Disp. Att. Trans. Codice Procedura Civile - 18/12/1941 - n. 1368 art. 196 quater - Obbligatorietà del deposito telematico di atti e di provvedimenti12[I]. Il deposito degli atti processuali e dei documenti [, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo,] da parte del pubblico ministero, dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Con le stesse modalità le parti depositano gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Quando è necessario ai fini della decisione, il giudice può ordinare il deposito di singoli atti e documenti su supporto cartaceo, indicandone specificamente la ragione3. [II]. Il deposito dei provvedimenti del giudice e dei verbali di udienza ha luogo con modalità telematiche4. [III]. Il deposito con modalità telematiche è effettuato nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. [IV]. Il capo dell'ufficio autorizza il deposito con modalità non telematiche quando sussiste una situazione di urgenza e il direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia certifica che i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti. La certificazione del direttore generale è pubblicata sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia. Il ripristino del corretto funzionamento è comunicato con le medesime modalità.5. [1] Articolo inserito dall'art. 4, comma 12, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35, comma 2, d.lgs. n. 149/2022 come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "2. Salvo quanto previsto dal secondo periodo, le disposizioni degli articoli 127, terzo comma, 127-bis, 127-ter e 193, secondo comma, del codice di procedura civile, quelle previste dal capo I del titolo V-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, nonché quelle previste dall'articolo 196-duodecies delle medesime disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotti dal presente decreto, si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2023 anche ai procedimenti civili pendenti davanti al tribunale, alla corte di appello e alla Corte di cassazione. Le disposizioni degli articoli 196-quater e 196-sexies delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotti dal presente decreto, si applicano ai dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente dal 28 febbraio 2023. 3. Davanti al giudice di pace, al tribunale per i minorenni, al commissario per la liquidazione degli usi civici e al tribunale superiore delle acque pubbliche, le disposizioni degli articoli 127, terzo comma, 127-bis, 127-ter e 193, secondo comma, del codice di procedura civile e quelle dell'articolo 196-duodecies delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, introdotti dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 anche per i procedimenti civili pendenti a tale data. Davanti ai medesimi uffici, le disposizioni previste dal capo I del titolo V-ter delle citate disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotto dal presente decreto, si applicano a decorrere dal 30 giugno 2023 anche ai procedimenti pendenti a tale data. Con uno o più decreti non aventi natura regolamentare il Ministro della giustizia, accertata la funzionalità dei relativi servizi di comunicazione, può individuare gli uffici nei quali viene anticipato, anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine di cui al secondo periodo." [2] Per le disposizioni relative alle misure organizzative per l'acquisizione, gestione e conservazione delle copie, v. d.m. 3 maggio 2023. [3] Comma modificato dall'art. 4, comma 5, lett. a) , n. 1, d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, che ha soppresso le parole tra parentesi quadre e ha sostituito l'attuale terzo periodo. Il testo del periodo era il seguente: «Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche.» Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Precedentemente il presente comma è stato modificato dall'art. 35, comma 3, lett. a) d.l. 24 febbraio 2023, n. 13, conv. con modif. in l. 21 aprile 2023, n. 41. , che ha sostituito la parola: «Il» alle parole: «Nei procedimenti davanti al giudice di pace, al tribunale, alla corte di appello e alla Corte di cassazione il» e ha inserito dopo le parole «da parte» le seguenti: «del pubblico ministero,». Vedi il comma 4 dell'art. 35 d.l. cit. che dispone: «4. Salvo quanto previsto dall'articolo 35, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, le disposizioni di cui al comma 3 hanno effetto a decorrere dal 1° marzo 2023 e si applicano anche ai procedimenti gia' pendenti a quella data.» [4] Comma sostituito dall'art. 35, comma 3, lett. b) d.l. 24 febbraio 2023, n. 13,conv. con modif. in l. 21 aprile 2023, n. 41. il testo precedente alla sostituzione era il seguente: «Nel procedimento di cui al libro IV, titolo I, capo I, del codice, escluso il giudizio di opposizione, il deposito dei provvedimenti del giudice ha luogo con modalità telematiche». Vedi il comma 4 dell'art. 35 d.l. cit. che dispone: «4. Salvo quanto previsto dall'articolo 35, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, le disposizioni di cui al comma 3 hanno effetto a decorrere dal 1° marzo 2023 e si applicano anche ai procedimenti gia' pendenti a quella data.» [5] Comma sostituito dall'art. 4, comma 5, lett. a) , n. 2 d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Il testo del comma era il seguente: « Il capo dell'ufficio autorizza il deposito con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti e sussiste una situazione di urgenza, dandone comunicazione attraverso il sito istituzionale dell'ufficio. Con la medesima forma di pubblicità provvede a comunicare l'avvenuta riattivazione del sistema» L'obbligatorietà del deposito telematico degli atti processualiL'obbligatorietà del deposito telematico degli atti è ora regolamentata dall'art. 196-quater delle disposizioni di attuazione che prevede un generalizzato obbligo di deposito telematico di qualsiasi atto processuale da parte dei difensori ma anche da parte del pubblico ministero e dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria. L'obbligo si estende anche ai depositi effettuati da soggetti nominati dalle parti come, ad esempio, i consulenti tecnici di parte. Il secondo comma prevede altresì che anche il magistrato debba depositare con modalità telematiche i provvedimenti e i verbali di udienza. La vera novità è dunque costituita dall'introduzione della definitiva obbligatorietà del deposito telematico anche degli atti introduttivi e di costituzione in giudizio che, seppur obbligatoria a partire dal marzo del 2020 a seguito della nota emergenza epidemiologica da Covid 19, rappresentava pur sempre un'eccezione rispetto alla regola generale. Detta normativa emergenziale infatti era destinata a cessare in data 31 dicembre 2022, tuttavia, la riforma Cartabia ha di fatto introdotto in via definitiva una norma che avevamo imparato a conoscere durante la pandemia, introducendo dal 1° gennaio 2023 l'obbligatorietà del deposito telematico di qualsiasi atto processuale in qualsivoglia registro e presso tutti gli uffici giudiziari, finanche presso il giudice di pace, il tribunale per i minorenni, il commissario per la liquidazione degli usi civici e il Tribunale Superiore delle Acque pubbliche ove l'entrata in vigore (così come per il Giudice di Pace) è stata prevista a partire dal prossimo 30 giugno 2023. La norma inoltre non prevede alcun distinguo tra procedimenti già pendenti alla data di entrata in vigore e procedimenti nuovi, sicché allo stato attuale l'intera giustizia civile ha implementato il processo telematico. E' altresì superata la disciplina transitoria dettata dall'art. 35, comma 2, del d.lgs. n. 149/2022 come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, la quale prevedeva che: “2. Salvo quanto previsto dal secondo periodo, le disposizioni degli articoli 127, comma 3, 127-bis, 127-ter e 193, comma 2, c.p.c., quelle previste dal capo I del titolo V-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, nonché quelle previste dall'articolo 196-duodecies delle medesime disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotti dal presente decreto, si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2023 anche ai procedimenti civili pendenti davanti al tribunale, alla corte di appello e alla Corte di cassazione. Davanti al giudice di pace, al tribunale per i minorenni, al commissario per la liquidazione degli usi civici e al tribunale superiore delle acque pubbliche, le disposizioni degli articoli 127, comma 3, 127-bis, 127-ter e 193, comma 2, del codice di procedura civile e quelle dell'articolo 196-duodecies delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, introdotti dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 anche per i procedimenti civili pendenti a tale data. Davanti ai medesimi uffici, le disposizioni previste dal capo I del titolo V-ter delle citate disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotto dal presente decreto, si applicano a decorrere dal 30 giugno 2023 anche ai procedimenti pendenti a tale data". La disciplina transitoria prevedeva anche che le disposizioni degli artt. 196-quater e 196-sexies delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, si applicassero ai dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente dal 28 febbraio 2023. Le peculiarità del deposito telematico dell'atto introduttivoIl legislatore fin dall'introduzione della facoltà di deposito telematico degli atti introduttivi, oggi divenuta obbligo a seguito delle modifiche introdotte dalla riforma Cartabia, è intervenuto corposamente nella disciplina delle attestazioni di conformità, introducendo per l'iscrizione a ruolo telematica, l'art. 16-decies del d.l. n. 179/2012 oggi confluito nell'art. 196-novies delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. Ebbene il predetto articolo prevede che il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale, quando depositano con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto formato su supporto analogico e notificato, con modalità non telematiche, dall'ufficiale giudiziario ovvero a norma della legge 21 gennaio 1994, n. 53, attestano la conformità della copia al predetto atto. La copia munita dell'attestazione di conformità equivale all'originale dell'atto notificato. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche all'atto consegnato all'ufficiale giudiziario o all'ufficio postale per la notificazione. Tale norma di fatto supera la prassi formatasi presso molti uffici giudiziari che consentivano l'iscrizione a ruolo telematica depositando come atto principale una copia in pdf testuale dell'atto introduttivo ed inserendo come allegato semplice la copia per immagine (scansione) delle relazioni di notificazione restituite in formato cartaceo dall'ufficio UNEP. L'iscrizione a ruolo in tali casi si intendeva eseguita “con velina” obbligando parte attrice a depositare, alla prima udienza, l'originale dell'atto di citazione notificato e le relazioni di notificazione in formato originale cartaceo. Il cancelliere in questo caso avrebbe dovuto provvedere alla verifica della corrispondenza tra atto di citazione originale notificato e atto depositato telematicamente dichiarandone la conformità tramite “asseverazione dell'atto di citazione”. A seguito della nuova disciplina nulla sembra essere innovato riguardo all'allegazione, come atto principale, di una copia in pdf testuale dell'atto di citazione; infatti, ai sensi dell'art. 12, decreto DGSIA del 16 aprile 2014 — contenente le specifiche tecniche previste dall'art. 34, comma 1, decreto del Ministro della giustizia del 21 febbraio 2011 n. 44 — l'atto del processo in forma di documento informatico dovrà comunque essere ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti. Il difensore, dunque, al momento dell'iscrizione a ruolo, dovrà oggi asseverare la conformità della scansione dell'atto notificato ai sensi dell'art. 196-novies oppure, in caso di notifica telematica, depositare le ricevute di accettazione e consegna delle PEC nel loro formato nativo digitale (.eml o .msg). Peculiarità dell'iscrizione a ruolo del pignoramento di quote socialiIn assenza di schemi xsd ad hoc, il pignoramento di quote sociali, dovrà essere iscritto a ruolo utilizzando quanto previsto per le altre procedure esecutive presenti nel libro III del codice di procedura civile. A tal fine ciò, l'indicazione della Fiif è quello di utilizzare lo schema l'esecuzione mobiliare, poiché l'esecuzione presso terzi si basa su presupposti ormai non più rispondenti alla ratio dell'art. 2471 c.c. e l'esecuzione immobiliare richiederebbe troppi dati (non forzabili) relativi ad inesistenti beni immobili, con conseguente rischio di generare errori fatali impedienti il deposito. È opportuno rilevare che, anche nel caso dell'esecuzione mobiliare si dovrà in qualche modo “ingannare” il sistema. Tuttavia, il vantaggio è dato però dal fatto che i dati da fornire in fase di creazione sono minori e il problema si porrà più che altro nella compilazione del campo “descrizione del bene”. A tal fine si potrà però ricorrere alla voce generica “compendio pignorato” o a quella un po' più vicina al caso di specie, ovvero “titoli”; il campo “custode” (che richiede necessariamente l'indicazione di una persona fisica) potrà invece essere compilato inserendo gli estremi del debitore (se persona fisica) o del legale rappresentante del debitore (in caso di società debitrice). Deroghe all'obbligatorietà del deposito telematicoIl quarto comma della norma in commento ricalca pedissequamente le disposizioni del quarto e dell'ottavo comma dell'art. 16-bis del d.l. n. 179/2012, ovvero la possibilità da parte del capo dell'ufficio giudiziario di autorizzare il deposito con modalità non telematiche in caso di indisponibilità dei sistemi informatici del dominio giustizia e in casi di indifferibile urgenza, così sancendo la possibilità di autorizzare il deposito degli atti processuali e dei documenti con modalità non telematiche, ciò quando i sistemi informatici del dominio giustizia non siano funzionanti. In ordine a questa eventualità, onde evitare di appesantire la trattazione, si rimanda a quanto già argomentato nel paragrafo 4 del commento dell'art. 153 c.p.c. In questa sede si osserva peraltro come la norma presenti evidenti criticità sia dal punto di vista tecnologico sia dal punto di vista dell'utilità del rimedio proposto. Per quanto concerne il primo profilo, non si comprende perché si sia affidata ad un soggetto locale (il capo del singolo ufficio giudiziario) la certificazione di un disservizio che, se esistente, deriva dal malfunzionamento di apparecchiature che servono l'intera rete giustizia; meglio sarebbe stato demandare il compito di accertare la circostanza alla DGSIA. Per quanto concerne il secondo profilo, le criticità riguardano il rimedio proposto dal legislatore, ovvero — di fatto — l'autorizzazione al deposito cartaceo di atti processuali nei giorni di indisponibilità dei sistemi informatici. È evidente, infatti, che tale rimedio non potrà essere sfruttato dall'avvocato che si trovi lontano dall'ufficio giudiziario in cui debba depositare un atto in scadenza nella giornata. In tali casi è verosimile che verrà chiesta la rimessione in termini proprio sfruttando il provvedimento in esame come prova che si è incorsi in decadenza per causa non imputabile al difensore. E probabilmente questa sarebbe stata l'opzione migliore per il legislatore: l'adozione di un provvedimento di riconoscimento dell'indisponibilità dei servizi e di contestuale proroga dei termini in scadenza, da adottarsi da parte di una struttura centralizzata (es. DGSIA). Tale scelta, peraltro, non avrebbe avuto nulla di innovativo, essendo la modalità seguita da anni dall'amministrazione finanziaria in caso di indisponibilità dei servizi telematici degli uffici da essa dipendenti. Di particolare interesse è poi la disposizione del primo comma che consente al Giudice di ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche, che tuttavia deve essere letta in coordinamento con l'articolo 196-septies il quale prevede che con decreto non avente natura regolamentare il Ministro della giustizia possa stabilire misure organizzative per l'acquisizione anche di copia cartacea degli atti depositati con modalità telematiche, nonché per la riproduzione su supporto analogico degli atti depositati con le predette modalità, nonché per la gestione e la conservazione delle predette cartacee. Il medesimo decreto dovrebbe stabilire inoltre le misure organizzative per la gestione e la conservazione degli atti depositati su supporto cartaceo quando i sistemi informatici del dominio giustizia non siano disponibili o quando tale deposito sia disposto per ordine del Giudice. Tale previsione non è rimasta indenne da discussioni sollevando diverse polemiche dovute al fondato timore di un ritorno ad un processo cartaceo con la vera e propria istituzionalizzazione della cosiddetta “copia di cortesia”. Tuttavia, tale disposizione ricalca di fatto il contenuto di quanto già disposto dall'art. 16-bis del d.l. n. 179/2012, disposizione su cui ebbe modo di intervenire il Ministero che, con due comunicati stampa temporalmente collocati a ridosso della conversione in legge del d.l. n. 83/2015 ebbe a chiarire che, tale decreto ministeriale avrebbe esclusivamente stabilito “le misure organizzative per l'acquisizione anche di copia cartacea degli atti depositati con modalità telematica”, non introducendo un doppio binario telematico e cartaceo, ma con invece l'obiettivo « di stabilire rigorosamente — in modo uniforme su tutto il territorio nazionale al contrario di quanto accaduto finora — i casi tassativi in cui è ammissibile l'acquisizione di copia di cortesia, ripartendo i relativi oneri tra uffici giudiziari e avvocatura ». Tuttavia, se nel primo comunicato del 23 luglio 2015 si intravedeva un pericoloso riferimento alla ripartizione di oneri tra avvocatura e uffici giudiziari, nel secondo comunicato del 4 agosto 2015 il Ministero ha precisato che « il regolamento, già in lavorazione dagli uffici del ministero, avrà il principale obiettivo di una più corretta gestione delle copie cartacee che negli uffici giudiziari ad oggi vengono prodotte, indipendentemente, ed anzi a prescindere, dall'esistenza di protocolli di prassi sulle copie di cortesia. In altri termini il decreto ministeriale sul Processo civile telematico detterà alle cancellerie le regole per le modalità di acquisizione e conservazione del materiale cartaceo (che ai sensi dell'articolo 16-bis del d.l. n. 179/2012 e dell'articolo 156 c.c. viene legittimamente prodotto allo stato della