Mutuo fondiario e superamento del limite di finanziabilità: quando la pace del giudicato cala sul suo controverso regime
16 Febbraio 2024
1. Il fatto, le pronunce dei giudici di merito e il ricorso 1.1 La vicenda ebbe inizio nel 2008 allorché un signore stipulò con la Cassa di Risparmio di San Miniato (poi fusasi per incorporazione in Credit Agricole Cariparma s.p.a.), un mutuo fondiario assistito, oltre che dalla necessaria garanzia ipotecaria sull’immobile oggetto dell’investimento, da due fideiussioni. Rimasto insoluto l’obbligo di restituzione, nel 2015 la mutuante iniziò l’esecuzione forzata nei confronti del debitore e dei suoi garanti. Gli esecutati proposero tuttavia opposizione ex art. 615 c.p.c., eccependo che il mutuo fondiario azionato era nullo per superamento del limite di finanziabilità stabilito dal combinato disposto dell'art. 38 c. 2 D.Lgs. 385/1993 (c.d. TUB, Testo Unico Bancario) e della normativa secondaria di attuazione. In base alle richiamate disposizioni infatti il finanziamento avrebbe dovuto essere contenuto entro la soglia dell’80% del valore dei beni ipotecati, tetto nella fattispecie ampiamente superato. Di qui la nullità del titolo esecutivo e di tutti gli atti espropriativi. A fronte di tali deduzioni – che segnalavano una criticità potenzialmente mortifera per la sorte del contratto – il giudice dell’esecuzione sospese la procedura. Alla società bancaria – Credit Agricole Italia, già Credit Agricole Cariparma s.p.a. – non restò che introdurre la fase di merito dell’opposizione nella quale l’Istituto, oltre a chiedere la reiezione in toto del mezzo ex adverso azionato, domandò in subordine al giudice o di limitare la declaratoria di nullità del contratto alla sola parte di mutuo eccedente l’infranto limite di finanziabilità, non essendovi ragioni ostative, ex art. 1419 c.c., all’operatività della nullità parziale; oppure, in caso di ritenuta nullità totale, di convertire, avvalendosi del meccanismo di cui all’art. 1424 c.c., il mutuo fondiario nullo in mutuo ipotecario ordinario. Con conseguente caducazione del solo statuto connesso alla fondiarietà del prestito. 1.2 E però il Tribunale adito, che era quello di Pistoia, non le andò dietro. Sull’abbrivio del revirement operato dalla giurisprudenza di legittimità nel 2017 (Cass. 13 luglio 2017 n. 17352), affermò infatti che:
Si andò naturalmente in appello. Nei motivi di gravame Credit Agricole segnatamente si dolse del mancato accoglimento della domanda di conversione del contratto, ex art. 1424 c.c., a torto ritenuta impraticabile. Chiese pertanto che, in riforma della impugnata sentenza, il mutuo fondiario nullo venisse convertito in ordinario mutuo bancario assistito da garanzie fideiussorie e ipotecarie, con conseguente diritto della mutuante di procedere in excutivis e salvezza dei già compiuti atti della procedura espropriativa. La Corte d’appello accolse parzialmente la proposta impugnazione, e in riforma della decisione di prime cure, dichiarò il diritto di Credit Agricole Italia s.p.a. a proseguire nella procedura esecutiva per l’importo di euro 124.002,19, oltre interessi di mora nel rispetto dei tassi soglia. Il nucleo argomentativo centrale del ragionamento della Curia fiorentina, per quanto qui interessa, può essere così sintetizzato. Era anzitutto fuori gioco l’istituto della conversione posto che, a tacer d’altro, esso presupponeva la prova che il mutuatario, informato della causa di nullità, avrebbe stipulato un ordinario mutuo ipotecario, così rinunciando alla disciplina di favore di cui agli artt. 39 e 40 TUB: prova nella specie neppure dedotta. Non percorribile era altresì la via dell’automatica riqualificazione della fattispecie, risolvendosi la stessa, a ben vedere, in una lettura abrogatrice del disposto dell’art. 1424 c.c. In realtà il prestito fondiario eccedentario integrava un caso di nullità parziale del contratto. E invero, essendo indimostrato che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto colpita dalla nullità, questa solo doveva fuoriuscire dall’orbita del mutuo fondiario, mentre per la parte residua il prestito ben poteva continuare a serbarne qualificazione e disciplina. E tanto quali che fossero le difficoltà tecniche connesse alla riconformazione dell’ipoteca. 