Codice di Procedura Civile art. 121 - Libertà di forme. Chiarezza e sinteticità degli atti 1 .Libertà di forme. Chiarezza e sinteticità degli atti1. [I]. Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo [131 2, 136 1, 156 1-2; 46 att.]. Tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico2. [1] Rubrica così modificata dall'art. 3, comma 9, lett. b), del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha aggiunto le seguenti parole: «Chiarezza e sinteticità degli atti» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo sostituito dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". [2] Comma così modificato dall'art. 3, comma 9, lett. a), del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo sostituito dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". Il deposito telematico di atti non rientranti nell’obbligo di cui all’art. 16-bis d.l. 179/2012L'art. 121 c.p.c. viene più volte richiamato dalla giurisprudenza di merito (in primis Milano Trib. Milano, 7 ottobre 2014 — dott. Fascilla,) e oggi anche dalla Suprema Corte di cassazione (cfr. Cass. civ., 12 maggio 2016, n. 9772; Cass. civ., 4 novembre 2016, n. 22479), in tema di deposito telematico di atto non soggetto all'obbligo di cui all'art. 16-bis d.l. n. 179/2012. Prima dell'entrata in vigore dell'art. 16-bis, comma 1-bis d.l. n. 179/2912 — infatti — non era specificatamente consentito il deposito telematico di atti non rientranti in tale obbligo di trasmissione digitale e la giurisprudenza di merito, sul punto, si era divisa. La questione, benché possa apparire a oggi superata, non è in realtà priva di interesse poiché le pronunce di inammissibilità dei depositi di tale tipologia sono state numerose, e altrettanto numerose sono le impugnazioni — avverso detti provvedimenti — a tutt'oggi pendenti. La Suprema Corte di cassazione ha stabilito con la sentenza n. 9772 del 12 maggio 2016 che « secondo il principio cardine di strumentalità delle forme desumibile dal combinato disposto degli artt. 121 e 156 c.p.c. (cfr. sez. un., 3 novembre 2011, n. 22726; sez. un., 18 aprile 2016, n. 7665), le forme degli atti del processo non sono prescritte dalla legge per la realizzazione di un valore in sé o per il perseguimento di un fine proprio ed autonomo, ma sono previste come lo strumento più idoneo per la realizzazione di un certo risultato, il quale si pone come l'obiettivo che la norma disciplinante la forma dell'atto intende conseguire ». La forma dell'atto, come sostenuto originariamente anche dalla dottrina (Reale), viene determinata unicamente al fine di individuare lo strumento più idoneo al raggiungimento dello scopo dell'atto stesso, e non certo al fine di produrre formalismi che avrebbero l'unica funzione di produrre eccezioni processuali. Tuttavia, per un commento più approfondito della problematica del deposito telematico degli atti non previsti dalla legge come obbligatori, ormai superata dall'introduzione dell'art. 196 quater delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile, si rimanda al commento a detto nuovo articolo. In ordine, invece, alla problematica relativa all'ammissibilità del deposito cartaceo di atti per cui è previsto il deposito telematico, si rimanda ai commenti agli articoli 669-terdecies c.p.c. e seguenti relativamente al reclamo, nonché all'art. 303 c.p.c. relativamente alla riassunzione. Un'altra problematica relativa alla forma degli atti, attiene invece al deposito di atti telematici formati in pdf immagine o contenenti elementi attivi, per detta analisi si rimanda al commento all'articolo 11 del d.m. n. 44/2011, nonché all'art. 46 delle disposizioni attuative al codice di procedura civile il quale, a seguito dell'introduzione della c.d. “riforma Cartabia”, prevede oggi specificatamente quali siano le eventuali conseguenze di un atto telematico depositato in violazione della normativa tecnica in materia di formazione e trasmissione degli atti digitali. L’inserimento dei collegamenti ipertestualiAlle stesse esigenze di semplificazione, sinteticità, facilità di consultazione, si è ispirato il Governo nell'adottare il d.m. 8 marzo 2018, n. 37, pubblicato in G.U. n. 96 del 26 