Funzione e disciplina del protesto nella circolazione degli assegni bancari
05 Dicembre 2024
Massima In caso di omesso pagamento di assegno bancario e in mancanza della levata del protesto nei confronti del traente, il portatore non può esercitare l'azione di regresso contro gli obbligati cambiari, ma mantiene i suoi diritti contro l'emittente del titolo, che non dispone di azione di regresso e, dunque, non è portatore di un interesse tutelato dalla legge al tempestivo protesto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva erroneamente escluso i presupposti per l'esercizio dell'azione causale di regresso - esercitata, con ricorso monitorio, da parte del portatore degli assegni nei confronti dei giranti e del traente -, senza considerare che quattro dei dieci titoli azionati erano stati protestati e che l'emittente doveva ritenersi obbligato per l'intero importo indicato da tutti i titoli, a prescindere dal protesto). Il caso Con due separati atti di citazione, due soggetti ingiunti, da una parte, e un altro soggetto destinatario di diverso decreto ingiuntivo, proposero opposizione ai provvedimenti monitori emessi nei loro confronti, per un determinato importo, contro la Banca ricorrente, la quale aveva agito quale girataria di dieci assegni tratti sul contro di un altro istituto di credito, di cui uno tre ingiunti figurava come traente, un altro come beneficiario-primo girante e un altro ancora come secondo girante. Il Tribunale adito, dopo averle riunite, respingeva entrambe le opposizioni, mentre la Corte di appello accoglieva il gravame formulato da due soggetti ingiunti soccombenti (rigettando l'altro appello), sul presupposto che soltanto quattro dei dieci assegni bancari erano stati protestati e che il protesto sarebbe stato necessario per esercitare la pretesa nei riguardi dei giranti di tutti i titoli. Pertanto, con riferimento agli assegni che non avevano costituito oggetto di protesto, si sarebbe dovuto ritenere che la banca ingiungente aveva agito facendo valere gli stessi solo come promessa di pagamento e, quindi, non poteva considerarsi esercitata l'azione cartolare, ma semplicemente quella causale, basata sul rapporto sottostante all'emissione e al trasferimento dei titoli. Poiché, sulla scorta degli accertamenti probatori, era emerso che il rapporto debitorio era intercorso solo tra la Banca creditrice e l'altro ingiunto, la Corte territoriale escludeva la sussistenza di ogni debito in capo agli altri due destinatari di decreto ingiuntivo. La suddetta Banca che aveva inteso far valere la sua pretesa economica nei confronti di tutti e tre gli ingiunti, che avevano partecipato alla circolazione dei dieci assegni bancari nelle qualità prima riportate, proponeva ricorso per cassazione sulla scorta di sei motivi. La Corte di cassazione, con l'ordinanza qui in esame, ha accolto i motivi dal quarto a sesto (previa declaratoria di inammissibilità dei primi tre), con il quale era stata denunciata la violazione degli artt. 45 c. 1 e 2, 49 e 57 RD 1736/1933 (testo meglio conosciuto come “Legge assegni”). La questione La questione sottoposta all’esame della Corte di legittimità è derivata dal rilievo dedotto dalla ricorrente secondo cui la Corte di appello aveva errato nell’escludere la sussistenza delle condizioni per l’esercizio dell’azione cartolare di regresso da parte della stessa ricorrente (quale ultima girataria e portatrice degli assegni) nei riguardi dei giranti e del traente, non avendo tenuto conto che, con riferimento ai primi e per quattro degli assegni bancari posti a fondamento della domanda monitoria, era stato levato il protesto, mentre, in ordine alla posizione del traente, che quest’ultimo, in quanto rivestente tale qualità che lo privava dell’azione di regresso, era soggetto all’azione cartolare da parte della creditrice portatrice dei titoli, anche in difetto di protesto (o anche di constatazione equivalente). La soluzione giuridica La Corte di cassazione, sulla base dei pacifici accertamenti fattuali corrispondenti alle deduzioni evidenziate dalla banca ricorrente, ha accolto il ricorso, rilevando che, effettivamente, per quattro degli assegni bancari messi in circolazione vi era stata la levata del protesto, ragion per cui – potendo gli stessi avvalersi, eventualmente, dell’azione di regresso – la pretesa creditoria riconducibile all’importo di tali titoli era stata legittimamente esercitata anche nei confronti dei giranti, mentre il traente di tutti i titoli avrebbe dovuto essere ritenuto obbligato, quale debitore in via principale, per l’intero credito dai medesimi portato, a prescindere dalla levata del protesto, non dovuta, per l’appunto, nei confronti del traente di assegni bancari. Osservazioni La segnalata pronuncia consente di fare il punto sulla natura giuridica e sulla funzione del protesto nella circolazione degli assegna bancari. Il protesto, nella sua definizione generale, è l'atto pubblico redatto dal pubblico ufficiale autorizzato diretto ad accertare il mancato pagamento della somma indicata nel titolo e, più in particolare, consiste nella constatazione ufficiale che il trattario, quale soggetto delegato al pagamento per ordine del traente, non ha provveduto all'adempimento della somma ordinariamente avente origine nel rapporto di provvista in favore del prenditore indicato ovvero del portatore del titolo legittimato secondo le regole della circolazione cartolare. Con riferimento specifico all'assegno, il protesto assolve alla funzione di rendere possibile l'azione di regresso contro il girante e gli altri obbligati, mentre l'azione del portatore nei confronti del traente - per quanto dettato dal comma 2 dell'art. 45 della c.d. Legge assegni (la cui previsione sancisce che il portatore, appunto, "mantiene integri i suoi diritti") rimane garantita anche in mancanza di protesto, poiché l'osservanza della relativa formalità non si prospetta necessaria dal momento