MAE: richiesta di rescissione del giudicato da parte di soggetto detenuto in carcere all’estero

21 Marzo 2025

Il soggetto condannato in absentia che, sottoposto a custodia all'estero in forza di mandato di arresto europeo, intenda formulare istanza di rescissione del giudicato, deve farlo entro 30 giorni dalla sua consegna alle autorità italiane, ovvero entro 30 giorni dalla notifica del MAE? Le motivazioni delle Sezioni Unite.

Questione controversa

La questione controversa riguarda la decorrenza del termine per proporre istanza di rescissione del giudicato, da parte di soggetto giudicato in absentia e arrestato all'estero in forza di MAE: detto termine, pari, ai sensi dell'art. 629 comma 2, c.p.p., a «trenta giorni dal momento dell'avvenuta conoscenza della sentenza», decorre dalla notifica del mandato di arresto europeo, che consente all'interessato di avere conoscenza tanto del procedimento quanto del provvedimento emesso nei suoi confronti, ovvero dal momento in cui il condannato viene consegnato alle autorità italiane, poiché solo da quel momento egli è in grado di esercitare effettivamente e concretamente il proprio diritto di difesa?

Possibile soluzione
  • Secondo il costante orientamento dei giudici di legittimità, il termine di trenta giorni per la presentazione della richiesta di rescissione del giudicato decorre non già dal momento in cui il condannato ha avuto compiuta conoscenza degli atti del processo e della sentenza conclusiva, bensì da quello in cui lo stesso ha avuto conoscenza del procedimento, ferma restando, in caso di particolare complessità della vicenda processuale, la possibilità per lo stesso di chiedere la restituzione nel termine per esercitare pienamente il diritto all'impugnazione straordinaria.
  • Il principio ha trovato applicazione anche nei confronti di soggetto detenuto all'estero e richiesto in consegna nell'ambito dell'esecuzione di una procedura estradizionale o di mandato di arresto europeo, essendosi rilevato, per un verso, che l'art. 629 comma 2, c.p.p., nulla prevede in proposito (a differenza dell'art. 175 comma 2-bis, c.p.p., che disciplina la restituzione nel termine per impugnare e contiene una specifica previsione relativa al caso di specie), e, per altro verso, che il tenore testuale ed il senso della norma non consentono di distinguere il caso in cui il condannato sia detenuto all'estero da quello in cui egli sia detenuto in Italia (1).

(1Cass. pen., sez. V, 23 giugno 2023, n. 26260; Cass. pen., sez. VI, 5 marzo 2023, n. 19454; Cass. pen., sez. II, 24 novembre 2023, n. 51285; Cass. pen., sez. IV, 22 settembre 2021, n. 36560.

