Codice di Procedura Civile art. 168 - Iscrizione della causa a ruolo e formazione del fascicolo d'ufficio 1 .

Giuseppe Vitrani

Iscrizione della causa a ruolo e formazione del fascicolo d'ufficio 1.

[I]. All'atto della costituzione dell'attore [1651], o, se questi non si è costituito, all'atto della costituzione del convenuto [166], [su presentazione della nota d'iscrizione a ruolo] [71 att.], il cancelliere iscrive la causa nel ruolo generale2.

[II]. Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo informatico d'ufficio, il quale contiene l'atto di citazione, le ricevute di pagamento del contributo unificato, le comparse, le memorie e, successivamente, i processi verbali d'udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e le sentenze pronunciate3.

 

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 10 l. 14 luglio 1950, n. 581.

[2]  Comma modificato dall'art. 3, comma 2, lett. d), numero 1), del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 che ha soppresso le parole «su presentazione della nota d'iscrizione a ruolo».  Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

[3]  Comma sostituito dall'art. 3, comma 2, lett. d), numero 2), del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 .  Il comma  precedente era il seguente : «Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio [36 att.], nel quale inserisce la nota d'iscrizione a ruolo, copia dell'atto di citazione [51 att.], delle comparse e delle memorie in carta non bollata [731 att.] e, successivamente, i processi verbali d'udienza [126], i provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e la copia del dispositivo delle sentenze. ». Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. 

Inquadramento

La norma disciplina la struttura del fascicolo d'ufficio e ha assunto notevole interesse anche per il processo telematico dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 164 del 2024 (cd Correttivo Cartabia) visto che ora la norma delinea la struttura del fascicolo informatico d'ufficio. Il legislatore ha dunque finalmente preso atto della mutata veste del rito processuale e ha sostituito il secondo comma dell'articolo in commento, eliminando ogni riferimento al fascicolo cartaceo. Si prevede ora infatti la formazione di un fascicolo informatico d'ufficio, che contiene l'atto di citazione, le ricevute di pagamento del contributo unificato, le comparse, le memorie e, successivamente, i processi verbali d'udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e le sentenze pronunciate.

A dire il vero il fascicolo cartaceo non scompare del tutto dall'ordinamento processuale visto che il successivo articolo (169) lascia aperta la possibilità che esso venga eventualmente formato (è significativo l'inserimento dell'avverbio) e, solo per tali casi, continua a prevedersi la possibilità che esso venga ritirato dalle parti. 

La norma va letta in combinato disposto con l'art. 74 delle disposizioni di attuazione del codice di rito.

Le previsioni dell'art. 74 disp. att. c.p.c.

La previsione in commento completa l'architettura del nuovo fascicolo informatico e la fa con modalità peculiari.

Nel testo risultante dopo l'emanazione del decreto legislativo n. 164 del 2024 (cd Correttivo Cartabia) si prevede infatti, per il "nuovo" fascicolo d'ufficio informatico, una struttura assai più complessa di quello attualmente esistente; in luogo dell'attuale pagina web unica ove viene registrato il deposito consecutivo di atti e documenti da parte dei vari soggetti in qualsiasi modo coinvolti nel processo, si prevede una struttura molto più articolata con:

  • una sezione in cui sono inseriti gli atti e i provvedimenti dell'ufficio 
  • una sezione per ogni parte costituita, a sua volta suddivisa in due sottosezioni contenenti rispettivamente gli atti e i documenti depositati, ciascuno numerato e con denominazione descrittiva del suo contenuto.

​Si lascia poi al​le regole tecniche (o meglio ancora alle specifiche tecniche) il compito di assicurare che per ogni documento prodotto dalle parti sia possibile individuare la data del deposito e l'atto in allegato al quale esso è stato depositato.

Come si vede una struttura certamente più razionale che può essere prodromica anche all'organizzazione di una razione politica di conservazione a lungo termine di documenti informatici fondamentali cole sentenze o i verbali di udienza; essi saranno tutti all'interno di un'unica sezione che potrà essere conferita in archivio anche con modalità automatizzata senza dover ricorrere ad alcun intervento manuale di selezione. 

Il principio di non dispersione della prova

L'analisi delle norme dedicate al fascicolo informatico ben si presta a un approfondimento su un principio molto importante enunciato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nel 2023, vale a dire il principio di non dispersione della prova.

Con la sentenza n. 4835 del 2023 si è infatti affermato che in materia di prova documentale nel processo civile, il principio di "non dispersione (o di acquisizione) della prova", operante sia per i documenti prodotti con modalità telematiche sia per quelli prodotti formato cartaceo, comporta che il fatto storico in essi rappresentato si abbia per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un'efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione.

Dopo la pronuncia delle Sezione Unite, questo principio è stato ribadito più volte dalle sezioni semplici e da ultimo con sentenza 26298 dell'8 ottobre 2024, che, consolidando l'orientamento in commento, ribadisce l’operatività del principio sia in relazione ai documenti informaci sia a quelli cartacei.

