, emerge il significato e il valore dimostrativo dei meccanismi presuntivi, al fine di apprezzare la gravità o l'entità effettiva del danno. Così, verranno in rilievo:

  1. la sopravvivenza di altri congiunti o, al contrario, al venir meno dell'intero nucleo familiare del danneggiato;
  2. l'effettiva convivenza o meno del congiunto colpito con il danneggiato (cfr., in tema di rapporto tra nonno e nipote, Cass. n. 21230/2016 e Cass. n. 12146/2016);
  3. l'età della vittima, l'età dei superstiti (e la correlata eventuale presenza di famiglie autonome),
  4. il grado di parentela
  5. le abitudini ed il grado rapporto di frequentazione (e, in particolare, le visite quotidiane e le vacanze trascorse insieme), i pranzi domenicali e festivi ed i momenti celebrativi passati insieme (v. tabella milanese “a punti” edizione 2022 sulla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale),
  6. l'eventuale abitazione in immobili contigui (v. citata tabella milanese “a punti” edizione 2022),
  7. il ruolo in concreto svolto dal de cuius nelle dinamiche della storia familiare dei parenti superstiti (tenuto anche conto del loro modello di famiglia di riferimento), gli eventuali atti di liberalità.

Anche di recente la Suprema Corte ha confermato che, ad esempio, l'assenza di convivenza non è elemento dirimente. In tema di pregiudizio derivante dalla perdita o dalla lesione del rapporto parentale, anche in assenza di un rapporto di prossimità familiare d'indole “nucleare”, il difetto della convivenza con la vittima non esime il giudice di merito dall'analisi degli elementi probatori, in relazione allo specifico rapporto parentale dedotto (e senza potersi limitare ad enunciare formule astratte e stereotipate), nella liquidazione del danno, tenendo conto anche della prossimità del grado di parentela, ai fini dell'assolvimento dell'onere probatorio (Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2023, n. 27658).

Ma attenzione: non si tratta di un danno presunto oppure in re ipsa.

Rimane fermo l'onere di identificare le condizioni di apprezzabilità minima del danno: occorre una rigorosa dimostrazione (sia pure anche in via presuntiva) della gravità e della serietà del pregiudizio e della sofferenza patita dal danneggiato, tanto sul piano morale-soggettivo, quanto su quello dinamico-relazionale, senza che tale serietà e apprezzabilità, peraltro, sconfini necessariamente in un vero e proprio radicale ed eccezionale sconvolgimento delle proprie abitudini di vita, che inciderà, se del caso, sulla personalizzazione del risarcimento, e che costituisce a sua volta onere dell'attore allegare e provare, in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche (Cass. civ., sez. III, 19 ottobre 2016, n. 21060; Cass., sez. III, 13/05/2011, n.10527).

Ma non è finita qui.

La Cassazione ci ricorda che il danno da perdita parentale è diverso non solo dal danno morale, ma anche dall'eventuale danno biologicoche detta perdita o lesione abbiano ulteriormente cagionato al danneggiato.

La morte di un prossimo congiunto può causare nei familiari superstiti, oltre al danno parentale, anche un danno biologico vero e proprio, in presenza di una effettiva compromissione dello stato di salute fisica o psichica di chi lo invoca, l'uno e l'altro dovendo essere oggetto di separata considerazione come elementi del danno non patrimoniale, ma nondimeno suscettibili - in virtù del principio della cd. "onnicomprensività" della liquidazione - di liquidazione finale unitaria.

Quanto alla liquidazione del danno da lesione parentale, la sentenza in esame si pone nel solco già tracciato della liquidazione del danno relazionale seguendo una tabella basata sul sistema a punti, con i descritti criteri innanzi evidenziati (Cass. civ., sez. III, 21.4.2021, n. 10579; 10 novembre 2021, n. 33005).

Talune affermazioni possono sembrare trovare diverso apprezzamento in giurisprudenza, ma il contrasto è solo apparente.

Sulla duplicazione risarcitoria, occorre tenere distinti il danno alla salute/biologico dal danno morale e da lesione del rapporto parentale.

In particolare, in tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno dinamico-relazionale, atteso che con quest'ultimo si individuano pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente (quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale). Non costituisce invece duplicazione la congiunta attribuzione del danno biologico e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione). Deriva da quanto precede, pertanto, che, ove sia dedotta e provata l'esistenza di uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione (Cass. civ., sez. III, 11 novembre 2019, n.28989; si vedano anche Cass. civ., sez. III, 10 gennaio 2017, n.238).

Nel caso di lesione della salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico – inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali – e del danno c.d. esistenziale, appartenendo tali c.d. "categorie" o "voci" di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (l'art. 32 Cost.). Non costituisce duplicazione risarcitoria, di converso, la differente ed autonoma valutazione compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute.

Dunque, fuori dal danno biologico, il danno da perdita parentale deve trovare specifica considerazione e valutazione, per quanto visto, essendo un danno autonomamente risarcibile.

Ecco che la Cassazione individua lo strumento della tabella con sistema a punti.

Nonostante la Cassazione abbia riassunto principi generali già presenti nella giurisprudenza la decisione gravata è stata gravemente cassata.

Infatti, la corte territoriale non ha fatto applicazione dei principi in tema di accertamento del danno, avendo erroneamente ricondotto il danno al solo "stravolgimento della vita" (vicenda che, come osservato in precedenza, può viceversa costituire, in considerazione della sua eccezionalità, motivo di personalizzazione del danno) ed avendo omesso il richiamo alle necessarie e doverose presunzioni da cui avrebbe potuto trarre la prova dei danni morali subiti dagli odierni ricorrenti: in altri termini, è stata severamente censurata l'apodittica ed aprioristica limitazione del danno risarcibile (connesso solo allo stravolgimento della vita ed al patimento immediatamente percepibile) ed il conseguente omesso ricorso alle presunzioni.

Come se ciò non bastasse, la motivazione è stata ritenuta insanabilmente contraddittoria, laddove da un lato asserisce la mancanza di allegazione della "sofferenza patita" e dall'altro richiama, in un successivo passaggio, le note ex art. 183 c.p.c., comma 6, ritualmente depositate, in cui vi è proprio l'allegazione precedentemente richiesta; dall'altro, sostiene che erano stati articolati dei capi di prova tesi ad evidenziare "l'intensità del rapporto parentale" e, dall'altro ancora, ha ritenuto non provato il legame ed il vincolo affettivo di particolare intensità sebbene i testi abbiano confermato le circostanze indicate nei capi, che erano stati ammessi sul presupposto della loro rilevanza.

Proprio la severa censura della decisione di merito indica che il tema del danno da perdita del rapporto parentale è incerto e che la sentenza annotata manifesta tutta la sua utilità, facendo chiara sintesi dello stato dell'arte.

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