Le clausole del contratto di assicurazione per furto nell’interpretazione secondo buona fede oggettiva e correttezza
27 Settembre 2024
Massima
Il caso La Società Alpha aveva acquistato un’autovettura e aveva stipulato una polizza assicurativa per responsabilità civile, furto e incendio con la società assicuratrice navale, cui era successivamente subentrata la resistente, società Beta. La polizza per furto prevedeva l’installazione a bordo della vettura di un contatore satellitare AUROBOX protezione auto per la localizzazione della stessa in caso di furto. Detto contatore era stato concesso in comodato ad Alpha ed era stato installato e attivato a bordo della vettura. La società aveva effettuato i pagamenti regolarmente. Il certificato di avvenuta installazione era stato trasmesso non già dalla società Alpha, bensì dal tecnico incaricato della installazione, alla compagnia di assicurazione. L’autovettura veniva rubata. A seguito della denuncia alle autorità competenti, Alpha sollecitava più volte la compagnia richiedendo la liquidazione del danno. Fallito ogni tentativo di soluzione bonaria, la ricorrente citava quindi in giudizio Beta al fine di vederla condannare al pagamento del relativo indennizzo. Beta eccepiva in primis la nullità del contratto di assicurazione “per non aver fornito la società Alpha all’assicuratore subentrato i due sinistri avvenuti in precedenza dalla vettura” nonché per non aver “fornito il certificato di installazione del localizzatore satellitare attestante la sussistenza dei requisiti tecnici dichiarati in polizza, nonché il contratto di fornitura dei servizi e del documento comprovante l’avvenuta installazione”; e nel merito opponeva la non operatività della clausola furto e incendio “in applicazione della clausola di esclusione di cui al punto F2 pag. 31, secondo capoverso per cui la garanzia non è operante per mancata consegna o non conformità della documentazione sopra prevista”. Il tribunale non accoglieva l’eccezione di nullità ma rigettava altresì nel merito la domanda attorea. La decisione di primo grado veniva confermata dalla Corte di appello secondo la quale la società attrice avrebbe dovuto provare non soltanto l’acquisizione della documentazione relativa alla regolare attivazione e funzionamento del sistema satellitare Aurobox, ma anche l’avvenuta consegna della documentazione alla compagnia di assicurazione. In assenza della documentazione in parola la Corte territoriale riteneva operante la clausola di esclusione della garanzia di cui al punto F2 pag. 31, secondo capoverso del contratto. Proponeva ricorso in Cassazione la società Alpha con cinque motivi di ricorso. La corte accogliendo gli ultimi due riteneva assorbiti i precedenti, e cassava con rinvio la sentenza della Corte territoriale. Le questioni Le questioni sottoposte al vaglio della Corte in tema di clausole del contratto di assicurazione per furto, che subordinano la garanzia assicurativa all’adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all’osservanza di diversi oneri, venivano ricondotte, con i cinque motivi di ricorso di parte ricorrente, ora entro le maglie della valutazione di vessatorietà delle stesse, comportando una limitazione di responsabilità in favore della Compagnia (primi due motivi), ora entro la più ampia questione della corretta applicazione delle clausole di buona fede e correttezza nella interpretazione e nella esecuzione del contratto (terzo, quarto e quinto motivo). Alla Corte si chiedeva cioè di accertare:
In particolare, la società ricorrente lamentava:
Le soluzioni giuridiche La Corte per risolvere la questione sottoposta al suo vaglio in primis sgombra il campo da falsi equivoci, delimitando la materia del contendere e quindi l'oggetto della contestazione. Infatti, con riferimento ai primi motivi nega che la questione sia risolvibile sulla scorta del riconoscimento della natura vessatoria della clausola di esclusione della garanzia inserita nella divisione contrattuale, ribadendo assunti e principi da lungo tempo cristallizzati nella giurisprudenza di legittimità e di merito sul tema. Più volte, infatti, la Corte ha affermato che, all'interno di un contratto di assicurazione contro il furto, le clausole, che subordinano la garanzia all'adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all'osservanza di oneri diversi, non realizzano una limitazione della responsabilità dell'assicuratore, ma definiscono il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa, specificando il rischio garantito. Di conseguenza “non è necessaria la loro specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 c.c.” (Così Cass. 28 ottobre 2014 n. 22806). Nello stesso modo ha più volte ribadito che quando nella divisione contrattuale l'operatività della garanzia assicurativa è subordinata all'adozione di determinate misure di sicurezza “il Giudice non può sindacare la loro concreta idoneità ad evitare l'evento dannoso, e quindi non si può riconoscere l'obbligo dell'assicuratore a corrispondere l'indennizzo” (in questo senso tra le altre cfr. Cass. 10 febbraio 2015 n. 2469 sulla scorta di altre pronunce della Cassazione: Cass. 8 giugno 2017 n. 14280 che conferma Cass 26 gennaio 2016 n. 1442 e precedentemente Cass. 28 aprile 2010 n. 10194). Escluso che la questione vada risolta sancendo la nullità del contratto per vessatorietà della clausola di esclusione in esso contenuta, la Corte prosegue meglio delimitando nel caso di specie l'oggetto della contestazione e riconducendo lo scrutinio entro la più ampia questione della osservanza del