normativa vigente) ed indicherà in maniera esplicita che le copie di cortesia oggetto dei vari protocolli non saranno più gestite e accettate dalle cancellerie ». Si segnala che tale decreto, seppur annunciato come di imminente entrata in vigore nell'agosto del 2015, è stato emanato solo in data 3 maggio 2023 come decreto miniteriale contenente le disposizioni relative alle misure organizzative per l'acquisizione, gestione e conservazione delle copie ai sensi dell'articolo 196-septies delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile. Il decreto si compone di soli 4 articoli. Il primo articolo delinea il perimetro della norma regolamentere individuando il perimetro di applicazione ovvero le misure organizzative per l'acquisizione, la gestione e la conservazione degli atti depositati su supporto cartaceo a norma dell'art. 196-quater, primo comma, terzo periodo, e quarto comma, delle disposizioni per l'attuazione al codice di procedura civile, nonché' delle copie cartacee degli atti depositati con modalità telematiche. Non vi è dunque alcuna previsione circa la gestione delle copie di cortesia che, come già previsto dalla circolare ministeriale del 23 ottobre 2015 rimangono una prassi libera da qualsiasi vincolo di forma e non sostituisce ne si aggiunge al deposito telematico, costituendo soltanto una modalità pratica di messa a disposizione del Giudice di atti processuali trasposti su carta. Tali copie pertanto non devono, sempre secondo detta circolare, essere formalmente acquisite nel fascicolo cartaceo mediante l'apposizione di timbro di deposito. Infatti l'articolo 3 del decreto disciplina semplicemente il rilascio di copia degli atti depositati con modalità telematiche su richiesta della parte interessata. Sul punto il primo comma prevede che la parte interessata richiede il rilascio di copia di atti e documenti contenuti nel fascicolo informatico mediante accesso al portale dei servizi telematici istituito in attuazione dell'art. 6 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, oppure con istanza presentata alla cancelleria dell'ufficio giudiziario. Il rilascio della copia informatica o del duplicato informatico degli atti e dei documenti di cui al comma 1, previa verifica del regolare pagamento dei diritti previsti, avviene tramite invio all'indirizzo di posta elettronica certificata del richiedente secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. In caso di richiesta di copia cartace invece il rilascio di copia cartacea degli atti e dei documenti di cui al comma 1 è effettuato dalla cancelleria, previa verifica del regolare pagamento dei diritti previsti. L'articolo 2 invece disciplina le modalità di acquisizione dei depositi carcatacei nelle ipotesi disciplinate dall'articolo il commento sia nell'ipotesi in cui detto deposito venga autorizzato dal giudice per ragioni specifiche e si in caso di deposito resosi necessario a seguito di un accertato malfunzionamento dei sistemi. Il comma 1 prevede che detti atti siano acquisiti dalla cancelleria che, salva la ricorrenza di ragioni tecniche ostative, provvede ad effettuarne copia informatica che inserisce nel fascicolo informatico, apponendo la firma digitale. Nell'ipotesi in cui il deposito venga effettuato in forma cartacea per malfunzionamento dei sistemi, la cancelleria provvede senza indugio all'acquisizione prevista dal primo periodo non appena il sistema risulta riattivato. Quanto alla conservazione dei predetti atti e documenti il comma 2 prevede che siano raccolti e conservati in un fascicolo cartaceo che riporta gli elementi identificativi del procedimento nel cui ambito è stato effettuato il deposito. Il fascicolo è formato e tenuto secondo le modalita' previste dall'art. 36 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, fermo quanto stabilito dall'art. 22, comma 4-bis, del Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Ad oggi, tuttavia, le uniche ragioni che possano consentire il deposito non telematico di atti e documenti, debbono essere espressamente autorizzate del Giudice sulla base di motivazioni specifiche quali, ad esempio, l'impossibilità di produrre un allegato poiché non conforme alle specifiche tecniche in materia di PCT, ipotesi sempre più residuale alla luce delle nuove specifiche tecniche che com'è noto consentono il deposito di file audio video, o documenti per cui è necessaria la produzione in originale. In particolare, in ordine a quest'ultima tipologia di allegati, giova ricordare in questa sede che, in caso si renda necessaria l'allegazione di documenti per cui è richiesta la produzione di originali (ad es. cambiale, assegno, originale contratto, testamento) è sempre possibile allegare la scansione del documento cartaceo, senza necessità di apporvi la firma digitale o alcun tipo di autentica, che, ai sensi dell'art. 22 terzo comma del CAD e dell'art. 2712 c.c., saranno considerate a tutti gli effetti copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico e, come tali, avranno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte qualora la loro conformità all'originale non venga espressamente disconosciuta. L'avvocato, quindi, sarà sempre e comunque tenuto a conservare l'originale del documento cartaceo poiché, ai sensi della norma in commento, il Giudice ne potrà ordinare il deposito in caso di eventuale disconoscimento da parte dell'avversario. Si segnala in tal senso l'interessante prassi prevista dal Tribunale Milano sezione specializzata in materia di impresa che, con provvedimento presidenziale del 10 gennaio 2014, ha previsto, in luogo del deposito di modelli e produzioni che per loro natura richiedono il deposito analogico, il deposito in forma fotografica, dandone in ogni caso atto nell'indice documenti, ed onerando in ogni caso il depositante della conservazione dell'esemplare originale mantenendolo a disposizione delle controparti e del Giudice. Infine, qualora si rendesse necessaria la produzione dell'originale de quo, sarà lo stesso Giudice a richiederne la produzione in causa. Qualora invece si rendesse necessaria la produzione di documenti informatici non ricompresi nell'elenco di tipi di file depositabili, si pone da sempre il problema della necessarietà di una richiesta di autorizzazione al deposito del file mediante produzione dello stesso su supporto durevole (ad es. CD Rom o DVD Rom). La prassi instauratasi in tal senso non pare aver grande fondamento normativo, visto che di fatto si traduce in una richiesta di autorizzazione al deposito di prove precostituite che nel codice di rito non trova alcuna cittadinanza e che oltretutto non può non essere concessa dal Giudice. Nulla osta, peraltro, alla sua proposizione a condizione che si tenga presente che si tratta di deposito fatto per il “quieto vivere” delle relazioni con gli uffici giudiziari; conseguentemente, laddove l'autorizzazione tardasse ad arrivare e il termine per il deposito fosse in scadenza, l'avvocato dovrà procedere comunque con l'incombente. Diversamente correrebbe il rischio di cadere in una decadenza dalla quale non potrebbe essere salvato neppure dal provvedimento (tardivo) di autorizzazione; è noto, infatti, che il giudice non ha il potere di prorogare i termini perentori. Oltretutto nel caso di specie difficilmente potrebbe trovare accoglimento un'istanza di rimessione in termini, posto che sarebbe stata richiesta un'autorizzazione non prevista dal codice di rito e la parte risulterebbe dunque essere incorsa in decadenza per causa ad essa imputabile. Alla luce di quanto esposto, in tutti i casi in cui si debba produrre della documentazione in cancelleria e non mediante deposito telematico, si potrà senz'altro depositare telematicamente l'istanza di autorizzazione al deposito descrivendo anche il contenuto degli allegati analogici o dei file non ammessi. Tale istanza potrà essere contenuta anche all'interno delle stesse memorie istruttorie ma, in caso di termini decadenziali, sarà opportuno depositare la predetta istanza senza indugio anche con modalità non telematiche, unitamente al supporto durevole o al documento di cui si chiede il deposito cartaceo. Il regime dell'obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali prima della riforma CartabiaÈ evidente che l'obbligatorietà del deposito telematico introdotta con la riforma Cartabia ha definitivamente posto nel nulla il lungo dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla obbligatorietà del deposito telematico e sulla validità o meno dei depositi cartacei di atti previsti dalla legge come obbligatori. Tuttavia, poiché l'enorme quantitativo di contenzioso generato da queste problematiche è per la maggior parte ancora in corso, si ritiene utile riportare il commento già effettuato in calce all'art. 16-bis del d.l. n. 179 nelle precedenti edizioni di questo codice con l'aggiunta di qualche nuova pronuncia. Per i depositi effettuati successivamente, difatti, il dibattito giurisprudenziale è stato sostanzialmente reso nullo dall'obbligo di deposito telematico di tutti gli atti del processo. Infatti, l'art. 16-bis del d.l. n. 179/2012 non prevedeva l'esclusività del deposito telematico per tutti gli atti del processo civile e per ogni ufficio giudiziario, ma era prevista esclusivamente — nell'ambito del ruolo civile contenzioso o volontaria giurisdizione — solo per gli atti