aprile 2018, nella parte in cui ha modificato i parametri per la determinazione dei compensi degli avvocati in sede giudiziale, introducendo nell'art. 4 d.m. 10 marzo 2014, n. 55, il comma 1-bis, a norma del quale: « Il compenso determinato tenuto conto dei parametri generali di cui al comma 1 è ulteriormente aumentato fino al 30 per cento quando gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all'interno dell'atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all'interno dell'atto ». Tale disposizione, come si evince dal titolo dello stesso art. 4 « parametri generali per la determinazione dei compensi in sede giudiziale » è comune a tutte le procedure telematiche descritte in questo testo, seppur con diverse specificazioni. La diretta conseguenza di tale norma è che, ad oggi, l'utilizzo di link ipertestuali e di indici di navigazione, non solo è ammessa ma addirittura consigliata, portando a una liquidazione delle spese di giudizio maggiorata fino al 30% rispetto al totale. I professionisti che si cimenteranno con la redazione degli atti telematici, quindi, potranno far ricorso a molti strumenti digitali idonei a rendere maggiormente fruibile l'atto medesimo, sia per il Giudice che per le controparti, e tale piccolo sforzo tecnologico potrà essere ripagato con una più cospicua liquidazione delle spese legali da parte del magistrato. Per la verità, tale novità confluita nel cd. decreto parametri, era stata già anticipata dalla giurisprudenza di merito e, in particolare, dal Trib. Torino, con la sentenza n. 1497/2017, il quale in sede di liquidazione delle spese di soccombenza aumentava del 25% il compenso rispetto al valore medio previsto dallo scaglione di riferimento di cui al d.m. n. 55/2014, applicando estensivamente il principio previsto dal previgente art. 4 che consentiva (e tuttora consente) di premiare l'attività difensiva di particolare pregio. Nel caso di specie, il giudicante, valutava proprio la comparsa conclusionale depositata dalla parte convenuta come opera difensiva di particolare pregio in quanto munita di collegamenti ipertestuali ai documenti richiamati (che, per l'occasione, erano stati anche allegati nuovamente alla busta informatica contenente la comparsa conclusionale) nonché di sommari e segnalibri. Ebbene, la modifica apportata al d.m. n. 55/2014 sembra il naturale recepimento della sentenza sopra richiamata. La Suprema Corte si è inoltre pronunciata sulla disposizione de qua stabilendo tuttavia che, in tema di spese processuali, l'aumento del compenso per la redazione degli atti con modalità informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, esercitabile, sulla base di un apprezzamento di fatto delle tecniche in concreto adoperate, solo qualora il difensore abbia specificato il contenuto degli atti redatti con tali modalità e le tecniche informatiche utilizzate per consentire la ricerca testuale e la navigazione all'interno degli stessi, ed è sindacabile in sede di legittimità solo se non siano controllabili le ragioni che ne abbiano giustificato l'esercizio (Cass. Civ., sez. VI, 6 dicembre 2022, n. 35753). La mancata liquidazione rientrerebbe, dunque, nel potere di discrezionalità del giudice e la mancata concessione dell'aumento de quo non costituirebbe motivo di ricorso per Cassazione, benché — vi è da precisarlo — la pronuncia appena citata, come anche quella che si evidenzierà a breve, si riferiscano alla formulazione della norma antecedente all'agosto del 2022 (periodo in cui la stessa è stata ulteriormente modificata), e quindi a un testo che originariamente prevedeva come il giudice “di regola” potesse prevedere tale aumento dei compensi. Precisato quanto sopra, comunque, sulla falsariga della pronuncia appena citata si è espressa ulteriormente la Suprema Corte con sentenza 23 dicembre 2022 n. 37692, disponendo che, l'art. 4 comma 1-bis, d.m. n. 55/2014, nel fissare i criteri per la liquidazione delle spese processuali, prevede che il compenso determinato in base ai parametri generali di cui al comma 1, è di regola ulteriormente aumentato del 30 per cento quando gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all'interno dell'atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all'interno dell'atto. La norma chiedeva quindi, prima dell'introduzione dell'attuale formulazione, al giudice di valutare l'effettiva utilità del collegamento ipertestuale ai documenti utilizzati per la decisione, conferendogli un potere discrezionale il cui corretto esercizio era da ritenersi insindacabile in cassazione, fatto salvo il controllo sulla motivazione (esclusa, nella specie, la maggiorazione de quo, atteso che tramite i links inseriti negli scritti difensivi si accedeva unitariamente a tutti i verbali di causa redatti nei diversi gradi di giudizio, ma non distintamente ai verbali di ciascuna udienza e ai provvedimenti adottati, e neppure i collegamenti ipertestuali inseriti nel ricorso in opposizione avevano offerto alcun apporto allo studio del procedimento, richiamando elementi documentali che non avevano influito sulla decisione). I limiti dimensionali e criteri di redazioneIl decreto n. 110 del 2023 pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 11.8.2023 si propone di dare attuazione al principio di chiarezza e sinteticità codificato dall'art. 121 c.p.c. ed è stato emanato in attuazione di quanto previsto all'art. 46 disp. att. c.p.c. Peraltro, a voler esser precisi, il provvedimento de quo costituisce solo parziale attuazione di quanto previsto dalla norma suddetta, visto avrebbero dovuto essere definiti anche gli “schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo”, ma nulla si dice a tal proposito. L'omissione del legislatore non desta in ogni caso problemi, stante che tali schemi sono in realtà già contenuti all'interno delle specifiche tecniche sul processo civile telematico dettate da DGSIA e costantemente aggiornate. Come da espressa previsione dell'articolo 12 il decreto in commento si applica ai procedimenti introdotti dopo il 1° settembre 2023, anche in Corte di Cassazione, ma solo se di valore inferiore a euro 500.000, stabilendo così una sorta di “diritto alla prolissità per censo”, che potrebbe essere foriero di non pochi problemi interpretativi, come si esporrà in appresso. L'obiettivo del decreto è chiaramente esposto all'art. 1 ed è quello di dettare «i limiti degli atti processuali, tenendo conto della tipologia, del valore, della complessità della controversia, del numero delle parti e della natura degli interessi coinvolti. Nella determinazione dei limiti non si tiene conto dell'intestazione e delle altre indicazioni formali dell'atto, fra le quali si intendono compresi un indice e una breve sintesi del contenuto dell'atto stesso. Il decreto è aggiornato con cadenza almeno biennale». Al di là del contenuto del testo normativo, è innanzitutto apprezzabile l'approccio del legislatore, che ah ribadito un ruolo di centralità dell'avvocatura e magistratura nella redazione delle regole tecnico-organizzative del processo, pur tuttavia senza prevedere alcuna invalidità in caso di mancato rispetto delle linee guida tracciate dalla norma. Infatti, lo stesso art. 46 delle disposizioni di attuazione prevede che, il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell'atto non comporta invalidità, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo. Quest'ultima previsione rappresenta senza dubbio una conquista nella definitiva ed incontrovertibile applicazione del principio del raggiungimento dello scopo, ormai ampiamente confermato dalla giurisprudenza, alle violazioni in tema di processo civile telematico. Per un approfondimento sul principio del raggiungimento dello scopo e rimessione in termini si rimanda alla lettura del commento all'art. 153 c.p.c. Tuttavia, pur in presenza della disposizione precedentemente richiamata, anche al fine di rispettare i principi di sinteticità e chiarezza, si rende opportuno l'utilizzo dei collegamenti ipertestuali interni ed esterni all'atto (ad es. indici, sommari e link a documenti contenuti nella busta), più che altro per i benefici che può trarre l'avvocato. Si ricorda infatti che, ai sensi dell'art. 4, comma 1-bis d.m. 55 del 2014, il compenso liquidato dal giudice deve essere aumentato fino al 30 per cento quando gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all'interno dell'atto e dei documenti allegati, nonché' la navigazione all'interno dell'atto Tornando all'analisi del decreto ministeriale occorre prestare particolare attenzione all'articolo 2 del decreto ove si prevede che gli atti giudiziari devono essere redatti secondo la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) le parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) le parole chiave, nel numero massimo di venti, in grado di individuare l'oggetto del giudizio (la ratio di questa novità risiede verosimilmente nel fornire un ausilio ai software di ricerca automatica che si immagina di fornire ai giudici); d) nelle impugnazioni, gli estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) l'esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonchè, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, il puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, l'esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) le conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) l'indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) il valore della controversia; m) la eventuale richiesta di distrazione delle spese; n) l'indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. A ben vedere molte delle disposizioni introdotte dalla novella regolamentare erano già contemplate all'interno del protocollo d'intesa stipulato tra Corte di Cassazione e CNF per i giudizi di Cassazione e ora vengono generalizzate; tuttavia, a differenza del protocollo, le specifiche contenute nel decreto sono vincolanti e, come si è detto, il mancato rispetto può dar luogo ad una pronuncia di condanna alle spese. Il comma 2 dell'articolo in commento prevede poi che le predette disposizioni si applichino in quanto compatibili anche agli altri atti del processo successivi alla costituzione in giudizio. L'articolo 6 detta invece disposizioni di carattere tipografico, che appaiono essere meno vincolanti di quelle testé analizzate, posto che per la loro violazione non si prevede alcuna ripercussione sulle spese di giudizio e per il loro utilizzo si utilizza l'avverbio “preferibilmente”. In forza di tali disposizioni, occorre pertanto attenersi (preferibilmente) ai seguenti criteri redazionali: o utilizzo di caratteri di dimensioni di 12 punti; o interlinea di 1,5; o margini orizzontali e verticali di 2,5 centimetri. Non sono invece consentite note, salvo che per l'indicazione dei precedenti giurisprudenziali nonche' dei riferimenti dottrinari. Quanto ai limiti dimensionali gli stessi sono indicati nell'articolo 3, distinguendo tra atti introduttivi e atti endoprocessuali. In particolare, per i primi occorre rispettare il limite di 80.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 40 pagine in caso di utilizzo dei criteri tipografici sopra visti, mentre per i secondi il limite è abbassato a 50.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 26 pagine. Gli articoli 4 e 5 prevedono rispettivamente delle esclusioni e deroghe ai limiti dimensionali; non vanno infatti conteggiati l'intestazione, le parti, le parole chiave, gli estremi del provvedimento impugnato, le conclusioni e le parti relative ad i mezzi di prova nonché il valore della controversia, la richiesta di distrazione delle spese e l'eventuale indicazione del provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio. Sono altresì esclusi: ⋅ il sommario e la sintesi dei motivi; ⋅ le indicazioni, le dichiarazioni e gli avvertimenti previsti dalla legge; ⋅ la data e il luogo, nonché le sottoscrizioni delle parti e dei difensori; ⋅ le relazioni di notifica e le relative richieste e dichiarazioni; Detti limiti inoltre possono essere superati se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti. Il difensore dovrà però esporre sinteticamente nell'atto le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento dei limiti. In aggiunta a quanto precede dovranno essere altresì inseriti un indice, preferibilmente con collegamenti ipertestuali che rimandino alle varie articolazioni (capitoli, paragrafi) dell'atto, e una breve sintesi del contenuto dell'atto. Il comma 3 dell'articolo 5 tipizza alcuni