Sì al leveraged buy out solo se accompagnato da un’attenta valutazione sulla futura redditività dell’impresa
29 Gennaio 2024
Massima Le operazioni di leveraged buy out, quando determinano il fallimento della società a cagione dei debiti che vanno a gravare sulla stessa, possono integrare il delitto di bancarotta fraudolenta da operazioni dolose ex art. 329, comma 2 lett. b) d.lgs. n. 14 del 2019, ove si dia prova che il leveraged by out non era, al momento del suo avvio, sorretto da un effettivo, ragionevole e sostenibile progetto industriale Il caso In sede di merito, un soggetto era condannato, per quanto di interesse in questa sede, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. I fatti di distrazione erano in sostanza rappresentati dall'acquisto da parte della società fallita di un ramo di azienda di proprietà di altra persona giuridica, sempre collegata al medesimo imputato; l'acquisto, secondo l'accusa, era privo di ogni logica imprenditoriale ed effettuato a prezzi ingiustificati, visto il valore irrisorio del bene acquistato. In sede di ricorso per cassazione, la difesa lamentava che i giudici di merito non avessero valutato, come sostenuto dalla difesa, che la predetta operazione negoziale andava ricostruiti in termini di management buy out, che, secondo gli insegnamenti giurisprudenziali, non rileva a titolo di bancarotta fraudolenta, salva l'incapacità conclamata dell'operazione di generare ricchezza, evenienza questa irragionevolmente affermata, invece, dalla Corte territoriale, obliterando chiari dati probatori. In proposito, i giudici di merito avevano escluso che l'operazione in parola potesse rientrare nella categoria del MBO sulla base di una erronea valutazione di non redditività in termini di rientro dell'operazione. La questione e le soluzioni giuridiche Come è noto, le operazioni di management buy out sono operazioni di acquisizione di azienda da parte di un gruppo di manager interni all'azienda che assumono la figura di manager-imprenditori. Solitamente, questa operazione di acquisizione della società in cui si lavora avviene comprando azioni e diventando i soci di controllo della società stessa, con tutto il potere decisionale e il diritto di godere dei profitti/utili generati e distribuiti sotto forma di dividendi. Assumendo essi la veste sia di soci che di manager, tale doppio status incentiva i manager a gestire in modo diligente e non opportunistico la loro stessa società (PROIA, La partecipazione dei lavoratori tra realtà e prospettive. Analisi della normativa interna, in Dir. Rel. Industr., 2010, 60). Evidentemente, una tale operazione è indifferente per l'ordinamento – specie in relazione ai profili penalistici – allorquando le disponibilità finanziarie per concludere l'acquisto delle quote provengano da risorse proprie dei manager aziendali, che facciano fronte alle spese necessario con il proprio patrimonio o comunque con sforzi di carattere personale – come facendo ricorso a prestiti, ecc.. Diverse invece le considerazioni nel caso in cui l'operazione di MBO assuma le caratteristiche del leveraged buy out, termine che indica un'operazione finanziaria in grado di far acquisire una società, chiamata target, tramite l'indebitamento della stessa. Nel leveraged buy out, di regola, per giungere al risultato di acquisire la titolarità dell'impresa, viene costituita una nuova società (cd. newco) poi utilizzata per acquistare le azioni dell'azienda cd. target, grazie a denaro concesso a prestito dalle banche; il debito verrà in seguito rimborsato con gli utili futuri e/o attraverso la vendita di una parte delle attività patrimoniali della società acquisita. La peculiarità del leveraged buyout risiede, dunque, nel ricorso al debito per finanziare l'acquisizione di una società (che sarà commisurato alle caratteristiche di bilancio della stessa) e nella traslazione del debito sulla società acquisita (su tali operazioni e sulla loro ratio¸ SALATINO, Le operazioni di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, in