Decreto legislativo - 30/06/2003 - n. 196 art. 144 bis - Revenge porn1

Selina Zipponi

Revenge porn1

1. Chiunque, compresi i minori ultraquattordicenni, abbia fondato motivo di ritenere che registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere oggetto di invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione attraverso piattaforme digitali senza il suo consenso ha facoltà di segnalare il pericolo al Garante, il quale, nelle quarantotto ore dal ricevimento della segnalazione, decide ai sensi degli articoli 143 e 144 del presente codice.

2. Quando le registrazioni audio, le immagini o i video o gli altri documenti informatici riguardano minori, la segnalazione al Garante può essere effettuata anche dai genitori o dagli esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela.

3. Per le finalità di cui al comma 1, l'invio al Garante di registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito riguardanti soggetti terzi, effettuato dall'interessato, non integra il reato di cui all'articolo 612-ter del codice penale.

4. I gestori delle piattaforme digitali destinatari dei provvedimenti di cui al comma 1 conservano il materiale oggetto della segnalazione, a soli fini probatori e con misure indicate dal Garante, anche nell'ambito dei medesimi provvedimenti, idonee a impedire la diretta identificabilità degli interessati, per dodici mesi a decorrere dal ricevimento del provvedimento stesso.

5. Il Garante, con proprio provvedimento, può disciplinare specifiche modalità di svolgimento dei procedimenti di cui al comma 1 e le misure per impedire la diretta identificabilità degli interessati di cui al medesimo comma.

6. I fornitori di servizi di condivisione di contenuti audiovisivi, ovunque stabiliti, che erogano servizi accessibili in Italia, indicano senza ritardo al Garante o pubblicano nel proprio sito internet un recapito al quale possono essere comunicati i provvedimenti adottati ai sensi del comma 1. In caso di inadempimento dell'obbligo di cui al periodo precedente, il Garante diffida il fornitore del servizio ad adempiere entro trenta giorni. In caso di inottemperanza alla diffida si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all'articolo 83, paragrafo 4, del Regolamento.

7. Quando il Garante, a seguito della segnalazione di cui al comma 1, acquisisce notizia della consumazione del reato di cui all'articolo 612-ter del codice penale, anche in forma tentata, nel caso di procedibilità d'ufficio trasmette al pubblico ministero la segnalazione ricevuta e la documentazione acquisita.

[1] Articolo inserito dall'articolo 9, comma 1, lettera g), del D.L. 8 ottobre 2021 n. 139, convertito con modificazioni dalla Legge 3 dicembre 2021, n. 205. Vedi anche l'articolo 9, comma 6, del D.L. 139/2021 medesimo, convertito con modificazioni dalla Legge 3 dicembre 2021, n. 205.

Inquadramento

L'articolo in commento disciplina la possibilità di segnalare al Garante per la protezione dei dati personali possibili condotte di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (cd. revenge porn). Il reato, introdotto nel codice penale nel 2019, con la legge cd. “Codice Rosso” sanziona la comunicazione o diffusione di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate. Al di là della tutela penale, l'art. 144-bis del Codice privacy prevede che, ove un interessato abbia fondato motivo di ritenere che immagini, video, registrazioni audio o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito siano oggetto di comunicazione o diffusione su piattaforme digitali, senza il suo consenso, possa chiedere l'intervento del Garante.

L'autorità, valutata la segnalazione, si attiva entro 48 ore, ingiungendo ai titolari delle piattaforme di adottare le misure per evitarne la diffusione. Le modalità pratiche di intervento del Garante sono disciplinate in dettaglio dal Regolamento 1/2019, che è stato appositamente modificato mediante l'introduzione dell'art. 33-bis, dedicato al revenge porn.

Il reato di “revenge porn” (diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti)

La l. n. 69/2019 (cd. “Codice Rosso”) ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, anche noto come “revenge porn” o “pornovendetta” o “vendetta pornografica”. Si tratta di una norma importante, che mira a colmare un vuoto legislativo prima esistente in tale settore, sanzionando la condotta di chi si vendica di qualcuno (generalmente l'ex partner) divulgando materiale fotografico o video che lo ritrae e che sia a contenuto sessualmente esplicito.

