Codice di Procedura Civile art. 473 bis 53 - Provvedimenti del presidente1

Francesco Bartolini

Provvedimenti del presidente1

[I]. Il presidente nomina il giudice relatore e fissa l'udienza di comparizione davanti a questo del ricorrente, dell'interdicendo o dell'inabilitando e delle altre persone indicate nel ricorso, le cui informazioni ritenga utili.

[II]. Il ricorso e il decreto sono notificati a cura del ricorrente, entro il termine fissato nel decreto stesso, alle persone indicate nel primo comma. Il decreto è comunicato al pubblico ministero.

[1] Articolo inserito dall'art. 3, comma 33,  del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022 , come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

Come faceva l'art. 713, di cui la norma in commento ha preso il posto, l'art. 473-bis.53 c.p.c. disciplina gli adempimenti processuali che seguono direttamente e primariamente alla presentazione del ricorso.

Il ricorso è presentato al presidente del tribunale. Questi (o il presidente dell'apposita sezione) nomina il giudice relatore e fissa l'udienza di comparizione. Il provvedimento è assunto con decreto, come più in generale è stabilito per le procedure che non sono introdotte con atto di citazione. Il decreto è comunicato al pubblico ministero, posto che nella causa egli può intervenire (art. 70, primo comma, n. 3, c.p.c.). Si applica l'art. 1 disp. att. c.p.c., per il quale in ogni stato e grado del processo il pubblico ministero può chiedere al giudice le comunicazioni degli atti per l'esercizio dei poteri a lui attribuiti dalla legge. Non sono previste formalità particolari e in passato la giurisprudenza ha ritenuto sufficiente prova dell'avvenuta comunicazione l'apposizione del visto da parte del pubblico ministero sugli atti oggetto di comunicazione.

Il decreto di fissazione dell'udienza davanti al giudice relatore è notificato, a cura del ricorrente ed entro il termine assegnatogli, all'interdicendo, all'inabilitando e alle persone indicate nel ricorso. Il termine non è perentorio, in quanto non è legato a decadenze e perenzioni che dipendano dalla sua stretta osservanza (Poggeschi). Ne segue che di esso è consentita la proroga, senza che siano richieste speciali condizioni; e che l'inutile decorso del termine non impedisce all'interessato di proporre ulteriori domande, sempre che ne sussistano i presupposti.

La notifica riguarda i soggetti che il secondo comma dell'art. 473-bis.53 indica attraverso il mero riferimento al suo primo comma; questa disposizione, a propria volta, li qualifica sinteticamente come quegli stessi soggetti che devono essere indicati nel ricorso. Costoro sono il coniuge, il convivente di fatto, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, l'eventuale tutore e l'eventuale curatore. Tuttavia, risulta poi che la notifica del decreto di fissazione dell'udienza di comparizione è disposta con un limite esplicito. Essa è destinata, più precisamente, ai soggetti le cui informazioni il presidente ritenga utili. Ne segue che il dovere di convocazione, astrattamente riferito a tutti i soggetti la cui indicazione costituisce onere del ricorrente a completamento del suo ricorso, può essere dal presidente circoscritta a riguardare soltanto chi tra essi si dimostri utilmente ascoltabile ai fini della procedura. La menzione dei parenti e degli affini è opportuna, su un piano di principio, a fornire il quadro d'insieme delle relazioni familiari nel cui ambito la pronuncia sullo status dovrà produrre i suoi effetti. Ma senza dubbio è superfluo convocare persone residenti lontano o da tempo assenti quanto a frequentazioni o privi di conoscenze dirette della salute di chi ha con loro nulla più che meri legami anagrafici e non anche compartecipazione di vita.

Della posizione di mere fonti di informazione da attribuirsi ai parenti e agli affini ha dato atto la giurisprudenza. S.U., ord. n. 4250/2020 (Rv. 657194-01) Nei procedimenti di interdizione o inabilitazione, i parenti e gli affini dell'interdicendo o dell'inabilitando – i quali, a norma dell'art. 712 c.p.c., devono essere indicati nel ricorso introduttivo – non hanno qualità di parti in senso tecnico-giuridico, né sono litisconsorti, ma svolgono funzioni «consultive», essendo fonti di informazione per il giudice, sicché la loro partecipazione al giudizio va inquadrata nell'ambito dell'intervento volontario a carattere necessariamente adesivo (delle ragioni dell'istante o del soggetto della cui capacità si discute); ne consegue che costoro, non essendo assimilabili al convenuto in giudizio, non sono legittimati ad eccepire il difetto di giurisdizione, e ciò sia in riferimento all'art. 11 della l. n. 218/1995 che in riferimento alle disposizioni generali di cui all'art. 268 c.p.c. (Cass. S.U., n. 4250/2020). Nello stesso senso: «Nel giudizio di interdizione parenti ed affini dell'interdicendo non hanno qualità e veste di parti in senso proprio, avendo essi un compito «consultivo» e cioè di fonti di utili informazioni al giudice. Ditalché, escluso che detti parenti ed affini siano qualificabili come parti necessarie del procedimento, ne discende che, non intervenuti né chiamati in primo grado e facoltizzati ad impugnare la prima sentenza sol deducendo fatti ed informazioni indebitamente pretermesse per effetto della loro esclusione, certamente non sono ammessi a dedurre in sede di legittimità – e per la prima volta – pretesi vizi correlati alla ridetta esclusione» (Cass. I, n. 15346/2000). La mancata notifica del ricorso non determina nullità ma può costituire motivo di impugnazione se la persistente omissione riguarda un congiunto verosimilmente in grado di fornire al giudice informazioni tali da comportare una diversa decisione del procedimento (Cass. I, n. 15346/2000).

Può ricordarsi, per mera opportunità, che la riforma del processo civile introdotta dal d.lgs. n. 149/2022, ha modificato le norme disciplinatrici della notifica degli atti processuali e che le conseguenti innovazioni riguardano anche i procedimenti non contenziosi. Il nuovo art. 3-ter della l. n. 53/1994, dispone che la notifica è effettuata dall'avvocato se si tratta di atti giudiziali in materia civile o di atti stragiudiziali quando: 1) il destinatario ha l'obbligo di munirsi di un domicilio digitale risultante da pubblichi elenchi; 2) o se ha eletto domicilio digitale iscritto nel pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli enti di diritto privato non tenuti all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese. In questi casi la modalità è unica: la notifica va eseguita nell'esclusiva forma della posta certificata o del servizio elettronico certificato, salvo che la modalità non sia concretamente possibile. Nei casi in cui la notifica non è riuscita, essa è eseguita dall'ufficiale giudiziario, che per questi adempimenti ha assunto una posizione di subordine rispetto a quella dell'avvocato.

Bibliografia

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