Codice di Procedura Civile art. 633 - Condizioni di ammissibilità.

Nicola Gargano
Luca Sileni
Giuseppe Vitrani

Condizioni di ammissibilità.

[I]. Su domanda [638] di chi è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili [639], o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente [637] pronuncia ingiunzione di pagamento [658 1] o di consegna [186-ter 1]:

1) se del diritto fatto valere si dà prova scritta [634, 635];

2) se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, procuratori, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo [636 1];

3) se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata [636 1].

[II]. L'ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende da una controprestazione o da una condizione [1353 ss. c.c.], purché il ricorrente offra elementi atti a far presumere l'adempimento della controprestazione o l'avveramento della condizione [1359 c.c.] (1).

(1) Seguiva un ultimo comma abrogato dall'art. 9 1 d.lg. 9 ottobre 2002, n. 231.

L'obbligatorietà del deposito telematico del ricorso monitorio

Il procedimento monitorio d'ingiunzione (artt. 633 e ss. c.p.c.) è un procedimento che si svolge, almeno nella sua prima fase, inaudita altera parte e mira ad ottenere un titolo esecutivo valido ai fini dell'instaurazione di un procedimento di esecuzione nei confronti del debitore. (cfr. A. Augenti, N. Gargano, Decreto ingiuntivo telematico, in IUS Processo Telematico in ius.giuffrefl.it, Giuffrè,).

Com'è noto, il procedimento monitorio è diventato interamente telematico, con obbligo, in capo al difensore del ricorrente, di depositare telematicamente il ricorso e, in capo al Giudice titolare del procedimento, di depositare telematicamente il relativo decreto di accoglimento o rigetto. Tale obbligo si estende anche a tutti gli atti successivi al ricorso quali, ad esempio, l'eventuale integrazione documentale o la richiesta di esecutorietà.

L'obbligatorietà del deposito telematico nel procedimento monitorio è oggi di fatto ricompresa nel generalizzato obbligo di deposito telematico contenuto nell'articolo 196-quater delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. Tuttavia, tale precetto di obbligatorietà era già contenuto nell'art. 16-bis del d.l. n. 179/2012, sin dal 30 giugno 2014.

A tal proposito, il Tribunale di Reggio Emilia con decreto del 1° luglio 2014, ha dichiarato inammissibile un ricorso per decreto ingiuntivo depositato “in via cartacea” rilevando che « A decorrere dal 30 giugno 2014, per il procedimento davanti al tribunale di cui al libro IV, titolo I, capo I del codice di procedura civile, escluso il giudizio di opposizione, il deposito dei provvedimenti, degli atti di parte e dei documenti ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici (art. 16-bis d.l. 18 ottobre 2012, n. 179) ».

È evidente dunque che, nel caso di specie, il Giudice reggino non abbia ritenuto di applicare il principio di libertà delle forme ex art. 121 c.p.c. nonché quello di tassatività delle nullità e della sanatoria per raggiungimento dello scopo ex art. 156 commi 1 e 3 c.p.c.

Il Giudice ha invece inteso aderire al più rigoroso orientamento dottrinario (Reale, Calorio) che, interpretando in senso ampiamente restrittivo l'art. 16-bis, comma 4, d.l. n. 179/2012, ha ritenuto che l'utilizzo dell'avverbio “esclusivamente” — presente nella norma suddetta — attribuirebbe una evidente funzione rafforzativa diretta ad escludere qualsiasi altra modalità di deposito dell'atto.

Infatti, sempre secondo Calorio, non si tratterebbe, in sintesi, di far prevalere il principio della conservazione dell'attività processuale o di libertà delle forme, ma di salvaguardare l'interesse generale allo svolgimento dell'attività di deposito nella modalità telematica, imposta dal legislatore con normativa di rango primario.

