Decreto del Presidente della Repubblica - 22/09/1988 - n. 448 art. 3 - Competenza.

Andrea Conti

Competenza.

 

1. La sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie è competente per i reati commessi dai minori degli anni diciotto1.

2.La sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie e il magistrato di sorveglianza per i minorenni esercitano le attribuzioni della magistratura di sorveglianza nei confronti di coloro che commisero il reato quando erano minori degli anni diciotto. La competenza cessa al compimento del venticinquesimo anno di età2.

[1]  Comma modificato dall'articolo 33, comma 1, lettera b) del Dlgs 10 ottobre 2022, n.149, per l’applicazione vedi l’articolo 49, comma 1 del D.Lgs. n. 149/2022, come modificato dall'articolo 12, comma 1, del D.L. 4 luglio 2024, n. 92, convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 2024, n. 112.

[2]  Comma modificato dall'articolo 33, comma 1, lettera b) del Dlgs 10 ottobre 2022, n.149, per l’applicazione vedi l’articolo 49, comma 1 del D.Lgs. n. 149/2022,come modificato dall'articolo 12, comma 1, del D.L. 4 luglio 2024, n. 92, convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 2024, n. 112.

Inquadramento

La competenza del Tribunale per i Minorenni risulta essere generale – in quanto il Tribunale per i minorenni si pone quale unico giudice di primo grado, a prescindere dalla tipologia di reato o di pena – funzionale, inderogabile, esclusiva – essendo insensibile alla connessione – ed ultrattiva – tale caratteristica «segna [...] l'arco temporale della competenza del giudice di sorveglianza, estesa fino al compimento del venticinquesimo anno di età di chi al momento del fatto era minorenne» (Vigoni, 1958) –.

La competenza ratione aetatis

La competenza per materia del Tribunale per i Minorenni si fonda esclusivamente su un criterio soggettivo, ovvero sull'età che il soggetto sottoposto a procedimento penale aveva al momento della commissione del fatto.

In particolare, sussiste la competenza del Giudice minorile se il soggetto sottoposto a processo era minorenne al momento della commissione del fatto. La sopraggiunta maggiore età, nelle more del procedimento, risulta irrilevante ai fini della determinazione della competenza.

Tale scelta legislativa trova fondamento nella necessità di specializzazione del giudice chiamato a decidere sulla condotta posta in essere da un soggetto minorenne.

La competenza funzionale del Tribunale per i Minorenni ha natura inderogabile ed esclusiva (Cass. pen. III, n. 1566/2021) e la violazione della competenza del Tribunale per i Minorenni, di natura funzionale ed esclusiva, comporta la nullità assoluta della sentenza, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio (Cass. pen. III, n. 54996/2016).

L'unica deroga alla competenza si potrebbe avere nel caso in cui il Giudice ordinario – incompetente ratione aetatis, ma ugualmente investito della questione – applichi, in via provvisoria ex art. 27 e 291, comma 2 c.p.p., una misura cautelare al minorenne purché la forma limitativa della libertà personale rientri in quelle specificamente previste dal d.P.R. n. 448/1988 (Cass. pen. IV, n. 27352/2013).

La competenza funzionale per il riesame delle misure cautelari reali spetta al Tribunale ordinario posto che l'art. 25 d.lgs. n. 272/1989 (disp. att. d.P.R. n. 448/1988) prevede la competenza del Tribunale per i Minorenni solo per le richieste riguardanti, a norma degli articoli 309 e 310 c.p.p., le misure cautelari personali, nulla disponendo per quelle reali per le quali dunque riprende vigore la norma generale (Cass. pen. I, n. 4585/2002; Cass. pen. III, n. 46975/2003 e Cass. pen. IV, n. 18836/2019).

La competenza per territorio

La competenza per territorio deve essere determinata in base alle regole generali disciplinate dal codice di procedura penale (artt. 8 ss. c.p.p.), non essendovi alcuna norma derogatoria contenuta nel d.P.R. n. 448/1988.

Sul punto occorre considerare che, a mente di quanto dispone l'art. 49 r.d. n. 12/1941, il Tribunale per i Minorenni ha giurisdizione su tutto il territorio della Corte d'Appello o della sezione di Corte d'Appello in cui è istituito.

La competenza per i reati di durata

Il reato permanente

Il reato permanente iniziato quando il soggetto era minorenne e protratto successivamente al raggiungimento della maggiore età deve essere considerato come fatto unitario ed inscindibile e, pertanto, la competenza deve essere attribuita al Giudice Ordinario, non essendo possibile un frazionamento delle competenze.

Spetta al Giudice ordinario la competenza a conoscere del reato permanente la cui condotta, iniziata dal soggetto minorenne, sia terminata in epoca successiva al raggiungimento della maggiore età (Cass. pen. V, n. 14995/2013; Cass. pen. I, n. 7057/2006; Cass. pen. VI, n. 48516/2003; Cass. pen. I, n. 1430/1998; Cass. pen. V, n. 3277/1997; Cass. pen. I, n. 6025/1996; Cass. pen. I, n. 3369/1995 e Cass. pen. I, n. 912/1993).

