Danni al terzo trasportato su un veicolo rubato e onere della prova

02 Dicembre 2024

A chi spetta l'onere della prova circa la consapevolezza o meno della provenienza illegale del veicolo a bordo del quale il passeggero ha subito un danno?

Massima

Va disposto il rinvio alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ai sensi dell'art. 267 TFUE, sulle seguenti questioni pregiudiziali interpretative:

  1. Se l'art. 13, Direttiva 2009/103/CE debba essere interpretato nel senso che, nel caso di incidente stradale che abbia coinvolto una persona trasportata a bordo di un veicolo di provenienza furtiva, spetti all'organismo incaricato del risarcimento ai sensi dell'art. 10, Direttiva 2009/103/CE provare che il danneggiato era a conoscenza della provenienza furtiva dell'automobile.
  2. Se, in caso affermativo, tale disposizione, così interpretata, osti a una disciplina, come quella italiana, interpretata ed applicata nel senso che l'onere della prova grava sulla persona trasportata e danneggiata.

Il caso

Una ragazza subiva un grave infortunio, da cui derivavano significative conseguenze sul piano dell'integrità fisica, a causa di un sinistro stradale, cagionato dal conducente di un autoveicolo sul quale si trovava a bordo, quale passeggera, la danneggiata. Dagli accertamenti medici eseguiti nell'immediatezza dell'incidente, emergeva che il conducente risultava positivo alla cocaina, agli oppiacei e al tetraidrocannabinolo. Inoltre, la Polizia locale riscontrava che l'automobile era stata provento di un furto, denunciato dal proprietario circa un mese prima del sinistro. Il processo penale a carico della passeggera, imputata di ricettazione, si concludeva con una sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto.

La passeggera danneggiata agiva in giudizio nei confronti dell'erede del conducente (che nel frattempo era deceduto) e nei confronti del Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada (rectius, nei confronti dell'istituto assicurativo designato dall'IVASS per i sinistri occorsi nel territorio regionale in cui era avvenuto l'incidente), chiedendo il risarcimento dei danni subiti quale conseguenza del sinistro in cui era rimasta coinvolta.

La questione

Ai sensi dell'art. 283, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni Private), «Il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, costituito presso la CONSAP, risarcisce i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, nei casi in cui il veicolo sia posto in circolazione contro la volontà del proprietario». Secondo l'art. 283, comma 2, «il risarcimento è dovuto, limitatamente ai terzi trasportati e a coloro che sono trasportati contro la propria volontà ovvero che sono inconsapevoli della circolazione illegale».

A chi spetta l'onere della prova circa la consapevolezza o meno della provenienza illegale del veicolo a bordo del quale il passeggero ha subito un danno? È l'impresa assicurativa designata per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada che deve provare la conoscenza da parte del terzo trasportato della provenienza illegale dell'autoveicolo oppure è il terzo danneggiato-attore che deve dimostrare l'ignoranza della circolazione illegale del mezzo?

Le soluzioni giuridiche

In relazione alla questione della distribuzione dell'onere della prova della provenienza illegale del mezzo a bordo del quale il passeggero ha subito un danno, di cui era stato richiesto il risarcimento all'impresa assicurativa designata per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, il Tribunale di Lodi ha rilevato d'ufficio un contrasto tra la normativa europea e la disciplina nazionale italiana in materia, così come interpretata dalla giurisprudenza domestica.

1. La disciplina prevista dalla Direttiva 2009/103/CE (Assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilità)

L'art. 13, par. 1, Direttiva 2009/103/CE prevede che sono inefficaci, rispetto ai terzi danneggiati da un sinistro, le clausole di una polizza assicurativa che escludano dalla copertura assicurativa l'utilizzo o la guida di veicoli da parte di:

  1. persone non aventi l'autorizzazione esplicita o implicita;
  2. persone non titolari di una patente di guida che consenta loro di guidare l'autoveicolo in questione;
  3. persone che non si sono conformate agli obblighi di legge di ordine tecnico concernenti le condizioni o la sicurezza del veicolo in questione.