1.3 Gli esecutati non si acquietarono e proposero ricorso per cassazione. Con il primo motivo denunciarono la violazione dell’art. 112 c.p.c. e il conseguente vizio di extrapetizione della pronuncia impugnata. Il decidente – dissero – aveva dichiarato la nullità parziale del contratto di mutuo concluso tra le parti senza che la Banca appellante lo avesse mai chiesto. Aggiunsero che poiché il capo della sentenza di prime cure che aveva ritenuto impercorribile la via della nullità parziale del contratto ex art. 1419 c.c., così approdando alla declaratoria di nullità integrale, non era stato attinto dai motivi di appello, sul relativo capo della decisione del tribunale si era formato il giudicato. In subordine, con il secondo mezzo, lamentarono il malgoverno delle norme in tema di mutuo fondiario. Resistette Credit Agricole, richiamando, tra l’altro, il regime del rilievo officioso delle nullità negoziali per come ricostruito dalle sentenze gemelle del 2014 (Cass. SU 12 dicembre 2014 n. 26242 e n. 26243). E sostenendo, in sostanza, che, in base alle stesse, non v’erano limiti alla possibilità del giudice dell’impugnazione di restringere la nullità totale accertata e dichiarata dal precedente decidente. 2. L'ordinanza Cass. 10 gennaio 2024 n. 1010 Il collegio ha dato ragione ai ricorrenti. Nel proposto appello – ha rilevato – Credit Agricole s.p.a. non aveva mai posto in discussione il giudizio di nullità del contratto formulato dal giudice di prime cure. Ché anzi, data per buona quella declaratoria, si era doluta solo dell'approccio pretesamente insufficiente del Tribunale con l'istituto di cui all'art. 1424 c.c., la cui corretta esplorazione avrebbe condotto, a suo dire, alla conversione del mutuo fondiario, nullo in quanto eccedentario, in ordinario mutuo ipotecario. La questione della nullità totale o parziale del contratto dunque non era stata affatto prospettata. Né la resistente poteva giovarsi della possibilità, dichiaratamente riconosciuta al giudice di appello e a quello di legittimità, “in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale … di procedere ad un siffatto rilievo” (Cass. SU 12 dicembre 2014 n. 26242). Il principio andava infatti coordinato con il disposto dell'art. 2909 c.c., di modo che:
Peraltro, prima di enunciare la regula iuris alla quale dovrà attenersi il giudice del rinvio, il collegio non ha mancato saggiamente di avvertire che la formazione del giudicato interno sulla nullità totale del contratto di mutuo preclude anche la rilevanza del sopravvenuto mutamento della giurisprudenza di legittimità in tema di regime del mutuo fondiario eccedentario, di cui alla sentenza Cass. SU 16 novembre 2022 n. 33719. 3. Cenni sull'evoluzione normativa e giurisprudenziale in punto di mutuo fondiario eccedentario Benché il caso dedotto in giudizio abbia trovato una prima risposta nella rilevata formazione del giudicato interno sulla nullità totale del mutuo fondiario esecutivamente azionato – di talché è delle problematiche connesse alla rilevazione officiosa delle nullità negoziali, e ai limiti della stessa, che ci si dovrà occupare – è assolutamente necessario, ai fini di una piena comprensione della scelta adottata in dispositivo dal collegio giudicante, ripercorrere le tappe salienti dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale dell'istituto in discorso. 3.1 La storia del mutuo fondiario inizia con la L. 2983/1866 che previde siffatta tipologia, affatto peculiare, di mutuo, al fine sia di consentire ad alcuni istituti di credito di concedere speciali finanziamenti garantiti da iscrizione ipotecaria, con contestuale emissione di cartelle, sia di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare (cfr. C.Cost. 22 giugno 2004 n. 175). L'intera disciplina, già riordinata dal RD 346/1905 (Testo unico delle leggi sul credito fondiario), è poi confluita nel D.Lgs. 385/1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – c.d. TUB), che ha abrogato le precedenti fonti, solo prevedendone l'ultrattività per i procedimenti esecutivi in corso alla data della sua entrata in vigore, e cioè al 1° gennaio 1994. In base alla normativa attualmente vigente – art. 38 TUB – «il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili» (1° comma). «La Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l'ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti» (2° comma). Ora, per effetto della delibera CICR 22 aprile 1995 e delle successive istruzioni emanate dalla Banca d'Italia, i finanziamenti di credito fondiario possono essere concessi per un ammontare massimo pari all'ottanta per cento del valore dei beni immobili ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, limite elevabile "al cento per cento in presenza di garanzie integrative offerte dal cliente". 