depositati dai difensori dalle parti già costituite, nonché per il ricorso per decreto ingiuntivo. Allo stesso obbligo soggiacevano i consulenti tecnici d'ufficio, che già erano obbligati a depositare le perizie, i documenti e le istanze in via telematica. Tale previsione, poneva dunque un fondamentale distinguo tra atti che dovevano depositarsi obbligatoriamente in via telematica e atti che potevano depositarsi in forma cartacea, fatta salva la facoltà, prevista dal comma 1-bis, di depositare anche atti introduttivi e di costituzione in giudizio per via telematica. Nei primi commenti alla norma si parlava di obbligatorietà del deposito telematico degli atti endoprocessuali piuttosto che degli atti delle parti già costituite. Questi primi commenti avevano ingenerato senza dubbio confusione in una norma che, spesso, appariva poco chiara, soprattutto a causa della mancata attenta lettura della norma stessa da parte degli interpreti. L'art. 16-bis, infatti, non utilizzava la distinzione fra atto endoprocessuale ed atto introduttivo del giudizio e, in virtù di ciò, non ne definiva nemmeno i confini. La summa divisio operata dal comma 1 per le procedure appartenenti al ruolo contenzioso ed al ruolo volontaria giurisdizione era sempre e solo quella fra atti di costituzione in giudizio della parte ed atti depositati dal difensore della parte già costituita. È evidente dunque che, la prima domanda che doveva porsi l'avvocato che si accingeva a depositare il proprio atto processuale, era se il proprio cliente fosse o meno costituito in quel determinato giudizio. Tale criterio di divisione, infatti, doveva riferirsi unicamente alla parte e non a quella che atecnicamente viene definita “costituzione dell'avvocato”, con la conseguenza che, ad esempio. In caso di costituzione di nuovo difensore il deposito della comparsa doveva essere necessariamente effettuato in via telematica. La giurisprudenza si è inoltre spesso interrogata sulla reale portata della norma in commento ed in particolare in relazione al procedimento di reclamo avverso i provvedimenti cautelari, nonché nell'ambito della riassunzione dovuta alla successione delle parti nel processo (morte o fallimento di una delle parti). Tuttavia, poiché abbiamo già avuto modo di commentare la casistica sopracitata, per una completa analisi della giurisprudenza di riferimento si rimanda ai commenti dei seguenti articoli del codice di procedura civile: 50, 303, 669-terdecies e 739. Un ulteriore dubbio applicativo, per la verità derivato dal silenzio — sul punto — della norma in commento e risolto dalla modifica dell'articolo 87 delle disposizioni di attuazione, riguardava la possibilità di poter depositare atti o documenti in udienza e, in particolare, un atto eventualmente notificato in forma cartacea, quale ad esempio la chiamata in causa del terzo, o la copia conforme della citazione testimoniale inviata al teste ai sensi dell'art. 250 c.p.c. Sul punto, allo scopo di evitare inutili ripetizioni, si rimanda integralmente al secondo paragrafo del commento dell'art. 250 c.p.c. Altra casistica oggetto di discussione, — seppur riferita solo ad alcuni Tribunali — è stata quella relativa al deposito del cosiddetto foglio di precisazione delle conclusioni che, pur non essendo codicisticamente normato, quanto meno prima della riforma Cartabia, nella prassi di alcune corti di merito viene allegato al verbale di udienza di precisazione delle conclusioni. Ci si è chiesti, in particolare presso il Tribunale di Milano, se il predetto deposito dovesse o meno avvenire con modalità telematiche, come peraltro da prassi del predetto ufficio giudiziario; prassi peraltro non priva di utilità stante che attraverso tale tipologia di deposito si consente al Giudice di riportare agevolmente in sentenza le conclusioni delle parti. Proprio sulla presunta obbligatorietà del deposito telematico del foglio di precisazione delle conclusioni si segnalano due orientamenti contrastanti, entrambi del Tribunale di Milano. Precisamente, in una prima ordinanza del 23 febbraio 2016 il Giudice, Dott. Galioto, non ammetteva il deposito cartaceo in udienza del foglio di precisazione delle conclusioni ritenendo rassegnate le conclusioni in atti. Di diverso avviso invece il Dott. Buffone che, con ordinanza del 3 marzo 2016, precisava che il foglio di P.C. non può rientrare nella cerchia di atti e documenti di cui è obbligatorio il deposito telematico ai sensi dell'articolo in commento, in quanto lo stesso non considerarsi né “documento”, né “memoria” o “atto processuale” in senso tecnico-giuridico. Secondo Buffone, non risulta, dunque, condivisibile il precedente orientamento dello stesso Tribunale, secondo il quale non è ammissibile il deposito del foglio di precisazione delle conclusioni in forma cartacea prevedendosi l'obbligatorietà della trasmissione in via telematica. Pertanto, il foglio di P.C., depositato da parte attrice in udienza in forma cartacea, deve essere considerato quale « atto cortesemente allegato al fascicolo scevro da qualunque vizio di ammissibilità ». Alla stessa salvifica tesi aderisce anche la maggiore dottrina (Nardelli, Deposito del foglio di precisazione delle conclusioni: ammissibile sia cartaceo che telematico, IUS PROCESSO TELEMATICO su ius.giuffrefl.it, Giuffrè, 2016). Secondo Nardelli, infatti, il foglio di P.C. trova ricorrenza fattuale nell'ambito dell'udienza che viene fissata in vista della riserva della causa in decisione, quando le parti vengono invitate alla precisazione delle conclusioni. Sempre secondo Nardelli, pertanto, anche da un punto di vista meramente pratico le conclusioni ben possono essere direttamente inserite nel verbale di udienza. Tuttavia, quandanche si volesse immaginare che esse possano essere precisate direttamente al Giudice, in forma verbale, e non per iscritto, delle stesse dovrebbe comunque farsi menzione nel relativo verbale, dal momento che l'art. 126 c.p.c. prevede che lo stesso debba contenere, tra l'altro, le dichiarazioni ricevute. E d'altra parte, ai sensi dell'art. 132 n. 3 c.p.c., la stessa sentenza deve poi contenere le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti. Pertanto, secondo tale tesi, il foglio di P.C. non potrà considerarsi un atto processuale in senso stretto ma un mero documento di ausilio alla successiva attività del Giudice, avente funzione servente rispetto alla redazione del provvedimento giudiziario. Così stando le cose, non pare che possa fondatamente farsi rientrare il foglio P.C. nel novero degli atti processuali e dei documenti che i difensori delle parti precedentemente costituite debbano depositare con modalità esclusivamente telematiche. Con la conseguenza che non appare applicabile alcuna sanzione processuale al deposito che avvenga invece con modalità cartacea. Inoltre, come si è già detto in sede di commento all'articolo 250 c.p.c. e richiamando la stessa tesi del Nardelli, l'art. 87 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura, nella precedente formulazione prevedeva due diverse tipologie di modalità di deposito dei documenti. La prima è quella in Cancelleria, e per essa valevano le regole di cui all'art. 16-bis d.l. n. 179/2012, e la seconda era quella in udienza, oggi non più possibile, e per essa valevano le regole di cui all'art. 87 richiamato. Quest'ultima disposizione non è infatti rimasta in vigore sino all'entrata in vigore della riforma Cartabia, sicché non vi era alcuna norma che potesse impedire alle parti di depositare un documento in udienza. Ovviamente, ciò non escludeva ogni rilievo in ordine alla tempestività di tale deposito, sicché non era in discussione, ad esempio, che una produzione documentale potesse essere inammissibile, per essere successiva alla scadenza del termine di cui all'art. 183 c.p.c. (salve le ipotesi di rimessione in termini). Ma nei limiti nei quali la produzione fosse processualmente ammissibile, essa poteva anche avvenire direttamente in udienza, senza che potesse per ciò solo affermarsene l'inammissibilità. Non poteva peraltro escludersi che la parte, che avesse depositato un documento con modalità cartacea direttamente in udienza, potesse essere invitata a procedere anche alla produzione in via telematica dello stesso, posto che si tratterebbe di un adempimento privo di effettivo valore giuridico utile unicamente alla predisposizione di un fascicolo integralmente digitalizzato. Sempre a parere di Nardelli poi, la sanzione della inammissibilità, per il deposito cartaceo del foglio di P.C., appare scontrarsi con la possibilità di inserire le conclusioni direttamente nel verbale di udienza, circostanza che supererebbe qualunque obiezione basata sulla forma — cartacea o telematica — del documento o del deposito. Sempre in riferimento alle sanzioni e discostandosi dal caso specifico del foglio di P.C., ci si è chiesti in dottrina e giurisprudenza se fosse possibile irrogare una sanzione all'avvocato che, in violazione delle disposizioni del presente articolo, dovesse depositare in forma cartacea un atto per cui la legge preveda la forma telematica. A tal proposito si rischierebbe di dover ripetere in questa sede argomentazioni già ampiamente svolte nel commento agli articoli del codice di procedura. Si rimanda pertanto a quanto già scritto nel commento agli articoli 50,156,303,669-terdecies, 739 del