Particolare tenuità del fatto e responsabilità amministrativa dell’ente
25 Ottobre 2024
Massima La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p. non è applicabile alla responsabilità amministrativa dell'ente per i fatti commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dai propri dirigenti o dai soggetti sottoposti alla loro direzione, in considerazione della differenza esistente tra i due tipi di responsabilità e della natura autonoma della responsabilità dell'ente rispetto a quella penale della persona fisica che ponga in essere il reato presupposto. Tale autonomia esclude che l'eventuale applicazione all'agente della causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto impedisca di applicare all'ente la sanzione amministrativa. Il caso Nel caso in esame, il Tribunale di Sassari aveva assolto l'imputato, in quanto non punibile per la particolare tenuità del fatto, dal reato di cui all'art. 256, comma 1, lett. a) e b), del d.lgs. n. 152/2006; reato a lui ascritto perché, quale direttore tecnico e amministrativo di una S.r.l., gestiva un centro di raccolta di rifiuti urbani differenziati, pericolosi e non, in assenza dei requisiti minimi tecnico-gestionali di cui ai D.M. 8.4.2008 e 13.5.2009, non adottando in particolare le procedure di contabilizzazione dei rifiuti in ingresso e in uscita, al fine dell'impostazione dei bilanci di massa, attraverso la compilazione di un schedario numerato progressivamente e conforme ai modelli dei decreti ministeriali. Pronuncia assolutoria di analogo tenore veniva emessa anche nei confronti della società, cui era stato ascritto l'illecito amministrativo di cui all'art. 25-undecies, comma 2, d.lgs. n. 231/2001, contestato in relazione all'art. 265, comma 3, d.lgs. n. 152/2006. Avverso tale sentenza sia l'imputato che la società presentavano distinti ricorsi per cassazione. Il primo rilevando che il Tribunale avrebbe dovuto assolverlo perché il fatto non era previsto come reato, formula ben più favorevole di quella applicata, in quanto la condotta contestata, lungi dall'assumere rilievo penale, costituiva, al più, un illecito amministrativo, riguardando la contestazione non l'aspetto organizzativo, ma la mancata adozione, per i soli primi due mesi di attività, della contabilizzazione dei rifiuti in ingresso e in uscita, al fine dell'impostazione dei bilanci di massa. Il fatto era dunque inquadrabile nella previsione, irrilevante sul piano penale, di cui al citato art. 258 del d.lgs. n. 152/2006, riguardante appunto la violazione degli obblighi di comunicazione e di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari. La società, per conto suo, per quanto di interesse, deduceva l'assenza di motivazione rispetto all'accertamento del requisito essenziale dell'eventuale vantaggio dell'ente, su cui si fonda il meccanismo di responsabilità delineato dal d.lgs. n. 231/2001. La questione L'impianto argomentativo della sentenza impugnata era, nella specie, quasi interamente incentrato sulla verifica dei presupposti applicativi dell'art. 131-bis c.p., mentre all'analisi circa la sussistenza del reato ascritto all'imputato e alla configurabilità dell'illecito amministrativo contestato alla società erano dedicati solo poche righe. Quello su cui si intende appuntare l'attenzione (e su cui, in realtà, anche la sentenza appunta la propria) è dunque proprio il riconoscimento della particolare tenuità del fatto e i suoi, eventuali, effetti giuridici anche nei confronti della società. La speciale causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. è infatti in particolare configurabile in presenza di una duplice condizione, essendo congiuntamente richiesta la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento. Il primo dei due requisiti richiede, a sua volta, la specifica valutazione della modalità della condotta e dell'esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall'art. 133 c.p., cui segue, in caso di vaglio positivo, la verifica della non abitualità del comportamento, che il legislatore esclude nel caso in cui l'autore del reato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. In altri termini, la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis c.p., può trovare applicazione a condizione che la fattispecie concreta, all'esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza, risulti caratterizzata da un'offensività minima, secondo un apprezzamento fattuale che è devoluto al giudice di merito (cfr., Cass. n. 39835/2022). Osservazioni Venendo al caso in esame, secondo la Corte di Cassazione, la sentenza presentava un evidente vizio di motivazione, atteso che, prima di affrontare il tema del riconoscimento della particolare tenuità del fatto, il Tribunale avrebbe dovuto compiutamente soffermarsi sulla prova della colpevolezza della persona fisica e della responsabilità amministrativa della persona giuridica, accertando in maniera adeguata la ricorrenza dei rispettivi presupposti, e non potendosi peraltro sottacere che dalla lettura unitaria della contestazione, oltre che dalle scarne argomentazioni