3.2 Ciò posto, per cogliere la caratura delle questioni connesse alla sorte del mutuo fondiario eccedentario, e cioè del mutuo concesso per un importo superiore al limite consentito dalla legge, è necessario ricapitolare i tratti salienti del regime della fondiarietà, risultando altrimenti incomprensibili le ragioni del gran gridare che se ne fa nella comunità dei giuristi. E allora, premesso che secondo la prevalente esegesi dottrinale e giurisprudenziale, il mutuo fondiario non è un mutuo di scopo, va ricordato che:
Trattasi, com'è evidente, di una disciplina ampiamente derogatoria rispetto a quella di diritto comune, disciplina caratterizzata da innumerevoli privilegi, di carattere sostanziale e processuale, della cui compatibilità con i principi fondamentali del nostro ordinamento non a caso la Corte Costituzionale è stata più volte chiamata ad occuparsi. 3.3 Proprio lo statuto di particolare favore connesso al carattere fondiario del prestito ha dunque reso estremamente divisiva la questione della sorte del mutuo eccedentario, essendo legittimo chiedersi se sia eticamente, deontologicamente e giuridicamente corretto consentire che se ne avvalga anche chi, per dolo o per colpa, abbia stipulato un mutuo fondiario per un importo superiore a quello consentito. Così, secondo un primo orientamento, mai del tutto superato, come dimostra proprio l'esito del giudizio di appello azionato da Credit Agricole, lo sforamento della soglia di finanziabilità comporterebbe la nullità parziale del contrato di mutuo fondiario, sempre che, naturalmente, risulti che le parti lo avrebbero stipulato anche per il minor importo rientrante nei limiti di legge (in questo senso Cass. 1° settembre 1995 n. 9219, ancorché con riferimento a un caso di credito edilizio). A tale indirizzo interpretativo ne è seguito un altro che, sull'abbrivio dell'indicazione nomofilattica delle sezioni unite del 2007, in punto di distinzione tra regole di validità e regole di condotta (Cass. SU 19 dicembre 2007 n. 26724 e Cass. SU 19 dicembre 2007 n. 26725), ha affermato che il mutuo fondiario eccedentario è pienamente valido ed efficace e mantiene intatto il suo corredo di privilegi, ferma soltanto l'eventuale irrogazione di sanzioni a carico dell'Istituto che abbia fatto malgoverno del tetto della somma mutuabile (Cass. 7 marzo 2016 n. 4471 e Cass. 4 novembre 2015 n. 22446). Nel 2017 è però arrivato un brusco revirement del giudice di legittimità. La prima sezione civile della Corte di cassazione, fatta fuori e la tesi della nullità parziale del contratto e quella della mera irregolarità amministrativa, ha invero stabilito che il mancato rispetto del limite di finanziabilità – vero elemento essenziale del contenuto del contratto – ne determina la nullità integrale, salva solo la possibilità di conversione del mutuo fondiario in ordinario finanziamento ipotecario ex art. 1424 c.c., ove ne sussistano i presupposti (Cass. 14 giugno 2021 n. 16776, Cass. 28 maggio 2018 n. 13286, Cass. 13 luglio 2017 n. 17352). Va infine per completezza segnalato che, accanto a tutti tali orientamenti, nella giurisprudenza di merito e in dottrina ne ha sempre viaggiato anche un altro: quello secondo cui – per evitare le perniciose conseguenze connesse alle soluzioni prospettate, tra cui, a puro titolo esemplificativo, la degradazione del mutuo a indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. e del credito della banca a chirografario, schivando nel contempo la soluzione di una sostanziale impermeabilità della tenuta del contratto all'accertato sforamento dei limiti posti dal secondo comma dell'art. 38 TUB – non ci sarebbe altra strada che consentire al giudice di riqualificare tout court l'intera operazione creditizia in termini di mutuo ipotecario ordinario. Di modo che il limite sancito dal secondo comma del menzionato art. 38 TUB finirebbe per assumere la natura di un onere che le parti, e in particolare la banca, sono tenute a osservare se vogliono che il mutuo goda dello statuto della fondiarietà. È dunque in tale tumultuoso contesto che è maturata la rimessione della questione alle sezioni unite della Corte di cassazione, chiamate a dare una indicazione definitiva sul regime del mutuo fondiario eccedentario. E