Codice di Procedura Civile art. 473 bis 56 - Impugnazione1Impugnazione1 [I]. La sentenza che provvede sulla domanda d'interdizione o d'inabilitazione può essere impugnata da tutti coloro che avrebbero avuto diritto di proporre la domanda, anche se non hanno partecipato al giudizio, e dal tutore o curatore nominato con la stessa sentenza. [II]. Il termine per l'impugnazione decorre, per tutte le persone indicate al primo comma, dalla notificazione della sentenza fatta nelle forme ordinarie a tutti coloro che hanno partecipato al giudizio. [III]. Se è stato nominato un tutore o curatore provvisorio, l'atto di impugnazione deve essere notificato anche a lui. [1] Articolo inserito dall'art. 3, comma 33, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022 , come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoIl contenuto degli artt. 718 e 719 c.p.c. è stato trasportato nel testo dell'art. 473-bis.56 c.pc. senza modifiche di rilievo. Come in precedenza, la sentenza che provvede sulla domanda di interdizione o di inabilitazione può essere impugnata da: – tutti coloro che avrebbero avuto diritto di proporre la domanda, anche se non hanno partecipato al giudizio; – il tutore o il curatore nominato con la sentenza. Secondo una parte della dottrina i soggetti che avevano diritto a proporre la domanda sono in primo luogo coloro cui fu notificato il decreto di comparizione all'udienza da tenersi davanti al giudice relatore, a prescindere dalla circostanza che siano intervenuti o meno nel procedimento (Andrioli). L'art. 473-bis.56 tuttavia sembra riferire la legittimazione al gravame a coloro che avrebbero avuto titolo a presentare la domanda per il procedimento di interdizione o di inabilitazione, quali risultano individuati dagli artt. 414,415 e 417 c.c. Costoro dunque risultano essere: – l'interdetto; – l'inabilitato; – il pubblico ministero; – i parenti entro il quarto grado; – gli affini entro il secondo grado; – il tutore: – il curatore. Per consentire il diritto di impugnazione la sentenza deve essere notificata a chi potrebbe avervi interesse: ma questa notifica è limitata a coloro che hanno partecipato al giudizio, al tutore e al curatore. Non sono pertanto destinatari della notifica i soggetti che sono rimasti estranei alla partecipazione al procedimento ma che rientrano nel novero dei legittimati alla proposizione della domanda ai sensi degli artt. 414,415 e 417 c.c. Nei confronti di costoro non dovrebbe dunque decorrere il termine per la presentazione dell'impugnazione, che ha come termine iniziale l'avvenuta notifica: ma chiaramente il secondo comma della norma in commento dispone che detto termine decorre comunque per tutti i soggetti legittimati alla proposizione della domanda, anche non partecipanti al giudizio, dalla notificazione della sentenza fatta a (solo) coloro che hanno partecipato al giudizio. Per termine che decorre dalla notificazione della sentenza dovrebbe intendersi quello stabilito in generale dall'art. 325 c.p.c. (così la dottrina). Il processo di interdizione o di inabilitazione si configura come un procedimento contenzioso speciale disciplinato, ove non diversamente disposto, sia pure con rilevanti deviazioni, dalle regole del rito ordinario che non siano con esso incompatibili: pertanto, l'appello avverso la sentenza dichiarativa dell'interdizione va proposto con atto di citazione e, ove il gravame sia erroneamente proposto con ricorso, per stabilirne la tempestività occorre aver riguardo non alla data di deposito di quest'ultimo, ma alla data in cui esso risulti notificato alla controparte unitamente al provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza (Cass. I, n. 21013/2013). La morte, durante il processo d'appello, della parte interdetta in primo grado fa venir meno la necessità di giungere ad una pronuncia di accertamento del suo stato; ne consegue la declaratoria d'inammissibilità del ricorso per sopraggiunta carenza d'interesse, che determina la cessazione della materia del contendere e, nel caso specifico, anche la caducazione della pronuncia di interdizione (Cass. I, ord. n. 24149/2016). La forma della sentenza prevista per la pronuncia del provvedimento decisorio del procedimento aveva fatto affermare da dottrina e giurisprudenza che l'impugnazione dovesse essere proposta con atto di citazione. Nonostante la natura camerale, in allora, del processo, la scelta legislativa della forma della sentenza piuttosto che quella tipica del decreto induceva a concludere per la corrispondente doverosità del gravame in forma di citazione in appello. In tal senso si era ad esempio espressa Cass. I, n. 11305/1994, per la quale l'impugnazione della sentenza che ha pronunciato l'interdizione o l'inabilitazione, in mancanza di diverse indicazioni legislative, deve essere proposta, non già con ricorso, bensì, secondo il principio generale stabilito dall'art. 342 c.p.c., con citazione da notificare alle persone indicate dall'art. 719 c.p.c. nel termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza del tribunale. E anche: «Il processo di interdizione o di inabilitazione si configura come un procedimento contenzioso speciale disciplinato, ove non diversamente disposto, sia pure con rilevanti deviazioni, dalle regole del rito ordinario che non siano con esso incompatibili: pertanto, l'appello avverso la sentenza dichiarativa dell'interdizione va proposto con atto di citazione e, ove il gravame sia erroneamente proposto con ricorso, per stabilirne la tempestività occorre aver riguardo non alla data di deposito di quest'ultimo, ma alla data in cui esso risulti notificato alla controparte unitamente al provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza» (Cass. I, n. 21013/2013). BibliografiaAmadio, Macario, Diritto di famiglia, Milano 2016; Bartolini, La riforma del processo civile, Piacenza, 2023, p. 98; Bianca, Diritto civile, I, Milano, 2002; Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, 10a ediz., Torino; Bonilini, Amministrazione di sostegno e interdizione giudiziale, in Pers. Fam. 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