RC auto e richiesta stragiudiziale del danneggiato incompleta: oneri a carico dell’impresa di assicurazione
16 Dicembre 2024
Massima L'azione diretta proposta dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell'assicuratore della RC auto è proponibile anche se preceduta da una richiesta stragiudiziale non conforme alle prescrizioni dell'articolo 148 cod. ass., se l'assicuratore si è avvalso della facoltà di chiederne l'integrazione tardivamente dopo la scadenza del termine di trenta giorni previsto dal quinto comma della stessa norma in quanto, in applicazione dei principi di correttezza e buona fede da cui è governata la procedura in esame, l'assicuratore non può trarre un vantaggio (la persistente proponibilità della domanda risarcitoria) dalla propria inerzia (la mancata tempestiva richiesta di integrazione della documentazione già ricevuta). Il caso A seguito di un sinistro stradale una donna, trasportata su un motoveicolo, subisce lesioni personali. La lesa agisce in giudizio nei confronti dell'impresa di assicurazione del motoveicolo ospitante al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti. Il Giudice di Pace dichiara improponibile la domanda in quanto la lesa non si è sottoposta a visita medico-legale da parte del medico all'uopo designato dall'impresa di assicurazione, ai sensi dell'art. 148, comma 3, cod. ass. La lesa propone appello avverso detta sentenza. Il Tribunale di Torre Annunziata con sentenza 4 dicembre 2019 n. 2669 conferma la decisione di primo grado, seppur sulla base di una diversa motivazione. Il Tribunale, in particolare:
La lesa propone ricorso per cassazione avverso detta sentenza affidato a due motivi. Con il primo motivo censura la sentenza impugnata per omessa e contradditoria motivazione su un punto decisivo della controversia in quanto il giudice d'appello ha trascurato di valutare la richiesta risarcitoria inviata all'impresa di assicurazione e la documentazione medica a essa allegata. Con il secondo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 148, comma 5, cod. ass. in quanto il giudice d'appello ha omesso di attribuire rilevanza decisiva alla circostanza che l'impresa di assicurazione aveva contestato l'incompletezza della documentazione medica da essa inviata dopo la scadenza del termine di trenta giorni stabilito dalla predetta norma e, quindi, tardivamente. La Suprema Corte con la decisione in commento:
La questione La questione giuridica affrontata dal giudice di legittimità è la seguente: quale sorte, al fine della proponibilità della domanda, debba avere la domanda giudiziale di condanna dell'impresa di assicurazione della RC auto al risarcimento del danno causato da un sinistro stradale quando il danneggiato abbia assolto in modo incompleto l'onere della preventiva richiesta di risarcimento del danno di cui agli artt. 145 e 148 cod. ass. e l'impresa di assicurazione abbia richiesto al danneggiato l'integrazione documentale in ritardo e, cioè, dopo la scadenza del termine di trenta giorni previsto dall'art. 148, comma 5, cod. ass. Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte ritiene fondato il secondo motivo e dichiara assorbito il primo (che molto probabilmente sarebbe stato rigettato in quanto erroneamente veicolato sotto forma di omessa e contradditoria motivazione su un punto decisivo della controversia anziché di omesso esame circa un fatto storico decisivo per il giudizio risultante dagli atti processuali che è stato oggetto di discussione tra le parti). La Suprema Corte, allo specifico riguardo, richiama un suo precedente relativo a un caso parzialmente simile e relativo alla mancata richiesta di integrazione della documentazione da parte dell'impresa di assicurazione della RC auto (Cass. 9 novembre 2022, n. 32919). La Suprema Corte, in tale precedente, ha affermato che una richiesta stragiudiziale incompleta non renda improponibile la domanda giudiziale se l'impresa di assicurazione non ne chieda l'integrazione. Ciò per due ragioni:
La Suprema Corte, pertanto, in tale precedente:
La Suprema Corte ritiene che tali condivisibili argomentazioni, relative all'ipotesi della mancata richiesta di integrazione della documentazione da parte dell'impresa di assicurazione, possano e debbano essere coerentemente estese anche al diverso caso della richiesta di integrazione della documentazione, da parte dell'impresa di assicurazione tardiva e, cioè, inviata al danneggiato dopo la scadenza del termine di trenta giorni previsto dall'art. 148, comma 5, cod. ass. La Suprema Corte, quindi, afferma che «una volta che sia inutilmente scaduto il termine previsto dall'art. 148 d.lgs. n. 209/2005 assegnato all'assicuratore per richiedere l'integrazione della documentazione già inviata dal danneggiato (ossia una volta che l'assicuratore abbia lasciato scadere tale termine senza inoltrare alcuna richiesta di integrazione della documentazione