La c.d. Bolar Clause e i confini della sua corretta applicazione

02 Dicembre 2024

L'art. 68 c. 1 lett. b CPI introduce una deroga al diritto esclusivo del titolare di un brevetto farmaceutico. Tale deroga, c.d. Bolar clause, consente a terzi di svolgere attività preparatorie e sperimentali finalizzate all'ottenimento dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) di un farmaco generico, anche durante il periodo di vigenza del brevetto originario. La pronuncia in commento offre l'occasione per chiarire meglio quali siano i limiti di applicabilità di tale clausola.

Massima

In tema di limitazioni del diritto di brevetto e di interpretazione e applicazione dell'art. 68 c. 1 lett. b CPI, la ratio della c.d. Bolar clause, secondo cui sono consentite le attività di sperimentazione di un farmaco coperto da altrui brevetto, finalizzate all'ottenimento di una autorizzazione amministrativa all'immissione in commercio del farmaco, che si intende operare dopo la scadenza del brevetto altrui, è quella di agevolare il tempestivo ingresso sul mercato dei farmaci generici per non prolungare, di fatto, la durata della privativa, consentendo ai produttori genericisti di iniziare le attività amministrative e di sperimentazione prodromiche all'ottenimento di un'AIC, pur in costanza del brevetto di riferimento, introducendo limiti al diritto di esclusiva.

L'eccezione o esenzione Bolar può ritenersi applicabile anche all'attività di terzi che producono il principio attivo del farmaco brevettato, per finalità registrative non proprie ma di terzi genericisti, non attrezzati a produrre in proprio, ma intenzionati ad entrare sul mercato, alla scadenza dell'esclusiva del titolo brevettuale; tuttavia tale interpretazione estensiva della eccezione presuppone, perché possa affermarsi che la finalità Bolar connoti l'attività del produttore del principio attivo ab origine ed ex ante, oltre alla preventiva richiesta da parte del genericista, anche che tale finalità registrativa sia indicata a livello negoziale quale limite di utilizzo, come previsione dell'impegno all'uso del principio attivo secondo le finalità Bolar.

Pertanto, non è legittima e costituisce contraffazione di brevetto farmaceutico e atto di concorrenza sleale l'attività di studio/sperimentazione/produzione e offerta al pubblico di un composto coperto da esclusiva brevettuale, svolta da un produttore di principi attivi, se non sussista a monte di tale attività un rapporto di committenza con un terzo genericista, con la pattuizione contrattuale del limite d'uso esclusivamente per le finalità registrative di quest'ultimo.  

Il caso

Un'industria farmaceutica e una società di produzione di principi attivi ricorrono per Cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Milano (App. Milano n. 1785/2021) che, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano (Trib. Milano n. 8273/2018), ha accertato in capo alle ricorrenti la contraffazione del brevetto relativo alla classe di composti comprendenti il principio attivo tiotropio bromuro nelle diverse forme, oltre al compimento di atti di concorrenza sleale nei confronti della società legittima titolare del brevetto in questione. I comportamenti contestati consistono da un lato nello svolgimento di attività di produzione massiva di tale principio attivo e dall'altro nella messa a disposizione del prodotto per la vendita diretta, anche mediante pubblicizzazione dello stesso on line, in costanza del periodo di esclusiva in capo al titolare del brevetto farmaceutico.

Le ricorrenti deducono quale unico motivo del ricorso la non corretta interpretazione dell'art. 68 c. 1 lett. b CPI, che reca un'espressa limitazione della facoltà esclusiva attribuita dal brevetto “agli studi e sperimentazioni diretti all'ottenimento, anche in paesi esteri, di un'autorizzazione all'immissione in commercio di un farmaco ed ai conseguenti adempimenti pratici ivi compresi la preparazione e l'utilizzazione delle materie prime farmacologicamente attive a ciò strettamente necessarie”; ritengono infatti che le attività da loro compiute possano e debbano essere ricondotte al perimetro di applicazione della suddetta clausola esimente, affermando che il testo della disposizione non rechi quali condizioni per la sua applicazione ai produttori di principi attivi né la sussistenza di una preventiva richiesta di produzione da parte del genericista interessato né l'assunzione da parte del produttore di specifici obblighi contrattuali non espressamente prescritti dalla norma in questione.