In particolare, la Legge “Codice rosso” ha introdotto il reato in oggetto mediante l'art. 612-ter del codice penale, che prevede due distinte condotte al comma 1 e 2. Si tratta di un reato contro la persona, che mira a tutelarne l'autodeterminazione, la libertà morale, l'onore, la dignità, la riservatezza.

Il primo comma sanziona “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate”. La pena prevista è quella della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 5.000 a euro 15.000. Si tratta di un reato comune che può essere commesso da chiunque, ma che richiede una condotta attiva prodromica: è infatti necessario che l'autore del reato sia il soggetto che ha realizzato o sottratto le immagini o i video a contenuto sessualmente esplicito e che ponga in essere una condotta attiva di comunicazione di tali immagini o video a persone determinate (“invia”, “consegna”, “cede”) o di diffusione a soggetti indeterminati (“pubblica”, “diffonde”). È inoltre necessario che i video siano comunicati o diffusi “senza il consenso delle persone rappresentate” e che gli stessi siano “destinati a rimanere privati”. Si tratta quindi di una condotta diversa da quella di sexting, pratica per cui alcuni soggetti si scambiano messaggi o immagini a contenuto sessuale ma con il consenso reciproco, e che quindi non presenta profili di illeceità (sempre fintantoché si rimanga nell'alveo delle condotte consenzienti). Inoltre, ai fini della configurabilità del reato, la norma richiede che le immagini o i video siano a “contenuto sessualmente esplicito”. Tale elemento costitutivo non è al momento definito, posta la recente introduzione della norma e l'assenza di giurisprudenza sul punto. Spetterà quindi ai giudici (nonché al Garante, nell'ambito dei procedimenti di cui all'art. 144-bis) dare maggiore contenuto a tale espressione, nonché alla previsione della locuzione “esplicito” che potrebbe portare ad una interpretazione in senso restrittivo. Appare interessante sottolineare che, nonostante il reato sia comunemente chiamato “pornovendetta”, il legislatore, in realtà, non richiede che le condotte siano poste in essere per finalità di vendetta, né richiede alcuna finalità specifica. L'elemento soggettivo, infatti, è rappresentato dal dolo generico.

Il comma 2 prevede una seconda ipotesi di realizzazione del reato, sanzionando “chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento”. Le condotte incriminate corrispondo a quelle indicate nel comma 1, ovvero inviare, cedere, consegnare, pubblicare o diffondere le immagini o i video a contenuto esplicito, senza il consenso delle persone rappresentate. La norma, tuttavia, si distingue sotto il profilo del soggetto attivo del reato: in questo caso, infatti, è sanzionato chi non ha contributo a realizzare le immagini o i video ma le ha ricevute o acquisite. A parere di chi scrive si tratta di una estensione di tutela importante, che consente di sanzionare non solo il primo autore ma anche i successivi distributori delle immagini, che potrebbero riceverle dall'autore, dalla stessa vittima, oppure da terzi. Un'ulteriore differenza rispetto alla fattispecie del primo comma è rappresentata dall'elemento soggettivo: in questo caso, infatti, è richiesto che la condotta sia posta in essere con la specifica finalità di recare nocumento alle persone rappresentate.

L'art. 612-ter, al terzo comma, prevede anche delle ipotesi aggravate, che si realizzano ove i fatti siano “commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici”. Inoltre, la pena è aumentata (da un terzo alla metà) anche se i fatti sono “commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza”.

Quanto al regime di procedibilità, il delitto è punito a querela della persona offesa, ma, per estendere la tutela delle vittime, che in questi casi spesso hanno bisogno di tempo per elaborare la decisione, il termine per proporre querela è stato allungato da tre a sei mesi. Inoltre, per evitare che le vittime subiscano pressioni ai fini della remissione della querela, è stato previsto che la stessa sia possibile solo in via processuale. La procedibilità è comunque d'ufficio nel caso di condotte in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza, oppure quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.