codice di procedura civile in relazione alla libertà delle forme e all'obbligatorietà o facoltatività del deposito telematico del reclamo e della riassunzione. Si rinvia inoltre al commento dell'articolo 633 del codice di procedura ed in particolare al provvedimento del Tribunale di Reggio Emilia, che con decreto del 1° luglio 2014, rigettava un ricorso per decreto ingiuntivo depositato con modalità cartacee. La norma in commento conteneva, infine, una importante eccezione alla disciplina dell'obbligatorietà della trasmissione telematica, in quanto esclude la escludeva espressamente per tutti i dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente, ai quali veniva attribuita la mera facoltà di depositare telematicamente i propri atti. L'operatività di tale eccezione veniva ribadita anche dalla Suprema Corte che con la pronuncia della sesta sezione del 1° giugno 2018 n. 14062, che ha sottolineato come i funzionari di cui si avvalgono le Pubbliche Amministrazioni per stare in giudizio personalmente non siano soggetti all'obbligo del deposito telematico, anche se la parte che rappresentano è già costituita in giudizio. Nel caso di specie, la Corte ha cassato il provvedimento del Giudice di prime cure che dichiarava l'inammissibilità del deposito di un atto endoprocedimentale da parte dell'INPS poiché, a dire del Tribunale, tale provvedimento sarebbe stato preso in violazione delle disposizioni dell'articolo in commento. La Corte ha provveduto, nel caso di specie, ad effettuare una ricognizione delle disposizioni contenute nell'articolo 16bis sin dalla sua introduzione ad opera della l. n. 228/2012, per giungere alle modifiche operate dal d.l. n. 90/2014 e del d.l.n. 83/2015, accogliendo il ricorso e affermando il principio per cui “per i dipendenti delegati a difendere in giudizio le pubbliche amministrazioni il deposito telematico degli atti non è obbligatorio, bensì meramente facoltativo”. La sentenza evidenzia anche la ratio della suddetta norma, rappresentando come l'esclusione dall'obbligo del deposito telematico sia stata introdotta proprio al fine di alleviare l'impatto della obbligatorietà del deposito telematico sull'organizzazione delle PP.AA. Tuttavia, solo successivamente con il d.l. n. 83/2015, è stata introdotta la facoltatività del deposito telematico anche per i dipendenti delegati a difendere in giudizio le pubbliche amministrazioni e al momento in cui si scrive l'obbligatorietà. Nel proseguire la ricostruzione storica di quanto previsto dalla normativa in vigore precedentemente alla riforma Cartabia, è opportuno menzionare quanto statuito dal comma 1-bis dell'art. 16-bis del d.l. n. 179/2012, inserito dal decreto legge 83 del 27 giugno 2015 e successivamente convertito con la legge n. 132/2015, che prevedeva nell'ambito dei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai Tribunali e Corti d'Appello la facoltà del deposito telematico di ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1 e quindi, in particolare, anche dell'atto introduttivo o del primo atto difensivo e dei documenti che si offrono in comunicazione, ciò da parte del difensore o del dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. In tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità. L'introduzione del predetto comma ha costituito dunque il definitivo superamento di una delle principali questioni aperte sul Processo Civile telematico, ovvero la legittimità del deposito telematico dell'atto introduttivo nei Tribunali sprovvisti di decreto ex art. 35, d.m. n. 44/2011 emanato da DGSIA (Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero di Giustizia). Tale articolo, lo si ricorda, prevedeva la necessità di specifica autorizzazione per l'abilitazione dei servizi di trasmissione telematica degli atti agli uffici giudiziari e quindi, anche dopo l'entrata in vigore dell'obbligatorietà di cui al comma 1 della norma in commento, parte della dottrina e della giurisprudenza hanno ritenuto necessaria tale autorizzazione per il deposito telematico di quelle tipologie di atti non rientranti nell'obbligatorietà de qua. Pur estrinsecandosi, tale previsione normativa, come una mera facoltà di deposito telematico, è opportuno precisare che questo ha consentito di fornire la certezza che, depositando qualsiasi atto in via digitale, non si poteva certamente incorrere in errore o in pronunce di inammissibilità del deposito. La disposizione in commento, è comunque utile precisarlo, poteva considerarsi pienamente operativa, anche per essere posizionata successivamente al primo comma, limitatamente ai procedimenti civili ordinari e di volontaria giurisdizione, rimanendo così esclusi dalla portata della facoltatività del deposito telematico (ciò ad opinione della maggiore dottrina) gli atti non previsti dalla legge come obbligatori nelle procedure esecutive e concorsuali. La problematica non era di poco conto atteso che, al di fuori degli atti che dovevano obbligatoriamente depositarsi in via telematica, nelle procedure esecutive e concorsuali avrebbe potuto continuare ad essere necessario verificare per ogni singolo Tribunale l'esistenza del decreto exarticolo 35 del d.m. n. 44 del 21 febbraio 2011. La problematica, in ogni caso, oltre a riguardare un numero ristretto di tipologie di atto è stata comunque recentemente superata dalla giurisprudenza della Suprema Corte che, con sentenza n. 9772 del 12 maggio 2016, ha enunciato il seguente principio di diritto: « In tema di processo civile telematico, nei procedimenti contenziosi iniziati dinanzi ai tribunali dal 30 giugno 2014, nella disciplina del d.l. n. 179 del 2012, art. 16-bis, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1, comma 19, n. 2), anteriormente alle modifiche apportate dal d.l. n. 83 del 2015 (che, con l'art. 19, comma 1, lett. a), n. 1), vi ha aggiunto il comma 1-bis), il deposito per via telematica, anziché con modalità cartacee, dell'atto introduttivo del giudizio, ivi compreso l'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, non dà luogo ad una nullità della costituzione dell'attore, ma ad una mera irregolarità, sicché ogniqualvolta l'atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell'ufficio giudiziario previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, deve ritenersi integrato il raggiungimento dello scopo della presa di contatto tra la parte e l'ufficio giudiziario e della messa a disposizione delle altre parti ». Tale principio è stato successivamente ribadito, sempre dalla Suprema Corte, con la sentenza del 4 novembre 2016 n. 22479, nella quale si precisa che, l'applicazione dell'art. 16-bis, non comporta il divieto di utilizzare l'invio telematico per gli atti del processo diversi da quelli che contempla, né quello di effettuare un deposito telematico in un periodo anteriore a quello previsto, trattandosi comunque di modalità conosciuta e ammessa dall'ordinamento e non ricollegando alcuna sanzione espressa di nullità al deposito telematico di atti introduttivi. L'orientamento si è poi consolidato anche nella più recente giurisprudenza ed in particolare con l'ordinanza del 23 gennaio 2019, n. 1717 che ha ribadito che “Nei procedimenti contenziosi incardinati dinanzi ai tribunali dal 30 giugno 2014, anche nella disciplina antecedente alla modifica dell'art. 16-bis del d.l. n. 179 del 2012, inserito dall'art. 1, comma 19, n. 2, della l. n. 228 del 2012, introdotta dal d.l. n. 83 del 2015, il deposito per via telematica, anziché con modalità cartacee, dell'atto introduttivo del giudizio, ivi compreso l'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, non dà luogo ad una nullità della costituzione dell'attore, ma ad una mera irregolarità, sicché ove l'atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell'ufficio giudiziario, previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, è integrato il raggiungimento della scopo della presa di contatto tra la parte e l'ufficio giudiziario e della messa a disposizione delle altre parti” Tale conclusione non è ostacolata neanche dalla mancanza di un provvedimento ministeriale autorizzativo nei confronti del Tribunale ex art. 35 d.m. n. 44/2011 poiché tale norma si limita a conferire al Ministero il compito di accertare l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche, oltre alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio ma non gli attribuisce il potere di individuare gli atti depositabili telematicamente, compito riservato alla normativa primaria. La Suprema Corte con la recente pronuncia n. 10609/2022, è tornata ad occuparsi del deposito telematico di atti non espressamente previsti, ratione temporis, dal d.l. n. 179/2012. Nel caso di specie, il Tribunale di Velletri aveva ritenuto inammissibile il deposito telematico di un atto di impugnazione — e quindi di un atto introduttivo del giudizio — in assenza del Decreto Dirigenziale volto ad accettare la piena funzionalità dei sistemi informatici del Tribunale stesso. La Suprema Corte, in questo caso, ha censurato la pronuncia di inammissibilità del Tribunale di Velletri, ritenendo, da un lato che l'art. 16-bis, comma 1, del suddetto d.l. n. 179/2012, nello stabilire i casi di obbligatorietà del deposito telematico “presuppone, a fortiori, il riconoscimento di tale modalità di deposito come valida forma degli atti processuali. E sarebbe