Il G.i.p. è tenuto in ogni caso ad assumere nell'incidente probatorio la testimonianza oggetto della richiesta formulata ai sensi dell'art. 392 comma 1-bis, c.p.p., o gli è riconosciuto il potere di rigettare quella richiesta, bilanciando le esigenze di tutela della vittima con le garanzie processuali del diritto di difesa dell'imputato? Le motivazioni delle Sezioni Unite.
Questione controversa
Ai sensi dell'art. 392 comma 1-bis, c.p.p., il pubblico ministero e l'indagato possono chiedere «che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1», nei procedimenti relativi a determinate ipotesi di reato (ad esempio violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia, stalking), e possono altresì formulare analoga richiesta, a prescindere dal titolo di reato in contestazione, «quando la persona offesa versa in condizione di particolare vulnerabilità»: ci si chiede se il giudice per le indagini preliminari abbia il potere di rigettare la richiesta, ad esempio quando ritenga l'esame superfluo o irrilevante, o se, invece, sia tenuto sempre e comunque ad ammettere l'incidente probatorio, con conseguente ricorribilità in cassazione dell'eventuale provvedimento di rigetto per abnormità (in mancanza di norme che ne prevedano l'impugnabilità).
Possibili soluzioni
Prima soluzione
Seconda soluzione
Secondo il primo orientamento, l'art. 392 comma 1-bis, c.p.p. rimetterebbe al potere discrezionale del giudice la decisione sulla fondatezza dell'istanza, da compiere bilanciando gli interessi contrapposti legati, da un lato, alle esigenze di tutela della vittima e, dall'altro, alle garanzie processuali del diritto di difesa dell'imputato, anche in considerazione della rilevanza della prova da assumere ai fini della decisione dibattimentale.
Non sussisterebbe, infatti, alcun obbligo in capo al giudice di disporre l'assunzione della chiesta prova dichiarativa, anche in considerazione del fatto che ad una tale obbligatorietà potrebbero conseguire risultati controproducenti, ad esempio quando l'escussione si riveli irrilevante o superflua perché la prova è stata raggiunta aliunde, ovvero quando le condizioni della vittima sconsiglino l'immediata assunzione della testimonianza nella fase delle indagini.
Ad avviso di questo orientamento va, pertanto, esclusa l'abnormità del provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta di incidente probatorio formulata ai sensi dell'art. 392 comma 1-bisc.p.p., trattandosi di provvedimento che non determina la stasi del procedimento né si pone al di fuori del sistema processuale (1).
Secondo l'opposto orientamento, alla luce della formulazione letterale della norma (che prevede l'assunzione della prova «anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1», senza esplicitare alcun ulteriore criterio di valutazione da parte del giudice), ed altresì alla luce delle fonti normative sovranazionali (art. 35 della Convenzione di Lanzarote; art. 18 della Convenzione di Istanbul; artt. 18 e 20 della Direttiva 2012/29/UE), sussisterebbe un vero e proprio obbligo di ammettere l'incidente probatorio in oggetto, al fine di salvaguardare l'integrità fisica e psicologica del soggetto vulnerabile e di contenere il rischio di vittimizzazione secondaria legato alla reiterazione dell'atto istruttorio, residuando la possibilità di rigettare la richiesta solo nel caso in cui difettino i presupposti normativamente configurati che legittimano l'anticipazione dell'atto istruttorio.
Ad avviso dei sostenitori di questo orientamento, il carattere facoltativo della richiesta dell'incidente probatorio non può essere valorizzato per ricavarne il potere del giudice di rigettare la richiesta, poiché la facoltà di richiesta delle parti esprime un lessico usualmente utilizzato dal legislatore anche in altre disposizioni che evidenziano il diritto potestativo alla prova delle parti processuali (artt. 190,190-bis, 438, comma 5, 493 e 603 c.p.p.): a fronte del diritto alla prova a richiesta di parte, vi sarebbe l'obbligo di ammissione da parte del giudice, salva solo la possibilità di escludere le prove vietate dalla legge e quelle manifestamente superflue o irrilevanti (2).
(1) Cass. pen., sez. I, 8 giugno 2023, n. 46821; Cass. pen., sez. VI, 28 ottobre 2021, n. 46109; Cass. pen., sez. III, 28 maggio 2021, n. 29594; Cass. pen., sez. V, 11 dicembre 2020, dep. 2021, n. 2554; Cass. pen., sez. VI, 15 luglio 2020, n. 24996.
(2) Cass. pen., sez. II, 24 marzo 2023, n. 29363; Cass. pen., sez. III, 10 ottobre 2019, n. 47572; Cass. pen., sez. III, 16 maggio 2019, n. 34091.
Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. VI, 23 maggio 2024, n. 27104
I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare il ricorso per cassazione del Procuratore della Repubblica avverso il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, ritenendo che non si fosse in presenza di un soggetto vulnerabile, aveva rigettato la richiesta di assumere nelle forme dell'incidente probatorio la testimonianza della persona offesa del delitto di cui all'art. 572 c.p.
La Sesta Sezione, rilevata l'esistenza del contrasto, ha ritenuto di dover rimettere il ricorso alle Sezioni Unite, rilevando peraltro che «chiari indici normativi» deporrebbero per la «insussistenza di un potere discrezionale di rigetto della richiesta di incidente probatorio “speciale” previsto dal primo periodo del comma 1-bis dell'art. 392 rispetto a quello “ordinario” tipizzato al primo comma», avendo il legislatore introdotto una presunzione di vulnerabilità delle vittime dei reati compresi nel catalogo contenuto nel primo periodo del comma 1-bis («Tale disposizione, infatti, non sembra consentire alcuna valutazione discrezionale al giudice, una volta accertato che il teste da escutere sia la persona offesa di uno dei reati inclusi nel catalogo o un minorenne. Diversamente, in relazione alla fattispecie prevista nel secondo periodo, il legislatore ha rimesso alla discrezionalità del giudice la valutazione, secondo i canoni desumibili dall'art. 90-quater c.p.p., della vulnerabilità c.d. “atipica” delle vittime degli altri reati») ed una presunzione di non differibilità della prova (che «emerge dalla differente formulazione della disposizione in esame rispetto a quella contenuta nel primo comma dell'art. 392. A differenza dell'assunzione della testimonianza nelle forme dell'incidente probatorio “ordinario” di cui al primo comma, in cui si individua come presupposto la sussistenza di un fondato motivo per ritenere “che la persona non possa essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento” ovvero che questa “sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso”, tale valutazione non è, invece, richiesta nelle due fattispecie contemplate al comma 1-bis in cui si consente di richiedere l'incidente probatorio “anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1”»).
La duplice presunzione escluderebbe, ad avviso dei giudici rimettenti, ogni margine di discrezionalità del giudice tanto in merito alla condizione di vulnerabilità del dichiarante, nei soli casi contemplati nel primo periodo della norma in esame, quanto in merito alla sussistenza delle ragioni che giustificano l'anticipazione della prova: «tale soluzione, peraltro, trova un suo fondamento anche in ragioni di carattere metagiuridico, correlate alla particolare esposizione della persona offesa vulnerabile alla incidenza di molteplici fattori di carattere temporale, psicologico (quali, ad esempio, la difficoltà di rievocare eventi ad alto impatto emotivo, il sedimentarsi di schemi psicologici di rimozione o di autodifesa ovvero, anche, di autocolpevolizzazione e, in ultima analisi, di alterazione della ripartizione dei ruoli vittima-reo nella riedizione del fatto), o relazionale (si pensi all'elevata conflittualità con l'indagato/imputato), che possono determinare forme di distorsione cognitiva (dalla ritrattazione integrale delle dichiarazioni inizialmente rese alla loro modificazione ora “per riduzione” ora “per aggiunta”)».
La questione è stata, dunque, rimessa all'esame delle Sezioni Unite, alle quali è stato rivolto il seguente quesito: «Se e a quali condizioni sia abnorme il provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell'elenco di cui all'art. 392, comma 1-bis, primo periodo, c.p.p.».
Informazione provvisoria
Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 12 dicembre 2024, hanno enunciato il seguente principio di diritto: «E' viziato da abnormità ed è, quindi, ricorribile per cassazione il provvedimento con il quale il giudice rigetti la richiesta di incidente probatorio, avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell'elenco di cui all'art. 392, comma 1-bis, primo periodo, c.p.p., motivato con riferimento alla non vulnerabilità della persona offesa e alla rinviabilità della prova, trattandosi di presupposti presunti per legge».
Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 12 dicembre 2024, n. 10869
Le Sezioni Unite hanno illustrato l'evoluzione del quadro normativo, ed hanno ripercorso il contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità, osservando che secondo l'orientamento allo stato «tendenzialmente maggioritario» le norme di riferimento non prevedono alcun automatismo decisionale, sicché il giudice non è obbligato ad ammettere la richiesta di assunzione della prova dichiarativa, dovendone vagliare ammissibilità e fondatezza, e che invece, secondo l'orientamento allo stato minoritario, il provvedimento con il quale il giudice rigetti la richiesta in oggetto è abnorme, poiché manifestazione dell'esercizio arbitrario di un sindacato non consentito dalle disposizioni di riferimento che, in ossequio agli obblighi assunti dallo Stato italiano con l'adesione a varie convenzioni internazionali, hanno previsto l'obbligatorietà dell'incidente probatorio onde scongiurare fenomeni di vittimizzazione secondaria della persona offesa.
Hanno, poi, evidenziato le ragioni per le quali deve essere ritenuto proprio quest'ultimo l'orientamento preferibile.
