Codice di Procedura Civile art. 473 bis 42 - Procedimento 1

Francesco Bartolini

Procedimento1

[I]. Il giudice può abbreviare i termini fino alla metà, e compie tutte le attività previste dalla presente sezione anche d'ufficio e senza alcun ritardo. Al fine di accertare le condotte allegate, può disporre mezzi di prova anche al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile, nel rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova contraria.

[II]. Il giudice e i suoi ausiliari tutelano la sfera personale, la dignità e la personalità della vittima e ne garantiscono la sicurezza, anche evitando, se opportuno, la contemporanea presenza delle parti.

[III]. Quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale ovvero penda procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell'udienza non contiene l'invito a rivolgersi ad un mediatore familiare.

[IV]. Quando la vittima degli abusi o delle violenze allegate è inserita in collocazione protetta, il giudice, ove opportuno per la sua sicurezza, dispone la secretazione dell'indirizzo ove essa dimora.

[V]. Con il decreto di fissazione dell'udienza, il giudice chiede al pubblico ministero e alle altre autorità competenti informazioni circa l'esistenza di eventuali procedimenti relativi agli abusi e alle violenze allegate, definiti o pendenti, e la trasmissione dei relativi atti non coperti dal segreto di cui all'articolo 329 del codice di procedura penale. Il pubblico ministero e le altre autorità competenti provvedono entro quindici giorni a quanto richiesto.

[VI]. Le parti non sono tenute a comparire personalmente all'udienza di cui all'articolo 473-bis.21. Se compaiono, il giudice si astiene dal procedere al tentativo di conciliazione e dall'invitarle a rivolgersi ad un mediatore familiare. Può comunque invitare le parti a rivolgersi a un mediatore o tentare la conciliazione, se nel corso del giudizio ravvisa l'insussistenza delle condotte allegate.

[1] Articolo inserito dall'art. 3, comma 33,  del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

Il procedimento disegnato dall'art. 473-bis.42 segue lo schema delle procedure che sono introdotte con ricorso, nelle quali l'udienza di comparizione è stabilita non dalla parte ma dal giudice e nelle quali il provvedimento in forma di decreto di fissazione dell'udienza è notificato al controinteressato a cura del ricorrente. La specialità e la natura generalmente emergenziale del procedimento per richiesta di misure di rimedio agli abusi e alle violenza nella cerchia familiare ha imposto l'apposizione a questo schema di significative modificazioni.

La riforma del processo civile dovuta al d.lgs. n. 149/2022 ha costruito la natura giuridica del procedimento in tema di violenza domestica o di genere in modo diverso da quello, preesistente, che era proprio al procedimento finalizzato alla pronuncia degli ordini di protezione. La disciplina dettata dall'art. 736-bis c.p.c. era inserita tra le norme regolatrici delle procedure in camera di consiglio (artt. 706- 742-bis). Ne era ritenuta certa la natura camerale, con riferimento necessario alle norme comuni ai procedimenti camerali ove non diversamente disposto (art. 737 c.p.c.). La giurisprudenza si era espressa nel senso del carattere contenzioso e non di volontaria giurisdizione di questa procedura (e proprio sull'assunto di questo aspetto contenzioso Cass. II, n. 20905/2023 aveva affermato l'applicazione, ai fini della determinazione del compenso del difensore in tema di patrocinio a spese dello Stato, delle tabelle relative ai giudizi ordinari innanzi ai tribunali, che prevedono la separazione per fasi, e non già delle tabelle relative ai procedimenti di volontaria giurisdizione, che individuano una voce di compenso unica). Il procedimento è stato dalla riforma citata considerato come necessitante di disposizioni speciali (in tal senso è rubricato il Capo III del Titolo IV-bis, Libro II, c.p.c.) nell'ambito della più ampia normativa processuale disposta per le controversie in materia di stato delle persone, di minorenni e di famiglia.

Il procedimento che viene instaurato a seguito dell'allegazione di violenza domestica o di genere sfugge alla normativa camerale e segue con taluni aggiustamenti la disciplina del processo per le controversie in materia di stato delle persone, di minorenni e di famiglia.