In effetti, se si dovesse ragionare unicamente sotto un profilo di “forma dell'atto”, si dovrebbe necessariamente concludere per l'applicabilità del regime dettato dall'art. 156 c.p.c., poiché certamente l'atto cartaceo sarebbe sempre idoneo a raggiungere lo scopo suo proprio (ossia essere leggibile dal Giudice e dalle altre parti) e ciò anche se la modalità di deposito in cancelleria non fosse quella imposta dalla norma.

Conseguentemente, il deposito effettuato con modalità diversa da quella telematica sarebbe affetto da inammissibilità, improcedibilità o comunque dovrebbe essere considerato irricevibile (d'ufficio, in quanto le norme che impongono la modalità di deposito telematico sono poste a tutela di un interesse generale), senza possibilità di sanatoria ex art. 156 comma 3 c.p.c., norma che risulterebbe inapplicabile al caso di specie. (cfr. P. Calorio, Obbligatorietà del deposito telematico, in IUS Processo Telematico in ius.giuffrefl.it, Giuffrè, 2016).

Si rammenta che dal 28.2.2023, a seguito della riforma Cartabia, sono obbligati al deposito telematico degli atti anche i dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente. La giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Milano, sez. IX, 8 aprile 2015) ha inoltre chiarito che « in tema di ingiunzione di pagamento europea, il regolamento Ce 1896/2006 non può essere interpretato nel senso che l'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 imponga anche per la ingiunzione europea l'obbligo della forma telematica. È sufficiente che le ingiunzioni europee di pagamento « siano presentate su supporto cartaceo: non vi sono altri requisiti »; possono essere previste forme aggiuntive (es. quella elettronica) o requisiti particolari (ad es. per la spedizione), « ma il supporto cartaceo resta la regola comune di base ». 

Le modalità di deposito

Il ricorso per decreto ingiuntivo telematico non differisce di molto dagli altri atti soggetti al deposito in via digitale e quindi, anche in questo caso, la busta telematica sarà composta da un atto principale redatto con un normale elaboratore testi e convertito in formato PDF testuale privo di elementi attivi. Non ritenendo opportuno dilungarsi in questa sede sul significato di elemento attivo, si rimanda sul punto al commento dell'art. 11 del d.m. 44/2011, relativo al formato dell'atto nel processo telematico. Allo stesso modo si dovrà procedere con eventuali allegati testuali quali ad esempio l'indice dei documenti. Tutti gli altri file da allegare al ricorso, tra cui la procura, allegati probatori e contributo unificato, possono essere acquisiti tramite scanner e salvati in formato PDF. È consigliabile utilizzare una risoluzione di scansione non superiore a 150-200 DPI ed in bianco e nero o scala di grigi, ciò ove non sia strettamente necessaria una scansione a colori o ad alta definizione. In questa fase i file non dovranno ancora essere firmati ma potranno, per comodità, essere raccolti all'interno di una singola cartella di lavoro e nominati secondo la numerazione progressiva contenuta nell'indice (ad es. 001_copia_contratto).

Nella denominazione dei singoli file è sempre consigliabile di evitare l'inserimento di caratteri speciali come ad esempio lettere accentate, apostrofi, altri simboli [!”£$%&/()=?], nonché evitare l'utilizzo di punti [.] e spazi bianchi prediligendo invece il trattino basso [_] come separatore delle parole (ad esempio Doc_1_del_21_01_2013). I punti, infatti, possono essere interpretati come estensioni dei file e quindi provocare errori durante l'acquisizione del deposito telematico. Alcune prassi interne ai singoli Tribunali prevedono come ulteriore indicazione quella di evitare la punteggiatura e i caratteri speciali anche nell'inserimento del nome o della ragione sociale delle parti.

