La configurabilità del reato di cui all’art. 316-ter c.p. in caso di risparmio di spesa

28 Marzo 2025

È configurabile il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato quando, per effetto della condotta illecita, l’agente non percepisca un’erogazione, ma ottenga di versare nelle casse pubbliche una somma inferiore a quella dovuta? Le motivazioni delle Sezioni Unite.

Questione controversa

L'art. 316-ter c.p. incrimina colui che «mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee»: ci si chiede se la formulazione letterale della fattispecie osti alla configurabilità del reato quando il risultato che l'agente consegue con la condotta decettiva consiste non nella percezione di denaro pubblico, ma in un risparmio di spesa.

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione

La giurisprudenza di legittimità si è espressa nel senso che anche l'ottenimento di una riduzione dei contributi dovuti - conseguente alla omessa indicazione di elementi rilevanti, dei quali la legge imponeva la comunicazione - integra il reato previsto dall'art. 316-ter c.p., che può dunque consistere anche nella percezione da parte dell'I.N.P.S. di «erogazioni in forma di risparmio di spesa» (da ultimo, Cass. pen., sez. VI, 21 giugno 2022, n. 29674).

Questo orientamento evidenzia che la fattispecie incriminatrice in oggetto prevede un reato a carattere residuale e sussidiario rispetto a quello incriminato dall'art. 640-bis c.p., assicurando una tutela aggiuntiva e complementare al bene giuridico tutelato, così da coprire gli eventuali margini di scostamento - per difetto - del paradigma punitivo della truffa rispetto alla fattispecie della frode, e richiama i principi affermati in materia dalle Sezioni Unite, che sono intervenute in materia con due sentenze, dapprima precisando il perimetro della fattispecie, rispetto al delitto di truffa aggravata (Cass. pen., sez. un., 19 aprile 2007, n. 16568, Carchivi) e, in seguito, valorizzando la collocazione dell'art. 316-ter c.p. tra i delitti contro la pubblica amministrazione e gli elementi descrittivi che compaiono tanto nella rubrica che nel testo della norma, per affermare che la volontà del legislatore è quella di perseguire la percezione sine titulo delle erogazioni conseguite in via privilegiata dagli enti pubblici, e per precisare il concetto stesso di “erogazione” (Cass. pen., sez. un., 16 dicembre 2010, dep. 2011, n. 7537, Pizzuto).

In particolare, le Sezioni Unite “Pizzuto” hanno ritenuto che integra il delitto di cui all'art. 316-ter c.p. anche la indebita percezione di erogazioni pubbliche di natura assistenziale, tra le quali, in particolare, quelle concernenti la esenzione del ticket per prestazioni sanitarie ed ospedaliere, poiché «nel concetto di conseguimento indebito di una erogazione da parte di enti pubblici rientrano tutte le attività di contribuzione ascrivibili a tali enti, non soltanto attraverso l'elargizione precipua di una somma di danaro ma pure attraverso la concessione dell'esenzione dal pagamento di una somma agli stessi dovuta, perché anche in questo secondo caso il richiedente ottiene un vantaggio e beneficio economico che viene posto a carico della comunità. La nozione di “contributo” va intesa, infatti, quale conferimento di un apporto per il raggiungimento di una finalità pubblicamente rilevante e tale apporto, in una prospettiva di interpretazione coerente con la ratio della norma, non può essere limitato alle sole elargizioni di danaro» (1).

In senso contrario - pur se in riferimento alla diversa fattispecie di truffa aggravata - si è rilevato che «mentre il requisito del profitto ingiusto può comprendere in sé qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, l'elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l'effetto di produrre - mediante la “cooperazione artificiosa della vittima” che, indotta in errore dall'inganno ordito dall'autore del reato, compie l'atto di disposizione - la perdita definitiva del bene da parte della stessa». Nella specie la Corte ha escluso, per la insussistenza dell'elemento del danno, la configurabilità del delitto di truffa in un caso di mancata corresponsione ad una dipendente, da parte del datore di lavoro, di indennità di malattia e assegni familiari portati comunque a conguaglio dall'Inps, ravvisando in astratto la configurabilità del reato di appropriazione indebita (2).

