Codice di Procedura Civile art. 473 bis 57 - Revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione1Revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione1 [I]. Per la revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione si osservano le norme stabilite nella presente sezione. [II]. Coloro che avevano diritto di promuovere l'interdizione e l'inabilitazione possono intervenire nel giudizio di revoca per opporsi alla domanda, e possono altresì impugnare la sentenza pronunciata nel giudizio di revoca, anche se non hanno partecipato al giudizio. [1] Articolo inserito dall'art. 3, comma 33, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022 , come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoL'art. 473-bis.57 è la puntuale trascrizione dell'abrogato art. 720 c.p.c. Si applicano pertanto nell'applicazione della norma introdotta dalla riforma processuale dovuta al d.lgs. n. 149/2022 le acquisizioni interpretative raggiunta dalla dottrina e dalla giurisprudenza nella vigenza della disciplina abrogata. Lo scopo del procedimento per la revoca della sentenza dichiarativa dell'interdizione o dell'inabilitazione è di restituire al soggetto lo status di piena capacità di agire; od anche di attribuirgli uno status di incapacità non completa e relativa, allorché l'autorità giudiziaria, pur ritenendo fondata la richiesta di revoca ritenga di accogliere soltanto nel senso di sostituire all'interdizione l'inabilitazione (art. 432 c.c.). Una fattispecie particolare di un siffatto giudizio parzialmente diverso è rappresentato dalla valutazione del giudice favorevole alla sostituzione della misura di protezione con quella dell'amministrazione di sostegno (art. 429, ultimo comma, c.c.). La pronuncia che chiude il giudizio di revoca ha efficacia costitutiva, così come analoga natura ed efficacia riveste quella che dichiara l'interdizione o l'inabilitazione. Costituisce presupposto in fatto della revoca il venir meno delle condizioni, in tutto o in parte, che avevano fondato e legittimato la declaratoria di interdizione o di inabilitazione. L'oggetto della domanda di revoca non si individua nell'accertamento di sussistenza delle circostanze sostanziali sulle quali si regge l'intervento giudiziale sullo status, in quanto su tali circostanze la sentenza costituisce cosa giudicata. L'oggetto per contro si risolve nella verifica della persistenza o della cessazione delle cause che avevano determinato la decisione interdittiva o inabilitativa nel periodo di tempo successivo alla sua pronuncia. Il giudice, nel decidere sulla domanda di revoca, non può, in osservanza del giudicato, rivalutare i presupposti di fatto per i quali fu disposta l'interdizione o l'inabilitazione ma deve accertare se e in quale misura essi siano successivamente venuti meno; e considerarli dunque soltanto per stabilire come si sia evoluta l'infermità posteriormente alla sentenza. Ovviamente, lo spazio per l'eventuale revoca si apre soltanto dopo che la pronuncia è passata in giudicato e la domanda di farne revoca trae la sua giustificazione dall'assunto per cui è venuto meno in momento successivo il fondamento della declaratoria sullo status. In sostanza, deve dimostrarsi che la realtà fermata dal giudicato non ha più collegamento con la situazione di fatto nel frattempo evolutasi. Oggetto del giudizio di revoca dell'interdizione e della inabilitazione (art. 429 c.c.) non è l'accertamento dei presupposti sostanziali della dichiarazione di interdizione o inabilitazione, sui quali fa stato la relativa sentenza i cui effetti non possono essere rimossi se non con il giudizio di revocazione di cui all'art. 395 c.p.c., bensì l'accertamento della persistenza o della cessazione delle cause di interdizione o inabilitazione nel tempo successivo alla pronuncia di quella sentenza (Cass. I, n. 2895/1993). LegittimazioneLa legittimazione a chiedere la revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione è indicata dall'art. 429 c.c., norma di diritto processuale che prende il luogo di quella dettata dall'art. 720 c.p.c. il quale si limitava a disporre che per la revoca dovevano osservarsi le norme stabilite per la pronuncia. Lo stesso art. 720 (poi abrogato dalla riforma processuale introdotta dal d.lgs. n. 149/2022) completava sotto altri profili la regola così posta: esso attribuiva ai soggetti aventi diritto a promuovere l'interdizione o l'inabilitazione la legittimazione a intervenire nel giudizio di revoca per opporsi alla domanda nonché la legittimazione a impugnare la sentenza pronunciata nel giudizio di revoca anche se non avevano partecipato al giudizio. Praticamente identico, anche se non perfettamente coincidente, a queste proposizioni è l'attuale contenuto dell'art. 473-bis.57. Il primo comma di questa norma rimanda per quanto concerne il procedimento di revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione genericamente a quanto stabilito dalle disposizioni contenute «nella presente sezione», vale a dire che si applica per quanto compatibile la disciplina stabilita per la forma