Rimessione alle Sezioni Unite

Cass. pen., sez. IV, 7 febbraio 2024, n. 23715

  • I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare il ricorso per cassazione del condannato avverso il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione, calcolando la decorrenza dei termini dal momento in cui il condannato era stato tratto in arresto in Romania in esecuzione del MAE emesso dall'autorità giudiziaria italiana, aveva dichiarato inammissibile la richiesta di rescissione del giudicato.
  • Il ricorrente rappresentava che, al momento della notifica del mandato di arresto europeo, non era in condizioni di presentare la richiesta di rescissione del giudicato: egli si trovava, invero, detenuto in uno stato estero, ed era assistito da un difensore non abilitato ad esercitare il proprio mandato innanzi all'autorità giudiziaria italiana.
  • La Sesta Sezione penale ha rilevato l'esistenza del consolidato orientamento di legittimità del quale si è detto, ma lo ha ritenuto contrastante con l'art. 4-bis, paragrafo 2, della decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio dell'Unione Europea, adottata il 26 febbraio 2009, secondo cui, qualora il mandato di arresto europeo sia emesso ai fini dell'esecuzione di una pena detentiva o di una misura privativa della libertà nei confronti di soggetto mai ritualmente informato dell'esistenza del procedimento nel cui ambito è stata irrogata quella pena o quella misura, gli deve essere trasmessa, prima della consegna, copia della sentenza a fini informativi, con l'espressa precisazione che «La sentenza è trasmessa all'interessato a soli fini informativi; la trasmissione non costituisce notificazione ufficiale della sentenza né fa decorrere i termini applicabili per la richiesta di un nuovo processo o per la presentazione di un ricorso in appello».
  • Dunque, rilevano i giudici rimettenti, «tale disposizione ... esclude che per il diritto dell'Unione europea la conoscenza della sentenza di condanna sulla base della quale è stato emesso il mandato di arresto europeo ... possa far decorrere il termine per la richiesta di un nuovo processo di merito», differendo l'esercizio del diritto al rimedio restitutorio al momento della sua consegna allo Stato emittente, essendosi evidentemente ritenuto che solo in questo momento il condannato è in condizioni di «esercitare effettivamente il proprio diritto di difesa».
  • Nel recepire la decisione quadro, il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 31 non ha introdotto nel nostro ordinamento una disposizione analoga a quella appena illustrata: «si è dunque al cospetto - rilevano i giudici rimettenti - di un'antinomia tra il diritto dell'Unione, che, in via generalizzata, esclude che il termine per proporre il rimedio restitutorio contro il giudicato penale formatosi in assenza del condannato possa decorrere anteriormente alla sua consegna all'autorità giudiziaria che ha emesso il mandato di arresto europeo, e l'interpretazione prevalente dell'art. 629, comma 2, c.p.p., che, invece, sembra consentire incondizionatamente tale decorrenza dalla conoscenza del procedimento, anche nel caso di destinatario del mandato di arresto europeo arrestato all'estero».
  • L'antinomia non può essere risolta né con un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, poiché il contenuto precettivo della norma convenzionale «è chiaro nella propria valenza descrittiva, ed è solo controversa la modalità della sua attuazione nel diritto interno», né con la disapplicazione delle norme interne, «in quanto le disposizioni delle decisioni quadro sono prive di efficacia diretta».
  • Le disposizioni delle decisioni quadro vincolano, tuttavia, tanto il legislatore quanto l'interprete, sicché, qualora un'interpretazione conforme non sia possibile, è necessario sollevare questione di legittimità costituzionale della norma interna contrastante con quella convenzionale, per violazione degli artt. 11 e 117 Cost.
  • Nel caso di specie, osservano i giudici rimettenti, un'interpretazione conforme potrebbe fondarsi sulla applicazione analogica di quanto prescritto in tema di restituzione nel termine per impugnare dall'art. 175 comma 2-bis, c.p.p., norma che espressamente prescrive che, in caso di estradizione dall'estero, «il termine per la presentazione della richiesta decorre dalla consegna del condannato», indipendentemente dal momento in cui egli ha avuto rituale conoscenza del provvedimento che intende impugnare.
  • Dunque, «pur nella distinzione della disciplina della rescissione del giudicato da quella della restituzione in termini ... si potrebbe ritenere che il disposto dell'art. 175, comma 2-bis, secondo periodo, c.p.p., nel garantire l'effettività del rimedio restitutorio per il condannato arrestato all'estero, esprima un principio generale, costantemente affermato dalla Corte Edu ..., e ribadito dal diritto dell'Unione, cui va riconosciuta valenza generale e che si applica anche quando non è espressamente richiamato dal legislatore».
  • Il ricorso è stato, pertanto, rimesso alle Sezioni Unite, alle quali è stato rivolto il seguente quesito: «Se, per la persona richiesta in consegna in attuazione di un mandato di arresto europeo esecutivo e detenuta in carcere, il termine di trenta giorni per proporre la rescissione del giudicato decorra dal momento dell'avvenuta conoscenza della sentenza, per effetto del contenuto del mandato di arresto, o, in conformità con l'art. 4-bis, par. 2, della decisione quadro 2002/584/GAI, dalla consegna del condannato».

Informazione provvisoria

Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 24 ottobre 2024, hanno statuito che «Il termine decorre dal momento della consegna del condannato».

Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 24 ottobre 2024, n. 11447
  • Le Sezioni Unite hanno preliminarmente chiarito che, sulla base del principio tempus regit actum, la normativa di riferimento della vicenda processuale de qua è quella previgente alla cd. riforma Cartabia, poiché la dichiarazione di assenza era intervenuta prima che entrasse in vigore il d.lgs. n. 150 del 2022: deve, dunque, guardarsi alla disciplina in materia di rescissione introdotta dalla legge n. 103 del 2017.
  • Dopo aver illustrato l'evoluzione del quadro normativo, le Sezioni Unite hanno illustrato l'univoco orientamento di legittimità, «formatosi in relazione al previgente testo dell'art. 629-bis c.p.p., in forza del quale la decorrenza del termine per la proposizione dell'istanza di rescissione decorre dalla conoscenza del procedimento, senza che nel caso di estradizione dall'estero assuma rilievo, diversamente da quanto previsto in materia di restituzione in termini, la data di consegna», e la posizione espressa dall'ordinanza di rimessione, che ha prospettato «l'applicazione analogica della disposizione dettata per la restituzione in termini dall'art. 175, comma 2-bis, c.p.p.», dando, dunque, rilievo alla consegna del condannato.
  • Nello spiegare le ragioni del necessario revirement, le Sezioni Unite hanno innanzitutto puntualizzato che, pur se nella disciplina relativa all'istituto della rescissione non vi è una disposizione corrispondente all'art. 175, comma 2-bis, c.p.p., che, in tema di restituzione in termini, dà rilievo, ai fini della decorrenza del termine per l'attivazione del rimedio nei casi di estradizione dall'estero, alla consegna del soggetto, «la circostanza che il riferimento alla data della consegna sia stato riprodotto solo nel riformulato art. 175, comma 2-bis, e non anche nell'art. 629-bis del codice di rito non può dirsi il frutto di una scelta consapevole ad excludendum, non essendo ravvisabile ai fini in esame una diversa ratio».
  • Hanno, altresì, messo in luce come la Corte costituzionale, nella sentenza n. 192 del 2023, «all'esito dell'ampia disamina che l'ha condotta ad individuare un aggiuntivo caso di assenza legittimamente riconoscibile, abbia dato conto della complementarietà degli istituti e dunque della possibilità di ricorso, in caso di processo in absentia, anche al rimedio compensativo della restituzione in termini, segnalando [..] che nel caso di estradizione dall'estero il termine decorre «dalla data della consegna (la quale presuppone la conoscenza personale della sentenza in esecuzione)», rilievo che vale a sottolineare come la conoscenza e la consegna debbano essere valutate congiuntamente, quale effettivo presupposto operativo».
  • Hanno, poi, ritenuto significative le indicazioni provenienti dal diritto europeo, poiché «l'intera disciplina sul mandato di arresto europeo, pur non finalizzata ad armonizzare i rimedi restitutori, ne postula tuttavia l'applicazione all'esito della avvenuta consegna [..] e dunque presuppone la necessità del coordinamento tra le diverse discipline, certamente influendo sull'interpretazione della loro operatività, come definite dai singoli Stati membri»: a tal proposito è stata ritenuta rilevante la correlazione tra il par. 1, lett. d), ed il par. 2 dell'art. 4-bis della decisione quadro 2002/584/GAI, introdotto dalla decisione quadro 2009/299/GAI (che ha disciplinato un motivo di rifiuto facoltativo della consegna, in relazione alla celebrazione del processo in absentia), pur se quanto prescritto dal par. 2 non è stato poi trasposto nell'ordinamento italiano dalla legge di attuazione della decisione quadro.
  • Infine, ulteriori indici della correttezza dell'opzione ermeneutica privilegiata sono stati rinvenuti nella Direttiva 2016/343/UE sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo, che, agli artt. 8 e 9, delineano il quadro delle garanzie connesse alla celebrazione del processo in absentia, prevedendo, tra l'altro, che gli imputati debbano essere informati della decisione, in particolare quando siano arrestati, e che debba essere loro concessa la possibilità di impugnare la decisione o di ottenere un nuovo processo che consenta una piena rivalutazione del merito anche sulla base di nuove prove: la celebrazione del processo in assenza non può, dunque, impedire la consegna in esecuzione di un mandato di arresto europeo, ma, in casi del genere, il diritto al rimedio restitutorio è ineludibile ed è garantito da disposizioni che hanno efficacia diretta e prevalente nell'ordinamento italiano.
  • Queste considerazioni hanno indotto le Sezioni Unite a ritenere che «le disposizioni sulla consegna, se non ineriscono direttamente alla disciplina dei rimedi restitutori, devono nondimeno essere interpretate in modo che il diritto restitutorio non ne risulti pregiudicato», che l'art. 4-bis della decisione quadro 2002/584/GAI, costituisce un parametro di riferimento che assume rilievo sul piano interpretativo «senza la necessita di presupporne una diretta efficacia o di fondare su di esso una questione di legittimità costituzionale, in quanto del tutto coerente con la fonte più specificamente valorizzabile in questa sede, costituita dalla Direttiva 2016/343/UE. Le relative norme [..] hanno ai fini in esame efficacia diretta, self executing, e delineano inequivocamente il diritto ad uno strumento riparatorio, che, in piena sintonia con il citato art. 4-bis, deve poter essere esercitato all'esito della consegna, alla quale soltanto può correlarsi la conoscenza necessaria, perché di quel diritto possa riconoscersi la piena effettività. Ciò non postula un'applicazione analogica dell'art. 175, comma 2-bis c.p.p., ma un inquadramento sistematico dell'intera materia e della disciplina interna, dettata dall'art. 629-bis c.p.p., letta alla luce delle disposizioni cogenti del diritto europeo, che conduce a ritenere, quale criterio di essenza del diritto al rimedio restitutorio, che lo stesso, in caso di esecuzione di un mandato di arresto europeo, debba poter essere fruito all'esito della consegna. Soltanto all'esito della stessa possono decorrere i termini correlati alla conoscenza, sia che essa abbia ad oggetto il procedimento sia che debba essere riferita al provvedimento; infatti, solo dopo la consegna la conoscenza può assumere concreto significato operativo in funzione del pieno esercizio del diritto di difesa [..] Del resto, va rimarcato come il legislatore italiano, consapevole della cogenza delle disposizioni dettate dagli artt. 8 e 9 della Direttiva 2016/343/UE, abbia di recente modificato l'art. 656 c.p.p. inserendo con l'art. 2, comma 1, lett. cc), d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, la previsione dell'avviso al condannato che «se il processo si è svolto in sua assenza, nel termine di trenta giorni dalla conoscenza della sentenza può chiedere, in presenza dei relativi presupposti, la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato», ciò che si pone pienamente in linea con la specifica qualificazione della conoscenza, che è alla base dell'esercizio del relativo diritto».
  • Sulla base di queste considerazioni, le Sezioni Unite hanno risolto la questione controversa statuendo il principio di diritto secondo cui «Nel caso di persona richiesta in consegna in attuazione di un mandato di arresto europeo esecutivo e detenuta in carcere, il termine per proporre la rescissione del giudicato decorre dal momento della consegna del condannato».

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