(1Cass. pen., sez. VI, 21 giugno 2022, n. 29674; Cass. pen., sez. VI, 26 novembre 2019, dep. 2020, n. 7963; Cass. pen., sez. II, 23 novembre 2016, n. 51334; Cass. pen., sez. II, 16 marzo 2016, n. 15989; Cass. pen., sez. II, 17 ottobre 2014, n. 48663.

        

(2Cass. pen., sez. II, 15 gennaio 2013, n. 18762.

Rimessione alle Sezioni Unite

Cass. pen., sez. VI, 7 maggio 2024, n. 27639

I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare il ricorso per cassazione della società condannata alla sanzione pecuniaria in relazione al delitto di cui all'art. 316-ter c.p.: la condotta contestata atteneva alla illecita riduzione dei contributi pagati per 210 dipendenti, che la società imputata aveva assunto dopo la loro messa in mobilità da parte di altra società che presentava un assetto proprietario sostanzialmente coincidente (circostanza, quest'ultima, espressamente prevista dalla legge quale condizione ostativa alla riduzione dei contributi).

Il ricorrente eccepiva, nell'unico motivo di doglianza, la mancata declaratoria della prescrizione del reato di cui all'art. 316-ter c.p., poiché tra la data di invio dell'ultimo modello DM10 e quella del primo atto interruttivo della prescrizione erano trascorsi più di cinque anni.

La Sesta Sezione ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 618, comma 1-bis, c.p.p., non condividendo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite “Pizzuto”, secondo cui il reato di cui all'art. 316-ter c.p. non presuppone necessariamente un'elargizione pubblica, ma è integrato anche nel caso in cui il richiedente ottiene un vantaggio economico che viene posto a carico della comunità.

Osservano i giudici rimettenti che «L'indicazione all'interno dei primi due commi della fattispecie incriminatrice delle espressioni “contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati, o erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee” e “somma indebitamente percepita” sembra richiedere l'effettiva riscossione, da parte del soggetto agente, di somme di denaro erogate dagli Enti pubblici, a seguito delle condotte decettive od omissive delineate nella norma. Al contrario, parrebbero sfuggire all'ambito applicativo della disposizione penale i casi in cui non si realizza alcuna percezione di denaro pubblico, ma si ottiene il mero conseguimento di un risparmio di spesa, nel senso di versare all'Ente pubblico una somma inferiore a quella che è dovuta. In tal senso sembrerebbe deporre anche la modifica della rubrica di detto reato che, originariamente denominata “indebita percezione a danno dello Stato”, a seguito della legge n. 25 del 2022 è divenuta “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato”, modifica che la dottrina ha ritenuto funzionale a renderla più coerente con il contenuto della disposizione».

Dunque, l'incriminazione ai sensi dell'art. 316-ter c.p. delle ipotesi nelle quali l'agente ha ottenuto non un'elargizione, ma un risparmio di spesa «comporterebbe una, non consentita, espansione dell'ambito applicativo del reato che non risulta in sintonia con il principio di tassatività e determinatezza della fattispecie penale».

È stato, altresì, sottoposto alle Sezioni Unite, questa volta ai sensi dell'art. 618, comma 1, c.p.p., un altro quesito, da scrutinare nel solo caso in cui si ritenga configurabile nel caso di specie il delitto di cui all'art. 316-ter c.p., relativo alle modalità di computo dei termini di prescrizione del reato.

Ed invero, ove si ritenga che quello in oggetto sia reato a consumazione prolungata, la prescrizione inizierebbe a decorrere alla data dell'ultimo illecito risparmio di spesa: applicando il principio al caso di specie, dovrebbe riconoscersi che, nel momento in cui fu posto in essere il primo atto interruttivo, i termini minimi di prescrizione non erano decorsi.