La questione

La controversia riguarda il tema dei presupposti e limiti di applicazione della c.d. Bolar Clause, recata dall'art. 68 CPI, che introduce parziali deroghe al diritto di esclusiva riconosciuto al titolare di brevetto farmaceutico, in modo da consentire a produttori farmaceutici di condurre attività preliminari di studio e sperimentazione sul principio attivo ancora coperto da esclusiva brevettuale, allo scopo di giungere alla tempestiva produzione e commercializzazione di un farmaco generico (ossia, secondo la definizione dell'OMS, un “medicinale intercambiabile con il prodotto innovatore (e quindi bioequivalente a questo) che viene messo in commercio dopo siano scaduti il brevetto e il certificato complementare di protezione del farmaco originale”). In assenza di tale clausola, di fatto il periodo di esclusiva del produttore del farmaco brevettato verrebbe artificialmente prolungato, considerata la durata del complesso procedimento amministrativo e di sperimentazione che deve necessariamente essere seguito per giungere al rilascio di un'AIC. Nello specifico, la questione portata all'attenzione della Suprema Corte riguarda la possibilità di applicare tale clausola ad attività svolte da un produttore di principi attivi, anche in mancanza di un contratto con un terzo genericista interessato a registrare il farmaco generico basato sul medesimo principio attivo coperto da brevetto.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando l'interpretazione della “Clausola Bolar” già resa dalle corti di merito nei precedenti gradi di giudizio. In particolare, ha ritenuto che ai fini della legittima applicazione dell'art. 68 c. 1 CPI, recante la limitazione al diritto di esclusiva brevettuale sui principi attivi dei farmaci per finalità di sperimentazione preordinata all'ottenimento di un'Autorizzazione all'Immissione in Commercio (AIC) di un nuovo farmaco generico basato sullo stesso principio attivo coperto da brevetto, sia indispensabile che la finalità Bolar sia chiara ab origine. Ciò comporta che a monte delle attività di produzione e commercializzazione del principio attivo sussista un rapporto di “committenza”, in virtù del quale il produttore viene contattato dal terzo genericista per lo svolgimento di un'attività di studio, produzione e consegna del principio stesso, lecita proprio in quanto ex ante rivolta a tale finalità; finalità che deve risultare a chiare lettere dal regolamento negoziale, quale limite di utilizzo che il produttore deve rispettare, impegnandosi dunque all'uso del principio attivo in conformità alle finalità Bolar.

La Corte di legittimità ha reputato dunque infondata la critica mossa all'interpretazione della norma resa dai giudici di merito, definita dalle ricorrenti “creativa”, in quanto aggiungerebbe al testo, contro la ratio della norma, stringenti requisiti e condizioni aggiuntive per l'applicazione dell'esimente, richiedendo “l'avvio della produzione (e, ancor prima, delle attività sperimentali necessarie ad approntare un adeguato processo produttivo) solo previa richiesta del terzo genericista e b) la stipulazione di “adeguati” contratti che impegnino il terzo genericista al rispetto dell'esenzione Bolar” e determinando in concreto l'inapplicabilità dell'esenzione.

Il percorso argomentativo seguito dai giudici della Suprema Corte muove dall'individuazione della ratio della scriminante recata dall'art. 68 c. 1 lett. b CPI e ripercorre l'evoluzione normativa in materia di brevetti farmaceutici, rammentando come nel campo delle specialità medicinali sia particolarmente sentita l'esigenza di consentire un effettivo sfruttamento dell'intero periodo dell'esclusiva brevettuale. A seguito del lungo periodo che normalmente intercorre tra la data di deposito della domanda di brevetto farmaceutico e quella di autorizzazione all'immissione sul mercato del farmaco, e tenendo conto degli sforzi scientifici, tecnici e finanziari sopportati dal produttore, è parso corretto al legislatore introdurre un meccanismo di recupero del tempo decorso prima di poter intraprendere lo sfruttamento commerciale del trovato; a tale scopo è stato introdotto il c.d. “certificato complementare di protezione”, strumento poi riconosciuto anche a livello comunitario con l'introduzione del Supplementary Protection Certificate (SPC), che consente di prolungare l'esercizio dei diritti di sfruttamento esclusivo dell'invenzione farmaceutica, recuperando il tempo trascorso in attesa dell'autorizzazione all'immissione in commercio. Peraltro, la vigente disciplina consente ai produttori europei di farmaci generici di produrre principi attivi ancora coperti da SPC, al fine di esportarli in Paesi in cui la protezione brevettuale o complementare non sussiste o è scaduta, o allo scopo di stoccarli per poi rivenderli subito dopo la scadenza del certificato.

