Preliminare di compravendita: mancata sottoscrizione finale da parte di uno dei contraenti
09 Aprile 2024
Massima L'esistenza della volontà di assumere paternità e vincolo di un integrale testo contrattuale - qualificabile, perciò, in termini di intesa perfezionata tra le parti - non è desumibile unicamente dalla presenza formale della sottoscrizione finale in ultima pagina, oltre che nelle precedenti, ad opera dei paciscenti ma dev'essere ricavata in diretta e immediata considerazione dei comportamenti assunti dal contraente, di cui manca la sottoscrizione in calce al testo contrattuale, successivamente al tempo delle predette firme. "La ricostruzione e l'approdo risultanti dalla sentenza impugnata non sono […] condivisibili sul piano giuridico e la relativa motivazione difetta anche nella mancata valorizzazione delle ulteriori emergenze probatorie acquisite al fine di supportare un esito valutativo in termini di conclusione di un contratto valido, pur in assenza dell'apposizione della sottoscrizione della [… parte venditrice, n.d.a.] sull'ultima pagina della controversa scrittura privata, nella quale, peraltro, è da rimarcare che le riportate clausole […] contenevano la mera esplicazione della volontà di accettazione delle clausole inserite nelle pagine precedenti (pacificamente firmate dalla [parte alienante, n.d.a.]), di per sé già contemplanti la specifica assunzione di plurime reciproche obbligazioni, il cui inadempimento avrebbe legittimato il possibile ricorso all'art. 2932 c.c., ovvero la produzione di un effetto già consentito dalla legge”. Su tale considerazione la Cassazione critica il giudice territoriale del gravame nella parte in cui:
Il caso La Suprema Corte decide una questione in cui, nell’ambito di un contratto preliminare, entrambi i contraenti avevano firmato le prime tre pagine dell’atto mentre l’ultima solo il promittente acquirente. In esito a questa circostanza, il promittente venditore contestava al promissario compratore l’avvenuto perfezionamento del vincolo obbligatorio di “dare”, nel senso tecnico di “trasferire”. La Corte d’appello di Bari (App. Bari 9 settembre 2019), confermando il primo grado (un non meglio precisato Trib. Trani 2014), sanciva la nullità del contratto, in mancanza della sottoscrizione finale, in ultima pagina, di un contraente, stante la riscontrata mancanza di volontà di appropriarsi dell’intero contenuto documentale. La Cassazione, sul presupposto per cui la volontà del contraente di ritenersi o meno vincolato a un dato accordo (e, quindi, l’esistenza dell’avvenuta accettazione dell’altrui proposta contrattuale) deve valutarsi sulla base del complesso dei comportamenti tenuti nel corso delle trattative, pone “il principio […] della validità ed efficacia del contratto pur se il relativo testo è risultato mancante delle sottoscrizione della […] promittente venditrice solo nell’ultima pagina”. La sentenza in commento, per giungere a tale approdo, si richiama a quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di contratti soggetti alla forma scritta ad substantiam (nella specie, preliminare di vendita immobiliare), vige “il principio secondo cui il perfezionamento del negozio può avvenire anche in base ad un documento firmato da una sola parte, ove risulti una successiva adesione, anche implicita, del contraente non firmatario, contenuta in atto scritto diretto alla controparte, presuppone che detto documento abbia tutti i requisiti necessari ad integrare una volontà contrattuale […]”. La questione La questione affrontata dalla pronuncia che si esamina si innesta in un filone di precedenti nei quali viene statuito, pur se in differenti ipotesi, che “la produzione in giudizio di una scrittura privata ad opera della parte, indicata nel corpo dalla scrittura, che non l'aveva sottoscritta costituisce equipollente della sottoscrizione contestuale e, pertanto, perfeziona, sul piano sostanziale o su quello probatorio, il contratto in essa contenuto, purché la controparte del giudizio sia la stessa che aveva già sottoscritto il contratto e non abbia revocato, prima della produzione, il consenso prestato e l'atto sia stato prodotto al fine di invocare l'adempimento delle obbligazioni da esso scaturenti” (Trib. Roma 20 marzo 2023). In proposito, si sancisce quanto segue “Con riferimento ai contratti per i quali è prevista la forma scritta "ad substantiam", il contraente che non abbia sottoscritto l'atto può perfezionare il negozio con la produzione in giudizio del documento al fine di farne valere gli effetti contro l'altro contraente sottoscrittore, o manifestando a questi con un proprio atto scritto la volontà di avvalersi del contratto. In tal caso, la domanda giudiziale o il successivo scritto assumono valore equipollente della firma mancante […]” (App. L'Aquila 31 maggio 2022). In sede di legittimità, si è stabilito che “La produzione in giudizio da parte dell'attore di un documento contrattuale sottoscritto solo dal convenuto, per invocarne l'esecuzione, vale a sanare la mancanza della sottoscrizione di esso attore, in quanto integra un'inequivoca manifestazione di volontà di avvalersi del negozio documentato dalla scrittura incompleta” (Cass. 28 gennaio 2022 n. 2666). Nella sede del merito, si è precisato che “Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam, la produzione in giudizio del contratto ad opera della parte che non l'aveva sottoscritto - altresì accompagnata dal dichiarato intento di avvalersi degli effetti da esso scaturenti - costituisce valido equipollente della sottoscrizione mancante, venendo così ad integrare efficacemente il processo di formazione del contratto” (App. Milano 3 febbraio 2018). E ancora, “La mancata sottoscrizione di una scrittura privata può essere supplita, nel rispetto di una determinata serie di condizioni, dalla produzione in giudizio del documento contrattuale da parte del contraente, che non ha sottoscritto lo stesso e che pure se intende avvalere” (Cass. 14 marzo 2017 n. 6559). Ordunque, in una visione tutta sostanzialistica del procedimento di formazione di quei contratti che richiedono il rispetto dell'onere dell'adozione della forma scritta ad substantiam actus per la validità della fattispecie stessa, anche il provvedimento in commento assegna valore dirimente, per affermare la conclusione dell'atto, alla condotta materiale tenuta successivamente alla predisposizione del contratto dalla parte che non ha firmato il documento in calce se e in quanto idonea a far uscire la vicenda dalla fase della trattativa, confluita nell'in idem placitum consensus. Osservazioni La soluzione offerta dalla Cassazione alla questione sopra rappresentata può essere condivisa. Prima d'ora e sin dagli anni ‘80, la giurisprudenza ha ritenuto che il requisito di forma di un contratto debba dirsi sempre rispettato se l'accettazione è stata posta in essere direttamente tramite domanda giudiziale (se l'atto processuale è sottoscritto anche dalla parte o se l'avvocato è munito di procura speciale ad litem (Cass. 7 agosto 1992 n. 9374), attesa la non necessità della simultaneità delle sottoscrizioni dei contraenti. Infatti, se la legge ha imposto una data forma in relazione agli effetti di un atto, essa dev'essere osservata anche nei casi equivalenti nella sostanza, venendo a tal fine in gioco una qualsiasi manifestazione di volontà del contraente che non abbia firmato, risultante da uno scritto diretto alla controparte. In tal caso, come ci pare ovvio, il contratto deve intendersi perfezionato ex nunc. Ebbene, come il deposito di un contratto allegato a una domanda giudiziale diretta a farlo valere ne implica accettazione scritta ad opera di quella parte che, in origine, non ha del tutto firmato il documento, così, e a maggior ragione, l'ammissione resa per iscritto di un accordo "già stipulato"ad opera di chi ha già firmato tutti i patti ma non, in ultima pagina, l'espressa dichiarazione della volontà di accettare il regolamento pregresso, trattandosi di atto manifestamente pleonastico, non può non sottenderne e testimoniarne l'avvenuto perfezionamento del negozio tra le parti, in questa ipotesi ex tunc. Si è, inoltre, sostenuto, qui solo a margine, che la succitata tesi dell'efficacia perfezionativa della produzione in giudizio del documento da parte di chi non lo ha sottoscritto non può essere invece sostenuta qualora l'attore, unico firmatario dell'atto, abbia agito in giudizio per la nullità del negozio giuridico: e ciò perché, in tal caso, “la domanda di nullità del contratto comporta la revoca della proposta” (App. Bologna 14 maggio 2015). Tuttavia, ci sembra di poter fondatamente dubitare, qui solo per inciso (travalicando le presenti riflessioni il tema insito nella nota demandatami), della bontà dell'assunto per cui la domanda di accertamento della revoca della proposta contrattuale possa ritenersi contenuta in quella, evidentemente supposta come più ampia, di nullità dell'atto: a rigore, infatti, una tempestiva revoca della proposta avrebbe dovuto determinare non la nullità del contratto ma la sua stessa inesistenza giuridica. Se l'unico firmatario agisce in nullità negoziale verso la propria controparte, si è dinnanzi a un petitum che ha, per presupposto, l'originaria conclusione di un contratto, pur se invalido. E del resto, “In tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta "ad substantiam", per il perfezionamento dell'accordo è necessario non solo che la produzione in giudizio del contratto avvenga su iniziativa del contraente che non l'ha sottoscritto, ma anche che l'atto sia prodotto per invocare l'adempimento delle obbligazioni da esso scaturenti” (Cass. 5 giugno 2014 n. 12711). Invero, la conclusione della fattispecie negoziale può riscontrarsi anche se il convenuto non firmatario, a fronte di una domanda di nullità attorea, produce egli stesso il contratto e insiste per l'adempimento di controparte: infatti, se il contratto viene accertato come nullo, la produzione di parte convenuta non può aver avuto alcuna efficienza nella costituzione di un vincolo reciproco tra i contraenti, ma se il contratto viene accertato dal giudice come valido, la produzione del convenuto sarà valsa a perfezionare la fattispecie bilaterale, in assenza di una specifica e anteriore revoca dell'atto prenegoziale (ossia della proposta contrattuale). In giurisprudenza:
nonché, oltre ai provvedimenti già sopra citati in parte narrativa:
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