In ordine alla organizzazione dei documenti si rimarca l'importanza di inserirli come sopra descritto per facilitare il lavoro del giudicante. In tal senso, infatti, si segnala la pronuncia del Tribunale di Monza del 17 novembre 2015, n. 2878 che sottolinea come non sia « assolutamente rispettoso nei confronti di chi è chiamato a giudicare una qualsiasi controversia, l'abitudine oramai invalsa da tempo, di allegare agli atti depositati tramite PCT, tutti i documenti immettendoli nel sistema disordinatamente, senza seguire un criterio specifico e senza farli precedere da un indice numerico con la indicazione sintetica del contenuto di ognuno di essi. Così nel caso di specie la parte ha allegato alla citazione quali documenti 3 e 4 i due fascicoli di parte dei due procedimenti monitori, fascicoli nei quali i documenti principali che il Giudice è chiamato ad esaminare per verificare la fondatezza della domanda sono individuati come docc. Da 1 a 6, da 7 a 27, 28-29, senza altra specificazione. Tale modalità non permettere l'immediata individuazione dei documenti più rilevanti e rende particolarmente difficile la consultazione già di per sé farraginosa stante la difficoltà di dover esaminare le produzioni scorrendole ad una ad una senza potere avere una loro visione complessiva ».

Dopo aver creato l'atto principale si provvederà, attraverso un software redattore atti a predisporre la busta telematica che verrà inviata a mezzo PEC all'ufficio giudiziario di destinazione.

In caso di depositi di documenti che possono essere prodotti solo in forma cartacea, ad esempio nel caso di estratti autentici di scritture contabili o fatture autenticate da un notaio, nella fase monitoria è possibile allegare una semplice scansione che ai sensi dell'art. 2712 c.c., così come modificato dall'art. 23 CAD, viene considerata una riproduzione informatica che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale è prodotta non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose rappresentate. Poiché nella fase monitoria il contraddittorio è solo eventuale, l'originale autenticato potrà essere conservato per poi essere esibito nel suo originale cartaceo a richiesta di parte.

A tal proposito, tuttavia, si segnala che un orientamento del Tribunale di Verona, ordinanza del 8 agosto 2014, ha stabilito che « nel caso di deposito di documenti comprovanti il credito in fotocopia, il Giudice del procedimento monitorio, può disporre con decreto l'integrazione documentale al fine del deposito del documento (ne caso di specie, cambiale) in originale ed in formato cartaceo per evitare il rischio che il creditore cambiario duplichi i titoli esecutivi ». 

Il deposito di ulteriore documentazione in caso di superamento delle dimensioni massime consentite

È opportuno segnalare in questa sede la procedura da effettuare qualora la busta telematica del ricorso per decreto ingiuntivo ecceda la dimensione massima consentita di 30mb. Le disposizioni inserite dall'art. 51 d.l. n. 90/2014 nell'art. 16-bis del d.l. n. 179/2012 e infine riportate pedissequamente nell'art. 196-sexies attualmente vigente, consentono un secondo invio mediante la creazione di una busta integrativa contenente gli ulteriori documenti da allegare.

Attualmente l'evoluzione dell'infrastruttura tecnologica del PCT consente, mediante l'apposita funzione dei depositi complementari, di effettuare depositi superiori ai 30 megabyte senza dover aspettare l'accettazione da parte dalla cancelleria.

Infatti, a seconda di come tale funzionalità viene implementata nei redattori, sarà possibile frazionare la busta telematica in un invio principale e in uno o più invii complementari legati tra di loro attraverso un codice univoco generato dal redattore. La busta principale e quelle successive potranno dunque essere inviate consecutivamente nello spazio di pochi minuti e soprattutto, nel caso di atti introduttivi, non sarà più necessario attendere l'attribuzione del numero di ruolo da parte della cancelleria. Le buste successive, infatti, vengono concatenate alla principale sulla base di un identificativo univoco e il cancelliere, accettando l'invio principale, provvederà automaticamente ad accogliere anche i successivi che, lato Polisweb, si presenteranno accorpati in un'unica riga di evento dove verrà evidenziata l'esistenza dei depositi complementari.

Rimane tuttavia ferma, per quanto sconsigliabile soprattutto in presenza di depositi da effettuarsi entro termini perentori, la possibilità di effettuare l'invio dei documenti eccedenti le dimensioni dei 30 megabyte secondo le modalità precedenti all'introduzione delle buste complementari.