della domanda, le modalità di svolgimento della procedura, la pronuncia e le impugnazioni descritta a proposito della domanda di pronuncia dell'interdizione e dell'inabilitazione. La diversità del dettato testuale rispetto a quella del già art. 720, primo comma, è soltanto di natura letterale. La legittimazione a chiedere la revoca resta stabilita dall'art. 429 c.c. Tale legittimazione spetta ai soggetti tassativamente indicati nella disposizione appena citata che poi sono (quasi) gli stessi aventi titolo a proporre la domanda di interdizione o di inabilitazione: il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il tutore o il curatore, il pubblico ministero. Mancano nell'elencazione la persona stabilmente convivente, l'interdetto (che, in veste di interdicendo è nominato dagli artt. 414 e 417 c.c.) e l'inabilitato (che, in veste di inabilitando, è nominato dagli artt. 415 e 417 c.c.). Il fatto che rispetto alle indicazioni relative ai soggetti abilitati a chiedere l'interdizione e l'inabilitazione sia diversa l'indicazione dei legittimati alla revoca poteva avere un significato di scelta precisa del legislatore. Ma attualmente l'art. 473-bis.57 rimanda alle norme contenute «nella presente sezione» e queste disciplinano in maniera unitaria la legittimazione sia a chiedere il provvedimento interdittivo o inabilitativo e sia per la sua revoca. Il disposto della nuova disposizione si sovrappone a quella di cui al ricordato art. 429, cui deroga per la sua sopravvenienza con contenuto diverso e derogatorio. Del resto, per quanto riguarda il convivente di fatto va ricordato che già la l. n. 76/2016, sulle unioni civili e le convivenze di fatto aveva modificato l'art. 712 per inserire in esso la menzione del convivente quale soggetto legittimato a proporre l'istanza di interdizione o di inabilitazione. E in questo senso deve ritenersi modificata la normativa anche nelle parti in cui questa estensione di facoltà non è espressamente riportata. La legittimazione a chiedere la revoca è stata riconosciuta anche in capo all'interdetto e all'inabilitato, in parallelo a quella che è conferita all'interdicendo e all'inabilitando. Naturalmente, chi è interdetto e chi è inabilitato non ha la capacità processuale piena o sufficiente all'esercizio dell'azione. Essi dunque possono agire e stare in giudizio soltanto se rappresentati dal tutore o assistiti dal curatore (Andrioli, Jannuzzi). La giurisprudenza si è però rivelata più liberale e permissiva di quanto vorrebbe l'applicazione delle regole generali. La Corte di cassazione (sent. n. 2401/2015) ha affermato che l'interdetto può stare in giudizio nel procedimento di revoca dell'interdizione senza la rappresentanza del tutore per difendere la pienezza della sua capacità e del suo status ex art. 716 richiamato dall'art. 720. Il principio è stato posto a proposito dell'interdicendo e vale per lui anche dopo la nomina del tutore provvisorio: dunque esso va applicato anche a proposito della revoca e ciò sia per il rinvio contenuto nella norma relativa alla revoca (art. 720 c.p.c.) rivolto alla disciplina processuale relativa alla dichiarazione di interdizione e all'inabilitazione (la quale contiene anche l'art. 716 che regola la capacità processuale dell'interdicendo) e sia perché anche nel giudizio di revoca opera il principio per il quale l'interdetto ha sempre il diritto di difendere il ripristino integrale della propria capacità di agire. Effetti della revocaGli effetti, sostanziali e processuali, della sentenza di revoca sono disciplinati dall'art. 431 c.c. Anche la sentenza di revoca ha natura costitutiva e produce effetti erga omnes. Questi effetti decorrono dal momento in cui la pronuncia passa in giudicato e non possono dunque essere riferiti alle attività e ai rapporti compiute a intercorse nel lasso temporale precedente. Le cause di incapacità accertate e dichiarate prima della revoca restano a pregiudicare gli atti posti in essere in violazione delle regole disciplinatrici della tutela degli interdetti e dell'assistenza degli inabilitati (artt. 427 e 428 c.c.). Il secondo comma dell'art. 431 disciplina una fattispecie particolare che sarebbe altrimenti sfuggita, o sarebbe rimasta controversa nell'applicazione pratica. Esso stabilisce una regola di equilibrio tra opposte esigenze. Gli atti che vengono compiuti dopo la pronuncia della sentenza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione ma prima del suo passaggio in giudicato sono, per il momento non impugnabili. Essi sono impugnabili soltanto se e quando la revoca è definitivamente stabilita con sentenza passata in giudicato. Tornano ad essere impugnabili se la domanda di revoca è respinta. BibliografiaAmadio, Macario, Diritto di famiglia, Milano 2016; Bartolini, La riforma del processo civile, Piacenza, 2023, p. 98; Bianca, Diritto civile, I, Milano, 2002; Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, 10a ediz., Torino; Bonilini, Amministrazione di sostegno e interdizione giudiziale, in Pers. Fam. 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