Le clausole di cui alla lettera a) sono opponibili – con l'effetto di escludere la copertura assicurativa – nei confronti delle persone che, di loro spontanea volontà, hanno preso posto nel veicolo che ha causato il danno se l'assicuratore prova che esse erano a conoscenza del fatto che il veicolo era rubato.

L'art. 13, par. 2, Direttiva 2009/103/CE (ma v. anche il considerando n. 15) consente agli Stati membri dell'Unione di far intervenire, in luogo e in vece dell'istituto assicurativo, l'Organismo incaricato del risarcimento (in Italia, il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, istituito a far data dal 1969), nel caso di veicoli rubati o ottenuti con la violenza, alle condizioni di cui all'art. 13, par. 1 della Direttiva.

La Direttiva 2009/103/CE non chiarisce, tuttavia, a chi spetti l'onere della prova relativo alla (in)consapevolezza o meno dell'origine illecita del mezzo, nel caso in cui uno Stato membro preveda – in conformità all'art. 10, par. 1, Direttiva 2009/103/CE – l'istituzione di un Organismo incaricato di risarcire le vittime di un sinistro causato da un'automobile rubata, atteso che l'art. 13 si riferisce solo al caso della domanda svolta nei confronti dell'impresa assicuratrice.

Il Tribunale di Lodi ha rilevato che non esiste alcuna pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea che abbia affrontato tale questione con riferimento alla Direttiva 2009/103/CE. Il Tribunale dà atto che esistono precedenti relativi alla normativa europea in vigore nel periodo anteriore alla data di efficacia della Direttiva del 2009 e, secondo tale orientamento, spetta(va) all'assicuratore dimostrare che le persone trasportate avevano consapevolezza della provenienza furtiva del veicolo che ha cagionato il danno.

In particolare, il Tribunale di Lodi richiama la sentenza della Corte Giust. UE, 20 giugno 2005, C-537/03, la quale si riferisce ad una controversia instaurata dagli eredi di un soggetto trasportato, che, risultato ubriaco sin dal momento dell'inizio del viaggio, come tutti i passeggeri e lo stesso conducente, era stato l'unico deceduto a seguito dell'incidente occorso al veicolo a bordo del quale viaggiava. Il giudice nazionale aveva riconosciuto un risarcimento del danno ridotto a favore degli eredi in ragione della corresponsabilità del de cuius alla causazione del danno e, in particolare, in virtù della circostanza per cui il passeggero avrebbe dovuto rendersi conto dello stato di ubriachezza del conducente e, salendo a bordo, era consapevole di esporsi a un rischio di subire un danno. Tale riduzione del risarcimento è stata ritenuta sproporzionata ai sensi della normativa europea e, quindi, contraria alle Direttive (allora vigenti) relative alla responsabilità civile connessa alla circolazione di autoveicoli.

Un'altra decisione richiamata dal Tribunale lodigiano è la sentenza della Corte Giust. UE, 1° dicembre 2011, C-442/10, relativa a due casi simili, in cui il conducente di un veicolo aveva consentito ad un terzo di guidare il mezzo e il proprietario-non conducente subiva un grave infortunio a causa di un incidente occorso durante il viaggio. Il giudice inglese, sulla base del diritto nazionale, da un lato ordinava all'assicurazione dei veicoli di risarcire i danni occorsi ai danneggiati quali passeggeri del veicolo e dall'altro, contestualmente, ordinava ai medesimi soggetti, quali proprietari del mezzo, di indennizzare l'istituto assicurativo, dato che essi erano consapevoli che la polizza non copriva i danni cagionati da un conducente diverso dal proprietario e ciononostante avevano consentito ad un terzo di guidare il mezzo. In buona sostanza, il giudice nazionale – in virtù dei sopra citati meccanismi di compensazione - non aveva riconosciuto alcun indennizzo/ risarcimento ai soggetti danneggiati. L'ordinamento inglese è stato ritenuto contrario alle Direttive (allora vigenti) in materia di responsabilità civile derivante da circolazione di autoveicoli, sull'assunto che esso comporta l'esclusione automatica dell'obbligo in capo all'assicuratore di risarcire la vittima di un incidente stradale qualora tale incidente sia causato da un conducente non assicurato dalla polizza assicurativa e detta vittima, passeggero del veicolo al momento dell'incidente, sia assicurata per la guida di tale veicolo e abbia dato a tale conducente il permesso di guidare il mezzo.