La segnalazione al Garante dei sospetti casi di revenge porn

Oltre alla tutela penale accordata dalla Legge “Codice rosso”, il Legislatore è intervenuto sul tema anche nel 2021, allorché, con l'art. 9 del d.l. n. 139/2021 convertito con modificazioni dalla l. n. 205/2021, ha introdotto nel Codice privacy l'art. 144-bis, prevedendo il potere di intervento del Garante. L'articolo in commento prevede che chiunque abbia “fondato motivo” di ritenere che contenuti sessualmente espliciti che lo riguardano possano essere pubblicati attraverso piattaforme digitali senza il suo consenso possa segnalarlo al Garante che, entro 48 ore, decide ai sensi degli artt. 143 e 144 ed esercitando i poteri interdittivi di cui all'art. 58 del Regolamento. Occorre sottolineare come tale articolo consenta una tutela anticipata delle potenziali vittime che, a reato consumato, potranno presentare regolare querela e rivolgersi alla polizia postale, mentre, in una fase antecedente, in presenza di un sospetto, potranno rivolgersi al Garante. La norma, inoltre, a parere della scrivente, sembra offrire una tutela diversa, e in un certo senso più ampia, anche dal punto di vista dell'oggetto. Se infatti le condotte menzionate sono le stesse di cui all'art. 612-ter (invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione) non vale lo stesso per l'oggetto della diffusione/comunicazione: mentre l'art. 612-ter si limita a fare riferimento a immagini e video, l'art. 144-bis estende la tutela anche a “registrazioni audio” o “altri documenti informatici”, purché a contenuto sessualmente esplicito. Le condotte, tuttavia, devono essere poste in essere mediante “piattaforme digitali”.

La segnalazione può essere effettuata direttamente dal minore se ultraquattordicenne o, se infra-quattordicenne, dai genitori o dagli esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela.

Al comma 3 la norma precisa che l'invio al Garante di registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito riguardanti soggetti terzi, effettuato dall'interessato, non integra il reato di revenge porn. Evidentemente il Legislatore, con tale precisazione, ha voluto incentivare la segnalazione al Garante, chiarendo che condotte di invio di immagini di terzi senza il loro consenso (che, tecnicamente, rientrerebbero nella fattispecie di reato) non costituiscono reato se poste in essere al fine della segnalazione. Trattasi di precisazione superflua, a parere di chi scrive, posto che comunque tali condotte non sarebbero sanzionabili per mancanza di dolo (essendo poste in essere, al contrario, al fine di tutela della vittima).

Con la Deliberazione del 27 gennaio 2022 - Modifiche al regolamento n. 1/2019 in materia di revenge porn [doc. web. 9744477] il Garante per la protezione dei dati personali ha esercitato il potere riconosciutogli dal comma 5 dell'articolo in commento (a mente del quale “Il Garante, con proprio provvedimento, può disciplinare specifiche modalità di svolgimento dei procedimenti di cui al comma 1 e le misure per impedire la diretta identificabilità degli interessati di cui al medesimo comma”) ed ha ritenuto di modificare il Regolamento del Garante 1/2019, concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all'esercizio dei poteri demandati al Garante per la protezione dei dati personali (Deliberazione 4 aprile 2019) introducendovi uno specifico articolo dedicato (e rubricato “revenge porn”) al numero 33-bis.

Tale articolo prevede che le segnalazioni di cui all'art. 144-bis del Codice, corredate delle registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito, a sostegno delle stesse, possano essere presentate al Garante esclusivamente attraverso il modello, compilabile on-line, pubblicato nell'apposita sezione del sito web istituzionale.

Il modulo può essere compilato previa autenticazione (con Carta di identità elettronica, SPID o EIDAS) oppure anche in assenza di autenticazione, purché venga poi inviato in formato pdf, con sottoscrizione autografa e unitamente alla carta di identità. All'interno dello stesso, sono richieste una serie di informazioni identificative, la qualità in base alla quale si effettua la segnalazione (interessato, genitore, tutore) e una breve descrizione dei fatti e delle ragioni per cui si ha fondato motivo di ritenere che immagini o video o registrazioni o altri documenti a contenuto sessualmente esplicito possano essere pubblicati. È inoltre espressamente richiesto che le immagini, i video, le registrazioni audio o gli altri documenti informatici siano allegati alla segnalazione per consentire una valutazione da parte del Garante e la successiva adozione delle misure volte ad impedirne la diffusione da parte della piattaforma destinataria del provvedimento.