principio di correttezza e buona fede nella fase di esecuzione del dettato contrattuale, quale regola non solo di interpretazione del contratto, ma anche di condotta della parti contraenti nella fase di esecuzione dello stesso. In particolare, secondo la Corte, oggetto di contestazione, non era tanto la lamentata mancata installazione del dispositivo da parte dell'assicurato, circostanza quest'ultima diretta a ridurre il rischio dell'assicurato mediante l'applicazione di adeguate misure di sicurezza a tutela del bene protetto, e neanche la mancata trasmissione in sé del relativo certificato, in quanto avvenuta da parte del tecnico installatore. L'oggetto della contestazione doveva ravvisarsi nella mancata trasmissione del certificato dalla società assicurata alla compagnia, essendo questa avvenuta solo dal tecnico incaricato all'installazione. Orbene la Corte statuisce che, riprendendo la più consolidata giurisprudenza che“Gli artt. 1175 e 1375 c.c. impongono ai soggetti contraenti un obbligo di reciproca lealtà di condotta nella fase di esecuzione del dettato contrattuale e la violazione di tale obbligo costituisce di per sé inadempimento contrattuale, senza che sia necessario il proposito di recare pregiudizio alla controparte.” Secondo il principio stabilito dalle sezioni Unite (Cass. SU 25 novembre 2008 n. 28056), infatti, oltre che regola (art. 1366 c.c.) di interpretazione del contratto (v. Cass. 10 marzo 2021 n. 6579 preceduta da Cass. 23 maggio 2011 n. 11295), la buona fede o correttezza oggettiva è regola (artt.1337, 1358,1375 e 1460 c.c.) di comportamento - quale dovere di solidarietà fondato sull'art. 2 Cost. (v. Cass. 10 novembre 2010 n. 22819, Cass. 22 gennaio 2009 n. 1618, Cass. SU 25 novembre 2008 n. 28056) che trova applicazione anche a prescindere alla sussistenza di specifici obblighi contrattuali, in base al quale il soggetto è tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonché volto alla salvaguardia dell'utilità altrui nei limiti dell'apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità (v. Cass. SU 25 novembre 2008 n. 28056, Cass. 6 maggio 2020 n. 8494, Cass. 27 aprile 2011 n. 9404, Cass. 24 luglio 2007 n. 16315, Cass. 13 aprile 2007 n. 8826, Cass., 15 febbraio 2007 n. 3462, Cass. 27 ottobre 2006 n. 23273, Cass. 20 febbraio 2006 n. 3651, Cass. 24 settembre 1999 n. 10511, Cass. 20 aprile 1994 n. 3775). La buona fede oggettiva o correttezza costituisce invero criterio di determinazione della prestazione contrattuale, quale fonte altra e diversa, sia da quella eteronoma suppletiva ai sensi dell'art. 1374 c.c. (in ordine alla quale v. la citata Corte di Cassazione 27 novembre 2012 n. 20991) che da quella cogente di cui all'art. 1339 c.c. (in relazione alla quale cfr. Cass. 10 luglio 2008 n. 18868, Cass. 26 gennaio 2006 n. 1689, Cass. 22 maggio 2001 n. 6956 e, infine, Cass. 9 novembre 1998 n. 11264), di integrazione del comportamento dovuto (v. Cass. 30 ottobre 2007 n. 22860), là dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio - che non si sostanzi cioè n attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (v. Cass. 30 marzo 2005 n. 6735, Cass. 9 febbraio 2004 n. 2422). L'impegno imposto dall'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (v. Cass. 30 ottobre 2007 n. 22860), dovendo valutarsi alla stregua della causa concreta del contratto (cfr. Cass. 6 maggio 2020 n. 8494, Cass. 29 gennaio 2013 n. 2071). Sulla scorta di ciò, la Corte conclude quanto di seguito.
La Cassazione, quindi, rispondendo congiuntamente sul quarto e quinto motivo, in quanto entrambi relativi all'interpretazione ed applicazione della clausola contrattuale di cui alla lettera F (p. 32) del contratto di polizza intercorso tra le parti, e per ragioni di priorità logica da trattare per primi, osserva che la Corte territoriale non aveva tenuto conto degli arresti appena richiamati. Vero è infatti che la società Alpha aveva assunto, tra gli altri, anche l'obbligo di comunicazione dell'avvenuta installazione del satellitare alla compagnia assicurativa, ma lo stesso era già stato adempiuto dal tecnico installatore. La comunicazione da parte anche della società assicurata non doveva essere considerata obbligo tale da soddisfare un interesse apprezzabile della compagnia, essendo lo stesso interesse stato già soddisfatto dal tecnico installatore, in uno con gli ulteriori adempimenti richiesti ed eseguiti dalla società assicurata. Gli altri motivi si ritengono assorbiti. Osservazioni L’ordinanza in commento si inserisce nell’ambito di un quadro giurisprudenziale saldamente risolto che vede avvicendarsi due questioni tra loro consequenziali e assorbenti. Nulla quaestio sulla possibilità da parte delle compagnie di assicurazione di inserire nelle loro polizze clausole che subordinano la garanzia assicurativa all’adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all’osservanza di oneri diversi. Tali clausole lungi da potersi considerare limitative della responsabilità dell’assicuratore, assolvono alla funzione di meglio specificare il rischio garantito. Tali obblighi specifici e ulteriori in capo all’assicurato inseriti nella divisione contrattuale, intanto, però possono essere considerati violati in quanto la loro inosservanza abbia comportato una lesione di un interesse oggettivamente apprezzabile della compagnia di assicurazione. Troppo restrittiva quindi la interpretazione della clausola di esclusione della garanzia fornita dai Giudici di merito i quali hanno fondato la decisione su una lettura strettamente letterale dell’obbligo in parola. |