Emerge dunque, nel quadro normativo, una tensione dialettica tra l'obiettivo di assicurare il pieno esercizio del diritto di esclusiva sulla commercializzazione del farmaco contenente principi attivi coperti da brevetto e la finalità di garantire che, nel momento stesso in cui quel diritto di esclusiva si estingue, altri produttori siano già messi in condizione di porre in commercio farmaci generici contenenti lo stesso principio attivo, senza dover ottenere a tal fine in consenso del titolare del brevetto.

E' proprio dall'intento di composizione tra le due contrapposte esigenze che nasce la disposizione su cui si controverte, altresì chiamata “Bolar Clause” con riferimento alla nota controversia statunitense da cui ebbe origine l'Hatch-Waxman Act del 1984, grazie al quale furono rese legittime negli USA le attività sperimentali preordinate all'ottenimento della market authorization di un farmaco generico, pur quando legate all'attuazione di un brevetto in corso di validità.

Nel vigente sistema adottato a livello europeo e pienamente recepito dall'art. 68 c. 1 lett. b CPI viene dunque riconosciuta una significativa eccezione rispetto al principio della “pienezza della privativa brevettuale”, la cui completa applicazione comporterebbe viceversa la qualificazione di tali attività sperimentali come contraffazione del brevetto.

Il nodo interpretativo su cui la S.C. si è soffermata nella pronunzia in commento è quello dell'esatta definizione del perimetro oggettivo e soggettivo di applicazione della clausola Bolar; da un lato, quindi, la definizione delle tipologie di attività che vanno fatte rientrare nel campo di applicazione dell'eccezione e dall'altro l'individuazione dei soggetti legittimato a svolgerle.

Sotto il profilo oggettivo, è indubbio che le attività sperimentali lecite comprendono, anzitutto, le attività di produzione di campioni del farmaco e i c.d. esperimenti di bioequivalenza, che servono a comprovare la persistenza nel generico delle medesime qualità terapeutiche di cui è dotato il farmaco originale, e ciò a prescindere dai quantitativi effettivamente prodotti, data la variabilità delle esigenze sperimentali; residuano invece seri dubbi sulla legittimità di attività promozionali, anche attraverso siti internet. Tali ultime attività, pur potendo essere logicamente prodromiche alla dimostrazione della capacità produttiva ai fini della conclusione di contratti con i genericisti (come argomentato dalle ricorrenti), appaiono anche naturalmente preordinate alla vendita diretta sul mercato del principio attivo, che è sicuramente estranea all'ambito di applicazione della clausola Bolar.

In questo senso appare centrale l'attenzione al profilo soggettivo. Sul punto, la Suprema Corte sposa in pieno la lettura già fornita dalle sentenze di merito rese nella controversia. Da un lato, adottando un'interpretazione estensiva, ritiene che il soggetto che svolge le attività sperimentali lecite non debba coincidere necessariamente con chi richiede l'AIC: anche il terzo produttore di principi attivi, che li fornisce a chi è interessato a richiedere l'autorizzazione all'immissione in commercio del farmaco, può a buon diritto rientrare nell'eccezione, a patto però che queste attività di produzione e commercializzazione non siano preordinate alla realizzazione di un profitto diretto, ma si inquadrino nella finalità di richiesta dell'AIC da parte di un genericista diverso dal produttore. Tale interpretazione si accorda del resto con il tenore testuale dell'art. 68 c. 1 lett. b CPI, che non esige che chi presenta la domanda di AIC sia il fabbricante del principio attivo o l'autore delle attività di sperimentazione.