casi in cui si considera ragionevole il superamento dei limiti dimensionali, ovvero la chiamata di terzo, l'integrazione del contraddittorio, l'atto di riassunzione o l'impugnazione incidentale. A parere di chi scrive, pur non essendo espressamente indicati, il ricorso ed il controricorso incidentale, possono ritenersi annoverati nelle impugnazioni incidentali. Come già accennato, sussiste poi il diritto a superare i limiti dimensionali previsti dal decreto in commento in caso di controversie superiori a € 500.000,00; a dire il vero questa fattispecie si colloca proprio al di fuori dell'ambito di applicazione del decreto, come da espressa previsione dell'art. 1. La scelta del criterio “monetario” desta peraltro dubbi nel caso di cause dal valore indeterminabile, che possono essere notevolmente complesse (si pensi alle controversie relative allo stato e alla capacità delle persone o a quelle di accertamento per le quali non è oggettivamente possibile enucleare una stima economica); stante peraltro il criterio scelto dal legislatore, ricorrendo tale fattispecie si dovrà invocare l'ancora di salvataggio prevista all'art. 5 del decreto e indicare le ragioni per le quali si ritiene di dover derogare alle previsioni del decreto. Inoltre occorre considerare che la “libertà di lunghezza” per gli atti relativi a cause di valore superiore a € 500.000 non libera dal rispetto dei principi di sintesi e chiarezza codificati dall'art. 121 c.p.c. e non libera dalle conseguenze in caso di violazione di tali parametri (ossia aver redatto un atto non sintetico e chiaro, per una causa di valore pari o superiore ad euro 500,00, consente ugualmente al giudice il sindacato di tale aspetto nella decisione sulle spese) (1). Va altresì tenuto presente che, ai sensi dell'articolo 7, anche il giudice deve redigere i provvedimenti in modo chiaro e sintetico, nel rispetto dei criteri di cui agli articoli 2 e 6, in quanto compatibili (quest'ultima clausola rende evidentemente meno stringente l'obbligo per il magistrato). Le dimensioni degli atti e dei provvedimenti del giudice devono essere correlate alla complessità della controversia, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti, mentre i provvedimenti soggetti ad impugnazione sono redatti con l'indicazione di capi separati e numerati, onde consentire la successiva opera redazionale da parte dell'avvocato (che deve appunto indicare i capi impugnati). Sussiste peraltro una evidente disparità tra le disposizioni dedicate agli atti redatti dagli avvocati e quelle rivolte ai magistrati: le prime sono assistite da un apparato sanzionatorio previsto dall'art. 46 disp. att. c.p.c. (la possibile incidenza sulla regolamentazione delle spese di lite), le seconde ne sono sprovviste. Quanto agli schemi XSD, che tuttavia non interessano il lettore in quanto implementati nei redattori dalle software house, l'articolo 8, nel prevedere la regola secondo cui gli atti giudiziari devono essere redatti anche nel rispetto delle regole dettate dall'art. 11 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, aggiunge che devono essere corredati, come peraltro lo sono sempre stati, dalla compilazione di schemi informatici conformi alle specifiche tecniche di cui all'art. 34 del predetto decreto (i cd. schemi XSD). Le specifiche tecniche di cui al comma 1 definiscono le informazioni strutturate nonché' tutti i dati necessari per l'elaborazione degli schemi dell'atto da parte del sistema informatico ricevente, in conformità ai criteri di cui all'art. 2. Per gli atti del giudizio di cassazione le specifiche tecniche tengono altresì conto dei criteri stabiliti con decreto del Primo Presidente della Corte di cassazione, sentiti il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, il Consiglio nazionale forense e l'Avvocato generale dello Stato.
(1) In tal senso v. A. CIRIELLO, Commento a prima lettura del Regolamento (D.m. n. 110/2023) sui criteri di redazione, limiti e schemi informatici degli atti giudiziari nel processo civile, in Giust. Civ. (https://giustiziacivile.com/arbitrato-e-processo-civile/approfondimenti/commento-prima-lettura-del-regolamento-dm-n-1102023-sui) |