I poteri di intervento del Garante

Ai sensi dell'articolo in commento, una volta ricevuta la segnalazione il Garante, nelle quarantotto ore dal ricevimento della segnalazione, decide ai sensi degli artt. 143 e 144 del Codice privacy, potendo adottare i provvedimenti di cui all'art. 58 del Regolamento. Le modalità operative sono dettagliate nel Regolamento del Garante 1/2019.

Come primo step, l'art. 33-bis del Regolamento 1/2019 prevede che il dipartimento, servizio o altra unità organizzativa competente del Garante verifichi la compatibilità della richiesta alla previsione di cui all'art. 144-bis del Codice. Nel caso in cui la segnalazione sia irregolare o incompleta, ne viene data comunicazione all'istante, con l'indicazione delle cause dell'irregolarità o incompletezza nonché del termine, di regola non superiore a quindici giorni, entro cui provvedere alla relativa regolarizzazione. Negli altri casi in cui la richiesta non sia conforme all'art. 144-bis, e non sia possibile procedere come indicato, Il Garante archivia la pratica fornendone tempestiva informazione all'interessato. Ove, invece, la richiesta rispetti i requisiti di cui all'articolo in commento il Garante, entro 48 ore dal ricevimento della segnalazione (e sempre salva l'esigenza di acquisire un'integrazione delle informazioni fornite dal segnalante ai fini della predetta verifica), predispone il provvedimento volto ad impedire l'eventuale diffusione del materiale oggetto di segnalazione.

L'articolo 33-bis prevede che il provvedimento sia adottato in via d'urgenza dal dirigente dell'unità organizzativa e sottoposto a ratifica nella prima adunanza utile del Garante e che, nel caso di mancata ratifica, il provvedimento decada.

Successivamente il Garante trasmette il provvedimento ai gestori delle piattaforme digitali, corredato del materiale oggetto di segnalazione o dalla relativa impronta hash. Interessante notare come sia utilizzata la tecnica di hashing al fine di impedire la identificabilità del soggetto, mediante il documento originario “in chiaro”: l'impronta di hash è confrontata con i vari documenti pubblicati sulle piattaforme e, ove sia riscontrata una corrispondenza, la pubblicazione viene sottoposta a blocco immediato. In tal modo, è garantita una maggiore tutela della riservatezza del segnalante.

I gestori della piattaforma, tuttavia, sono espressamente tenuti a conservare, ai soli fini probatori, il materiale oggetto della segnalazione. Il comma 5 dell'art. 144-bis, infatti, prevede che li conservino per dodici mesi a decorrere dal ricevimento del provvedimento stesso, sia pure con le “misure indicate dal Garante, anche nell'ambito dei medesimi provvedimenti, idonee a impedire la diretta identificabilità degli interessati”.

Il Garante nei vari provvedimenti adottati in questi anni in relazione al revenge porn, in cui sono stati ratificati i provvedimenti adottati d'urgenza dal dirigente del Dipartimento libertà di manifestazione del pensiero e cyberbullismo, ha anche previsto, per i gestori della piattaforma, la conservazione dei dati in chiaro, ove acquisiti, sempre per un massimo di 12 mesi ed ai soli fini probatori. In tali provvedimenti, inoltre, si ingiunge ai gestori (Facebook, Instagram, Google ecc.) “l'immediata adozione di misure volte ad impedire la diffusione sulle piattaforme” del materiale oggetto della segnalazione. Tra gli altri, vedasi il Provvedimento del 28 aprile 2022 [ doc. web 9775327], Provvedimento del 5 agosto 2022 [doc web 9811771], Provvedimento del 15 dicembre 2022 [doc. web. 9843337]

Infine, occorre evidenziare come, a seguito della segnalazione, il Garante possa, nel caso in cui acquisisca una notizia di reato di cui all'articolo 612-ter del codice penale, anche in forma tentata, trasmettere al pubblico ministero la segnalazione ricevuta e la documentazione acquisita. Ciò è possibile, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 144-bis, ove si tratti di una delle ipotesi di procedibilità d'ufficio.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario