Avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa nei confronti dell'imputato che non abbia avuto conoscenza della pendenza del processo può essere presentato ricorso per cassazione? Le motivazioni delle Sezioni Unite.
Questione controversa
La questione controversa riguarda la sentenza di non luogo a procedere pronunciata ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p.: posto che, per espressa previsione di legge, essa è inappellabile, può la parte interessata impugnarla con ricorso per cassazione, quanto meno per violazione di legge?
Possibili soluzioni
Prima soluzione
Seconda soluzione
Secondo un primo orientamento, la sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater c.p.p. per mancata conoscenza, da parte dell'imputato, della pendenza del processo, non solo è inappellabile, ma, per il principio di tassatività dei mezzi d'impugnazione, non è neppure ricorribile per cassazione, fintantoché non sia spirato il termine previsto dall'art. 159 ultimo comma, c.p., trattandosi di pronunzia revocabile, di natura sostanzialmente interlocutoria, per la quale non opera la garanzia sancita dall'art. 111 comma 7, Cost. che riguarda i soli provvedimenti giurisdizionali aventi natura decisoria e capacità di incidere, in via definitiva, su situazioni giuridiche di diritto soggettivo.
Le pronunce che hanno seguito questo orientamento hanno valorizzato la natura non decisoria della sentenza in questione, che non contiene alcun accertamento di merito, e che, anzi, contiene disposizioni circa la prosecuzione delle ricerche della persona nei cui confronti è pronunciata, il che la rende assimilabile ad un atto di impulso processuale, come tale insuscettibile di passare in giudicato.
La sentenza in questione è, peraltro, sempre suscettibile di revoca, fino a quando non spiri il termine di cui all'art. 420-quater comma 3, c.p.p., sicché solo in quel momento il provvedimento, pur avendo formalmente il nome di sentenza, è destinato ad assumerne i caratteri: con la conseguenza che, fino ad allora, in applicazione del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, essa, in quanto revocabile, non è suscettibile di ricorso per cassazione (1).
Secondo altro orientamento, la sentenza in oggetto è immediatamente ricorribile per cassazione per violazione di legge, quanto meno in relazione alla determinazione della durata delle ricerche dell'imputato, operando, in ordine al predetto provvedimento, la garanzia sancita dall'art. 111 comma 7, Cost., riguardante ogni provvedimento giurisdizionale che abbia natura decisoria e possa incidere in via definitiva su situazioni giuridiche di diritto soggettivo.
L'unica pronuncia che, al momento, ha sostenuto questo orientamento ha evidenziato che la sentenza in questione contiene un segmento decisorio dotato di un'immediata e concreta ricaduta sui diritti delle parti, idoneo ad incidere in via definitiva sugli interessi in gioco: quello relativo alla determinazione del tempo di durata delle ricerche dell'imputato; la sentenza ha, dunque, natura definitoria, poiché, per l'appunto, definisce, e dunque conclude, il processo: «proprio la funzione di definizione del processo, propria di un provvedimento potenzialmente in grado di acquisire il crisma della irrevocabilità ovvero di essere posto nel nulla attraverso il decreto di revoca previsto dall'art. 420-sexies, comma 4, c.p.p., a seconda dell'esito delle disposte ricerche ad opera della polizia giudiziaria, fa propendere per la tesi dell'impugnabilità, e, in particolare, della possibilità di impugnare la sentenza attraverso il rimedio del ricorso per cassazione» (2).
(1) Cass. pen., sez. II, 9 febbraio 2024, n. 11757; Cass. pen., sez. II, 26 ottobre 2023, n. 50426.
(2) Cass. pen., sez. V, 23 febbraio 2024, n. 20140.
Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. III, 2 aprile 2024, n. 23056
I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare il ricorso per cassazione del Procuratore della Repubblica avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p.: il ricorrente si doleva dell'erroneità della statuizione, ritenendo che nel caso di specie, avendo l'imputato eletto domicilio nel corso delle indagini preliminari presso lo studio del proprio difensore di fiducia, il giudice avrebbe potuto procedere in sua assenza.
La Terza Sezione penale ha rilevato l'esistenza del descritto contrasto insorto nella recente giurisprudenza di legittimità, ed ha altresì individuato ulteriori elementi che indurrebbero a ritenere che la sentenza sia ricorribile per cassazione non solo per violazione di legge, ma in tutti i casi previsti dall'art. 606 comma 1, c.p.p.: in primis, la circostanza che la legge definisca la sentenza in questione come “inappellabile”, che lascia intendere che essa possa essere impugnata con ricorso per cassazione, come previsto in via generale dall'art. 606 comma 2, c.p.p.
In secondo luogo, notano i giudici rimettenti, «poiché il provvedimento non solo definisce il processo sterilizzandone la prosecuzione per un periodo di tempo indefinito comunque non inferiore a dodici anni a partire dalla consumazione dell'ultimo reato .., ma comporta anche la perdita della qualifica di imputato della persona da rintracciare ..., non si vede la ragione per la quale il pubblico ministero non possa interloquire non solo sulla durata delle ricerche ma sulla sussistenza stessa dei presupposti che legittimano l'adozione della sentenza; non si capisce perché il titolare dell'azione penale non possa reagire alla adozione di una sentenza che ritenga erroneamente pronunciata in assenza dei relativi presupposti».
Dunque, l'astratta futura revocabilità della sentenza non ne potrebbe escludere la immediata ricorribilità, in armonia con le norme che consentivano di ricorrere per cassazione avverso l'ordinanza che disponeva la sospensione del processo ai sensi del previgente art. 420-quater c.p.p., e con quelle che, in ipotesi analoghe, consentono al pubblico ministero «di interloquire con la Corte di cassazione sulla legittimità della sospensione del processo disposta dal giudice (artt. 71, comma 3, 464-quater, comma 7, 479, comma 2, c.p.p.)».
Il ricorso è stato, pertanto, rimesso alle Sezioni Unite, alle quali è stato rivolto il seguente quesito: «Se la sentenza di non luogo a procedere pronunciata ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p. possa essere impugnata con ricorso per cassazione anche prima della scadenza del termine previsto dall'art. 159, ultimo comma, c.p.».
Informazione provvisoria
Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 26 settembre 2024, hanno dato risposta «affermativa» alla questione controversa sottoposta al loro esame, precisando che «Il provvedimento è ricorribile per cassazione ad opera delle parti per tutti i motivi elencati nell'art. 606, comma 1, c.p.p.».
Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 26 settembre 2024, n. 5847
La Corte ha preliminarmente illustrato i due orientamenti in contrasto: l'uno ad avviso del quale il provvedimento in questione è un atto di impulso processuale avente natura interlocutoria e non di sentenza, poiché non contiene un accertamento della regiudicanda, e poiché è sempre revocabile, con conseguente prosecuzione del procedimento dinanzi allo stesso giudice che aveva disposto il non luogo a procedere: esso non è, dunque, suscettibile di passare in giudicato, e non è autonomamente impugnabile; l'altro ad avviso del quale il provvedimento in questione comunque definisce e, dunque, conclude il processo iniziato con l'esercizio dell'azione penale, poiché all'atto di impulso relativo alla nuova ed eventuale fase processuale si accompagna una pronuncia potenzialmente conclusiva del procedimento: esso è, dunque, ricorribile in cassazione.
Ha, poi, ricordato che la giurisprudenza di legittimità si è già pronunciata a favore della generale impugnabilità delle sentenze processuali (cfr. Cass. pen., sez. un., 25 giugno 2009, n. 29529: «È ammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza con la quale il giudice d'appello abbia dichiarato la nullità di quella di primo grado e rinviato gli atti al Tribunale per il nuovo giudizio»), e che la Corte costituzionale ha evidenziato che «il presidio costituzionale testualmente rivolto ad assicurare il controllo sulla legalità del giudizio ... contrassegna il diritto a fruire del controllo di legittimità riservato alla Corte Suprema, cioè il diritto al processo in cassazione» (C. cost., n. 395/2000).
Ha, infine, individuato i caratteri peculiari della sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo, definendola «pronuncia definitoria “di fase”», in quanto presuppone una decisione sulla declaratoria di assenza (destinata ad essere revocata nel solo caso di successivo rintraccio dell'imputato) e, chiusa la fase processuale apertasi con l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero, ne innesca una nuova, quella delle ricerche dell'imputato e della vocatio in iudicium, fissandone i tempi, e indicando la data fino alla quale le ricerche dell'imputato dovranno proseguire.
Poste queste premesse, le Sezioni Unite hanno ritenuto «che debba essere privilegiata l'interpretazione che consente l'immediata ricorribilità per cassazione della sentenza ... in tal senso convergendo una serie di considerazioni, sia di ordine sistematico che di ordine logico giuridico».
Si ritiene, innanzitutto, che non esistano ragioni che giustifichino la sottrazione della sentenza in esame dal controllo di legalità da parte della Corte di cassazione: «pur trattandosi di pronuncia interlocutoria e suscettibile di revoca, e pur avendo essa natura strumentale, in quanto inclusiva di una ulteriore vocatio in ius, l'adozione della sentenza in questione riposa anzitutto su una serie di valutazioni del giudice di merito sull'esistenza dei presupposti che giustificano la decisione di improcedibilità ... Tali presupposti, a loro volta, selezionano come rilevanti una serie di parametri legati relativi alla sussistenza dell'effettiva conoscenza della pendenza del processo ... cui si connette una sicura attività decisoria, in ragione del fatto che il loro effettivo accertamento rende legittima o meno l'emissione della sentenza stessa»; almeno una parte della sentenza ha, dunque, natura decisoria, quella «legata all'esercizio da parte del giudice di un indubbio potere valutativo volto ad affermare l'esistenza di presupposti che giustificano la decisione di improcedibilità, in alternativa alla sequenza processuale ordinaria»; è, allora, possibile che l'adozione della sentenza consegua ad una violazione di legge (ad esempio, una sentenza emessa nei confronti di imputato già dichiarato latitante, ovvero una sentenza che calcoli erroneamente i termini di prescrizione del reato, e, conseguentemente, quelli della sospensione del procedimento), che, ove si aderisse al primo orientamento, rimarrebbe «incongruamente priva di formale rimedio»; dunque, sottrarre questa sentenza «al controllo di legalità dell'organo deputato all'esatta osservanza della legge non avrebbe alcuna effettiva giustificazione».
Si rappresenta, poi, che nel nostro ordinamento vi sono plurime ipotesi in cui «la ricorribilità in Cassazione è stata espressamente prevista dal legislatore, nell'intento di fornire uno strumento immediato alle parti onde ottenere una verifica di legittimità su provvedimenti che, pur non avendo natura decisoria, incidono significativamente sullo svolgimento dell'attività processuale»: talune ordinanze di sospensione del giudizio (artt. 71, comma 3, 464-quater, comma 7, 479, comma 2, e 721 c.p.p.): al pari di questi provvedimenti giurisdizionali, per i quali la giurisprudenza di legittimità «ha ammesso la generale ricorribilità per cassazione in un'ottica di tutela dell'interesse delle parti alla regolare ed immediata prosecuzione del processo e della sua ragionevole durata (o anche al fine di garantire un immediato controllo nei confronti di provvedimenti che anticipano una definizione alternativa rispetto a quella perseguita), deve dunque riconoscersi l'immediata ricorribilità della sentenza ex art. 420-quater c.p.p. … per tutte le ipotesi contemplate dall'art. 606, comma 1, c.p.p.».
A tale ultimo proposito, le Sezioni Unite sottolineano, per un verso, che «se la ragione del ricorso è di offrire alle parti processuali la possibilità di evidenziare che il giudice ha erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti per la pronuncia della sentenza ex art. 420-quater c.p.p., il rimedio sarebbe evidentemente incompleto ove venisse limitato alla sola violazione di legge»; e, per altro verso, che non solo il pubblico ministero, ma tutte le parti del processo sono legittimate ad impugnare la sentenza ex art. 420-quater c.p.p. erroneamente pronunciata al di fuori delle condizioni di legge
Sulla base di queste considerazioni, le Sezioni Unite hanno risolto la questione controversa statuendo il principio di diritto secondo cui «La sentenza di non doversi procedere pronunciata ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p. può essere impugnata da tutte le parti con ricorso per cassazione, proponibile per tutti i motivi di cui all'art. 606, comma 1, c.p.p., anche prima della scadenza del termine previsto dall'art. 159, ultimo comma, c.p.».
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