Giur. Comm., 2018, II, 363; GALLETTI, Leveraged buy out ed interessi tutelati: appunti per la ricognizione della fattispecie, ivi, 2008, I, 433; CASONATO, La relazione dell'esperto nelle operazioni merger leveraged buy out, in Contr. Imp., 2020, 325; SANGIOVANNI, Indebitamento, acquisizione e fusione: il merger leveraged buy out, in soc., 2010, 959). A lungo si è discusso sulla liceità di tale operazione, che da un lato in alcuni casi si riteneva avere carattere elusivo e quindi integrare un illecito fiscale (FONTANA, Profili tributari del "leveraged buy out", in Riv. Giur. Trib., 2006, 942; ANTONINI - DI DIO, Legittimità fiscale delle operazioni di "merger leveraged buyout" per modifica dell'"assetto proprietario", in Corr. Trib., 2016, 1091; ROSSI, L'abuso del diritto nelle operazioni di scissione e di "leveraged buy out", in Corr. Trib., 2015, 491; MENTI, L'operazione di merger leveraged buy out (MLBO): frode alla legge ed elusione fiscale, in Boll. Trib. Inf., 2017, 1373) e dall'altro pareva in contrasto con il disposto del I comma dell'art. 2358 c.c. giusto il quale “la società non può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni, se non alle condizioni previste dal presente articolo” (CARONE, Le operazioni di merger leveraged cash-out: il labile confine tra rischio ed illegittimità, in Soc., 2011, 180; SALAFIA, Il nuovo art. 2358 c.c. e la relazione con l'art. 2501 bis c.c., ivi, 2009, 575; FERNANDEZ, Le operazioni sulle proprie partecipazioni nella s.r.l., in Giur. Comm., 2010, II, 763). Nell'ambito del diritto penale, invece, a fronte di una posizione della dottrina tendenzialmente sempre nel senso di una piena liceità delle operazioni in discorso (DI PIETROPAOLO, Profili penali del leveraged buyout nel diritto italiano, in Il dir. Fall., 1990, 681; ACCINNI, Concessione di prestiti o garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie, in Riv. Soc., 1994, 159; ID., Le operazioni di leveraged buyout tra previsioni legislative di liceità e “vecchi” (e “nuovi”) profili di illiceità penale, in Governo dell'impresa e mercato delle regole. Scritti giuridici per Guido Rossi, 2002: ID., Profili penali nelle operazioni di leveraged management buy out, Milano 1996), per quanto riguarda la giurisprudenza si riscontra una netta linea di censura fra le posizioni assunte prima e dopo la modifica dell'art. 2630, n. 2, c.c.. Prima della riforma di tale disposizione, che in allora puniva gli amministratori che violavano le disposizioni di cui agli artt. 2347 e 2358 c.c. in tema di acquisto ed anticipazione di azioni proprie, la giurisprudenza si era espressa nel senso della illeceità penale delle operazioni di LMBO in quanto tale meccanismo finanziario sarebbe stato contrario al principio fissato nel citato art. 2358 c.c., in base al quale la società non poteva accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisito o la sottoscrizione delle azioni proprie, né accettare azioni proprie in garanzia (Cass., sez. V, 15 novembre 1999, n. 5503. La sentenza fu assai criticata in dottrina: RAGUSA MAGGIORE, leveraged buyout è reato per il nostro ordinamento giuridico, in Il dir. Fall., 2001, II, 404; CO', Divieto del leveraged buyout, in Il Fall., 2001, 315; GALLETTO – ROMANELLI, Leveraged Buy-Out: operazione lecita o illecita?, in Dir. Pen. Proc., 2000, 755; DIDDI, Leverage buyout. Operazione penalmente a rischio?, in Giust. Pen., 2000, II, 282; SCHLESINGER, Leveraged buy out: un'apparente presa di posizione della cassazione penale, in Corr. Giur., 2000, 747; PICONE, Liceità del merger leveraged buy-out?, in Soc., 2000, 711; FILOGRANA, Un falso precedente in tema di Leveraged budy-out, in Foro It., 2000, II, 402). Successivamente alla citata abrogazione della disposizione incriminatrice, risalente al 2001, la Cassazione – dietro sollecitazione della dottrina (CRISARI, La rilevanza penale dei negozi inquadrabili nello schema del leveraged buy-out dopo la riforma del diritto societario, in