In tal caso, il secondo invio potrà essere validamente effettuato solo dopo aver ricevuto dalla cancelleria la conferma della accettazione della busta, ciò poiché i depositi successivi dovranno essere inviati nel medesimo fascicolo del procedimento monitorio inserendo il relativo numero di ruolo nel redattore, per tale ragione sarà previamente necessario verificare il numero di RG assegnato dalla cancelleria.

In genere il numero di ruolo viene inviato dagli uffici amministrativi con una ulteriore comunicazione PEC successiva alla quarta ricevuta; tuttavia, tale comunicazione, costituisce una mera prassi diffusa in alcuni Tribunali e non può in alcun modo considerarsi una regola.

Si ricorda, infatti, che per la normativa di riferimento non tutti gli aggiornamenti del fascicolo sono soggetti a comunicazione di cancelleria e, in particolare, nel ricorso monitorio è onere dell'avvocato verificare gli eventi successivi al deposito, quali — ad esempio — l'attribuzione del numero di ruolo, l'assegnazione alla sezione ed al Giudice ed infine l'eventuale accoglimento o rigetto del ricorso.

Tali eventi potranno essere agevolmente controllati dal proprio punto di accesso o dal Portale dei Servizi Telematici, ricercando direttamente il fascicolo di causa o ricercando — attraverso la funzione “agenda” — gli ultimi aggiornamenti intervenuti sui fascicoli di propria pertinenza.

In alternativa il numero di ruolo può essere anche appreso dalla c.d. “quarta PEC” aprendo il file allegato EsitoAtto.xml.

È opportuno precisare che, i documenti offerti in comunicazione, anche se non contenuti per intero all'interno della prima busta telematica, dovranno essere elencati interamente nell'indice contenuto nella prima busta o in calce al ricorso. Nelle successive buste invece verrà inserito come atto principale una semplice nota di deposito contenente il numero di ruolo del ricorso, una breve spiegazione dei motivi per cui gli atti non sono stati inseriti all'interno della prima busta e una elencazione degli ulteriori documenti contenuti nella busta telematica integrativa.

Il decreto ingiuntivo telematico su fattura elettronica

L'articolo 634 c.p.c., nello specificare quali siano le prove scritte idonee alla concessione del decreto ingiuntivo a norma del numero 1) dell'articolo in commento, menziona le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata [c.c. 1988, 2702] e i telegrammi [c.c. 2705], anche se mancanti dei requisiti prescritti dal Codice civile.

Si specifica poi che, per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano una attività commerciale e da lavoratori autonomi anche a persone che non esercitano tale attività, si considerano altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture.

Ci si è chiesti in dottrina se con l'avvento dell'obbligatorietà della fatturazione elettronica anche tra privati dal 1° gennaio 2019 sia cambiato qualcosa e, in particolare, se sia ancora necessaria la produzione dell'estratto autentico delle scritture contabili come richiesto dall'articolo 634 c.p.c.

Ad avviso di chi scrive, e stando soprattutto alla littera legis, l'estratto autentico delle scritture contabili costituisce ancora un requisito indispensabile proprio perché richiesto dal codice di rito.

Tuttavia, nella giurisprudenza più recente, si è affermato che anche la fattura elettronica sic et simpliciter, purché prodotta sotto forma di duplicato informatico e quindi nel suo formato originale .xml, possa considerarsi titolo idoneo all'emissione di decreto ingiuntivo.

Ultimo precedente in ordine di tempo è quello del Tribunale di Verona che, con decreto del 29 novembre 2019 (R.G. 10221/2019 — est. Dott. Massimo Vaccari) ha emesso un decreto ingiuntivo sulla base della produzione documentale del solo file .xml costituente la fattura elettronica, documento considerato equipollente all'estratto autentico delle scritture contabili previsto dall'art. 634, comma 2, c.p.c.