La sentenza del 2011 richiama, sia pure incidentalmente, un'interpretazione della normativa (allora vigente) nel senso che gli Stati membri possono escludere l'obbligo risarcitorio dell'Organismo Nazionale incaricato del risarcimento per quanto riguarda le persone che per loro spontanea volontà hanno preso posto nel veicolo (rubato) che ha causato il danno, se l'Organismo Nazionale incaricato del risarcimento può dimostrare che esse erano al corrente del fatto che né il conducente né il veicolo erano assicurati.

2. La disciplina italiana contenuta nel D.Lgs. n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni Private)

In virtù dell'art. 283 cod. ass., il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada risarcisce i danni causati da veicoli posti in circolazione contro la volontà del proprietario ai terzi trasportati che siano inconsapevoli della circolazione illegale del mezzo.

Secondo la Corte di Cassazione (Cass. civ. sez. III, 9 maggio 2019, n. 12231; Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2023, n. 15982), l'ignoranza della provenienza furtiva del mezzo che ha cagionato il danno rappresenta un fatto costitutivo della pretesa fatta valere dal terzo trasportato nei confronti del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada e, come tale, va provata dall'attore danneggiato. Sia la disciplina italiana sia la disciplina europea perseguono il fine di non riconoscere il risarcimento del danno al terzo trasportato che sia consapevole della circostanza che il mezzo su cui viaggia derivi da un furto. La sopportazione in capo al danneggiato dell'onere di dimostrare la propria buona fede non viola il suddetto principio e rientra nella sfera di discrezionalità riservata allo Stato membro nell'attuazione della Direttiva 2009/103/CE.

Osservazioni

Il Tribunale di Lodi ha rimesso alla Corte di Giustizia dell'Unione europea la questione interpretativa relativa alla distribuzione dell'onere della prova circa la conoscenza o meno da parte del terzo danneggiato della provenienza furtiva dell'automobile che ha cagionato il sinistro stradale.

Come noto, la ratio sottesa all'istituzione dell'Organismo Nazionale di Garanzia da parte dell'Unione Europea è la protezione delle vittime di incidenti stradali (cfr. ad es. Conclusioni dell'Avvocato Generale Carl Otto Lenz del 25 gennaio 1996, nella causa C- 129/1994).

Il perseguimento di tale obiettivo non risulta, tuttavia, incompatibile con la posizione espressa dalla giurisprudenza italiana, secondo la quale spetta al danneggiato provare la propria buona fede e, quindi, l'ignoranza della circostanza che il veicolo fosse di provenienza illecita.

In base alla giurisprudenza europea (Corte Giust. UE, 16 dicembre 1976, C-33/1976; Corte Giust. UE, 13 marzo 2007, C-432/2005; Corte Giust. UE, 11 settembre 2019, C-676/2017; Corte Giust. UE, 9 luglio 2020, C- 86/2019), l'ordinamento giuridico, in assenza di una specifica previsione contenuta nelle fonti europee, ha la facoltà di disciplinare le modalità procedurali dei ricorsi diretti a garantire la piena tutela dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell'Unione Europea, a condizione che tali modalità:

  • rispettino il principio di equivalenza, e quindi non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni simili di natura interna; e
  • siano conformi al principio di effettività, nel senso che non devono essere strutturate in modo tale da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico europeo.

La Direttiva 2009/103/CE non regola espressamente il profilo dell'onere della prova in caso di richiesta di risarcimento danni, da parte del terzo trasportato in un veicolo rubato, all'Organismo nazionale incaricato, atteso che la disciplina è circoscritta ai limiti di copertura dei danni richiesti all'istituto assicurativo. Pertanto, risulta condivisibile la posizione espressa sul punto dalla giurisprudenza nazionale, che considera la disciplina della ripartizione degli oneri probatori una materia di competenza del singolo Stato Membro.