Il decreto di fissazione dell’udienza

Il primo comma dell'art. 473-bis.42 dispone che il giudice può abbreviare sino alla metà i termini per la comparizione davanti a lui. La norma fa necessario riferimento al dettato dell'art. 473-bis.14. Questa disposizione non stabilisce direttamente la durata del termine oggetto di eventuale riduzione; essa invece assegna al giudice che riceve il ricorso tre giorni per pronunciare il decreto; stabilisce un lasso temporale massimo di novanta giorni tra il deposito del ricorso e l'udienza di comparizione; e assegna alla controparte un termine a ritroso di trenta giorni anteriore all'udienza per costituirsi. Fermo il termine, del resto ordinatorio relativo alla pronuncia del decreto, la consentita riduzione del termine va riferita innanzitutto a quello che deve intercorrere tra il deposito del ricorso e l'udienza: con conseguente proporzionata riduzione di quello assegnato al controinteressato per presentare le proprie difese mediante la formale costituzione. La norma in esame infatti è riferita ai “termini”, al plurale, e pertanto costringe ad affermare che, come può essere dimidiato il termine che differisce la data dell'udienza, così può, e deve, essere ridotto convenientemente il termine per la costituzione e a prima difesa.

Il richiamo alla più generale disposizione dettata per il giudizio familiare appare all'interprete non totalmente calibrato con la specialità della procedura riguardante le violenze domestiche. Se pure ad essa si riconosce natura contenziosa, non gli è essenziale la contrapposizione di parti che assumano vesti formali e l'una contro l'altra propongano domande in ordine alle quali si attende una decisione solutoria del loro contrasto. Non sempre si porrà l'esistenza di un soggetto che si munisca di un difensore per opporsi nei modi legali ad una iniziativa che può semplicemente risolversi nella richiesta di  tenere taluno ontano da luoghi  teatro di abusi o violenza avverso i quali reagisce. In ogni caso la normativa appresta le regole che con completezza possono provvedere anche alle ipotesi di formale difesa, in modo che ne ricorra l'idonea disciplina.

Il decreto, se è pronunciato dal presidente del tribunale, designa il giudice relatore, cui può essere delegata la trattazione; e con esso è nominato un curatore speciale quando la richiesta coinvolge la tutela di un malato di mente o di un soggetto legalmente incapace (artt. 473-bis.7 e 473-bis.8). E' dubbio che il provvedimento debba contenere l'informazione al convenuto che la costituzione oltre il termine assegnatogli comporta le decadenze da facoltà processuali difensive. La procedura certamente non prevede decadenze per l'esercizio di facoltà di parte né fasi successive attraverso le quali maturino preclusioni. Sotto questo profilo la comunicazione può dirsi superflua. E' per contro utile e doveroso l'avvertimento riguardante l'obbligatorietà della difesa tecnica mediante avvocato; così come utile e pertinente è l'informazione relativa al patrocinio a spese dello Stato. Secondo la normativa generale  con il decreto in argomento è altresì dovuta l'informazione concernente  la possibilità di avvalersi della mediazione familiare.  Il limite imposto dall'art. 473-bis.43, terzo comma, alla comunicazione di questa informazione lascia intendere che l'informazione è dovuta anche per colui nei cui confronti è fatta richiesta di intervento del giudice. Potrebbe discutersi sull'opportunità di una siffatta informazione a proposito di vicende imperniate su episodi di abusi e di violenza ma l'indicazione legislativa delle fattispecie in cui il percorso mediatorio è espressamente precluso induce a concludere che la detta informazione è comunque parte necessaria del decreto del giudice nelle fattispecie diverse da quelle in cui essa è vietata.

Rispetto alla normativa comune al rito in materia di stato delle persone, di minorenni e di famiglia, quella avente ad oggetto il decreto di fissazione dell'udienza nel procedimento riguardante gli abusi e le violenze domestiche deve assumere un contenuto ulteriore e particolare.

Con il provvedimento il giudice chiede al pubblico ministero e alle altre autorità competenti informazioni specifiche, riguardanti eventuali procedimenti relativi agli abusi e alle violenze allegate in ricorso, siano essi definiti o in corso; e chiede inoltre la trasmissione dei relativi atti non coperti dal segreto istruttorio di cui all'art. 329 c.p.p. A carico delle autorità destinatarie delle richieste è posto l'obbligo di provvedere nei successivi quindici giorni. Le richieste non hanno soltanto un mero valore di adempimento formale. Va infatti  considerato che già il ricorso deve fornire le indicazioni degli eventuali procedimenti, definiti o pendenti, relativi agli abusi  e alle violenze (art. 473-bis.41) e la menzione dell'esistenza di altri procedimenti aventi a oggetto, in tutto o in parte, le medesime domande o domande ad esse connesse, con allegata produzione in copia di eventuali provvedimenti, anche provvisori, già adottati in tali procedimenti (art. 473-bis.14). Ma  la richiesta del giudice risponde ad una duplice finalità: fa conoscere al pubblico ministero del processo penale la pendenza del giudizio civile o minorile tra le stesse parti in modo che, presone atto, egli si attivi a rendere più spedito il processo penale e a scegliere gli atti da comunicare al giudice civile per completarne l'informazione; coadiuva il difensore nella sua attività di raccolta delle informazioni utili a tutelare la vittima degli abusi o delle violenze.

