Danno da perdita di chances: la domanda non coincide con quella relativa al danno biologico

01 Marzo 2024

La questione principale sottesa al ricorso richiedeva alla Corte di cassazione di soffermarsi sulla nozione di danno da perdita di chances e sulla differenza di tale voce di danno rispetto al danno biologico

Massima

In materia di responsabilità sanitaria, il risarcimento del danno da perdita di chance non coincide con il risarcimento del danno biologico, né costituisce una semplice parte di esso, perché non ha ad oggetto né la limitazione funzionale dovuta all'errato intervento medico - a cui consegue un danno permanente alla salute - né la perdita del risultato sperato di una guarigione, ma consiste, per converso, nella perdita della possibilità di realizzare quel risultato.

Il caso

Nel caso oggetto dell'ordinanza in commento, Tizio conveniva in giudizio una clinica privata, ritenendo che la sua invalidità e le sofferenze conseguenti fossero state causate dalla negligenza e imperizia dei medici della predetta struttura. Secondo Tizio, i medici della struttura convenuta non avrebbero diagnosticato un ascesso vertebrale e non l'avrebbero curato immediatamente con adeguata terapia. Ciò avrebbe provocato una compressione del midollo provocandogli esiti tetraplegici permanenti.

All'esito del giudizio di primo grado, la domanda attorea veniva accolta. Il Tribunale accertava la responsabilità della struttura sanitaria convenuta sulla scorta della seconda consulenza tecnica d'ufficio espletata. La prima consulenza aveva invece negato l'esistenza del nesso causale tra negligenza e danno.

La Corte d'Appello riformava invece integralmente la sentenza di primo grado, accogliendo l'appello della casa di cura privata e respingendo le domande dell'attore e ciò sulla base di ulteriore approfondimento tecnico mediante una terza consulenza. Quest'ultima accertava che la condotta dei sanitari della casa di cura non era stata congrua rispetto alle esigenze del paziente, ma rilevava altresì la particolare difficoltà del quadro clinico del paziente ed escludeva la sussistenza del nesso causale, sulla base del criterio probabilistico del più probabile che non.

Pertanto, a sua volta, la Corte d'Appello riteneva che mancasse la prova del nesso di causa tra la condotta dei medici – seppure negligente - e il danno alla persona riportato dall'attore, rilevando la mancanza di linee guida e inoltre, a fronte dell'assenza di prova dell'evitabilità dell'evento da parte dei sanitari, non risultava provato che un più adeguato e immediato intervento diagnostico e terapeutico avrebbe evitato l'invalidità permanente dell'attore.

Ulteriormente, la Corte d'Appello dava atto che, nella terza consulenza, i consulenti tecnici avevano evidenziato che la condotta dei medici della casa di cura aveva portato soltanto a una riduzione della possibilità di miglior guarigione, a una riduzione cioè delle possibilità di restitutio ad integrum neurologica ovvero a una perdita di chance, quindi alla possibilità perduta di un risultato migliore e sperato, solo eventuale nella sua realizzazione.

Tuttavia, la Corte d'Appello non riconosceva all'attore alcun importo a titolo di perdita di chances rilevando che l'attore non aveva agito lamentando come evento di danno la perdita della speranza di guarigione, non avendo proposto una domanda autonoma nemmeno in via subordinata.

L'attore impugnava quindi la sentenza di appello e proponeva ricorso per cassazione affidandosi a cinque motivi.

Con il primo motivo, il ricorrente denunciava una violazione di legge per aver la Corte d'Appello applicato la nuova disciplina dettata dall'art. 195 c.p.c., nonostante si trattasse di disciplina sopravvenuta rispetto all'inizio del giudizio e quindi non applicabile. Per l'effetto il ricorrente lamentava di aver riportato un danno dall'errore procedurale perché le proprie note tecniche non sarebbero state prese in considerazione dal consulente d'ufficio e ciò avrebbe inciso negativamente sulla valutazione tecnica relativa all'insussistenza del nesso causale.

Col secondo motivo, il ricorrente denunciava l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e la violazione degli artt. 132 e 195 c.p.c. ritenendo che la decisione della Corte d'Appello fosse contraddittoria, in quanto basata su una consulenza tecnica – la terza – anch'essa contraddittoria.

Col terzo motivo, veniva denuncia la violazione dell'articolo 2059 c.c., per mancata pronuncia sulla specifica domanda di autonomo risarcimento del danno morale nonché la formazione del giudicato interno sul punto.

Col quarto motivo, il ricorrente censurava la mancata applicazione da parte della Corte del principio del più probabile che non, laddove la Corte avrebbe invece applicato il principio penalistico della certezza oltre ogni ragionevole dubbio.