I primi, infatti, confluiscono automaticamente nel fascicolo d'ufficio e rimangono sempre disponibili per la consultazione, anche nei successivi gradi di giudizio; i secondi, una volta ritualmente acquisiti, mantengono la loro efficacia probatoria nei gradi successivi.

Su quest’ultimo punto, del resto, è stata del resto molto chiara la pronuncia delle Sezioni Unite, essendosi affermato che “affinché il giudice di appello possa procedere all'autonomo e diretto esame del documento già prodotto in formato cartaceo nel giudizio di primo grado, onde dare risposta ai motivi di impugnazione o alle domande ed eccezioni riproposte su di esso fondati, il documento può essere sottoposto alla sua attenzione, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata alle altre parti a norma dell'art. 76 disp. att. c.p.c.

La Corte ha altresì affermato, nel suo più alto consesso, che il giudice di appello può anche porre a fondamento della propria decisione il documento prodotto in formato cartaceo non rinvenibile nei fascicoli di parte apprezzandone il contenuto che sia trascritto o indicato nella decisione impugnata, o in altro provvedimento o atto del processo, ovvero, se lo ritiene necessario, può ordinare alla parte interessata di produrre, in copia o in originale, determinati documenti acquisiti in primo grado. Allorché la parte abbia ottemperato all'onere processuale di compiere nell'atto di appello o nella comparsa di costituzione una puntuale allegazione del fatto rappresentato dal documento cartaceo prodotto in primo grado, del quale invochi il riesame in sede di gravame, e la controparte neppure abbia provveduto ad offrire in comunicazione lo stesso nel giudizio di secondo grado, è quest'ultima a dover subire le conseguenze di tale comportamento processuale, potendo il giudice, il quale ha comunque il dovere di ricomporre il contenuto di una rappresentazione già stabilmente acquisita al processo, ritenere provato il fatto storico rappresentato dal documento nei termini specificamente allegati nell'atto difensivo.

Da questa decisione e dalla copiosa giurisprudenza conforme successiva appare essersi discostata Cass. 2827 del 30 gennaio 2024 che, pur non ponendosi espressamente come dissenting opinion rispetto alla decisione in commento, afferma che le produzioni documentali di parte “trovano allocazione nei fascicoli processuali delle parti stesse di cui all'art. 166 c.p.c. e seguono il regime di detti fascicoli che, essendo nella disponibilità delle parti stesse, come previsto dall'art. 169 cod. proc. civ., vanno depositati al momento dell'assegnazione della causa in decisione (e al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale), dovendosi presumere, nel caso in cui il fascicolo di parte non sia depositato o sia depositato privo di alcuni documenti, che la parte abbia rinunziato ad avvalersi dei documenti in esso non inclusi (o di tutti quelli già prodotti, in caso di mancato deposito dell'intero fascicolo), fatta sempre salva la facoltà dell'altra parte di provvedere al deposito di qualunque documento comunque già acquisito al processo, anche se prodotto dalla controparte, affinché se ne tenga conto ai fini della decisione”.

Si tratta in effetti di principio opposto a quello affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte e che, come già teorizzato da giurisprudenza risalente, addossa alla parte che si voglia giovare di un documento l’onere di produrlo autonomamente.

Va detto peraltro che siffatta decisione è rimasta isolata e che invece, sul finire del 2023 e nel corso del 2024 diverse sentenze hanno affermato la piena validità del principio affermato dalle Sezioni Unite.

La pronuncia n. 9008 del 4 aprile ’24, ad esempio, ha affermato che il principio di non dispersione della prova, applicabile indistintamente ai documenti prodotti in formato telematico o cartaceo, stabilisce che i fatti rappresentati nei documenti sono considerati provati nel processo, fornendo al giudice una fonte di conoscenza con efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio e non può dipendere dalle scelte difensive successive della parte che ha inizialmente offerto tali documenti in comunicazione.

L’ordinanza n. 10202 del 17 aprile ’23 ha invece affermato che nel giudizio di appello, la mancata acquisizione del fascicolo d'ufficio di primo grado non determina un vizio del procedimento o la nullità della sentenza, potendo al più integrare il vizio di difetto di motivazione, ove venga specificamente prospettato che da tale fascicolo il giudice d'appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili aliunde ed esplicitati dalla parte interessata, considerato che, in virtù del principio di "non dispersione (o di acquisizione) della prova", l'efficacia probatoria dei documenti prodotti non si esaurisce nel singolo grado di giudizio e prescinde dalle successive scelte difensive della parte.

Per quanto concerne il fascicolo telematico questo orientamento apre prospettive interessanti posto che, come detto, i documenti depositati in un grado del processo sono sempre visibili in tutti i successivi gradi. Ciò evidentemente apre la strada alla possibilità di non effettuare, ad esempio in sede di impugnazione, il deposito integrale di documenti già prodotti in precedenza potendo la parte limitarsi a (ri)produrre solo quelli effettivamente rilevanti, magari corredandoli con link ipertestuali

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