In tal senso Cass. pen., sez. II, 23 ottobre 2013, n. 48820, secondo cui «il reato di cui all'art. 316-ter c.p. si consuma quando l'agente consegue la disponibilità concreta dell'erogazione, sicché nel caso di erogazioni protratte nel tempo, il momento consumativo del reato e, quindi, il termine da prendere in esame ai fini della prescrizione coincide con la cessazione dei pagamenti», nonché Cass. pen., sez. VI, 23 settembre 2021, n. 45917, secondo cui, nella valutazione del superamento della soglia di punibilità prevista dall'art. 316-ter comma 2, c.p., occorre tener conto della complessiva somma indebitamente percepita dal beneficiario e non di quella allo stesso corrisposta con cadenza periodica, ove le erogazioni conseguano ad una iniziale ed unitaria condotta, essendosi in presenza di «un reato a consumazione prolungata, giacché il soggetto agente sin dall'inizio, tacendo la doverosa comunicazione, intende realizzare un evento destinato a protrarsi nel tempo. In tal caso, il momento consumativo e il dies a quo del termine di prescrizione coincidono con la cessazione dei pagamenti perdurando il reato - ed il danno addirittura incrementandosi - fino a quando non vengano interrotte le riscossioni indebite».

Ove, invece, l'illecito debba essere scisso in una serie di indebite percezioni (nella specie, una per ciascuno dei mesi nei quali la società inviò il modello DM 10, indicante il versamento dei contributi illecitamente ridotti), dovrebbe dichiararsi l'estinzione di tutti i fatti commessi più di cinque anni prima della data del primo atto interruttivo.

In questa ottica, potrebbe valorizzarsi l'orientamento giurisprudenziale espresso da Cass. pen., sez. VI, 4 giugno 2021, n. 31223, secondo cui in tema di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, il superamento della soglia di punibilità indicata dall'art. 316-ter, comma 2, c.p. integra un elemento costitutivo del reato e non una condizione obiettiva di punibilità, sicché è irrilevante che il beneficiario consegua in momenti diversi contributi che, sommati tra loro, determinerebbero il superamento della soglia, in quanto rileva il solo conseguimento della somma corrispondente ad ogni singola condotta percettiva. In tale pronuncia si è evidenziato che «in caso di comportamenti reiterati nel tempo, ai fini della rilevanza penale della condotta, occorre avere riguardo al risultato economico derivato da ciascuna delle condotte decettive produttive di un'erogazione non dovuta - in quanto integranti autonomamente reato - e non anche alla somma di essi. Ciò diversamente da quanto previsto in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali sanzionato dall'art. 2 d.l. 12 settembre 1983, n. 463, in relazione al quale la legge prevede expressis verbis una soglia di punibilità “annua”».

Sono stati, dunque, rivolti alle Sezioni Unite i seguenti quesiti: a) «se nell'ambito applicativo dell'art. 316-ter c.p. rientri il risparmio di spesa derivante dal versamento parziale dei contributi previdenziali dovuti in ordine ai lavoratori in mobilità assunti dall'impresa, a seguito della mancata comunicazione dell'esistenza di condizione ostativa all'applicazione della riduzione dell'ammontare dei contributi medesimi»; b) «se, in caso di reiterate percezioni periodiche di contributi erogati dallo Stato, il reato di cui all'art. 316-ter c.p. debba considerarsi unitario, con la conseguenza che la relativa consumazione cessa con la percezione dell'ultimo contributo, ovvero se, in tali casi, sussistano plurimi reati corrispondenti a ciascuna percezione».

Informazione provvisoria

Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 28 novembre 2024, hanno dato al primo quesito loro sottoposto risposta «affermativa», mentre, quanto al secondo quesito, hanno statuito che «Il reato è da considerarsi unitario a consumazione prolungata, con la conseguenza che la relativa consumazione cessa con la percezione dell'ultimo contributo».

Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 28 novembre 2024, n. 11969
  • In relazione al primo quesito loro sottoposto, le Sezioni Unite hanno richiamato i principali arresti della Corte costituzionale e dei giudici di legittimità in merito all'art. 316-ter c.p., ed hanno rilevato la «persistente validità dell'impostazione ermeneutica» secondo cui il reato non presuppone necessariamente la percezione di una somma di denaro, potendo le “erogazioni pubbliche” indicate dalla rubrica della norma incriminatrice consistere anche nell'esenzione dal pagamento di una somma altrimenti dovuta: «Secondo tale impostazione ermeneutica, dunque, la formulazione letterale del testo normativo autorizza un'interpretazione ampia del significato da attribuire al contenuto dell'erogazione pubblica, in modo da ricomprendervi contributi, sovvenzioni, attribuzioni pecuniarie a fondo perduto e tutte quelle forme di finanziamento che si caratterizzano per la fruizione di un vantaggio a spese dello Stato ovvero per la previsione di una attenuata onerosità rispetto a quella derivante dall'applicazione delle regole ordinarie del mercato. Sotto tale profilo è stato escluso il rischio di avvalorare una interpretazione analogica o estensiva che porti ad ampliare arbitrariamente la sfera di rilevanza penale della norma incriminatrice, trattandosi, piuttosto, di delimitarne l'ambito di operatività in rapporto, da un lato, al discrimine con la più generica e tendenzialmente omnicomprensiva fattispecie della truffa punita dall'art. 640 c.p., e dall'altro lato, in coerenza alla chiara finalità del legislatore di non lasciare impunite condotte latamente fraudolente ogniqualvolta difetti l'elemento decettivo proprio della truffa».
  • Dunque, annota la Corte, «L'ampia formula lessicale utilizzata dal legislatore per descrivere l'oggetto materiale della condotta è idonea [..] a ricomprendervi la percezione di ausili economici di qualsiasi tipo, a fondo perduto o con obbligo di restituzione, con la sola connotazione della vantaggiosità, ossia dell'agevolazione rispetto alle condizioni ordinarie praticate sul mercato, laddove il ricorso all'espressione “mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o l'omissione di informazioni dovute” sta ad indicare le possibili modalità attraverso cui si realizzano le forme comportamentali alternativamente previste dalla fattispecie incriminatrice nel contesto della procedura amministrativa di volta in volta attivata. A fronte del carattere “deliberatamente generico” del modello definitorio utilizzato dal legislatore nella costruzione della fattispecie in esame (Cass. pen., sez. un., 19 aprile 2007, n. 16568, Carchivi, cit.), il significato delle diverse espressioni ivi elencate in sequenza (“contributi”, “sovvenzioni”, “finanziamenti”, “mutui agevolati”, “altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”) ben può riferirsi, alla luce dell'uso corrente e dell'etimologia dei termini impiegati, all'attribuzione di qualsivoglia vantaggio economico in favore di soggetti privati. E' agevole rilevare, infatti, come nella stessa formulazione letterale dell'art. 316-ter cit. sia espressamente valorizzato, attraverso l'impiego del termine “mutuo agevolato”, il contenuto di una operazione negoziale conclusa a condizioni più favorevoli di quelle di regola praticate nel mercato finanziario, connotando la percezione del beneficio, sulla cui concessione o erogazione si innesta la costruzione della antigiuridicità del fatto, come un sostanziale risparmio di spesa rispetto a quanto il contraente avrebbe dovuto sopportare per stipulare un mutuo a condizioni non agevolate. Nell'enunciato normativo, inoltre, la condotta viene posta in relazione ad un oggetto materiale non delimitato in via esclusiva, ma definito con il ricorso ad una clausola aperta, avendo il legislatore utilizzato un'espressione di sintesi a titolo esemplificativo (“altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”), che consente di ritenere inclusa nel precetto anche la percezione dei benefici economici legati alla riduzione di un onere previdenziale o assistenziale per colui che indebitamente li abbia conseguiti secondo le diverse possibili modalità di realizzazione della condotta previste dalla richiamata disposizione. È nell'indebito conseguimento di un'agevolazione economica, in qualsiasi modo attribuita dallo Stato, da un ente pubblico o dall'Unione europea, che deve ricercarsi, dunque, il nucleo identificativo della tipicità della fattispecie di reato in esame».