Secondo la relazione illustrativa al d.dgs. n. 149/2022 l'onere non è posto a carico della sola parte che lamenti di essere vittima di violenza, ma è diretto ad ogni parte processuale, e al pubblico ministero. Pertanto, anche il presunto autore della violenza qualora proponga ricorso ovvero si costituisca come resistente in uno dei procedimenti di cui all'art. 473-bis, deve segnalare se risultino procedimenti relativi a condotte violente o di abuso.

La disposizione in commento, nella sua formulazione letterale, collega il potere-dovere del giudice di chiedere informazioni al pubblico ministero ed alle altre autorità competenti al preciso momento della pronuncia del decreto di fissazione dell'udienza. La richiesta è indicata quale elemento che completa il contenuto del provvedimento e dunque la circoscrive al preciso momento nel quale, ricevuto il ricorso, il giudice compie il primo atto necessario a dare avvio alla procedura. Può tuttavia avvenire che l'emersione dei dati fattuali di abuso o di violenza risulti nel corso di procedimenti pendenti per altro, se ad esempio la vittima si risolve finalmente ad uscire dal riserbo dovuto al timore di rappresaglie e si decide a riferire l'accaduto; o quando  la parte convenuta in un giudizio fa presenti nella comparsa di risposta circostanze rilevanti per desumerne l'opportunità di accertamenti tesi a verificare se nella vicenda sono stati compiuti atti di abuso o di violenza. La palese necessità di non lasciare situazioni come queste sfornite di una adeguata normativa rivolta alla raccolta di tutte le informazioni resesi necessarie impone di ritenere che ove  sia stato nominato  un difensore sia onere di questi, se propone una domanda, di corredare l'istanza con le indicazioni e le produzioni di cui all'art. 473-bis.12. E si deve altresì ritenere che l'emergere delle notizie di abusi e di violenze equivalga nella sostanza, al di là dei tempi e delle forme, al momento in cui sono autonomamente denunciati i fatti lesivi: con il conseguente dovere del giudice di far luogo alle richieste di informazione rivolte al pubblico ministero e alle altre autorità anche se non viene emanato il decreto di fissazione dell'udienza.

Completano il contenuto eventuale del decreto la secretazione dell'indirizzo di dimora della vittima degli abusi o delle violenze quando di essa  è disposta la collocazione protetta e la secretazione sia ritenuta dal giudice opportuna; e la fissazione di date diverse, o di luoghi diversi, per la comparizione quando è opportuno evitare la contemporanea presenza delle parti  per tutelarne la dignità e la personalità  oppure per garantirne la sicurezza. La disposizione che consente una siffatta differenziazione appare particolarmente rilevante quando la vittima è un soggetto minorenne e non sia producente porlo a confronto con l'uno o l'altro genitore. La norma risponde, tra l'altro,  all'esigenza di evitare la così detta violenza assistita o secondaria, che si realizza quando le stesse autorità chiamate a reprimere il fenomeno delle violenze non adottano nei confronti della vittima le necessarie tutele per proteggerla da possibili condizionamenti e da reiterazioni della violenza. La rivisitazione, costretta, degli abusi subiti per il racconto che ne venga fatto in presenza dell'autore costituisce anch'essa una forma di violenza.

L’udienza e i poteri del giudice

L'udienza che il giudice con il suo decreto stabilisce per la comparizione delle parti è quella stessa che l'art. 473-bis.21 disciplina a proposito delle controversie, in genere, in materia di stato delle persone, di minorenni e di famiglia. Si rimanda al commento a questa disposizione per segnalare in questa sede di quanto da tale disciplina si differenzia la particolare occasione di comparizione nella procedura rivolta ai provvedimenti di contrasto alla violenza domestica e di genere.

