Prescrizione del reato in appello: in base a quale regola di giudizio devono essere decise le statuizioni civili?

03 Aprile 2024

Quando l'imputato impugni la sentenza che lo ha riconosciuto responsabile del reato ascrittogli e lo ha condannato al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, e, prima della decisione, decorrano interamente i termini di prescrizione del reato, i giudici di appello devono pronunciarsi sulle statuizioni civili sulla base della regola di giudizio processual-penalistica dell'oltre ogni ragionevole dubbio, ovvero di quella processual-civilistica del più probabile che non?

Questione controversa
  • La questione controversa riguarda la regola di giudizio alla quale deve attenersi la Corte di appello innanzi alla quale sia stata impugnata la sentenza di condanna - anche al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile - in relazione a reato per il quale vengano integralmente a decorrere, prima della celebrazione dell'udienza, i termini massimi di prescrizione.
  • Non si tratta di questione sorta a seguito di un contrasto interno alla giurisprudenza di legittimità.
  • Ed invero, sul punto si era già registrato l'intervento delle Sezioni Unite, che, con la sentenza Tettamanti (Cass. pen., sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490), avevano statuito che «allorquando, ai sensi dell'art. 578 c.p.p., il giudice di appello - intervenuta una causa estintiva del reato - è chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili per la presenza della parte civile, il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva, pur nel caso di accertata contraddittorietà o insufficienza della prova» (in termini, nella successiva giurisprudenza della Suprema Corte, Cass. pen., sez. VI, 7 gennaio 2010, n. 4855; Cass. pen., sez. VI, 20 marzo 2013, n. 16155; Cass. pen., sez. IV, 11 aprile 2018, n. 20568): si era, dunque, riconosciuto il potere del giudice di appello di addivenire - nonostante l'intervenuta estinzione del reato - ad una sentenza di assoluzione dell'imputato all'esito di una valutazione del compendio probatorio compiuta secondo la regola di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, pur dovendosi solo accertare la fondatezza della domanda di risarcimento del danno, non essendo più in discussione la responsabilità penale dell'imputato.
  • Questo incontroverso modus operandi è stato, tuttavia, travolto da C. cost. 7 luglio 2021, n. 182: chiamato a vagliare i rapporti tra l'art. 578 c.p.p. e la presunzione di innocenza, il Giudice delle leggi, con l'indicata sentenza interpretativa di rigetto, ha ritenuto che, nella situazione in esame, «il giudice non è affatto chiamato a formulare, sia pure incidenter tantum, un giudizio di colpevolezza penale» dell'imputato, «non è chiamato a verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice, in cui si iscrive il fatto di reato di volta in volta contestato; egli deve invece accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell'illecito aquiliano», «se quella condotta sia stata idonea a provocare un danno ingiusto secondo l'art. 2043 cod. civ., e cioè se, nei suoi effetti sfavorevoli al danneggiato, essa si sia tradotta nella lesione di una situazione giuridica soggettiva civilmente sanzionabile con il risarcimento del danno»: accertamento «che impinge unicamente sugli elementi costitutivi dell'illecito civile», e che va, dunque, compiuto sulla base delle regole di giudizio proprie del giudizio civile.
  • Qual è, dunque, la regola di giudizio alla quale devono attenersi i giudici di appello che, nonostante l'estinzione del reato per prescrizione, debbano comunque pronunciarsi sulle statuizioni civili contenute nella sentenza impugnata?

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione

Dando continuità al dictum della Corte costituzionale, il giudice di appello dovrebbe: 1) ai fini penali, valutata l'insussistenza della evidenza della prova dell'innocenza dell'imputato, concludere per l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione (esulano, ovviamente, dalla questione controversa i casi nei quali vi siano gli estremi per una pronuncia liberatoria, e quelli nei quali l'imputato rinunci alla prescrizione); 2) ai fini civili, valutare la responsabilità dell'imputato in rapporto alla fattispecie dell'illecito aquiliano e pronunciarsi sul diritto delle parti civili al risarcimento del danno, applicando la regola di giudizio del più probabile che non.