un'interpretazione arbitraria e del tutto illogica desumere, dalla mancata previsione dell'obbligatorietà di deposito telematico degli atti introduttivi, una volontà della legge di vietare, per tali atti, la forma che rende obbligatoria per gli atti endoprocessuali. All'assenza di un obbligo deve corrispondere, in mancanza di un esplicito divieto, una facoltà della parte di scegliere la modalità di deposito preferita tra quelle contemplate dall'ordinamento processuale”; dall'altro ritenendo sussistente la violazione dell'art. 156, comma 3, c.p.c., poiché il Tribunale di Velletri, rifiutandosi di esaminare nel merito il ricorso, “ha di fatto sanzionato di nullità un atto introduttivo che aveva raggiunto il suo unico scopo, ovverosia dare avvio al regolare rapporto processuale con l'instaurazione di un completo contraddittorio sulla materia del contendere”. Il comma secondo dell'art. 16-bis del d.l. n. 179/2012 definiva invece l'obbligatorietà del deposito telematico nelle procedure esecutive di cui al libro III del codice di procedura civile. È opportuno precisare che i criteri appaiono differenti da quelli del comma 1 e l'obbligatorietà del deposito telematico non decorreva dalla costituzione della parte ma riguardava tutti gli atti successivi al deposito del primo atto con cui inizia l'esecuzione. A differenza dei procedimenti civili contenziosi e di volontaria giurisdizione, però, tale obbligatorietà non era subordinata alla costituzione della parte depositante, con la conseguenza che anche l'atto di intervento e le opposizioni proposte ad esecuzione già iniziata dovevano essere depositate in via telematica (per approfondire le tematiche riguardanti le opposizioni si rimanda al commento degli artt. 615 e 617 c.p.c.). Quanto alle procedure espropriative di cui agli articoli 518,521-bis, 543 e 557 del codice di procedura civile, invece, l'obbligatorietà del deposito telematico era anticipata alla fase di iscrizione a ruolo e, quindi, sin dalla nascita del fascicolo telematico, ciò — logicamente — solo in caso di iscrizione della procedura ad opera del creditore procedente poiché, ai sensi dell'art. 159-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, se effettuata da soggetto diverso (ad esempio il debitore o il terzo pignorato), la nota di iscrizione a ruolo e la copia del pignoramento potevano essere depositate alternativamente in cartaceo o in telematico. La precisazione contenuta nel comma secondo e il preciso riferimento ai procedimenti di espropriazione forzata normati dal codice di procedura, lasciava inequivocabilmente intendere che ai procedimenti esecutivi diversi da quelli espropriativi, come ad esempio le procedure di consegna e rilascio (608 c.p.c.) o di ricorso exarticolo 492-bis c.p.c. per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, l'iscrizione a ruolo non doveva essere obbligatoriamente telematica. Caso estremamente dibattuto in ambito dottrinario è stato poi quello dell'art. 612 c.p.c., ossia, della procedura volta a richiedere l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare. Ebbene in tale tipologia di procedura, che si introduce con ricorso dinanzi al Giudice delle Esecuzioni, non vi è un vero e proprio deposito dell'atto con cui comincia l'esecuzione, poiché, in base al tenore letterale della norma, la procedura è volta a richiedere l'esecuzione forzata di una sentenza e — di conseguenza — l'esecuzione medesima non può ancora essere iniziata. In virtù di ciò, la maggiore dottrina, nonché gli scriventi, ritengono che il ricorso ex art. 612 c.p.c., anche in virtù dei rilievi di cui al precedente paragrafo 3, non doveva essere depositato in via telematica. Un'ulteriore problematica veniva poi sollevata in ordine al pignoramento di quote sociali regolamentata dall'articolo 2471 del codice civile, il quale dispone: « la partecipazione può formare oggetto di espropriazione. Il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese. L'ordinanza del Giudice che dispone la vendita della partecipazione deve essere notificata alla società a cura del creditore. Se la partecipazione non è liberamente trasferibile e il creditore, il debitore e la società non si accordano sulla vendita della quota stessa, la vendita ha luogo all'incanto; ma la vendita è priva di effetto se, entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. Le disposizioni del comma precedente si applicano anche in caso di fallimento di un socio ». Ebbene, parte della dottrina ed in particolare Vitrani (cfr. G. Vitrani, Il pignoramento di quote socialiex art. 2471 c.c nel processo civile telematico, in ilsocietario.it), ha rilevato dall'elenco delle procedure esecutive soggette all'obbligo di iscrizione telematica di cui alla norma in commento mancasse del tutto l'art. 2471 c.c. Tale mancanza, secondo Vitrani, suscitava il logico interrogativo di come dovesse essere iscritto a ruolo un pignoramento di quote sociali e di quali adempimenti dovevano seguire (o accompagnare) l'iscrizione a ruolo. In particolare, il dubbio riguardava se, anche nel caso della procedura esecutiva in esame, il difensore doveva provvedere all'iscrizione a ruolo della procedura per via telematica e se anche in tal caso doveva provvedere all'attestazione di conformità degli atti e titoli restituitigli dall'Ufficiale Giudiziario. La risposta, secondo Vitrani non appare scontata e tale incertezza emergeva chiaramente dalla lettura dell'art. 16-bis, comma 2, d.l. n. 179/2012. Dando infatti alla norma un'interpretazione letterale, ci si rendeva conto che nel caso in esame, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, vi era un unico adempimento da espletare in via telematica, ovvero l'iscrizione a ruolo della procedura; la prima parte della norma è infatti la sola riferita a tutti i procedimenti di esecuzione forzata “il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche”; dopodiché la norma passa ad occuparsi esclusivamente delle procedure di cui agli artt. 518,543 e 557 c.p.c., senza fare menzione alcuna dell'art. 2471 c.c. Sembrerebbe infatti che, effettuato il deposito telematico della nota di iscrizione a ruolo, la procedura debba seguire i canoni classici ante riforma e, in particolare, istanza di vendita, deposito dell'atto di pignoramento notificato e documentazione attestante l'avvenuta iscrizione della formalità presso il Registro delle Imprese, andrebbero depositati “in cartaceo” direttamente presso la cancelleria, senza necessità di alcuna attestazione di conformità e, soprattutto, senza l'obbligo di osservare i ristretti termini posti dalle norme sopra citate, per di più a pena di inefficacia del pignoramento. Tuttavia, secondo Vitrani, i tradizionali schemi previsti l'iscrizione a ruolo telematica delle procedure esecutive impedirebbero di seguire l'antescritta procedura, essendo gli stessi strutturati in modo da non consentire il deposito della sola nota di iscrizione a ruolo; pertanto, titolo esecutivo, atto di precetto e atto di pignoramento restituiti dall'ufficiale giudiziario dovrebbero essere depositati telematicamente ma, seguendo la linea interpretativa in esame, più per “accontentare” i sistemi informatici che non in adempimento di un preciso obbligo di legge. Inoltre rileva Vitrani che, se da un lato la prima parte della norma impone il deposito telematico per tutti gli atti successivi a quello con cui inizia l'esecuzione, a ben vedere tale obbligo riguarderebbe solo per i procedimenti di cui al libro III del codice di procedura civile e, posto che il pignoramento delle quote sociali non è regolato dal codice di rito, ma solo dal codice civile, ragionando sempre in un'ottica rigorosamente letterale neppure tale norma di carattere generale potrebbe applicarsi alla procedura esecutiva in commento. Tuttavia, da una analisi giurisprudenziale, la procedura esecutiva di cui all'art. 2471 c.c. rientrerebbe secondo Vitrani in una delle tre categorie classiche contemplate dal codice di rito. In particolare, la giurisprudenza prevalente in epoca anteriore alla formulazione della norma in questione (e sotto il vigore dell'abrogato art. 2480 c.c.), sposava la tesi dell'applicazione della disciplina del pignoramento presso terzi immaginando la quota come diritto di credito verso la società (ex multis, v. Cass. 13019/1992; Cass. 2926/1997). Per vero si giungeva a tale conclusione per esclusione, non ritenendosi applicabile né la disciplina del pignoramento mobiliare, che, secondo tale giurisprudenza, presupponeva pur sempre l'esistenza di una cosa materiale da apprendere, né, ovviamente, la disciplina del pignoramento immobiliare. Inoltre, si riteneva (e da taluni si riteneva ancora recentemente) che la notificazione dell'atto di pignoramento alla società avesse la funzione di consentire a quest'ultima di presenziare all'udienza al fine di riferire sulla posizione globale del debitore e sulla consistenza della sua quota ovvero circa l'esistenza di vincoli sulla stessa. Per la verità, tale argomento ha ora perso ogni fondamento dal momento che con la riforma dell'art. 543 c.p.c. è stata eliminata la citazione del terzo tra i requisiti dell'atto di pignoramento presso terzi. La tesi esposta non convince però la più recente giurisprudenza la quale ha giustamente considerato che le nuove disposizioni, introdotte con il nuovo art. 2471 c.c., siano giunte a configurare