della sentenza impugnata, pareva in realtà desumersi che la condotta illecita fosse stata circoscritta alla sola mancata redazione degli schedari sui conferimenti dei rifiuti; profilo questo che, almeno astrattamente, poteva essere ricondotto nell'alveo della fattispecie di cui all'art. 58 del d.lgs. n. 152 del 2006, che punisce, con la sola sanzione amministrativa, la violazione degli obblighi di comunicazione e di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari. D'altro canto, la Suprema Corte rileva comunque che il riconoscimento della particolare tenuità del fatto anche nei confronti della società costituiva un ulteriore profilo di illegittimità della pronuncia, di cui si sarebbe dovuto tenere conto nell'ipotesi in cui, all'esito di un'adeguata verifica delle risultanze probatorie, fosse stato ritenuto ravvisabile tanto il reato contestato alla persona fisica, quanto l'illecito amministrativo addebitato alla società, dovendosi richiamare in tal senso l'indirizzo di legittimità (cfr., Cass., n. 1420/2020), secondo cui la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p. non è applicabile alla responsabilità amministrativa dell'ente per i fatti commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dai propri dirigenti, o dai soggetti sottoposti alla loro direzione, come prevista dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in considerazione della differenza esistente tra i due tipi di responsabilità e della natura autonoma della responsabilità dell'ente rispetto a quella penale della persona fisica che ponga in essere il reato presupposto. Tale autonomia, conclude la Corte, esclude dunque che l'eventuale applicazione all'agente della causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto impedisca di applicare all'ente la sanzione amministrativa, dovendo egualmente il giudice procedere all'autonomo accertamento della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l'illecito fu commesso (cfr., Cass., n. 9072/2018). Conclusioni Al di là dello specifico caso processuale, in linea generale, giova infine anche osservare quanto segue. I criteri da seguire per la determinazione della pena come operazione di valutazione "prioritaria" sono fondamentalmente contenuti nel comma 4 dell'art. 131-bis c.p., laddove, come visto, altro dato che entra nel processo di valutazione è poi quello legato: a) alle modalità della condotta; b) all'esiguità del danno o del pericolo. Si tratta di quelli che la relazione allegata allo schema di decreto attuativo indica come "indici-requisiti", da valutarsi alla stregua dei criteri indicati dall'art. 133 c.p., (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell'azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato intensità del dolo o grado della colpa). A tali "indici-requisiti" si affiancano poi quelli che la stessa relazione definisce "indici-criteri", costituiti da: 1) la particolare tenuità dell'offesa; 2) la non abitualità del comportamento. In estrema sintesi, il giudice è quindi in tali casi chiamato ad effettuare una specifica valutazione di meritevolezza, verificando se, sulla base dei due "indici-requisiti" (modalità della condotta ed esiguità del danno e del pericolo, valutati congiuntamente secondo i criteri direttivi di cui all'art. 133 comma 1, c.p.), sussistano i due indici-criterio (particolare tenuità dell'offesa e non abitualità del comportamento). L'esito positivo di tale operazione consentirà al giudice di considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità. Quanto alla valutazione della esiguità del danno o del pericolo appare evidente la necessità di un giudizio esprimibile sulla base di dati oggettivi e non sulla base di elementi di tipo soggettivo, ferma restando l'esigenza che si tratti di un giudizio globale, che porti alla conclusione di un fatto estremamente modesto sia oggettivamente che soggettivamente. Quanto alla responsabilità della persona giuridica, come visto, la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p. non è applicabile alla responsabilità amministrativa dell'ente exd.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. L'ente, soggetto diverso dalla persona, è infatti responsabile di un fatto illecito proprio: una responsabilità autonoma, attribuita ad un soggetto metaindividuale, distinto dalla persona fisica autrice del reato presupposto. In tal senso, ad esempio, il d.lgs. n. 231/2001 non trova applicazione nei riguardi dell'imprenditore individuale, perché, in questo caso, non solo non esiste una dualità soggettiva, ma non esiste neppure il soggetto metaindividuale (cfr., Cass., n. 45100/2021). Quanto poi alle possibili ipotesi di “rottura” della separazione di responsabilità, si ricorda che il secondo comma dell'art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001, contiene la clausola di chiusura che esclude la responsabilità dell'ente quando le persone fisiche (siano esse apicali o meno) abbiano agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi, rompendosi dunque solo in questa circostanza lo schema di immedesimazione organica. |