La responsabilità degli amministratori indipendenti
09 Settembre 2024
Massima Gli amministratori indipendenti sono comunque "amministratori", dotati di tutte le prerogative e gravati dei doveri tipici di questo ufficio, muniti di una competenza generale sul governo della società, parimenti incaricati di funzioni di management, di direzione e anche di controllo interno, sicché la loro "indipendenza" non li rende per ciò solo estranei alle dinamiche gestionali. Gli amministratori indipendenti cumulano le tipiche attribuzioni gestorie stricto sensu alle precipue competenze di monitoraggio dell'attività degli esecutivi, al punto che il loro ruolo attivo essenziale attiene proprio alla verifica dell'operato degli altri amministratori e dei manager, per evitare che vengano commessi abusi da parte di chi esercita il potere all'interno della società ed assicurare che la medesima società persegua nello svolgimento della propria attività i principi di trasparenza e correttezza. Resta quindi confermata pure per gli "amministratori indipendenti" l'interpretazione giurisprudenziale in forza della quale "a fronte di una vicenda di assoluta rilevanza per la gestione della società" - quale un'offerta al pubblico finalizzata ad un aumento di capitale - sussiste "in capo all'intera compagine amministrativa il dovere di attivarsi, e perciò la connessa rilevanza della loro condotta omissiva nella causazione dell'illecito". Il caso La Corte d'Appello di Bari adita respingeva i ricorsi proposti avverso la delibera Consob n. 20584 del 13 settembre 2018 (emessa all'esito di procedimento ai sensi dell'art. 195 d.lgs. n. 58/1998 ) , mediante la quale erano state irrogate sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti della Banca Popolare di Bari soc. coop. p.a. nonché delle persone che ne avevano rivestito cariche amministrative e/o direttive, “per la violazione dell' art. 94, secondo comma, TUF , per avere la Banca, nell'ambito delle operazioni di aumento di capitale 2014 e 2015, omesso di riportare nei Prospetti 2014 e2015 informazioni complete in merito alla determinazione del prezzo di offerta delle azioni BPB, avuto riguardo alle valutazioni formulate dal consulente incaricato di assistere la Banca nella stima del valore delle azioni, così determinando l'impossibilità per gli investitori di acquisire notizie utili al conseguimento di un fondato giudizio sulle azioni offerte”. Tutti i destinatari delle sanzioni (e tra questi gli amministratori indipendenti) proponevano ricorso per la cassazione della sentenza sostenendo, quanto ai profili di responsabilità degli amministratori, che la Corte d'Appello di Bari, inter alia, “non avrebbe tenuto conto, nemmeno in sede di quantificazione delle sanzioni, del contenuto delle deleghe attribuite ai diversi componenti del consiglio di amministrazione”. Le questioni La responsabilità degli amministratori non esecutivi (di società di capitali di diritto comune e di società bancarie) L'art. 2381, comma 3 c.c. prevede a carico degli amministratori (rectius, a carico del consiglio di amministrazione) specifici obblighi di valutazione circa l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, sulla base delle informazioni ricevute; di esame di piani strategici, industriali e finanziari della società, quando elaborati; di valutazione del generale andamento della gestione, sulla base della relazione degli organi delegati; inoltre, il comma 6 dello stesso art. 2381 stabilisce il generale dovere di tutti gli amministratori di “agire in modo informato”. Previsioni queste, alle quali, direttamente e indirettamente, fa riferimento l'art. 2392, comma 2 c.c. sulla responsabilità degli amministratori verso la società. Pertanto, nel sistema attuale, la responsabilità degli amministratori privi di deleghe scaturisce dalla violazione del dovere di agire informati e, in generale, dal loro comportamento inerte (si veda la sentenza in commento; Cass. civ. 22 aprile 2024, n. 10739; Trib. Milano 17 ottobre 2023, n. 8099, in dejure.it; Cass. civ. 19 maggio 2022, n. 16275; Cass. civ. 18 settembre 2020, n. 19556; Cass. civ. 24 ottobre 2019, n. 24851; Cass. civ. 26 gennaio 2018, n. 2038; Cass. civ. 31 agosto 2016, n. 17441, in Giur. It., 2017, 386 ss.; Trib. Milano, 31 ottobre 2016, in Società, 2017, 7, 881; Cass. civ. 9 novembre 2015, n. 22848; G. Terranova, La responsabilità degli amministratori di s.p.a. nei confronti della società (art. 2392 c.c.), in La responsabilità degli amministratori nelle società di capitali, a cura di C. Marchetti, Torino, 2015, 18 ss.; F. Bonelli, Presidente del consiglio di amministrazione di S.p.A.: poteri e responsabilità, in Giur. Comm., 2013, II, 215 ss.). In altri termini, gli amministratori non esecutivi rispondono ai sensi dell'art. 2392, comma 2 c.c. delle conseguenze dannose dei fatti pregiudizievoli compiuti dagli amministratori delegati qualora gli stessi amministratori non esecutivi siano rimasti inerti dopo aver acquisito conoscenza, sulla base della relazione degli organi delegati ai sensi del comma 5 dell'art. 2381 c.c., di fatti che avrebbero richiesto il loro intervento, ovvero non si siano attivati per ottenere le informazioni necessarie ad agire in modo informato ove sussistessero carenze informative da parte degli amministratori delegati ovvero indicatori di allerta (percepibili con la diligenza della carica) che imponessero un supplemento di informazione (trasformandosi, in presenza degli indicatori di allerta e delle anzidette carenze informative, la facoltà degli amministratori non esecutivi di chiedere agli organi delegati informazioni relativamente alla gestione della società in un obbligo positivo di acquisizione di informazioni presso gli organi delegati medesimi). Naturalmente, poi, nel caso in cui da tale supplemento di informazione emergano profili di responsabilità o comunque circostanze pregiudizievoli, non è sufficiente il solo adempimento dell'obbligo di “agire in modo informato” mediante acquisizione di ulteriori informazioni, ma occorre che gli amministratori non esecutivi si attivino per scongiurare l'insorgere del danno (si veda Trib. Milano 17 ottobre 2023, n. 8099, cit.; Cass. civ. 26 gennaio 2018, n. 2038, cit.; Cass. civ. 18 aprile 2018, n. 9546; Cass. civ. 31 agosto 2016, n. 17441, cit.; Cass civ. 9 novembre 2015, n. 22848, in Giur. comm., 2017, 3, II, 546; O. Cagnasso e F. Riganti, Responsabilità degli amministratori deleganti – l'obbligo di agire in modo informato a carico degli amministratori deleganti, in Giur. It., 2017, 2, 386; P. Montalenti e F. Riganti, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, in Giur. comm., 2017, 5, 775; P. Piazza, La Cassazione torna sulla responsabilità degli amministratori senza deleghe: problemi risolti e questioni ancora aperte, in Giur. Comm., 2017, 5, 842). Nelle società bancarie, la normativa prevede un ampliamento (o aggravamento) dei doveri e dei poteri (e, dunque, delle correlate responsabilità) degli amministratori non esecutivi. In effetti, in base alla normativa secondaria di settore, i consiglieri non esecutivi “sono compartecipi delle decisioni assunte dall'intero consiglio e chiamati a svolgere un'importante funzione dialettica e di monitoraggio sulle scelte compiute dagli esponenti esecutivi. L'autorevolezza e la professionalità dei consiglieri non esecutivi devono essere adeguate all'efficace esercizio di queste funzioni, determinanti per la sana e prudente gestione della banca: è quindi fondamentale che anche la compagine dei consiglieri non esecutivi possegga ed esprima adeguata conoscenza del business bancario, delle dinamiche del sistema economico-finanziario, della regolamentazione bancaria e finanziaria e, soprattutto delle metodologie di gestione e controllo dei rischi. Si tratta di conoscenze essenziali per l'efficace svolgimento dei compiti loro richiesti” (si veda la Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1, Sezione IV delle Disposizioni di Vigilanza per le Banche emanate da Banca d'Italia con la Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, inserita con l'aggiornamento del 6 maggio 2014). Dunque, in perfetta aderenza con tale disciplina, la giurisprudenza di legittimità sottolinea che il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi delle società bancarie (gravati da un onere di responsabilità contrattuale verso la società e da un onere di responsabilità di natura pubblicistica nei confronti dell'Autorità di vigilanza) non deve essere limitato alla verifica delle sole segnalazioni degli amministratori delegati, poiché i primi, anche in funzione della adeguata conoscenza del business bancario loro richiesta, devono esercitare una continua funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi, sia ai fini della valutazione delle relazioni degli amministratori, ma anche allo scopo dell'esercizio dei poteri, spettanti al plenum del consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega (si veda la sentenza in commento; Cass. civ. 19 maggio 2022, n. 16275, cit.; Cass. civ. 18 settembre 2020, n. 19556, cit.; Cass. civ. 24 ottobre 2019, n. 24851, cit.; Cass. civ. 16 luglio 2018, n. 18846; Cass. civ. 18 aprile 2018, n. 9546, cit; Cass. civ., 5 agosto 2016, n. 16587; Cass civ., 9 novembre 2015, n. 22848; Cass. civ. 4 settembre 2014, n. 18683; Cass. civ., 5 febbraio 2013, n. 2737, in Foro it., 2013, 9, I, 2577). La responsabilità degli amministratori “indipendenti” Al fine di inquadrare correttamente la disciplina della responsabilità degli amministratori indipendenti occorre verificare se i requisiti che connotano la carica dell'amministratore indipendente siano suscettibili di individuare una figura che fuoriesce dal campo di applicazione delle previsioni codicistiche in tema di amministratori di società. A ben guardare, non si ravvisano elementi che determinino una tale specialità, giacché la funzione assegnata all'ufficio dell'amministratore indipendente è da ricondurre all'attività di controllo dell'operato degli amministratori esecutivi: attività questa che il legislatore, in effetti, ha previsto a carico di ciascun amministratore delegante nei termini stabiliti dal richiamato articolo 2392 c.c. (sugli amministratori indipendenti, si veda A. De Nicola, Il diritto dei controlli societari, Torino, 2023; D. Regoli, Gli amministratori indipendenti: alcune considerazioni per un più efficace funzionamento di questo strumento di governance nel sistema dei controlli sulla gestione, in Dialogo sul sistema dei controlli nelle società, a cura di P. Abbadessa, Torino, 2015, 63; A. Pisani Massamormile, Appunti sugli amministratori indipendenti, in Riv. dir. soc., 2008, II, 249; U. Tombari, Verso uno “statuto speciale” degli amministratori indipendenti (Prime considerazioni sul d.lgs. n. 303/2006 e sulle modifiche al Regolamento Consob in materia di emittenti), in Riv. dir. soc., 2007, III, 70; R. Rordorf, Gli amministratori indipendenti, in Giur. comm., 2007, II, 144). In Italia l'istituto dell'amministratore indipendente è stato disciplinato per la prima volta nel Codice di autodisciplina di Borsa Italiana del 1999 (cd. Codice Preda), che, nell'articolo 3, stabiliva che “la qualificazione dell'amministratore non esecutivo come indipendente non assume alcuna valenza né positiva né negativa, ma è semplicemente il risultato di una situazione di fatto […]”. Nel Codice di autodisciplina attualmente vigente (Codice di Corporate Governance) tale previsione non è più presente. Successivamente, con la riforma del diritto societario del 2003, si è stabilita nell'art. 2387 c.c. la possibilità di prevedere statutariamente la subordinazione dell'assunzione della carica di amministratore a speciali requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza, senza, tuttavia, porre alcuna indicazione relativamente alla qualificazione dell'amministratore in possesso dei requisiti di indipendenza, né alla connotazione di tali requisiti. Con la legge 28 dicembre 2005 n. 262, poi, è stato introdotto l'art. 2409-septiesdecies c.c., il cui testo, nell'indicare i requisiti di indipendenza, fa riferimento a quelli stabiliti per i sindaci nell'art. 2399, comma 1 c.c. Così come con la medesima legge ora richiamata è stato introdotto il paragrafo ter dell'art. 147 del TUF, il cui comma 4, nell'indicare i requisiti di indipendenza dei componenti del consiglio di amministrazione, fa riferimento a quelli stabiliti per i sindaci nell'art. 148, comma 3 TUF. Anche i Regolamenti Consob adottati con delibere n. 17221 del 12 marzo 2010 (in materia di operazioni con parti correlate) e n. 20249 del 28 dicembre 2017 (in materia di mercati) nell'individuare gli amministratori indipendenti richiamano i requisiti di indipendenza previsti nell'art. 148, comma 3 TUF. Nel settore bancario, l'art. 26 TUB prevede che gli esponenti aziendali (soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo) debbano possedere i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza individuati con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, senza che, anche in questo caso, sia indicata una specifica qualificazione giuridica dell'amministratore indipendente. Pertanto, alla luce dell'impianto normativo in vigore relativamente alla figura e al ruolo dell'amministratore indipendente, risulta del tutto aderente alle previsioni di legge sulla responsabilità degli amministratori la pronuncia contenuta nella sentenza in commento, nella quale la Suprema Corte ha precisato che “gli amministratori indipendenti sono comunque "amministratori", dotati di tutte le prerogative e gravati dei doveri tipici di questo ufficio”; senza che possa esservi alcuna distinzione rispetto agli altri amministratori non esecutivi, ai quali gli amministratori indipendenti (tenuti a controllare, con autonomia di giudizio e libero apprezzamento, l'operato degli amministratori esecutivi) sono perfettamente equiparati nella valutazione della condotta omissiva foriera della causazione dell'illecito. Osservazioni L'art. 2392, comma 2 c.c., nel testo precedente alla riforma del 2003, stabiliva che “gli amministratori sono solidalmente responsabili se non hanno vigilato sul generale andamento della gestione o se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”. Tale norma, dunque, prevedeva l'insorgere di responsabilità in capo agli amministratori privi di deleghe per effetto di una generica condotta di omessa vigilanza, con la conseguenza che il consigliere non esecutivo veniva spesso chiamato a rispondere, nella sostanza, a titolo di responsabilità oggettiva. L'attuale art. 2392, comma 2 c.c., invece, in un sistema che consente una maggiore graduazione della responsabilità rispetto al sistema previgente, non prevede più un generale obbligo di vigilanza a carico del singolo amministratore, stabilendo che “in ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell'articolo 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”. Nelle società bancarie, tuttavia, le previsioni della disciplina regolamentare di settore determinano un significativo innalzamento del canone di diligenza specifica (ciò che si traduce in un obbligo di compartecipazione attiva alla gestione dell'ente creditizio) e una correlativa dilatazione della responsabilità dei deleganti (sul punto, si veda P. Montalenti e F. Riganti, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, cit.; O. Cagnasso e F. Riganti, Responsabilità degli amministratori deleganti – l'obbligo di agire in modo informato a carico degli amministratori deleganti, cit.; A. Minto, La speciale natura dell'incarico amministrativo in banca tra limitazioni alla discrezionalità organizzativa e vincoli sull'agire in modo informato, in Giur. Comm., 2015, 1, 27 ss.); ciò che, comunque, la giurisprudenza di legittimità (si veda la sentenza in commento; Cass. civ. 26 gennaio 2018, n. 2038, cit; Cass. civ. 18 aprile 2018, n. 9546, cit.) ritiene non possa essere suscettibile di accollare una responsabilità oggettiva agli amministratori non esecutivi, essendo gli stessi perseguibili ove ricorra una condotta d'inerzia, un fatto pregiudizievole antidoveroso ed il nesso causale tra la condotta e il fatto pregiudizievole: tutti elementi questi sussistenti soltanto qualora gli amministratori non abbiano “rilevato colposamente i segnali dell'altrui illecita gestione, pur percepibili con la diligenza della carica (anche indipendentemente dalle informazioni doverose ex art 2381 c.c.), e nel non essersi utilmente attivati al fine di evitare l'evento” (si veda la sentenza in commento). È, infine, utile segnalare che sotto il profilo probatorio la sentenza in commento specifica che “spetta al soggetto, il quale afferma la responsabilità, allegare e provare, a fronte dell'inerzia dei consiglieri non delegati, l'esistenza di segnali d'allarme (anche impliciti nelle anomale condotte gestorie) che avrebbero dovuto indurli ad esigere un supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo […]; assolto tale onere, è, per contro, onere degli amministratori provare di avere tenuto la condotta attiva dovuta o la causa esterna, che abbia reso non percepibili quei segnali o impossibile qualsiasi condotta attiva mirante a scongiurare il danno” (si veda anche Cass. civ. 9 novembre 2015, n. 22848; Cass. civ. 7 febbraio 2020, n. 2975; Cass. civ. 9 novembre 2020, n. 25056). Conclusioni La sentenza in commento stabilisce che “non rileva decisivamente ai fini della responsabilità, come detto, la distinzione prospettata dai ricorrenti tra amministratori delegati ed amministratori indipendenti”, in funzione dell'equiparazione della posizione giuridica degli amministratori indipendenti a quella agli amministratori deleganti. Ne consegue che, una volta accertata la sussistenza di una condotta d'inerzia da parte degli amministratori indipendenti, risulta rispondente alla disciplina vigente la condanna in solido di questi amministratori al risarcimento dei danni che gli stessi avrebbero potuto evitare, qualora avessero tempestivamente adempiuto i loro doveri di controllo (si veda anche Cass. civ. 22 aprile 2024, n. 10739, cit.). Con riguardo alla quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione del TUF, resta da osservare che essa deve comunque essere svolta differenziando le posizioni dei singoli amministratori in funzione dell'effettiva gravità dei fatti concreti e dei relativi elementi oggettivi e soggettivi (si veda la sentenza in commento; Cass. civ. 7 aprile 2017, n. 9126; Cass. civ. 8 febbraio 2016, n. 2406). |