già inviata dal danneggiato), la domanda giudiziale di quest'ultimo deve ritenersi proponibile, dovendo ritenersi del tutto paradossale (oltreché contrario ai principi di correttezza e buona fede che presiedono allo svolgimento delle relazioni tra le parti nel periodo anteriore all'eventuale esercizio dell'azione giudiziaria) consentire all'assicuratore di ricavare dalla propria inerzia (la mancata tempestiva richiesta di integrazione della documentazione già ricevuta) il vantaggio della persistente improponibilità della domanda risarcitoria». La Suprema Corte, pertanto, alla luce di tali principi accoglie il secondo motivo del ricorso. Osservazioni Gli artt. 145 e 148 cod. ass. - che hanno retto alle censure di incostituzionalità (Corte cost. 3 maggio 2012, n. 111) - hanno creato, dalla loro entrata in vigore, non pochi problemi agli operatori. Il primo problema interpretativo - causato dalla mancanza, nel d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209, di norme transitorie, dirette a regolare i rapporti giuridici sottoposti al trapasso di legislazione - è stato quello relativo all'applicabilità intertemporale (o retroattiva) degli artt. 145 e 148 cod. ass.e, cioè, se gli stessi vadano applicati a tutte le azioni giudiziarie instaurate dopo la loro entrata in vigore e, quindi, anche a quelle in cui i danneggiati abbiano già inviato la preventiva richiesta stragiudiziale di risarcimento del danno secondo la vecchia normativa (art. 22 l. n. 990/1969). La Suprema Corte, dopo oltre sei anni dall'entrata in vigore del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, ha risolto il problema e ha condivisibilmente affermato che «in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, una volta rispettati i requisiti di forma e di contenuto nonché lospatium deliberandi in vigore al momento dell'invio della messa in mora, ai sensi della l. n. 990 del 1969, art. 22, nessuna rilevanza assumono, ai fini della proponibilità della domanda risarcitoria, le nuove prescrizioni relative alla stessa messa in mora e allo spatium deliberandi dettate dal d.lgs. n. 209 del 2005, artt. 145 e 148, di talché il danneggiato, ancorché agisca in giudizio dopo il 31 dicembre del 2005, non è tenuto a reiterare la richiesta nel rispetto della nuova normativa» (Cass. 21 aprile 2011, n. 9140, che è il leading case; conf. Cass. 6 luglio 2021, n. 19031; Cass. 29 gennaio 2016, n. 1664). Il secondo problema interpretativo è stato quello relativo al contenuto della preventiva richiesta stragiudiziale di risarcimento del danno e, cioè, se la stessa dovesse contenere, al fine della proponibilità della domanda giudiziale, sempre e in ogni caso tutti gli elementi elencati dall'art. 148 cod. ass. La Suprema Corte, dopo oltre dieci anni dall'entrata in vigore del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, ha risolto il problema e ha condivisibilmente affermato che «Il nostro intero ordinamento civile è…permeato - per dirla con autorevole dottrina - da un "assetto teleologico delle forme", in virtù del quale sia in ambito sostanziale, sia in ambito processuale, nessuna nullità od invalidità è predicabile quando l'atto abbia comunque raggiunto il suo scopo. Sono arcinote espressioni di questo principio, ad esempio, in campo sostanziale gli artt. 1420 e 1424 c.c., ed in campo processuale l'art. 156 c.p.c., comma 3. Ne consegue che anche il combinato disposto degli artt. 145 e 148 cod. ass. va interpretato alla luce del principio della validità degli atti comunque idonei al raggiungimento dello scopo, e per quanto detto è sempre idonea al raggiungimento dello scopo la richiesta stragiudiziale di risarcimento quando sia priva di elementi che, pur espressamente richiesti dalla legge, siano nel caso concreto superflui al fine di accertare le responsabilità e stimare il danno. La richiesta di risarcimento che la vittima d'un sinistro stradale deve inviare all'assicuratore del responsabile a pena di improponibilità della domanda giudiziale, prevista dall'art. 145 cod. ass., è idonea a produrre il suo effetto in tutti i casi in cui contenga gli elementi necessari e sufficienti perché l'assicuratore possa accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l'offerta. Ne consegue che è irrilevante, ai fini della proponibilità della domanda, la circostanza che quella richiesta fosse priva di uno o più dei contenuti richiesti dall'art. 148 cod. ass., quando gli elementi mancanti erano superflui ai fini della formulazione dell'offerta risarcitoria da parte dell'assicuratore» (Cass. 30 settembre 2016, n. 19354, che è il leading case; conf. Cass. 9 novembre 2022, n. 32919; Cass. 20 gennaio 2022, n. 1756; Cass. 3 giugno 2021, n. 15445; Cass. 25 gennaio 2018, n. 1829). Il terzo problema interpretativo è stato quello di stabilire se, al fine della proponibilità della domanda giudiziale, il danneggiato possa con la propria condotta