un procedimento del tutto nuovo ed estraneo al pignoramento presso terzi, da svolgersi mediante notifica al debitore e alla società di un atto complesso da iscriversi successivamente nel registro delle imprese, senza necessità alcuna di invitare la società a rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. (in tal senso v. Trib. Parma, 20 maggio 2013; Trib. Udine 18 febbraio 2013, entrambe pubblicate su Ilcaso.it). Secondo un ulteriore orientamento invece (cfr. Trib. Milano, 8 ottobre 2014, rinvenibile per esteso su Ilcaso.it) occorre considerare che la laconica disciplina dettata in materia di espropriazione delle partecipazioni societarie lascia di per sé irrisolto il problema di quale sia la disciplina processuale applicabile a tale forma di espropriazione ed in particolare, se sia applicabile direttamente la disciplina dettata dagli artt. 513 e ss. per l'espropriazione dei beni mobili, ovvero se questa disciplina possa essere applicata solo in via analogica e salvo il limite della sua compatibilità con le caratteristiche proprie dell'espropriazione delle quote sociali. In realtà, prosegue la giurisprudenza in commento, la disciplina dettata dal capo II, titolo II del libro III del codice di rito civile sembra trovare al più un'applicazione solo analogica all'espropriazione delle partecipazioni sociali in virtù delle seguenti considerazioni: gli artt. 513 e ss. c.p.c. presuppongono l'esistenza materiale del bene mobile oggetto dell'espropriazione come si ricava dai seguenti articoli: 513 (ricerca delle cose da pignorare), 514, 515 e 516 (tutti materiali i beni assolutamente, relativamente e in particolari circostanze impignorabili), 518 e 519 (forma e tempo del pignoramento), 520 e 521 (in materia di custodia) 523 e 524 (in materia di pignoramenti uniti e successivi); tanto considerato, siccome la disciplina dettata per le espropriazioni mobiliari riguarda le cose dotate di un substrato materiale, solo in via analogica, la relativa disciplina potrebbe essere applicabile alle partecipazioni sociali che, evidentemente, sono prive di un substrato materiale; il pignoramento di quote sociali si esegue in via “documentale”, mediante notifica di un atto al debitore e alla società e successiva iscrizione dell'atto di pignoramento nel registro delle imprese: tale forma di pignoramento richiama da vicino la forma (pure documentale) di pignoramento dei beni immobili più che la disciplina del pignoramento dei valori mobiliari; il pignoramento di quote sociali è una fattispecie a formazione progressiva che richiede per il suo perfezionamento tanto la notifica di un atto quanto la sua successiva iscrizione nel registro delle imprese; depone, ancora, nel senso dell'assoluta peculiarità della disciplina relativa ai pignoramenti di partecipazioni sociali la considerazione per cui, almeno prima della riforma del 2003, la giurisprudenza della Suprema Corte era pacifica nel ritenere che il pignoramento delle partecipazioni sociali si eseguisse nelle forme del pignoramento presso terzi, con ciò escludendo l'applicabilità della disciplina dettata in materia di espropriazione mobiliare presso il debitore al previgente art. 2480 c.c. Conclude dunque Vitrani ritenendo che il pignoramento di quote sociali presenti caratteristiche sue proprie e che tali caratteristiche devono essere considerate nell'individuazione della disciplina applicabile alla vendita (o alla richiesta di assegnazione), considerando che, ove si affermi la possibilità di applicare alle vendite di quote sociali la disciplina dettata per l'espropriazione presso il debitore a tale risultato si può giungere — salvo il limite della compatibilità — solo facendo applicazione analogica della ridetta disciplina e non affermando che le regole di cui agli artt. 513 e ss. trovano diretta applicazione nel caso di pignoramento di quote sociali. Da tale ragionamento Vitrani fa discendere l'ulteriore considerazione che, potendosi applicare la normativa sulle espropriazioni mobiliari solo per via analogica, nell'ambito dell'espropriazione di partecipazioni sociali, in forza dell'art. 14 disp. prel. c.c., non troverebbe applicazione la regola, evidentemente eccezionale, di cui all'art. 518 c.p.c. novellato, in forza della quale il difensore del creditore attesta la conformità del processo verbale, del titolo esecutivo e dell'atto di precetto ai soli fini del presente articolo. Tale orientamento, tuttavia, può ritenersi superato da Vitrani (Gruppo di Lavoro Fiif (in Pignoramento-telematico-delle-quote-sociali) che, anche alla luce delle modifiche legislative intervenute nelle more della pubblicazione della prima tesi dottrinaria e che contengono un ampliamento dei poteri di attestazione di conformità in capo all'avvocato (cfr. art. 16-decies d.l. n. 179/2012), ritiene che il difensore possa ora legittimamente attestare la conformità degli atti e titoli in suo possesso, attestazione che non avverrà ai sensi dell'artico 16-bis comma 2, bensì ai sensi dell'art. 16-decies che consente di attestare la conformità di ogni atto processuale di parte o di un provvedimento del Giudice formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme. Ci si chiedeva dunque se nel pignoramento di quote sociali vi sia spazio per il deposito telematico dell'istanza di vendita e degli eventuali ulteriori atti che si rendessero necessari in corso di procedura. A tal proposito, il Gruppo di Lavoro Fiif, pur ricordando che l'art. 16-bis, comma 2, d.l. n. 179/2012 prevedeva l'obbligo di deposito telematico per i soli procedimenti di cui al libro III del codice di rito, ritiene che, un'interpretazione che consentisse l'iscrizione a ruolo telematica della procedura ma che imponesse poi di ritornare al “cartaceo” per gli atti successivi, parrebbe invero iniqua e chiaramente contraria allo spirito della norma, improntata ad imporre il processo telematico per tutte le tipologie di processo esecutivo; infine, conclude dunque per l'opzione interpretativa che, in accordo con l'intento del legislatore e con le maggiori facoltà in tema di attestazioni di conformità ex art. 16-decies d.l. n. 179/2012, consentisse alla procedura esecutiva di continuare il suo iter in via esclusivamente telematica. Anche per quanto concerne l'obbligatorietà nelle procedure concorsuali, peraltro profondamente innovato dall'avvento del codice della crisi d'impresa, l'ambito di applicazione dell'obbligatorietà del deposito telematico seguiva criteri propri e diversi rispetto ai procedimenti civili contenziosi e di volontaria giurisdizione. In questo caso, però, lo spartiacque tra processo cartaceo e telematico non era identificato in una fase processuale ma atteneva alle qualità e cariche rivestite dai soggetti depositanti. In questo caso l'obbligo di deposito telematico è, veniva infatti, imposto unicamente al curatore, al commissario giudiziale, al liquidatore, al commissario liquidatore e al commissario straordinario. Ne consegue che il difensore non aveva alcun obbligo di deposito telematico degli atti nelle procedure concorsuali. Tuttavia, a decorrere dal 15 agosto 2020, era entrata in vigore anche la disposizione del nuovo comma “4-bis” del d.l. n. 179/2012, che prevedeva che “Nei procedimenti giudiziali diretti all'apertura delle procedure concorsuali, in ogni grado di giudizio, gli atti dei difensori e degli ausiliari del giudice, nonché i documenti sono depositati esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Si applica il secondo periodo del comma 4. Per il ricorso per cassazione, la disposizione acquista efficacia a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da adottarsi entro un anno dall'entrata in vigore del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, adottato in attuazione dell'articolo 1 della legge delega 19 ottobre 2017, n. 155, attestante la piena funzionalità dei servizi di comunicazione. ». La nuova disposizione introduceva, quindi, l'obbligatorietà dei depositi telematici anche per le procedure concorsuali; procedure che — vi è da dirlo — erano in realtà già in larga parte state digitalizzate nella maggior parte dei Tribunali italiani. Formule correlate 18. Istanza per l'autorizzazione al deposito di file non ammessi su supporto informatico con modalità non telematiche TRIBUNALE DI ......... Giudice — Numero di ruolo — Udienza Istanza per l'autorizzazione al deposito di file video contenuto su supporto DVD Per ........, rappresentato e difeso da...... CONTRO ....... in persona del suo legale rappresentante pro tempore come in atti rappresentata e difesa. premesso che: — Nel giudizio in epigrafe indicato, alla scorsa udienza del........., la S.V. ha concesso alle parti i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., per il deposito di memorie; — Il termine per il deposito della memoria istruttoria, ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c., scade il ...............; — La ridetta memoria costituisce il momento ultimo per l'articolazione dei mezzi istruttori e il deposito di documentazione; — Unitamente alla memoria ex art. 183 II termine c.p.c che si provvederà a depositare in via telematica, è necessario allegare il filmato contenuto su supporto DVD (allegato unitamente alla copia cartacea di codesta istanza, anche ai fini del rispetto del contraddittorio) e dunque in un formato non consentito dalle