Occorre dare conto di una isolata voce dottrinaria che ritiene, nel caso di reato permanente, sussistente la competenza del Giudice minorile in quanto, sul presupposto che l'art. 8, comma 3, c.p.p. assegna «prevalenza al luogo in cui ha avuto inizio la condotta criminosa e dunque indirettamente anche al momento iniziale della stessa, ciò persino in caso di conseguenze particolarmente gravi», «l'eventuale ricorso all'analogia condurrebbe dunque» ad individuare la competenza nel Giudice minorile. Inoltre, «è indubbio che, allorché la permanenza del reato inizia nella minore età, la condotta criminosa affonda la sua scelta inziale nella particolare personalità del minorenne, che viene invece del tutto trascurata laddove [...] si dia esclusivo rilievo alla fase successiva al raggiungimento dei diciotto anni» (Cutrona, 49).

Il reato abituale

Il reato abituale – caratterizzato dalla non scindibilità delle condotte – rientra nella competenza del Giudice ordinario anche se una parte della condotta sia iniziata quanto il soggetto agente era minorenni (Cass. pen. VI, n. 8886/2016 e Cass. pen. I, n. 9117/2011).

Diversamente, il reato eventualmente abituale – in cui la reiterazione non è necessaria, potendo il reato perfezionarsi anche con una sola condotta – risulta caratterizzato da condotte tra loro scindibili e, pertanto, i fatti commessi quando il soggetto era minorenne saranno attribuiti alla competenza del Tribunale per i Minorenni e le condotte realizzate successivamente al raggiungimento della maggiore età rientreranno nella competenza del Giudice ordinario.

Il reato continuato

Il reato continuato, caratterizzato dalla presenza di condotte commesse dal soggetto minorenne e fatti posti in essere dopo il raggiungimento della maggiore età, viene attribuito alla competenza del Giudice individuato dall'art. 14, comma 2, c.p.p.: non operando la connessione ex art. 12, comma 1, lett. b), c.p.p., le condotte poste in essere dal soggetto minorenne risultano di competenza del Tribunale per i Minorenni; mentre, le condotte realizzate successivamente al raggiungimento della maggiore età rientrano nella competenza del Giudice ordinario.

La Corte Costituzionale ha chiarito che «deve presumersi che, nella realizzazione di ogni fatto-reato, il soggetto agente versi in una dimensione psicologica che è quella propria dello status (minorenne o maggiorenne) che la legge, ratione aetatis, gli riconosce, sicché non è irragionevole né lesivo del principio di uguaglianza o del diritto di difesa che, delle condotte realizzate con la maturità del maggiorenne, egli risponda penalmente secondo le norme sostanziali e processuali proprie degli adulti. Tale conclusione non è messa in crisi qualora i vari fatti-reato siano stati realizzati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Anche se si accoglie la concezione più rigorosa secondo la quale perché sussista il reato continuato occorre che i vari fatti devono essere stati tutti previsti, programmati e deliberati in via preliminare dall'autore come elementi costitutivi di un piano unitario, ciò non toglie che ogni fatto facente parte del programma criminoso deve essere assistito dal momento volitivo, che si pone autonomamente, di volta in volta, nella realizzazione concreta dei singoli episodi» (C. Cost. n. 52/1995).

Qualora all'imputato si contesti la commissione di una pluralità di reati avvinti dalla continuazione, alcuni dei quali commessi quando il soggetto era minorenne ed altri dopo il raggiungimento della maggiore età, deve operarsi la scissione del procedimento, in modo da attribuire la competenza a giudicare i primi episodi al Tribunale per i Minorenni e la competenza a giudicare gli altri episodi al Tribunale Ordinario (Cass. pen. V, n. 16751/2018; Cass. pen. II, n. 18033/2004 e Cass. pen. II, n. 8325/2009).

Occorre dare conto di una isolata voce dottrinaria che ritiene sussistente, in tali casi, la competenza del Tribunale per i Minorenni anche per i fatti realizzati successivamente al raggiungimento della maggiore età nel caso in cui le condotte poste in essere dall'infradiciottenne siano numericamente maggiori rispetto a quelle realizzate dopo il compimento del diciottesimo anno di età (Giannino, 7).

La competenza per connessione

L'art. 14 c.p.p. prevede che la connessione non opera fra procedimenti relativi a imputati che al momento del fatto erano minorenni e procedimenti relativi a imputati maggiorenni. Pertanto, l'esistenza di un reato commesso da un soggetto minorenne è ostativa alla determinazione della competenza mediante connessione (Ludovici, 617).

Inoltre, la connessione non opera fra procedimenti per reati commessi quando l'imputato era minorenne e procedimenti per reati commessi quando era maggiorenne (cfr., supra, § 4).