impedire all'impresa di assicurazione di compiere le attività volte alla formulazione di una congrua offerta ai sensi dell'art. 148 cod. ass. La Suprema Corte, dopo oltre dodici anni dall'entrata in vigore del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, ha risolto il problema e ha condivisibilmente affermato che «In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, a norma dell'art. 145 d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 l'azione per il risarcimento non può essere proposta dal danneggiato che, in violazione dei principi di correttezza (art. 1175 c.c.) e buona fede (art. 1375 c.c.), con la propria condotta abbia impedito all'assicuratore di compiere le attività volte alla formulazione di una congrua offerta ai sensi dell'art. 148 del Codice delle assicurazioni private» (Cass. 25 gennaio 2018, n. 1829, che è il leading case; conf. Cass. 20 gennaio 2022, n. 1756). Il quarto problema interpretativo è stato quello di stabilire se, al fine della proponibilità della domanda giudiziale, la richiesta stragiudiziale di risarcimento del danno incompleta sia sanata o meno dalla successiva inerzia dell'impresa di assicurazione che non richieda al danneggiato l'integrazione documentale. La Suprema Corte, dopo oltre sedici anni dall'entrata in vigore del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, ha risolto il problema e ha condivisibilmente affermato, come rilevato dalla decisione in commento, che «la richiesta stragiudiziale incompleta non rende improponibile la domanda giudiziale, se l'assicuratore della r.c.a. non ne chieda l'integrazione. Ciò per due ragioni. La prima ragione è che l'intera procedura di cui all'art. 148 cod. ass. È governata dai principi di correttezza e buona fede, e sarebbe contrario a tali principi ammettere che l'assicuratore della r.c.a. possa trarre un vantaggio (l'improponibilità della domanda giudiziale) da una condotta scorretta (non richiedere l'integrazione della richiesta stragiudiziale). La seconda ragione è che se l'assicuratore non chiede l'integrazione documentale, non opera come s'è accennato il beneficio della sospensione dei termini per formulare l'offerta. Se ne ricava a contrario che, se l'assicuratore non chiede l'integrazione, i termini per la formulazione dell'offerta continuano a decorrere. Ma sarebbe paradossale ritenere che dinanzi all'inerzia dell'assicuratore i termini per formulare l'offerta continuino a decorrere, mentre la domanda resti improponibile. Gli artt. 145 e 148 cod. ass.vanno dunque letti insieme: quando sono scaduti i termini per l'offerta, la domanda è proponibile; se i termini per l'offerta sono prorogati, è differito altresì lo spatium deliberandi per la proponibilità della domanda; se l'assicuratore non chiede l'integrazione dei documenti, i termini per l'offerta continuano a correre e, con essi, il termine dilatorio della proponibilità della domanda» (Cass. 9 novembre 2022, n. 32919, che è il leading case). Il quinto problema interpretativo è stato quello di stabilire se, al fine della proponibilità della domanda giudiziale, la richiesta stragiudiziale di risarcimento del danno incompleta sia sanata o meno dalla successiva inerzia dell'impresa di assicurazione che richieda al danneggiato l'integrazione documentale tardivamente e, cioè, oltre il termine di trenta giorni previsto dall'art. 145, comma 5, cod. ass. La Suprema Corte, dopo oltre diciotto anni dall'entrata in vigore del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, ha condivisibilmente risolto il problema con la decisione in commento equiparando, a tal fine, la totale inerzia dell'impresa di assicurazione (che non richieda al danneggiato l'integrazione documentale e risolta con la decisione da ultimo indicata), con la parziale inerzia dell'impresa di assicurazione (che richieda al danneggiato l'integrazione documentale tardivamente oltre il termine previsto dalla legge). La Suprema Corte, così, dopo circa quattro lustri dall'entrata in vigore della normativa, ha chiuso (definitivamente?) il cerchio sull'interpretazione del combinato disposto di cui agli artt. 145 e 148 cod. ass. Tale interpretazione, come innanzi esposto, è certamente condivisibile ma il tempo per ottenerla è stato eccessivo. Il problema del tempo per ottenere dalla Suprema Corte l'interpretazione di norme sostanziali e processuali, di recente, è stato risolto con l'introduzione dell'istituto del rinvio pregiudiziale, ex art. 361-bis c.p.c. (articolo inserito dall'art. 3, comma 27, lett. c) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149). Tale norma, infatti, consente al giudice di merito di disporre con ordinanza, sentite le parti costituite, il rinvio pregiudiziale degli atti alla Suprema Corte per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto in presenza del concorso delle seguenti condizioni:
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