Infine, con l'ultimo motivo, il ricorrente sollevava la questione che sarà oggetto di approfondimento di seguito giacché contestava il rigetto da parte della Corte d'Appello della richiesta di risarcimento del danno per perdita di chance.

La questione

La questione principale sottesa al ricorso richiedeva alla Corte di cassazione di soffermarsi sulla nozione di danno da perdita di chances e sulla differenza di tale voce di danno rispetto al danno biologico

Le soluzioni giuridiche

In sintesi, la Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, non accogliendo alcuno dei motivi formulati dal ricorrente.

Con riferimento alla richiesta di risarcimento del danno da perdita di chances, oggetto del quinto motivo di ricorso, il ricorrente sosteneva che la perdita di chances non sarebbe una nozione autonoma, distinta dal danno non patrimoniale per lesione del diritto alla salute e che, quindi, non sarebbe stato necessario proporre un'autonoma domanda.

Avendo formulato la richiesta di risarcimento relativa al danno biologico, il ricorrente riteneva che in essa fosse ricompresa anche quella relativa al danno da perdita di chances.

Tuttavia, la Cassazione non ha condiviso la tesi del ricorrente, rimarcando l'autonomia concettuale del danno da perdita di chance rispetto al danno biologico, principio già affermato in altre sentenze della stessa Suprema Corte.

In particolare, secondo la Cassazione, il risarcimento del danno da perdita di chances non solo non coincide infatti con il risarcimento del danno biologico, ma non costituisce neppure una semplice parte di esso, perché lo stesso non ha ad oggetto né la limitazione funzionale dovuta all'errato intervento medico - a cui consegue un danno permanente alla salute - né la perdita del risultato sperato di una guarigione.

La perdita di chances consiste, invece, nella perdita della possibilità di realizzare un determinato risultato. Non si tratta però di una mera aspettativa di fatto, giacché la chance di raggiungere quel risultato o un certo bene deve essere concreta ed effettiva e inoltre giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, al punto che la sua perdita configura un danno concreto ed attuale.

A sostegno della propria tesi, la Cassazione ha richiamato le pronunce Cass. civ., sez. III, sent., n. 25886/2022, che in applicazione del principio aveva confermato la pronuncia di merito che aveva ritenuto nuova e, dunque, inammissibile la domanda risarcitoria per perdita di "chance" avanzata per la prima volta in appello, e inoltre le più recenti Cass. civ. nn. 24050/2023 e Cass. civ. n. 26851/2023.

Per l'effetto, con la pronuncia in commento, la Cassazione ha ritenuto che la domanda risarcitoria del danno per la perdita di "chance" sia, per l'oggetto, ontologicamente diversa dalla pretesa di risarcimento del pregiudizio derivante dal mancato raggiungimento del risultato sperato, il quale si sostanzia nell'impossibilità di realizzarlo, caratterizzata da incertezza (non causale, ma) eventistica.

Poiché il ricorrente aveva effettivamente proposto soltanto nel giudizio di appello la domanda risarcitoria relativa al danno da perdita di chances, in base al principio di diritto adottato dalla Cassazione, tale domanda risultava quindi tardiva, come correttamente rilevato dalla Corte d'Appello.

Osservazioni

La decisione in commento torna a fare chiarezza in merito alla distinzione tra danno biologico e danno da perdita di chances.

Nel riaffermare l'autonomia concettuale tra danno biologico e danno da perdita di chances, l'orientamento espresso nell'ordinanza oggetto di commento impone di fatto al danneggiato di formulare immediatamente, fin dall'introduzione del giudizio, sia la domanda risarcitoria relativa al danno biologico, sia quella per ottenere il danno da perdita di chances.

Se, infatti, tali voci di danno sono autonome e, quindi, il danno biologico non ricomprende il danno da perdita di chances, il danneggiato deve, a pena di inammissibilità, formulare entrambe le domande nel proprio atto introduttivo del giudizio

Colui che agisce in giudizio non potrà quindi modificare la domanda in corso di causa, né tantomeno richiedere il danno da perdita di chance a seguito dell'esito della consulenza tecnica d'ufficio.

Trattandosi di due voci di danno autonome e distinte, non sarà però necessario formulare la richiesta relativa al danno da perdita di chances in via subordinata rispetto alla domanda del danno biologico.

Riferimenti

L. Mancini, Il danno da perdita di chance, Focus, in IUS Responsabilità civile (ius.giuffrefl.it), 2017.

D. Zorzit, Perdita di chances in materia sanitaria (danno da), Bussole di inquadramento, in IUS Responsabilità civile (ius.giuffrefl.it)

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