Il Giudice Veronese giunge a tale conclusione considerando che, “nel Provvedimento n. 89757/2018, l'Agenzia delle Entrate ha fornito dettagliate indicazioni in merito al funzionamento e alle caratteristiche tecniche del Sistema di Interscambio (SDI), che gestisce la fatturazione elettronica, precisando che: « La fattura elettronica è un file in formato XML (n.d.r. eXtensible Markup Language), non contenente macroistruzioni o codici eseguibili tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati, conforme alle specifiche tecniche di cui all'allegato A del presente provvedimento » (n.d.r. punto 1.3 del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018, prot. N. 89757/2018), nonché che: « Nel caso in cui il file della fattura sia firmato elettronicamente, il SdI effettua un controllo sulla validità del certificato di firma. In caso di esito negativo del controllo, il file viene scartato e viene inviata la ricevuta di cui al punto 2.4 », cd. ricevuta di scarto (n.d.r. punto 26 del Provvedimento prot. N. 89757/2018).”

Inoltre, prosegue il giudice “l'art. 1, comma 1, lettera l), quinquies (titolato: « Definizioni ») del d.lgs. n. 82/2005 così come aggiornato e recante « Codice dell'Amministrazione Digitale » (CAD), stabilisce, testualmente, che: « 1. Ai fini del presente codice si intende per [...] duplicato informatico: il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario »”.

Lo SDI (Sistema Di Interscambio) genererebbe dunque documenti informatici autentici ed immodificabili, ovvero non semplici “copie informatiche di documenti informatici” bensì veri e propri “duplicati informatici” assolutamente indistinguibili dai loro originali, e liberamente scaricabili da “fonte qualificata” come l'Agenzia delle Entrate;

Pertanto, in ragione delle sopra descritte caratteristiche della fattura elettronica, l'art. 1, comma 3-ter, d.lgs. n. 127/2015 prevede che i soggetti obbligati ad emetterle in via esclusiva mediante il Sistema di Interscambio (di cui al comma 3°) sono esonerati dall'obbligo di annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972, cosicché — per tali soggetti — deve ritenersi che sia venuto meno anche l'obbligo di tenere i predetti registri; sarebbe quindi illogico pensare che un soggetto sia costretto a tenere delle scritture contabili al solo fine di utilizzarle come prova — ex art. 634, comma 2, c.p.c. — per un eventuale ricorso monitorio.

Tale precedente, trova conferma anche nella pronuncia del Tribunale di Padova dell'8 agosto 2019 e dal Tribunale di Cuneo che con decreto del 5 febbraio 2021 concedeva il decreto ingiuntivo su fattura elettronica senza necessità di depositare l'estratto autentico delle scritture.

Infatti, secondo il Tribunale di Cuneo, laddove le fatture vengano prodotte in formato “.xml”, costituiscono duplicati informatici ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. i-quinquies, d.lgs. n. 82/2005 (CAD) e, alla luce del disposto dell'art. 1, comma 3-ter, del d.lgs. n. 127/2015, possono ritenersi equipollenti all'estratto autentico delle scritture contabili previsto dall'art. 634, comma 2, c.p.c.

L'orientamento invece non risulta condiviso dal tribunale Vicenza che, in data 25 ottobre 2019, si è espresso in maniera contraria rispetto ai duplici precedenti sopra citati.

Il Tribunale vicentino, infatti, ha richiesto ai sensi dell'articolo 640 c.p.c. l'integrazione dei documenti a supporto della richiesta monitoria, ritenendo che le fatture non soddisfino da sole il requisito della prova scritta di cui all'art. 633 n. 1) c.p.c., se non accompagnate dall'estratto autentico notarile richiesto dall'art. 634 comma 2, c.p.c.;

In particolare, secondo il Tribunale, l'art. 634 c.p.c. stabilisce che “costituiscono idonea prova scritta gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti c.c. (libro giornale e libro degli inventari) ovvero gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, fra le quali le principali sono rappresentate dai registri Iva prescritti dal D.P.R. n. 633/1972, ovvero il registro felle fatture emesse istituito dall'art. 23, ed il registro degli acquisti previsto dall'art. 25.