Cass. Pen., 2007, 3256; FANELLI, Il leveraged buy out post riforma del diritto societario, in Ind. Pen., 2005, 661) cambiato radicalmente il suo orientamento, sostenendo che “in tema di reati societari, a seguito della sostituzione dell'art. 2630 cod. civ. per effetto del D.Lgs. n. 61 del 2002, non costituisce illecito penale l'operazione, inquadrabile nel più ampio schema del c.d. leveraged by out, con la quale, di una società operativa, sia ceduto a credito parte del pacchetto azionario ad altra società, creata in modo strumentale per effettuare il detto acquisto con previsione di indebitamento e al fine di compiere attività di gestione di interesse della prima, per poi essere destinata alla fusione per incorporazione con la medesima e ripianare il debito con gli utili dell'attività posta in essere (Cass., sez. V, 18 maggio 2006, n. 23730). Queste conclusioni, peraltro, sembravano ricevere definitiva conferma a seguito dell'introduzione – di poco successiva all'abrogazione del citato art. 2630 c.c. - degli artt. 2501-bis ss. c.c., che hanno riconosciuto piena legittimità al fenomeno del leveraged buy-out disciplinandolo positivamente e prevedendo che, però, sia preceduto (ed accompagnato) da un progetto di fusione, redatto dagli amministratori di target e newco, nel quale devono essere indicate le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione (con allegata una relazione della società di revisione incaricata della revisione contabile obbligatoria di target o di newco); una relazione dell'organo amministrativo, anch'essa redatta dagli amministratori di target e newco, che spieghi le ragioni che giustificano l'operazione, il piano economico finanziario della stessa e gli obbiettivi che con essa si intendono perseguire; una relazione “degli esperti”, redatta da uno più esperti per ciascuna società, che attesti la ragionevolezza del progetto di fusione. Poco dopo tali riforme, tuttavia, diversamente da quanto ipotizzato in dottrina (FANELLI, Il leveraged buy out post riforma del diritto societario, cit., 661), il dibattito circa la rilevanza penale delle operazioni in parola è ripreso posto che, riconosciuto che il mancato rispetto degli artt. 2357 e 2358 c.c. in tema di operazioni su azioni proprie non era più sanzionato penalmente, si è attribuita alla condotta di LMBO un rilevanza in sede di diritto penale fallimentare, evidenziando come le condotte rientranti in tale tipologia di operazioni possano ben il diverso e ben più grave reato di bancarotta fraudolenta da operazioni dolose ex art. 223 comma 2, n. 2 L. fall. (oggi art. 329, comma 2 lett. b) d.lgs. n. 14 del 2019), ove si dia prova che il leveraged by out attuato attraverso il procedimento di fusione non era, al momento del suo avvio, sorretto da un effettivo progetto industriale (Cass., sez. V, 18 maggio 2006, n. 23730; Cass., sez. V, 2 ottobre 2020, n. 34292. In dottrina, CIANCI – IMPERATO, I rapporti tra il negozio del leveraged buy-out c.d. "a doppia newco" e la fattispecie di bancarotta per effetto di operazioni dolose, in Soc., 2012, 211; PICCARDI, La causazione del fallimento "per effetto di operazioni dolose". Profili soggettivi della fattispecie, in Cass. Pen., 2011, 4422). Osservazioni Il ricorso è stato giudicato infondato. La ragione di tale decisione è rinvenibile nella circostanza che, come evidenziato nei giudici di merito, mancava il presupposto fondamentale perché potesse parlarsi di management buy out ovvero la finalizzazione al risanamento dell'azienda, in mancanza di alcun progetto industriale, di un piano economico e finanziario ragionevole con indicazione delle fonti delle risorse finanziarie e descrizione degli obiettivi da raggiungere. Conclusioni La sentenza della Cassazione in commento, pur nella sua estrema sinteticità – giustificata presumibilmente, come si dirà, dalla irragionevolezza in ottica imprenditoriale delle condotte assunte dagli indagati – si presenta pienamente aderente alle considerazioni raggiunte in tema di