L'art. 473-bis.42, ultimo comma, dispone che le parti non sono tenute a comparire personalmente. La procedura ha larghi spazi di officialità e la presenza delle parti davanti al giudice non ne costituisce momento indispensabile. Ne rappresenta corollario direttamente conseguente la norma che impone al giudice di astenersi dal procedere al tentativo di conciliazione e dall'invitare i comparenti a rivolgersi ad un mediatore familiare in alcune fattispecie determinate. Il divieto in tal senso è inteso ad evitare accomodamenti che possano essere dovuti a pressioni e intimidazioni sulla vittima, costretta a ritirare le proprie affermazioni accusatorie ed a mentire. Accordi e pacificazioni sono utili e validi allorchè sono raggiunti tra parti in posizioni paritarie, circostanza che non sussiste quando l'una di esse si suppone essere vittima di abusi o di violenza ad opera dell'altra e proprio questa situazione è oggetto di contrasto e di accertamento. Il divieto di tentativi di conciliazione e di mediazioni è oggetto di una clausola della Convenzione di Istanbul (art. 48) che vieta il ricorso anche alle altre  forme di soluzione delle controversie alternative a quelle giudiziali.

L'invito a rivolgersi ad un mediatore familiare come pure il tentativo di conciliazione ad opera del giudice tornano ad essere consentiti quando nel corso del giudizio risulta l'insussistenza delle condotte vittimizzatrici allegate. In queste evenienze mediazione e conciliazione hanno ad oggetto meri dissapori e divergenze interpersonali.

L'art. 473-bis.42 manda al giudice di compiere anche d'ufficio e senza ritardo tutte le attività previste dalla specifica normativa dettata in materia di protezione dalla violenza domestica o di genere. 

Poteri esercitabili d'ufficio.

In modo esplicito si consente al giudice di disporre mezzi di prova anche al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile, nel rispetto, comunque, del contraddittorio e del diritto alla prova contraria. La disposizione riprende il contenuto dell'art. 473-bis.2 che disciplina i poteri del giudice con ambito di applicazione riferito al procedimento in materia di stato delle persone, di minorenni e di famiglia, in genere. Tale norma assegna, infatti, al giudice, oltre al potere di adottare i provvedimenti opportuni in deroga all'art. 112 c.p.c., anche il potere di disporre mezzi di prova al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile; e con riferimento alle domande di contributo economico l'ulteriore potere di ordinare l'integrazione della documentazione depositata dalle parti e disporre ordini di esibizione e indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, anche nei confronti dei terzi, valendosi se del caso anche della polizia tributaria. Le due norme concorrono a descrivere le attività che il giudice può compiere conformemente a legge nello svolgimento delle sue funzioni nella specifica materia delle controversie e delle procedure familiari. Esse si completano a vicenda, con un risultato  che in via di interpretazione sistematica può essere considerato di reciproco rimando. Ma tra loro esiste una importante differenza. L'art. 473-bis.2, primo comma, riferisce i poteri di eccedere dai limiti dettati dall'art. 112 c.p.c. e i poteri istruttori alla finalità, e ai casi, di tutela dei minori. Questa esplicita limitazione applicativa non è contenuta nel testo dell'art. 473-bis.42 per il quale i poteri da esso conferiti al giudice vanno riferiti alle vittime degli abusi e delle violenze indipendentemente dalla loro condizione di maggiorenni o di minorenni. Ma soltanto a favore dei minori può essere superato dal giudice il principio della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

L'attribuzione di poteri officiosi di istruzione al giudice ha lo scopo di rimediare alla disparità di posizioni tra le parti, delle quali l'una di esse partecipa al procedimento in veste di soggetto abusato dall'altra o succube di sue violenze. I poteri conferiti al giudice tendono a riportare il procedimento a quel “giusto processo”  che ha per base essenziale la parità delle armi.

Adempimenti

All'udienza il giudice (collegio o giudice delegato) verifica d'ufficio la regolarità del contraddittorio  e quando occorra pronuncia in proposito i provvedimenti opportuni. All'udienza il giudice sente le parti, congiuntamente o separatamente, alla presenza dei rispettivi difensori e dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che ritiene opportuni nell'interesse delle parti e dei figli. L'ordinanza è titolo esecutivo. Se il procedimento richiede una istruttoria, il giudice provvede sulle richieste formulate e predispone il calendario del processo.

Non si applicano nel procedimento per la protezione da abusi e violenze domestiche alcune delle indicazioni contenute negli artt. 473-bis.21 e 473-bis.22. La comparizione personale delle parti non è necessaria e il tentativo della loro conciliazione è vietato. Non si applica la disposizione che consente la formulazione di una proposta motivata di conciliazione della controversia ad opera del giudice.

 

Bibliografia

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