Conto corrente affidato: istruzioni per l’uso
01 Marzo 2024
Massima Se l’attore dichiara di aver intrattenuto un rapporto di conto corrente, ma di non aver sottoscritto un contratto di conto corrente (carenza di forma scritta ad substantiam), non si può pretendere la produzione in giudizio del contratto, cioè del documento che materialmente dimostri l’accordo tra le parti. L'esistenza, o no, di una apertura di credito incide sul decorso della prescrizione delle singole rimesse, comportando che esse, a seconda dei casi, possano qualificarsi meramente ripristinatorie della provvista o solutorie. Se il correntista agisce in giudizio senza allegare l'esistenza di una apertura di credito, la banca che eccepisce la prescrizione del diritto alla ripetizione delle rimesse non è tenuta a dedurre e dimostrare l'esistenza del detto contratto. Il caso Una società immobiliare cita in giudizio la banca con la quale ha intrattenuto un conto corrente affidato, lamentando l’invalidità e/o nullità parziale dei contratti di apertura di credito e di conto corrente oggetto del predetto rapporto, con conseguente richiesta di restituzione delle somme indebitamente addebitate e riscosse. Il tribunale adito solleva d'ufficio la questione di nullità del contratto di conto corrente per mancanza della forma scritta ad substantiam e dei contratti di apertura di credito collegati, e per l’effetto: a) dichiara la nullità del contratto di conto corrente affidato mediante scopertura e dei contratti di apertura di credito allo stesso collegati per mancanza della forma scritta ad substantiam; b) condanna la banca alla restituzione delle somme illegittimamente incassate. La Corte di appello, pronunciando sui gravami, principale ed incidentale, promossi avverso la predetta decisione, rispettivamente, dalla banca e dalla società immobiliare, accoglie il primo e respinge il secondo, condannando la società immobiliare alla restituzione di quanto ricevuto (capitale, interessi e spese) in esecuzione della sentenza del tribunale. La soccombente in appello propone ricorso per cassazione. La questione La Cassazione è chiamata a scrutinare le doglianze della ricorrente, che investono:
Le soluzioni giuridiche La Cassazione accoglie le censure promosse dalla società immobiliare, riconducendole nel perimetro di orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità, aventi ad oggetto la ripetizione di indebito chiesta da un correntista nei confronti della banca presso cui intratteneva rapporti di conto corrente (distribuzione oneri probatori) nonché la disciplina dell'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca (anche in riferimento alla distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie). Riguardo alla prima delle due questioni, ossia gli oneri probatori che gravano su colui che propone l'azione di ripetizione dell'indebito, l'iter argomentativo della Cassazione è sintetizzabile nei seguenti termini. Costituisce ius receptum che il correntista, che agisce in giudizio per la rideterminazione del saldo del proprio conto corrente e/o per la ripetizione dalla banca dell'indebito, è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti sia della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi: egli, quindi, ha l'onere di documentare l'andamento del rapporto con il deposito di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme di danaro non dovute (ex multis ; Cass. 2 novembre 2023 n. 10025, Cass. 12 maggio 2023 n. 12993, Cass. 16 marzo 2023 n. 7697). L'estratto conto non costituisce l'unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto; esso consente di avere un appropriato riscontro dell'identità e consistenza delle singole operazioni poste in atto ma, in assenza di alcun indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l'andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni ( Cass. 25 luglio 2023 n. 22290, Cass. 18 aprile 2023 n. 10293, Cass. 29 marzo 2022 n. 10140, Cass. 19 gennaio 2022 n. 1538, Cass. 4 marzo 2021 n. 5887, Cass. 4 febbraio 2020 n. 2435). A fronte di una produzione non integrale degli estratti conto è sempre possibile, per il giudice del merito, ricostruire i saldi attraverso l'impiego di mezzi di prova ulteriori, purché questi siano idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto (Cass. 23 aprile 2021 n. 10838: la dimostrazione dell'entità del saldo può essere desunta anche da altre risultanze documentali, nonché da argomenti di prova desunti dalla condotta processuale tenuta dalle parti, ed integrata da un'eventuale consulenza tecnica contabile, disposta dal giudice sulle prove documentali prodotte; Cass. 25 luglio 2023 n. 22290). La prova dei movimenti del conto può, pertanto, desumersi anche aliunde avvalendosi eventualmente dell'opera di un consulente d'ufficio che ridetermini il saldo del conto in base a quanto emergente dai documenti prodotti in giudizio (che comunque devono fornire indicazioni certe e complete). Con specifico riferimento, invece, alle conseguenze dell'omessa produzione del contratto di conto corrente, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che se la domanda attorea è basata sul mancato perfezionamento del contratto in forma scritta, non può gravarsi il correntista, attore in giudizio, della prova negativa della documentazione dell'accordo (incombendo semmai alla banca convenuta darne positivo riscontro) (Cass. 9 marzo 2021 n. 6480, Cass. 26 settembre 2019 n. 24051: se è vero che anche nelle azioni di accertamento negativo l'onere della prova incombe sull'attore, tuttavia quanto ai fatti negativi - nella specie, inesistenza di convenzione scritta di interessi ultralegali e di previsione contrattuale sufficientemente specifica di commissioni di massimo scoperto - trova applicazione il principio di vicinanza o inerenza della prova, che ribalta l'onere sul convenuto; Cass. 3 aprile 2023 n. 9213, Cass. 3 agosto 2022 n. 24095). Tale rilievo è dirimente: l'ordinanza in commento rileva, infatti, che se l'attore dichiara di aver intrattenuto un rapporto di conto corrente ma di non aver sottoscritto un contratto di conto corrente, come nella