regole e specifiche tecniche del processo telematico di cui agli articoli 12 del decreto del ministro della Giustizia n. 44/2011 e dall'art. 13 del provvedimento DGSIA del 16 aprile 2014, che non ricomprendono la possibilità di depositare documenti in un qualsiasi formato audio o video, che non possono neppure essere contenuti all'interno di file compressi (.zip,.rar,.arj), come previsto dal comma 2 del predetto articolo 13. — Così come previsto dal combinato disposto dell'articolo 14 comma 1 del decreto del ministro della Giustizia n. 44/2011 e dall'art. 15 del provvedimento DGSIA del 16 aprile 2014 in virtù del quale i documenti probatori depositati con modalità non telematiche sono identificati e descritti in un'apposita sezione dell'atto del processo in forma di documento informatico e comprendono, per l'individuazione dell'atto di riferimento, i seguenti dati: a) numero di ruolo della causa; b) progressivo dell'allegato; c) indicazione della prima udienza successiva al deposito, dati questi ultimi tutti indicati in epigrafe; — Invece, quanto alla descrizione del contenuto del documento, si rappresenta che lo stesso è di particolare importanza ai fini dell'istruttoria della causa, poiché dimostra ....................... e pertanto di fondamentale importanza ai fini probatori ed in relazione ai fatti di causa. — Ricorrono dunque, ai sensi dell'art. 196-quater delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, le ragioni specifiche che giustificherebbero il deposito con modalità non telematiche del documento descritto ed individuato nella suestesa istanza. Tanto premesso il........................, come in epigrafe rappresentato e difeso CHIEDE acquisirsi il documento n. ....... su supporto dvd così come sopra descritto ed individuato, che si allega alla copia cartacea di detta istanza — al fine di consentire il rispetto del contradditorio - anche in vista della imminente scadenza del termine per il deposito della memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. Luogo e data Avv................... 19. Istanza per l'autorizzazione al deposito cartaceo TRIBUNALE DI ...... Giudice — Numero di ruolo — Udienza Istanza di autorizzazione al deposito cartaceo (ed a disporre cautele nella custodia di titoli) Per ........, rappresentato e difeso da...... CONTRO ....... in persona del suo legale rappresentante pro tempore come in atti rappresentata e difesa. premesso che: a) che all'udienza del ........ relativa al procedimento in epigrafe, il Giudice adito rinviava la causa all'udienza del ............. concedendo alle parti processuali termine per il deposito delle relative memorie; b) che in allegato alla memoria ex art. 183, comma 6, n. 2) c.p.c., che si deposita in via telematica in data odierna, sono stati allegati in copia seguenti documenti 1) n. 1 originale cambiale di € ....... con scadenza ....... e relativa attestazione bancaria; 2) n. 1 assegno originale bancario tratto su Banca ....... n. ........... del ....... di € ........... 3) estratto autentico per mezzo Notaio dr. ........ relativo alla fattura ..... del....... di € .....; c) che tra i detti documenti vi sono titoli esecutivi per cui è necessario provvedere al deposito cartaceo ed alla custodia in cancelleria c) che il sottoscritto procuratore si trova nell'impossibilità di depositare telematicamente i citati documenti d) che così come previsto dal combinato disposto dell'articolo 14 comma 1 del decreto del ministro della Giustizia n. 44/2011 e dall'art. 15 del provvedimento DGSIA del 16 aprile 2014 in virtù del quale i documenti probatori depositati con modalità non telematiche sono identificati e descritti in un'apposita sezione dell'atto del processo in forma di documento informatico e comprendono, per l'individuazione dell'atto di riferimento, i seguenti dati: a) numero di ruolo della causa; b) progressivo dell'allegato; c) indicazione della prima udienza successiva al deposito, dati questi ultimi tutti indicati in epigrafe; e) che, quanto alla descrizione del contenuto del documento, si rappresenta che lo stesso è stato depositato in copia (o verrà depositato in copia) unitamente al deposito telematico...... f) che ai sensi dell'art. 196-quater delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, e successive modifiche, il Giudice può autorizzare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche; g) che tali titoli possono costituire anche documenti oggetto di verificazione per cui potrebbe essere utile disporre la cautela nella custodia ex art. 217 c.p.c. Tutto quanto premesso, il sottoscritto procuratore CHIEDE che l'Ill.mo Giudice adito, previo accertamento dell'impossibilità di depositare in data odierna i predetti documenti descritti nella presente istanza ed allegati in scansione alla memoria depositata telematicamente in riferimento al procedimento in epigrafe, voglia autorizzare il deposito cartaceo (e presa in custodia con le opportune cautele da parte della cancelleria) dei seguenti documenti — titoli- 1) n. 1 originale cambiale di € ....... con scadenza ....... e relativa attestazione bancaria; 2) n. 1 assegno originale bancario tratto su Banca ....... n. ......... del ....... di € ........... 3) estratto autentico per mezzo Notaio dr. ........ relativo alla fattura ..... del....... di € .....; Con osservanza. Luogo e data Avv................... La gestione dei disservizi del PCTNel rispetto delle previsioni della legge delega, il legislatore, con la riforma Cartabia, si è occupato dell’ipotesi in cui non sia possibile effettuare il deposito telematico a causa di disservizi dell’infrastruttura tecnologica; la soluzione scelta è stata quella di prevedere che il capo dell’ufficio autorizzi il deposito con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non siano funzionanti e sussista una situazione di urgenza, dandone comunicazione attraverso il sito istituzionale dell'ufficio e provvedendo a comunicare l'avvenuta riattivazione del sistema con le medesime forme (art. 196-quater, ult. co.). La soluzione normativa, certamente necessaria per non lasciare scoperta da regolamentazione una fattispecie cruciale, presenta a dire il vero diverse criticità che potrebbero dare adito a contenzioso in sede applicativa. Appare innanzitutto discutibile la scelta di rimettere l’accertamento della non funzionalità dei sistemi del PCT al capo di un singolo ufficio giudiziario; invero, l’infrastruttura tecnologica è fortemente centralizzata ed è dunque pressoché impossibile che essa funzioni ad esempio per un tribunale e non funzioni per una corte d’appello, magari limitrofi; sarebbe stato dunque certamente preferibile demandare siffatto accertamento ad una struttura centrale come la Direzione dei sistemi informativi automatizzati (DGSIA). In secondo luogo non convince la scelta di autorizzare il deposito analogico in luogo di quello telematico in situazioni di urgenza, assunto che sostanzialmente si può tradurre nell’autorizzazione al deposito di un atto processuale in scadenza mediante accesso diretto alla cancelleria. Si tratta infatti di modalità utilizzabile da un avvocato che debba depositare presso uffici giudiziari situati a poca distanza dal suo domicilio professionale, non certo laddove il deposito debba essere effettuato a centinaia di kilometri di distanza. Quid iuris in questi casi? Verosimilmente si dovrà ricorrere all’istituto della rimessione in termini ex art. 153 c.p.c., trattandosi di fattispecie che può comportare decadenze per fatto non imputabile alla parte. Ci si chiede quindi se non sarebbe stato più opportuno pensare ad un diverso “meccanismo di reazione” basato sulla rilevazione dell’indisponibilità a carico della DGSIA e sulla successiva pubblicazione di avvisi di non funzionalità comportanti l’automatica rimessione in termini per le scadenze non rispettate. Non si sarebbe trattato di una novità, visto che questo sistema è in uso da anni nelle agenzie fiscali, e non avrebbe certo creato alcuna incertezza su tempi di celebrazione dei processi, per almeno due motivi: innanzitutto perché i casi di indisponibilità dei sistemi che impediscano del tutto gli atti processuali sono rarissimi; in secondo luogo perché laddove la rimessione in termini avesse portato ad una compressione dei diritti di difesa della controparte si sarebbe potuto intervenire sul calendario del processo, ad esempio posticipando la data dell’udienza o assegnando nuovi termini. il decreto legislativo n. 164 del 2024 (cd Correttivo Cartabia) ha parzialmente modificato la norma in commento, sicché ora si prevede che "il capo dell'ufficio autorizza il deposito con modalità non telematiche quando sussiste una situazione di urgenza e il direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia certifica che i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti. La certificazione del direttore generale è pubblicata sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia. Il ripristino del corretto funzionamento è comunicato con le medesime modalità". In pratica si vincola la dichiarazione di non funzionalità dei sistemi ad un controllo centralizzato da parte di DGSIA, il che dovrebbe introdurre un elemento di oggettività nel riscontro dei disservizi. Restano comunque ferme e valide le considerazioni circa la possibilità che si ricorra di frequente alla rimessione in termini.
|