potenziale rilevanza delle operazioni di LMBO quando le stesse risultino seguite da un fallimento dell'azienda. Evidentemente, non è che il fallimento della società target o della newco rendano la precedente operazione di leveraged buy-out, di per sé, un'operazione illecita né sotto il profilo civile né sotto quello penale. Tuttavia, laddove l'operazione di LMBO venga posta in essere - come nel caso di specie – in assenza delle condizioni richieste dalla legge e sopra indicate, il successivo fallimento della o delle società può assumere valenza penale, specie se al termine dell'operazione si decida di procedere alla fusione della target e della newco. Se infatti l'insolvenza della società risultante da tale fusione è la conseguenza della debolezza genetica (economica, patrimoniale e finanziaria) della target, la crisi di quest'ultima si aggrava in conseguenza del fatto, che alle pregresse situazioni debitorie vanno ad aggiungersi i debiti contratti dalla newco per l'acquisto della target e garantito con il pegno acceso sul pacchetto azionario della stessa target una volta acquisito. In questo caso, dunque, i creditori di target (una volta divenuti creditori della società risultante dalla fusione di target e newco) vedono eroso il patrimonio sul quale soddisfarsi da un debito contratto per acquistare azioni della stessa target e quindi, nella loro ottica, senza alcuna contropartita o interesse, anche perché newco sotto il profilo patrimoniale e finanziario non ha alcuna disponibilità. Analoghe problematiche si pongono quando l'insolvenza della società risultante dalla fusione sia da addebitare esclusivamente (o in gran parte) alle passività che la newco porta con sé in conseguenza dei debiti contratti per l'acquisto della target, debiti che risultano sovradimensionati rispetto alla capacità di generare cassa della nuova società. In questo caso, come accennato, il leveraged buy-out potrebbe configurare un'operazione dolosa anche se per giungere a tale conclusione occorre valutare se l'irragionevolezza del business plan posto alla base dell'operazione, e quindi l'insostenibilità dell'onere finanziario, era ravvisabile sin dall'inizio e nonostante ciò i protagonisti dell'operazione abbiano proseguito con l'unico obbiettivo di assumere il controllo di target. In entrambi i casi, dunque, come si legge nella presente pronuncia, diventa essenziale valutare la ragionevolezza del progetto industriale sottostante alla operazione leveraged, che non può essere sussunta nella fattispecie di cui all'art. 329, comma 2 lett. b) d.lgs. n. 14 del 2019 solo se sia, al momento del suo avvio, sorretto da un effettivo progetto industriale e risulti, pertanto, proiettato verso un'attività capace di generare effettiva ed adeguata ricchezza, sicché i rischi ad esso indubitabilmente sottesi, siano giustificabili. Si tratta di una considerazione ribadita anche nella pronuncia in commento. Peraltro, si ricorda che secondo la Cassazione, l'intrapresa di un leveraged buy out senza il rispetto dei predetti profili, in presenza di scelte di manifesta imprudenza, non integra l'ipotesi di bancarotta semplice ma la più grave ipotesi di bancarotta fraudolenta, nel caso di operazioni che abbiano comportato, in pressoché totale assenza di vantaggi, un notevole impegno economico-finanziario della società, dichiarata poco dopo fallita, atteso che le operazioni imprudenti, realizzate pur sempre nell'interesse dell'impresa, sono quelle in tutto o in parte aleatorie o frutto di scelte avventate, tali da rendere palese a prima vista che il rischio affrontato non è proporzionato alle possibilità di successo. (Cass., sez. V, 2 ottobre 2020, n. 34292, che ha ravvisato il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione in una operazione di leveraged buy-out, realizzata mediante il prelievo di rilevanti risorse da una società, già in stato di dissesto, per fornire all'acquirente le provviste finanziarie necessarie al pagamento delle quote ad un prezzo sovrastimato). |