La dottrina correttamente evidenzia che «l'esigenza di protezione del minore, assurta a canone processuale, porta a procedimenti distinti e separati, di fronte alle due giurisdizioni ordinarie, comune e specializzata» (Vigoni, 1958). Infatti, «per la specialità dell'organo giudicante e dei percorsi processuali ivi contemplati, il processo penale minorile rappresenta l'unico contesto capace di ammortizzare l'impatto dell'esperienza giudiziaria sull'evoluzione della personalità del minore, così da favorirne il recupero sociale» (Ludovici, 617).

La competenza in tema di sorveglianza

La competenza in materia di sorveglianza attribuita al Tribunale per i Minorenni è prorogata sino a quanto il soggetto, minorenne al momento del fatto, abbia compiuto venticinque anni.

Ai fini della determinazione della competenza del Tribunale per i Minorenni in materia di sorveglianza, ai sensi dell'art. 3, comma 2, d.P.R. n. 448/1988, rileva l'età del condannato al momento della presentazione della domanda e non al momento in cui il tribunale adito delibera la decisione (Cass. pen. I, n. 12340/2020 e Cass. pen. I, n. 16252/2020).

La competenza del giudice minorile in materia di sorveglianza permane nei confronti del minore condannato a pena detentiva anche quando sopravvenga altra condanna a pena pecuniaria per reato commesso dall'imputato divenuto maggiorenne in quanto ai sensi dell'art. 76, comma 3, c.p. deve considerarsi distinta la pena pecuniaria che concorre con altra di specie diversa (Cass. pen. I, n. 42310/2005 e Cass. pen. I, n. 837/1996).

La competenza civile ed amministrativa

Il Tribunale per i Minorenni conserva, anche in sede penale, una competenza civile nella misura in cui, in udienza preliminare (art. 32, comma 4, d.P.R. n. 448/1988) e dibattimentale (art. 33, comma 4, d.P.R. n. 448/1988), il Giudice minorile ha la facoltà di adottare, con separato decreto, provvedimenti civili temporanei a protezione del minore, che cessano di avere effetto entro trenta giorni dalla loro emissione. L'attribuzione di tale competenza si giustifica quale espressione del principio di unità della giurisdizione minorile (Palomba, 265).

Inoltre, nelle more del procedimento penale, il Pubblico Ministero può chiedere al Tribunale per i Minorenni – in forza di quanto prevedono gli artt. 25 e 26 r.d. n. 1404/1934 – l'apertura di un c.d. procedimento amministrativo. In particolare, il Pubblico Ministero minorile potrà chiedere l'affidamento del minore al servizio sociale minorile o il collocamento in una casa di rieducazione od in un istituto medico-psico-pedagogico, nel caso in cui il minore, sottoposto a procedimento penale, non possa essere o non sia assoggettato a misura cautelare o se è stato prosciolto per difetto di capacità di intendere e di volere, senza che sia stata applicata una misura di sicurezza.

Inoltre, l'art. 26, comma 2, r.d. n. 1404/1934 impone al Tribunale per i Minorenni, nel caso in cui venga concesso il perdono giudiziale o venga applicata la sospensione condizionale della pena, di valutare la necessità di affidare il minore al servizio sociale minorile o di collocarlo in una casa di rieducazione od in un istituto medico-psico-pedagogico.

Bibliografia

Baccari, La cognizione e la competenza del giudice, Milano, 2011; Ciavola, Sub art. 3 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv., Il processo penale minorile. Commento al D.P.R. 448/1988, a cura di Giostra, Milano, 2021, 47 ss.; Cipolla, Sub art. 3 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv., Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, a cura di Lattanzi e Lupo, vol. X, Milano, 2017, 387 ss.; Cutrona, Sub art. 3 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv., Il processo penale minorile. Commento al D.P.R. 448/1988, a cura di Giostra, Milano, 2016, 27 ss.; Germanò, Sub art. 3 d.P.R. 448/1988, in Esp. giust. min., 1989, 45 ss.; Giannino, Il processo penale minorile, Padova, 1997; Ludovici, Sub art. 14 c.p.p., in Aa.Vv., Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda e Spangher, tomo I, Milano, 2023, 616 ss.; Macchia, Sub art. 14 c.p.p., in Aa.Vv., Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, a cura di Lattanzi e Lupo, Milano, 2020, 56 ss.; Palomba, Il sistema del processo penale minorile, Milano, 2002; Pansini, Sull'autonomia del processo per i reati commessi dal minorenne, in Cass. pen., 1995, 2446 ss.; Pazè, Un Tribunale per i minorenni competente anche per i maggiorenni?, in Giur. cost., 1995, 463 ss.; Spangher, Sub art. 3 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv., Commento al codice di procedura penale, a cura di Chiavario, vol. I - Leggi collegate, Torino, 1994, 38 ss.; Turco, Sub art. 14 c.p.p., in Aa.Vv., Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, tomo I, Milano, 2012, 271 ss.; Vigoni, Sub art. 3 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv., Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda e Spangher, tomo IV, Milano, 2023, 1957 ss.; Vittorini, La competenza del tribunale dei minorenni, in Cass. pen., 2003, 1066 ss.

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