Sia nell'uno che nell'altro caso, la disposizione prevede un controllo estrinseco sulla regolare tenuta delle scritture in cui le fatture vengono conservate, esse per le scritture contabili che esse siano “regolarmente tenute”, e per quelle previste dalle leggi tributarie che siano “tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture”

Secondo il giudice della fase monitoria, pertanto, l'estratto autentico notarile svolge non solo e non tanto la funzione di attestazione della copia della fattura all'originale, quanto — per l'appunto — quella di verifica della regolarità dei registri o delle scritture.

Tale esigenza, de iure condito, non è venuta meno con l'entrata in vigore del Sistema di Intercambio, il quale garantisce esclusivamente l'autenticità delle fatture (dal momento che esse, generate e trasmesse con estensione “.xml”, costituiscono un duplicato informatico secondo la definizione di cui all'art. 1, c. 1, lett. i quinquies d.lgs. n. 82/2005), ma non anche la regolare tenuta dei registri in cui esse devono essere inserite.

Inoltre, prosegue il Tribunale padovano, “l'art. 1 comma 3-ter d.lgs. n. 127/2015 prevede che i soggetti obbligati ad emettere esclusivamente fatture elettroniche mediante il Sistema di Interscambio (di cui al comma 3°) sono esonerati dall'obbligo di annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972 in quanto le relative informazioni sono acquisibili aliunde dall'Amministrazione Finanziaria mediante procedure informatiche, sicché il venir meno dell'obbligo, sotto il profilo che ci occupa, non è equivalente ad un'attestazione di regolare tenuta, la quale anzi deve essere esclusa proprio per l'insussistenza di un obbligo di tenuta dei registri”.

È consigliabile, pertanto, a parere di chi scrive, continuare a produrre unitamente alle fatture elettroniche in formato .xml (preferibilmente accompagnate da una copia in formato pdf per comodità del giudicante), anche l'estratto autentico delle scritture contabili come previsto dall'articolo 634 c.p.c. e il cui relativo onere di produzione non è stato neppure tacitamente abrogato dalla normativa che ha introdotto l'obbligo di fatturazione elettronica.

Infine, un'ulteriore peculiarità del procedimento monitorio emerge nel caso di ricorso per decreto ingiuntivo richiesto a seguito di emissione di fattura elettronica nei confronti di una pubblica amministrazione.

Com'è noto, infatti, dal 31 marzo 2015, e quindi ben prima dell'introduzione della fatturazione elettronica nei rapporti tra privati, ai sensi dell'art. 1, commi 209-214, l. 24 dicembre 2007 n. 244, sussiste l'obbligo di fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione e le fatture in forma cartacea non possono essere accettate da parte di nessun ente appartenente alla P.A., né è possibile procedere al relativo pagamento.

Detta norma prevede, come per la fatturazione tra privati, che l'intero processo di trasmissione delle fatture elettroniche avvenga tramite la piattaforma gestita dall'Agenzia delle Entrate denominata Sistema di Interscambio (cd. SdI), che funge anche da “certificatore” dell'intero processo di trasmissione, ricezione ed eventuale accettazione della fattura da parte della PA.

Ebbene, a differenza della fatturazione elettronica tra privati, nella fatturazione elettronica nei confronti della pubblica amministrazione è espressamente prevista la possibilità per il destinatario di accettare o rifiutare detta fattura.

Infatti, se già le ricevute di consegna di cui ai punti 4.2 e 4.3 del Provvedimento del Direttore AdE Prot. 89757/2018 emesse dallo SdI, attestano l'avvenuta corretta emissione della fattura, contenendo un riferimento univoco alla fattura emessa, e quindi — provenendo da un terzo “qualificato” — anche l'autenticità di tale documento contabile, nella fatturazione elettronica nei confronti della PA sussiste un quid pluris.