Seguendo, invece, il principio di diritto delle Sezioni Unite Tettamanti, il giudice di appello, in presenza di una causa estintiva del reato, dovrebbe comunque valutare i fatti secondo il paradigma dell'oltre ogni ragionevole dubbio, onde pronunciarsi sulle statuizioni civilistiche della sentenza impugnata.

Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. IV, 8 giugno 2023, n. 30386
  • I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare il ricorso per cassazione delle parti civili avverso la sentenza di appello che, riformando la sentenza di condanna di primo grado, aveva assolto l'imputato dal reato a lui ascritto, revocando le statuizioni in favore delle parti civili.
  • I giudici di appello, pur rilevando che alla data della propria pronuncia il reato risultava estinto per prescrizione, avevano comunque valutato i fatti nel merito, in considerazione della presenza delle parti civili, pervenendo alla conclusione che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, l'istruttoria dibattimentale non avesse consegnato la prova della penale responsabilità dell'imputato oltre ogni ragionevole dubbio.
  • Con il ricorso per cassazione le parti civili deducevano, tra l'altro, la violazione dell'art. 578 c.p.p., nell'interpretazione offerta dalla sentenza n. 182 del 2021 della Corte costituzionale: i giudici di appello avrebbero dovuto dichiarare la prescrizione del reato ex art. 129 comma 1, c.p.p. e, non potendo recuperare opinabili valutazioni fondate sul ragionevole dubbio in ambito penale, avrebbero dovuto valutare la condotta dell'imputato sotto il mero profilo della responsabilità civile ex artt. 2043,2054 e 2059 c.c., attenendosi alla regola di giudizio del più probabile che non.
  • La Quarta Sezione ha rilevato che, mentre la sentenza Tettamanti delle Sezioni Unite «è espressione di un diritto vivente per il quale la presunzione di innocenza non è chiamata a svolgere, nell'ambito dei rapporti tra azione penale ed azione civile, il ruolo di principio ordinatore, e si inscrive in un contesto culturale che trasmette all'azione civile le regole del giudizio penale in cui è stata ospitata», la sentenza n. 182 del 2021 della Corte costituzionale costituisce «termine di riferimento non eludibile», poiché «la condivisibile soluzione rinvenuta appare comporre in un ragionevole equilibrio i diversi valori in gioco, ponendosi nella linea di tendenza anche normativa di una sempre più evidente distinzione tra azione penale e azione civile».
  • Dunque, «la decisione cui si dovrebbe pervenire nel presente procedimento si contrapporrebbe al decisum di Sez. U. Tettamanti, dovendone disapplicare il principio secondo cui all'esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, quando, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili. Ma, com'è noto, la legge 23 giugno 2017, n. 103 ha dettato nuove regole in materia di rapporti tra Sezioni unite e Sezioni semplici, introducendo con il nuovo comma 1-bis dell'articolo 618 cod. proc. pen. un'ipotesi di rimessione ‘obbligatoria', che scatta ogni qual volta una delle Sezioni semplici ritenga di non condividere il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite. La norma trova evidente applicazione anche nel caso di novum che dipenda da una sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale».
  • Il ricorso è stato, pertanto, rimesso alle Sezioni Unite, con la formulazione del seguente quesito: «Se, nel giudizio di appello promosso avverso la sentenza di condanna dell'imputato anche al risarcimento dei danni, intervenuta l'estinzione del reato per prescrizione, il giudice debba pronunciarsi sulle statuizioni civili sulla base della regola di giudizio processual-penalistica dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” ovvero di quella processual-civilistica del “più probabile che non”».

Informazione provvisoria

Le Sezioni Unite, all’esito della camera di consiglio del 28 marzo 2024, hanno statuito che «In coerenza con i principi sanciti dall’art. 27 Cost., dall’art. 6 della Cedu e dagli artt. 48 e 53 della Carta di Nizza, il giudice può pronunciare l’assoluzione nel merito alla stregua dei principi enunciati da Cass. pen., sez. un.,28 maggio 2009, n. 35490, Tettamanti, Rv. 244273.

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