  • Queste considerazioni impongono di ritenere che, in caso di concessione o erogazione di benefici contributivi in favore dell'impresa che assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità, «alla condotta posta in essere da parte della società datrice di lavoro, a prescindere dalle modalità attive o omissive di realizzazione, è causalmente ricollegabile l'attribuzione del diritto alla fruizione del relativo beneficio, nella forma di un'agevolazione contributiva o di una riduzione dell'onere economico del pagamento della contribuzione a carico della società, senza che assumano rilievo a tal fine i modelli procedimentali (concessione o erogazione) alla base del suo materiale conseguimento e il quantum del vantaggio economico legato al risparmio della quota complessiva di parziale esenzione dall'onere economico oggetto del reiterato inadempimento dell'obbligazione contributiva, che può eventualmente venire in rilievo, a seconda dei casi, sotto i diversi profili dell'ulteriore approfondimento dell'offesa criminale, ovvero dell'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 316-ter, comma 2, cit. quando l'importo della somma indebitamente percepita sia pari o inferiore alla soglia ivi prevista».
  • Esclusa la sussumibilità della condotta che qui viene in rilievo in una delle diverse figure delittuose evocate, in via alternativa, dall'ordinanza di rimessione (art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74; art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638; art. 37, comma 1, legge 24 novembre 1981, n. 689), le Sezioni Unite hanno statuito il seguente principio di diritto: «Integra il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche previsto dall'art. 316-ter c.p. l'indebito conseguimento del diritto alle agevolazioni previdenziali e alla riduzione dei contributi dovuti ai lavoratori collocati in mobilità per effetto della omessa comunicazione dell'esistenza della condizione ostativa prevista dall'art. 8, comma 4-bis, legge 23 luglio 1991, n. 223 (abrogato, a decorrere dal 1 gennaio 2017, dall'art. 2, comma 71, lett. b), legge 28 giugno 2012 n. 92), senza che assumano rilievo, a tal fine, le modalità di ottenimento del vantaggio economico derivante dall'inadempimento dell'obbligazione contributiva».
  • Quanto alla seconda questione controversa, relativa alla natura del reato in caso di ripetute percezioni periodiche di contributi indebitamente erogati o concessi, le Sezioni Unite hanno richiamato l'orientamento sostanzialmente univoco della giurisprudenza di legittimità che delinea quello in esame (al pari di quelli di cui agli artt. 640 e 640-bis c.p.) quale reato unico a consumazione prolungata: dunque, il momento consumativo coincide, quando le erogazioni siano conferite in ratei periodici e in tempi diversi, con la cessazione dei pagamenti, perdurando il reato fino a quando non vengono interrotte le riscossioni; ha in proposito osservato in più occasioni la Suprema Corte che in tali casi non si configura né un reato permanente, né un reato istantaneo ad effetti permanenti, ma un reato a consumazione prolungata, poiché il soggetto agente sin dall'inizio ha la volontà di realizzare un evento destinato a protrarsi nel tempo, sicché il momento consumativo non può che essere individuato con la cessazione dei pagamenti, dal momento che, fino a quando vengono reiterate le riscossioni, il reato perdura e il danno cagionato dallo stesso si incrementa: proprio in ossequio a questa consolidata linea esegetica, si è costantemente ritenuto che, ai fini della valutazione del superamento o meno della soglia di punibilità, prevista dal capoverso dell'art. 316-ter c.p. occorre tener conto, ove le erogazioni conseguano ad una iniziale ed unitaria condotta, della complessiva somma indebitamente percepita dal beneficiario, e non di quelle allo stesso di volta in volta corrisposte con cadenza periodica.
  • Ciò posto, la pronuncia in commento ha rilevato la sostanziale insussistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto: «Deve escludersi, pertanto, un contrasto giurisprudenziale sull'oggetto della questione rimessa a queste Sezioni Unite, poiché i richiamati orientamenti convergono entrambi nel ritenere il carattere unitario e a consumazione prolungata del reato nell'ipotesi in cui la pluralità delle erogazioni sia causalmente riconducibile ad un unico fatto originario, lesivo del medesimo bene tutelato (la corretta distribuzione delle risorse pubbliche) e rappresentato da una iniziale condotta decettiva ovvero di omessa informazione doverosa riguardo all'esistenza di circostanze ostative al conseguimento dei benefici oggetto delle agevolazioni contributive. Dalla stessa formula legislativa, come si è visto, risulta che la condotta incriminata deve avere, nella sua forma attiva od omissiva, una valenza “genetica” rispetto all'atto amministrativo di concessione o erogazione del beneficio economico e collocarsi, pertanto, in un momento cronologicamente anteriore a quest'ultimo. Nell'ipotesi oggetto della questione posta dall'ordinanza di rimessione, legata alla presenza di una pluralità di erogazioni che scaturiscono da un unico ed originario comportamento antidoveroso, l'iniziale deliberazione si invera attraverso una condotta omissiva unica, non ulteriormente frazionabile in una pluralità di atti deliberativi specificamente riferibili ad ogni singola percezione delle agevolazioni contributive. Si è, dunque, al cospetto della prosecuzione degli effetti di una originaria illecita deliberazione, cui si ricollegano, da un lato, l'impossibilità di realizzare l'artificiosa frantumazione di una condotta geneticamente sorta come unitaria e, dall'altro lato, la necessità di tener conto dell'importo complessivo delle somme indebitamente accumulate nel tempo a seguito della iniziale condotta attiva od omissiva. Per la configurabilità della continuazione, di contro, occorrerebbe ipotizzare una deliberazione autonoma per il conseguimento di ogni singola percezione del relativo beneficio economico, poiché tale istituto presuppone l'unificazione di una pluralità di condotte autonome ciascuna delle quali sia sostenuta da un proprio coefficiente materiale e psicologico. L'identità del disegno criminoso, infatti, è qualcosa di estrinseco rispetto alle singole deliberazioni criminose, richiedendo che le diverse violazioni siano state programmate, sia pure genericamente, sin dal primo momento, nel senso che, fin da quando si commette la prima violazione, già siano state deliberate, almeno nelle loro componenti essenziali, tutte le altre, come facenti parte di un unico programma delittuoso, sicché in tal caso è presupposta una pluralità di reati».
  • Sulla base di queste considerazioni, le Sezioni Unite hanno risposto al secondo quesito enunciando il seguente principio di diritto: «In tema di indebita percezione di erogazioni pubbliche, nell'ipotesi in cui il diritto alla riduzione dei contributi previdenziali e alle agevolazioni previste per il collocamento dei lavoratori in mobilità dall'art. 8, legge 23 luglio 1991, n. 223 (abrogato, a decorrere dal 1 gennaio 2017, dall'art. 2, comma 71, lett. b), legge 28 giugno 2012 n. 92) sia stato indebitamente conseguito per effetto di una originaria condotta mendace od omissiva, il reato è unitario a consumazione prolungata quando i relativi benefici economici siano concessi o erogati in ratei periodici e in tempi diversi, con la conseguenza che la sua consumazione cessa con la percezione dell'ultimo contributo».

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