fattispecie, «non si comprende … come si possa pretendere la produzione in giudizio di un contratto, cioè del documento che materialmente dimostri l'accordo tra le parti, ove chi domandi la nullità del primo ne deduca l'inesistenza per carenza di forma scritta ad substantiam». Profili di interesse pratico-professionale prospetta l'ordinanza in commento anche in riferimento alla seconda delle questioni affrontate, ossia l'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca e l'individuazione delle rimesse solutorie o ripristinatorie. Anche nella fattispecie, è utile richiamare alcuni punti fermi giurisprudenziali in argomento. Le Sezioni Unite (Cass. SU 2 dicembre 2010 n. 24418) hanno spiegato che l'azione di ripetizione di indebito proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati: ciò in quanto il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del solvens, con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'accipiens. L'esistenza, o no, di una apertura di credito, allora, spiega incidenza sul decorso della prescrizione delle singole rimesse, comportando che esse, a seconda dei casi, possano qualificarsi meramente ripristinatorie della provvista o solutorie. Se il correntista agisce in giudizio senza allegare l'esistenza di una apertura di credito, la banca che eccepisce la prescrizione del diritto alla ripetizione delle rimesse non è tenuta a dedurre e dimostrare l'esistenza del detto contratto (Cass. 14 aprile 2023 n. 10026, Cass. 20 giugno 2022 n. 19812, Cass. 6 dicembre 2019 n. 31927). Come risaputo, le Sezioni Unite (Cass. SU 13 giugno 2019 n. 15895) hanno altresì definitivamente chiarito, riguardo all'eccezione di prescrizione, che la banca potrà limitarsi ad allegare l'inerzia del correntista, deducendo che questi abbia mancato di pretendere in restituzione alcunché per l'intero arco del termine prescrizionale. È colui che agisce in ripetizione (come nella fattispecie) a dover provare l'apertura di credito che gli è stata concessa, poiché questa evenienza integra un fatto idoneo ad incidere sulla decorrenza dell'eccepita prescrizione: un fatto che costituisce materia di una ‘contro eccezione' da opporsi alla banca convenuta in ripetizione. In definitiva, la rimessa del correntista, che avrebbe natura solutoria in assenza di una apertura di credito, potrà assumere, in presenza di quest'ultima, natura ripristinatoria: ciò accadrà, precisamente, nei casi in cui tale rimessa ripiani l'esposizione maturata nel limite dell'affidamento, operando quindi su di un conto ‘passivo', e non ‘scoperto'. Il contratto di apertura di credito, pertanto, si mostra idoneo ad escludere che la prescrizione del diritto alla ripetizione della somma oggetto della rimessa decorra dal momento dell'attuato versamento: in base alla regola generale posta dall'art. 2697 c.c., dunque, sarà il correntista che intenda contrastare l'eccezione di prescrizione (avendo proprio riguardo al contestato suo decorso) ad essere onerato di provare l'esistenza del detto contratto (Cass. 6 dicembre 2019 n. 31927). Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto sussistente un conto corrente affidato, valorizzando gli estratti conto, alcuni documenti bancari attestanti le linee di credito concesse, le dichiarazioni della banca nonché le risultanze della Centrale dei rischi di Banca d'Italia: «è innegabile che, già solo dalle riportate affermazioni rinvenibili negli atti della odierna controricorrente, emerga un pieno riconoscimento della configurabilità di un'apertura di credito evidentemente collegata al/ai contratto/i di conto corrente in questione». A margine dei rilievi che precedono, si evidenzia infine un recente orientamento della Cassazione, secondo cui la prova dell'esistenza di affidamenti in conto corrente può essere fornita per il tramite di prove indirette, ossia presunzioni gravi, precise e concordanti da cui è possibile evincere il consenso manifestato dalle parti in ordine alla messa a disposizione della provvista con cui far fronte a scoperti del conto, ad es. valorizzando gli estratti conto e altri documenti bancari attestanti le linee di credito concesse (Cass. 14 dicembre 2023 n. 34997: in tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di somme affluite sul conto corrente, la prova della natura ripristinatoria delle rimesse, di cui è onerato il correntista, come i suoi avente causa, può essere fornita dando riscontro, attraverso presunzioni, della conclusione del contratto di apertura di credito; Cass. 15 dicembre 2023 n. 35189, Cass. 14 aprile 2023 n. 10026 nonché la recente da ultimo Cass. 24 gennaio 2023 n. 2338, la quale ha ritenuto provato l'affidamento valorizzando la produzione degli estratti conto o dei riassunti scalari, attestanti il reiterato adempimento da parte della Banca di ordini di pagamento impartiti dalla correntista, anche in assenza di provvista, le risultanze del libro fidi, attestanti l'esistenza di una delibera di concessione di un finanziamento, e la segnalazione alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia). Conclusioni La Cassazione, nell’ordinanza in commento, ha confermato, conformemente agli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità, che il correntista che agisce per la ripetizione di indebito deve fornire la prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida causa debendi. L'estratto conto non è l'unico mezzo di prova possibile, e il giudice può ricostruire i saldi utilizzando altri mezzi idonei (anche una CTU). Se l'attore dichiara di aver intrattenuto un rapporto di conto corrente ma di non aver sottoscritto un contratto di conto corrente, non può essere richiesta la produzione di tale contratto in giudizio. L’esistenza di un'apertura di credito incide sulla decorrenza della prescrizione decennale dell’azione di ripetizione di indebito. Se il correntista non allega l'esistenza dell'apertura di credito, la banca non è tenuta a dimostrarla. Tuttavia, il correntista deve provare l'esistenza del contratto di apertura di credito se vuole contrastare l'eccezione di prescrizione (versamenti solutori o ripristinatori). |