D'altra parte, però, affinché sia rispettata la ratio dell'esenzione Bolar, e cioè la rapida immissione sul mercato del farmaco generico, la finalità Bolar deve essere chiara fin dall'inizio dello svolgimento di tali attività. Ciò significa che a monte delle attività di produzione e commercializzazione del principio attivo deve sussistere un rapporto di “committenza”,  “in virtù del quale il produttore viene avvicinato dal terzo genericista «per un'attività di studio produzione e consegna a sua volta lecita in quanto ex ante connaturata alla predetta finalità» ed il produttore agisce «solo in ragione di una richiesta sorretta da una dichiarata finalità idonea a scriminare il suo comportamento espressamente contemplata – come limite di utilizzo – nel relativo regolamento negoziale». In questo quadro – e solo in questo quadro – risulta pienamente lecita anche l'attività di pubblicizzazione in termini generali dell'attività del produttore, realizzata allo scopo di attrarre l'attenzione del genericista interessato a uno specifico principio attivo, che potrà così rivolgersi all'azienda per stipulare l'accordo di produzione. Se, al contrario, manca una preventiva richiesta, l'attività di produzione e offerta del prodotto è slegata dalla finalità di ottenimento dell'AIC e dunque realizza un mero sfruttamento commerciale del principio attivo coperto da brevetto, risultando quindi totalmente scoperta rispetto alla scriminante.

Infine, e sempre nell'ottica di una piena rispondenza dell'interpretazione alla finalità sottesa alla clausola Bolar, la S.C. concorda con le corti di merito rispetto all'ulteriore esigenza che dall'accordo tra produttore e genericista debba risultare a chiare lettere il limite di utilizzo del principio attivo entro i confini delle finalità Bolar; tipicamente, ad esempio, attraverso la previsione contrattuale di una penale che si applichi per l'utilizzo non conforme.

Dal momento che nei giudizi di merito non era emerso con chiarezza il rispetto di tali condizioni di applicazione della scriminante, la Corte di legittimità non ha potuto che confermare l'esito della pronuncia di appello.

Osservazioni

La posizione assunta dalla S.C. appare solidamente ancorata al dato testuale e animata dall'intento di garantire l'attuazione piena dell'equilibrio tra contrapposti interessi che è alla base dell'introduzione dell'esenzione Bolar. Resta tuttavia il tema della difficoltà che i produttori di principi attivi incontrano nel calibrare le proprie attività, anche e soprattutto pubblicitarie, rispetto a principi coperti da brevetto o certificato complementare; nonché dei correlati ostacoli che devono fronteggiare i genericisti di piccole dimensioni, non in grado di produrre in proprio i principi attivi necessari per il lancio sul mercato di farmaci generici.

L'impressione complessiva è che la soluzione, pur rigorosa e argomentata, non conduca a risultati ottimali sul piano delle dinamiche concorrenziali su un mercato a forte rischio di concentrazione oligopolistica quale è quello farmaceutico, e non consenta appieno il raggiungimento della finalità di favorire la tempestiva messa in commercio dei generici, che è invece alla base dell'azione delle istituzioni europee sul tema. Non a caso, nel quadro della “Strategia Farmaceutica dell'Europa” è in corso una compiuta revisione della vigente legislazione di settore, con una proposta di Direttiva e una di Regolamento finalizzate a semplificare le procedure di autorizzazione dei medicinali generici e accorciare i loro tempi di ingresso sul mercato, per promuovere l'accessibilità economica e innalzare il livello di sanità pubblica a favore dei pazienti.

Guida all'approfondimento

  • F. Morri, Why you can Bolar also with third parties. Riflessioni sulla portata soggettiva dell'art. 68.1 b) CPI, in Riv. Dir. Ind., 2016, p.195 ss.
  • Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia farmaceutica per l'Europa, COM(2020)761 final, all'indirizzo https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52020DC0761
  • L. Arnaudo, G. Pitruzzella, La cura della concorrenza: l'industria farmaceutica tra diritti e profitti, 2019, Roma

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