L'orientamento giurisprudenziale domestico, che impone al danneggiato l'onere di provare la propria buona fede, e quindi l'ignoranza della provenienza furtiva del mezzo a bordo del quale si trova(va) quando il sinistro si è verificato, non confligge con i due principi euro-unitari sopra indicati.

Tale interpretazione è, altresì, coerente con il c.d. principio – codificato in materia di processo amministrativo (art. 64, comma 1, c.p.a.) e da tempo (a partire quantomeno dal 2001) applicato anche dalla giurisprudenza civile – di vicinanza della prova, secondo cui il rischio derivante dal mancato assolvimento dell'onere della prova circa fatti o circostanze rilevanti deve gravare sulla parte che ha la maggiore facilità nella conoscenza di quei fatti o circostanze o nell'accesso alle fonti di prova di quei fatti o circostanze.

Sotto tale profilo, è evidente che il terzo trasportato abbia una possibilità maggiore o migliore, rispetto al Fondo Nazionale delle Vittime della Strada (o all'impresa assicurativa designata per tale Fondo), di conoscere la provenienza illecita del veicolo, e quindi di addurre elementi di fatto da cui si possa desumere o presumere la sua inconsapevolezza al riguardo.

Né l'orientamento in questione può contestarsi sulla base di un asserito contrasto con il principio (non codificato e di incerto fondamento) «negativa non sunt probanda», in virtù del quale sarebbe vietato porre a carico di una parte l'onere di provare fatti negativi, a tacer d'altro in quanto l'ordinamento giuridico prevede numerose ipotesi in cui l'onere probatorio concerne fatti negativi: così, a titolo meramente esemplificativo, i genitori sono liberati dalla responsabilità civile per il fatto illecito commesso dal figlio minore se provano «di non aver potuto impedire il fatto» (art. 2048 c.c.); la ripetizione dell'indebito è ammessa a condizione che il solvens dimostri che il pagamento non era dovuto (art. 2033 c.c.). Pertanto, non può sorprendere l'interprete una regola che consenta la dimostrazione, mediante fatti positivi contrari, dell'assenza della circostanza di cui si intende contestare la sussistenza.

Occorre ora valutare se la prova della buona fede a carico del terzo trasportato sia conforme anche al principio di effettività e, quindi, se l'onere richiesto al danneggiato renda la tutela del suo diritto (alla prova e alla difesa) impossibile o eccessivamente difficoltosa.

Sotto tale profilo, un orientamento consolidato della giurisprudenza (ex multis, Trib. Taranto, 24 gennaio 2020 n. 173; Cass. civ., sez. III, 17 luglio 2015, n. 15089) ha chiarito che la prova di una circostanza negativa può essere fornita mediante la dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario ovvero anche mediante presunzioni semplici, dalle quali possa desumersi il fatto negativo stesso.

Concretamente, qualora il terzo danneggiato conosca la persona del conducente e dalle esperienze pregresse condivise o dalle informazioni disponibili abbia avuto contezza di elementi che appaiono incompatibili con una provenienza furtiva dell'automobile, potrà in tal modo assolvere l'onere della prova circa l'ignoranza di tale circostanza. Nel diverso caso in cui il conducente del veicolo e il terzo trasportato si siano incontrati o conosciuti poco prima del viaggio a mezzo di un veicolo di provenienza illecita, potranno comunque essere di ausilio alcuni indici presuntivi, rappresentati dallo stile di vita esibito dal conducente danneggiante o da suoi atteggiamenti, nonché dal contesto in cui l'incontro o l'inizio del viaggio è sorto, così come dalla coerenza tra il tipo di veicolo guidato e il profilo personale del conducente: elementi che dovranno essere valutati secondo un metro di giudizio obiettivo, basato sulla rilevanza che può essere loro attribuita da un terzo osservatore imparziale e sul criterio della media diligenza cui deve attenersi quel tipo di condotta umana.

Riferimenti

  • MANIACI A., Onere della prova e strategie difensive, Milano, 2020;
  • PATTI S., Le prove. Parte generale, 2ª ed., Milano, 2021;
  • RIZZO N., Ipotesi sulle presunzioni semplici, in Resp. civ. e prev., 2024, 393 ss.

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