che il traente a sua volta – come posto in evidenza nell’ordinanza in commento - non è titolare di alcuna azione di regresso nei riguardi di alcuno. Nei rapporti intercorrenti tra girante e giratario, invece, permane comunque l'azione causale relativa al contratto sottostante che ha dato origine alla cessione del titolo, indipendentemente dalla levata del protesto, ad eccezione dell'ipotesi che esso risulti indispensabile affinché al girante venga conservata l'azione di regresso nei confronti di precedenti giranti diversi dal traente. E’ importante, tuttavia, rimarcare che rimane imposto al possessore del titolo di chiederne il pagamento nei termini di legge, allo scopo di conservare al proprio girante "le azioni di regresso che possano competergli", poiché, in difetto, non potrà esercitare nemmeno l'azione causale, per quanto sancito dall'art. 58 c. 2 Legge assegni. E’ opportuno altresì evidenziare che il protesto può essere legittimamente elevato anche dopo la scadenza dei termini di legge, ovvero quando, pur risultando vano per l'esercizio dell'azione di regresso, non si può escludere, in linea di principio, l'utile sua funzione di attestare, con l'efficacia probatoria degli atti pubblici, il mancato pagamento del titolo, quantomeno per accertare solennemente l'inadempienza dell'obbligato in via principale. Va, inoltre, puntualizzato che se, nel caso di azione diretta, il protesto non si profila indispensabile, esso non è, tuttavia, vietato, ben essendo utile che il creditore abbia interesse a far constatare con un atto formale la mora del debitore; in ogni caso, in questa ipotesi, il portatore dell’assegno non è legittimato a ripetere le spese del protesto, non essendo, inoltre, tenuto ad alcun risarcimento dei danni, dal momento che la levata del protesto rimane pur sempre la legittima esplicazione di un suo diritto. Per diretta conseguenza di quanto innanzi riportato si afferma la non necessità del protesto anche nel caso di azione proposta contro l’avallante dell’obbligato principale. Il protesto dell'assegno bancario può essere levato solo su richiesta di chi è legittimato all'esercizio dell'azione cartolare e non anche del semplice detentore del titolo; pertanto, nell'assegno bancario trasferibile per girata, legittimato ad agire per il pagamento e, quindi, ad instare per la levata del protesto è (oltre al primo prenditore in caso di mancata successiva circolazione del titolo prima della sua presentazione) il possessore che giustifichi il suo diritto con una serie continua di girate, anche se l'ultima risulta in bianco. Il protesto, pur rientrando, in senso ampio, nella categoria degli atti di costituzione in mora, si distingue da tutti gli altri atti del genere per peculiari caratteristiche sostanziali (quale la funzione di consentire l'azione di regresso) e formali (quale l'obbligo della pubblicazione in speciali elenchi), le quali non consentono che la sua applicazione possa essere estesa a fattispecie cui è estranea la finalità per il cui conseguimento il protesto stesso è previsto dalla legge. Il protesto, infatti, è atto pubblico e solenne che fa fede legale della dichiarazione del trattario od eventualmente del suo rifiuto a fare dichiarazioni o del suo silenzio e constata il mancato pagamento del titolo. E proprio in quanto atto pubblico - e come tale facendo prova fino a querela di falso delle dichiarazioni che il pubblico ufficiale ha attestato essergli state rese e dei fatti da lui compiuti, ogni contestazione su quanto di diverso si assume detto o avvenuto urta contro il valore di piena prova dell'atto pubblico e, pertanto, non è proponibile se non a mezzo di querela di falso. Il protesto deve essere eseguito con un solo atto, ovvero in un unico contesto redatto sull'assegno bancario (e non sulla copia autentica) od anche sul duplicato o sul foglio di allungamento, che può essere allegato dal pubblico ufficiale elevante, a condizione che egli apponga il proprio sigillo sulla linea di congiunzione, affinché non si determinino problemi di riferibilità del protesto stesso proprio a quel titolo. L’indispensabilità del rispetto del principio dell’unità della formazione dell’atto implica la conseguenza dell’illegittimità dell’apposizione successiva di integrazioni e correzioni e dell’impossibilità, in relazione al carattere della letteralità, di evincere, mediante la valutazione di altri elementi, dati testualmente difettanti. L'art. 61 c. 2 Legge assegni consente, comunque, che il protesto possa essere fatto con atto separato, nel qual caso il pubblico ufficiale procedente è tenuto a farne menzione sull'assegno (o sul duplicato ossia sul foglio di allungamento), tranne che nell'ipotesi si sia dovuto richiedere la levata del protesto pur in assenza del possesso del titolo. Quando il protesto sia stilato disgiuntamente dal titolo deve riportare la trascrizione del titolo stesso, dovendosi aggiungere che nell'ipotesi di molteplici assegni da pagarsi da parte della stessa persona nel medesimo luogo, il creditore è abilitato a far levare il protesto con un unico atto separato. Il protesto deve contenere le indicazioni richiamate nell'art. 63 Legge assegni (riferite alla data, al nominativo del richiedente, all'indicazione dei luoghi in cui è levato e alle ricerche eventualmente realizzate, all'oggetto delle richieste, al nome della persona domandata e alle risposte conseguite - ovvero al suo rifiuto -, nonché alla sottoscrizione del pubblico ufficiale procedente e dell'eventuale presentatore) ed, ovviamente, la mancanza di alcuni dei relativi requisiti essenziali determina la sua nullità, quando, in genere, risulti incertezza sul medesimo contenuto dell'atto (non diversamente integrabile), come nel caso del difetto dell'annotazione della data, del luogo, del nome del trattario e della sottoscrizione del pubblico ufficiale . DOTTRINA
GIURISPRUDENZA
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