L'articolo 2 comma 4 del D.M. n. 55/2013 stabilisce che: “La fattura elettronica si considera trasmessa per via elettronica, ai sensi dell'articolo 21, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e ricevuta dalle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, solo a fronte del rilascio della ricevuta di consegna, di cui al paragrafo 4 del documento che costituisce l'allegato B del presente regolamento, da parte del Sistema di interscambio”. La disposizione fa seguito e si adatta al Codice dell'amministrazione digitale che con l'art. 45 stabilisce come: “Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito al mittente, se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”.

Inoltre, l'allegato B al d.m. 3 aprile 2013 n. 55 al punto 4.5., circa la procedura di gestione delle ricevute e delle notifiche, prevede che lo SdI riceva una notifica, da parte del soggetto destinatario, di riconoscimento/rifiuto della fattura, che provvede ad inoltrare al trasmittente a completamento del ciclo di comunicazione degli esiti della trasmissione della fattura elettronica.

Infine, le line guida di cui all'allegato C del D.M. 3 aprile 2013 n. 55, prescrivono “La necessità di fornire tempestiva comunicazione al fornitore dell'accettazione o disconoscimento del documento contabile in modo da consentire gli adempimenti previsti dalla normativa IVA in merito alla registrazione delle fatture emesse, obbliga il SDI a fissare un termine — pari a quello previsto nel d.lgs. n. 52/2004 che modifica l'art. 21 del D.P.R. n. 633/1972, attualmente 15 giorni — decorso il quale lo stesso invia un messaggio di decorrenza termini tanto all'ufficio quanto al fornitore”.

La completezza dei dati relativi agli ordini e contratti contenuti nelle fatture, quindi, consente una verifica immediata della coerenza delle informazioni e della regolarità del documento contabile, e mette quindi in condizione gli uffici competenti di procedere con solerzia all'accettazione o al disconoscimento della fattura (così come indicato dall'art. 1988 del codice civile).

In altre parole, nella fatturazione elettronica nei confronti della Pubblica Amministrazione, la messa a disposizione da parte dello SDI di un celere sistema di accettazione/rifiuto della fattura consente di identificare l'accettazione de qua, ciò sia che avvenga espressamente sia che si verifichi per decorrenza dei termini; accettazione che potrà essere assimilata a un vero e proprio riconoscimento di debito ex art. 1988 c.c.

Ebbene il Tribunale di Catanzaro, con decreto del 29 agosto 2019 n. 1149 (est. dott.sa Alessia Pecoraro) ha ritenuto la fattura elettronica, emessa nei confronti della PA e prontamente accettata, come idonea ai sensi dell'art. 642 c.p.c. alla concessione della provvisoria esecuzione di un decreto ingiuntivo.

Ogni incertezza interpretativa è destinata ora a essere superata con la riforma del secondo comma dell'articolo in commento, operata dal decreto legislativo n. 164 del 2024 (cd Correttivo Cartabia) che ha aggiunto un periodo all'interno del quale si prevede quanto segue: "Per i crediti di cui al presente comma costituiscono inoltre prova scritta idonea le fatture elettroniche trasmesse attraverso il Sistema di interscambio istituito dal Ministero dell'economia e delle finanze e gestito dall'Agenzia delle entrate".

Si sancisce così definitivamente che la fattura elettronica costituisce documento che consente l'emissione del decreto ingiuntivo.

Residua peraltro un margine di dubbio circa le modalità con cui deve essere prodotta la fattura elettronica; poiché la norma fa riferimento ai documenti trasmessi attraverso il sistema di interscambio potrebbe essere necessario fornire la prova di siffatta trasmissione

 

Formula correlata

16. Nota di deposito a seguito di integrazione documentale

TRIBUNALE DI .........

Giudice — Numero di ruolo

NOTA DI DEPOSITO

Per ........., rappresentata e difesa dall'Avv..........

contro

.........,

* * * * *

Facendo seguito al ricorso per decreto ingiuntivo telematico depositato in data ........., si depositano i seguenti documenti già indicati nell'indice del ricorso in oggetto:

— 1) ..................

— 2) ..................

— 3)..................

Luogo e data

Avv..........

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Sommario