A favore di questa linea esegetica milita, innanzitutto, il dato testuale, poiché l'art. 392 comma 1-bis, c.p.p. prevede che l'incidente probatorio speciale riguardante l'assunzione della testimonianza della persona offesa maggiorenne di uno dei reati ivi elencati venga ammesso «anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1»: non è, dunque, previsto che il giudice effettui verifiche sulla indifferibilità della prova o sulla non rinviabilità della sua assunzione, poiché il presupposto di ammissione dell'incidente probatorio è qui oggetto di una presunzione iuris et de iure.
Allo stesso modo, il raffronto tra il testo del primo periodo e quello del secondo periodo dell'art. 392 comma 1-bis, c.p.p. rende chiaro che solo nel caso regolato dal secondo periodo il giudice conserva il potere di valutare se la persona offesa si trovi effettivamente in condizioni di particolare vulnerabilità; invece, nei più gravi casi previsti dal primo periodo della disposizione l'esistenza della condizione di vulnerabilità della persona offesa è considerata in re ipsa, cioè presunta per legge in ragione del titolo di reato per il quale si procede.
Del tutto neutro ai fini della risoluzione della questione controversa appare, secondo la ricostruzione delle Sezioni Unite, quanto prescritto dall'art. 398 comma 1, c.p.p.: la circostanza che si preveda che «il giudice pronuncia ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di incidente probatorio», senza distinguere lo speciale caso previsto dall'art. 392 comma 1-bis, prima parte, c.p.p., non appare decisiva, poiché le presunzioni introdotte dal legislatore riguardano solo l'indifferibilità della prova e la vulnerabilità della persona offesa, residuando, dunque, il potere del giudice di valutare la sussistenza degli altri presupposti pretesi dalla legge (ad esempio, che la richiesta provenga da una parte legittimata; che sia stata proposta in una delle fasi in cui l'incidente probatorio è consentito; che il procedimento abbia ad oggetto uno dei reati previsti dall'art. 392 comma 1-bis, prima parte, c.p.p.), la cui assenza potrà senz'altro condurre ad una decisione di rigetto o di inammissibilità della richiesta.
Né appare di ostacolo alla prefigurata soluzione interpretativa la circostanza che un così forte limite al potere discrezionale del giudice di sindacare l'esistenza dei presupposti di accoglimento della richiesta sia previsto in un caso in cui, comunque, detta richiesta consegue all'esercizio di una facoltà discrezionale delle parti processuali, poiché il meccanismo di formazione della prova penale presuppone sempre, salvo casi eccezionali, l'esercizio di un diritto potestativo spettante alle parti.
Da ultimo, le Sezioni Unite hanno messo in luce la piena coerenza di questo orientamento con i principi ricavabili dalle fonti sovranazionali (in primis l'art. 18 della Convenzione di Istanbul, l'art. 35 della Convenzione di Lanzarote e gli artt. 18 e 20 della Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce norme minime in tema di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato), con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo (che ha in più occasioni ritenuto che il diritto previsto dall'art. 8 CEDU, che riconosce il diritto al rispetto e alla vita privata anche nel processo penale, può essere violato quando vengano adottate forme e modalità di audizione che non garantiscano una adeguata protezione della vittima: cfr., da ultimo, Corte Edu, 27 maggio 2021, J.L. c. Italia), e con le riflessioni svolte in plurime occasioni dalla Corte costituzionale sull'istituto in oggetto, tanto in merito alla ragionevolezza della deroga al principio processuale della immediatezza della prova (deroga funzionale a consentire alla persona offesa di uscire al più presto dal circuito processuale e, quindi, di liberarsi più rapidamente dalle conseguenze psicologiche dell'esperienza vissuta), quanto in merito all'assenza di frizioni con i principi di cui agli artt. 6 CEDU e 24 e 111 Cost. (poiché il sistema realizza un congruo bilanciamento tra i principi del contraddittorio e del diritto di difesa, e la tutela della persona offesa vulnerabile).
Accertata l'insussistenza di un potere del giudice di valutare discrezionalmente l'indifferibilità della prova richiesta ex art. 392 comma 1-bis c.p.p., e la vulnerabilità della persona offesa, le Sezioni Unite hanno, conseguentemente, statuito che l'ordinanza di rigetto fondata su valutazioni che attengono ad uno di questi due elementi è viziata da abnormità strutturale, per carenza del potere in concreto: un provvedimento del genere costituisce «manifestazione dell'esercizio di un potere caratterizzato da una radicale deviazione del provvedimento dallo scopo del suo modello legale», sicché, pur non essendo prevista dal codice la sua impugnabilità, esso è senz'altro ricorribile per cassazione.
Sulla base di queste considerazioni, le Sezioni Unite hanno risolto la questione controversa statuendo il principio di diritto secondo cui «è viziato da abnormità ed è, quindi, ricorribile per cassazione il provvedimento con il quale il giudice rigetti la richiesta di incidente probatorio, avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell'elenco di cui all'art. 392, comma 1-bis, primo periodo, c.p.p., motivato con riferimento alla insussistenza della vulnerabilità della persona offesa o della non rinviabilità della prova, trattandosi di presupposti la cui esistenza è presunta per legge».
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