le sezioni unite lo hanno fatto sposando, in sostanza, l'orientamento del 2013: escludendo cioè che il limite di finanziabilità di cui all'art. 38 c. 2 TUB costituisca un elemento essenziale del contenuto del contratto; degradando il tetto della somma mutuabile a fattore meramente specificativo o integrativo del relativo oggetto; e in definitiva ribadendo, ancora una volta, l'inidoneità della sua violazione a determinare la nullità del contratto (Cass. SU 16 novembre 2022 n. 33719; per un compiuto esame degli esposti indirizzi esegetici si rimanda ai commenti di G. Ardone, Il mutuo ordinario eccedentario non è nullo perché l'art. 38 TUB non è norma imperativa (e, forse, non è neanche una norma giuridica), in Il Foro Italiano, anno 2023, Fasc. 1, Parte 1, pag. 189 e di A. Marco, La pronuncia delle Sezioni Unite “salva” i mutui fondiari concessi oltre i limiti di finanziabilità, in Diritto della Banca e del Mercato Finanziario, anno 2023, Fas. 1, Parte 1, pag. 89). 4.1 Come innanzi evidenziato, l'ordinanza Cass. 10 gennaio 2024 n. 1010, non è entrata nel cuore delle questioni connesse al mutuo fondiario eccedentario, essendosi fermata al rilievo della intervenuta formazione del giudicato interno sulla nullità integrale del contratto. Per approdare a tale soluzione ha però dovuto confrontarsi con il regime di rilevazione officiosa delle nullità contrattuali, emergente dalle sentenze delle sezioni unite (Cass. SU 12 dicembre 2014 n. 26242 e n. 26243, del resto espressamente richiamato nelle difese di parte resistente. Il problema della rilevabilità di ufficio delle cause di nullità ex art. 1421 c.c. fu una prima volta affrontato dal giudice di legittimità, nella sua composizione più autorevole e ampia, al fine di risolvere un contrasto tra l'indirizzo secondo cui il giudice poteva sì rilevare la nullità del contratto in qualsiasi stato e grado del giudizio, ma solo quando ne fosse stato chiesto l'adempimento o l'esecuzione – posto che in tal caso la validità rappresentava un elemento costitutivo della domanda – e un altro orientamento secondo cui le nullità negoziali erano rilevabili di ufficio in ogni caso, e quindi anche ove fosse richiesta una pronuncia costitutiva di risoluzione, rescissione e annullamento, costituendo l'accertamento sulla validità del contratto una verifica pregiudiziale in senso logico-giuridico di tutte queste domande, in quanto tale idonea a divenire giudicato. Con la sentenza Cass. SU 4 settembre 2012 n. 14828, le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte, dichiaratamente limitando la pronuncia alla sola domanda di risoluzione, al fine di evitare obiter dicta, non sempre graditi alla comunità dei giuristi, ebbero a enunciare il seguente principio di diritto: “Alla luce del ruolo che l'ordinamento affida alla nullità contrattuale, quale sanzione del disvalore dell'assetto negoziale, e atteso che la risoluzione contrattuale è coerente solo con l'esistenza di un contratto valido, il giudice di merito, investito della domanda di risoluzione del contratto, ha il potere-dovere di rilevare dai fatti allegati e provati, o comunque emergenti ex actis, una volta provocato il contraddittorio sulla questione, ogni forma di nullità del contratto stesso, purché non soggetta a regime speciale (escluse, quindi, le nullità di protezione, il cui rilievo è espressamente rimesso alla volontà della parte protetta); il giudice di merito, peraltro, accerta la nullità incidenter tantum, senza effetto di giudicato, a meno che sia stata proposta la relativa domanda, anche a seguito di rimessione in termini, disponendo, in ogni caso, le pertinenti restituzioni, se richieste”. Non venne, dunque, esaminata la questione della rilevabilità ufficiosa delle nullità con riferimento alle altre impugnative negoziali; si riconobbe inoltre efficacia incidenter tantum al rilievo operato dal giudice, in assenza di domanda di parte, pur precisandosi in motivazione che il giudicato implicito sulla validità del contratto (o meglio, sulla sua “non nullità”) si sarebbe formato tutte le volte in cui la causa relativa alla risoluzione fosse stata decisa nel merito, con esclusione dei soli casi in cui la decisione non contenesse statuizioni implicanti l'affermazione della validità del contratto. 4.2 Ne derivò che dopo pochissimo tempo la questione venne nuovamente rimessa alle sezioni unite affinché precisassero: a) se il principio della rilevabilità officiosa della nullità del contratto valesse anche in caso di proposizione di domanda di annullamento; b) come la formazione di un giudicato implicito sulla “non nullità” potesse conciliarsi con la valenza di mero accertamento incidenter tantum del rilievo della nullità, non seguito da una conforme domanda delle parti. Fu così che arrivarono le due alluvionali pronunce del 2014. Esse muovono da una duplice prospettiva e cioè:
Ne discende che lo scrutinio di nullità deve essere condotto a prescindere dello specifico vizio dedotto in giudizio, con la conseguenza che, salvo sempre il rispetto del principio del contraddittorio ex artt. 183 c. 4 e 101 c. 2 c.p.c., il rilievo ex officio di una causa di nullità diversa da quella fatta valere dalle parti, non comporta il travalicamento dei limiti imposti dal principio dispositivo. Ne discende anche che in tutte le azioni di impugnativa negoziale, la questione di nullità (o meglio, la preliminare verifica della “non nullità” del contratto), si colloca nell'area delle pregiudiziali logico-giuridiche, con l'avvertenza che il principio per cui se il giudice si è pronunciato su un determinato punto ha evidentemente risolto in senso non ostativo tutti quelli il cui esame doveva ritenersi preliminare, va temperato dalla considerazione che la reale portata del giudicato, soprattutto in caso di pronuncia di rigetto, è strettamente connessa e determinata dai motivi della decisione. 4.3 In realtà – come chiaramente traspare da tale ultima affermazione – le sezioni unite del 2014, lungi dall'avere sganciato la rilevazione delle nullità negoziali dalle regole che presidiano alla formazione del giudicato, hanno avuto cura di individuare i casi e le condizioni in cui possa dirsi ormai incontestabile non solo l'accertamento della nullità del contratto azionato, ma anche della sua validità o comunque della sua non nullità, con conseguente preclusione di ogni contraria rilevazione, elaborando a tal fine, al punto 7.3 della sentenza Cass. SU 12 dicembre 2014 n. 26242, un vero e proprio quadro sinottico. La successiva giurisprudenza della Corte, nel cui solco l'ordinanza in esame dichiaratamente si colloca, ha ulteriormente cesellato i margini entro i quali le deduzioni in ordine alla validità ovvero alla invalidità totale o parziale del contratto possano ritenersi ancora consentite, definitivamente chiarendo i ruoli che giudice e parti devono svolgere se vogliono evitare che la marmorizzazione del giudicato attinga, in un senso o nell'altro, le relative questioni e precluda ogni ulteriore dibattito. È dunque in aderenza a tale impostazione che il collegio della terza sezione civile ha escluso che potesse ancora discettarsi di nullità parziale del contratto di mutuo fondiario azionato, non avendo la parte impugnato la statuizione della sua nullità integrale. 5. Conclusioni Il recupero forte della nozione di giudicato, asse portante delle pronuncia in commento e dei precedenti nella stessa richiamati (Cass. 3 gennaio 2023 n. 50, Cass. 6 dicembre 2019 n. 31930, Cass. 10 ottobre 2017 n. 23644), non può non essere salutato con favore in un contesto ordinamentale già troppo sconquassato dai venti delle innovazioni normative, degli overruling giurisprudenziali e delle pronunce delle Corti sovranazionali. Valga richiamare, a puro titolo esemplificativo, il terremoto generato dalla sentenza della Grande Sezione CGUE in cause riunite C-693/19, SPV Project 1503, e C-831/19, in punto di stabilità del decreto ingiuntivo non opposto, quando vengano in gioco clausole abusive di contratti di cui sia parte un consumatore. È un recupero che salva un istituto fondamentale dell’ordinamento da derive connesse a letture affrettate di uno dei principi cardine delle sentenze del 2014, e cioè la possibilità che l’intercettazione officiosa della nullità avvenga nel giudizio di appello o in quello di legittimità, ove sia mancata in primo grado. La verità è che la formazione di un giudicato che effettivamente, con riferimento a una certa vicenda umana, faccia de albo nigro, eguagli quadrata rotundis, può non piacere. E certamente non piace alla parte che ritenga conculcati i propri diritti. Ciò non toglie che l’incontestabilità della decisione giudiziaria, giusta o sbagliata che sia, è in definitiva un bonum anche per essa, perché calando sulle questioni controverse una pietra tombale, le impone di voltare pagina. O al più di gestire la ritirata. |