Assegni bancari: requisiti per la validità della firma per rappresentanza delle persone giuridiche
16 Gennaio 2025
Massima Requisiti per la valida assunzione di un'obbligazione cambiaria in nome altrui sono, ai sensi dell'art. 11 RD 1736/1933 (c.d. legge assegni), non solo l'esistenza di una procura o di un potere ex lege, ma anche l'apposizione della sottoscrizione con l'indicazione della qualità, ancorché senza l'uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l'avvenuta assunzione dell'obbligazione per conto di altri, come nel caso di collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società, sufficiente a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi in rappresentanza dell'ente, con la conseguenza che a questo ultimo deve rivolgersi il beneficiario del titolo, salva l'eccezione, proponibile soltanto dal rappresentato, del difetto o eccesso di rappresentanza del sottoscrittore. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva ritenuto legittima la levata del protesto nei confronti del sottoscrittore - per mancanza di fondi sul suo conto personale - piuttosto che della società rappresentata, a causa della mancata indicazione della qualità di amministratore, nonostante l'assegno recasse la ragione sociale e gli altri elementi identificativi della società accanto alla firma di traenza). Il caso Un soggetto (persona fisica) e una società (poi dichiarata fallita) convennero, dinanzi al Tribunale di Bologna, una banca e un notaio, chiedendo, nei confronti di questi ultimi (la prima perché lo aveva richiesto e il secondo perché vi aveva provveduto), il risarcimento dei danni conseguente all'illegittima levata di un protesto relativamente ad un assegno risultato scoperto tratto sul conto corrente della persona fisica. Il citato Tribunale respinse la domanda con sentenza confermata dalla Corte di appello all'esito del giudizio di secondo grado (sul gravame formulato dalla sola persona fisica), ravvisando la legittimità dell'eseguito protesto, siccome trattavasi di assegno che recava la firma di detta persona fisica e che si riferiva ad un conto corrente a lui intestato. Peraltro, la Corte territoriale considerava irrilevante che vi fosse la stampigliatura del timbro della società (di cui era legale rappresentante la medesima persona fisica) sul modulo di assegno, dal momento che – pur volendo individuare come soggetto firmatario la società – sullo stesso conto corrente non vi erano fondi sufficienti per provvedere al pagamento del titolo, ragion per cui la banca non avrebbe potuto valutare come “coperto” l'assegno in questione ponendo riguardo ad un diverso conto corrente della società, sul quale invece la necessaria provvista esisteva. La Corte di secondo grado concludeva che, anche a voler seguire l'impostazione dell'appellante persona fisica, l'assegno avrebbe dovuto, in ogni caso, essere protestato, ancorché contro la società. Avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, l'appellante soccombente. Con il primo motivo veniva denunciata la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 11, 14, 15, 62, 63 RD 1736/1933 in rapporto alla circolare n. 3512/C del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, attuativa dell'art. 3-bis DL 381/1995, e all'art. 34 D.Lgs. 507/1999, nonché agli artt. 1176, 1218 e 2043 c.c., assumendo che la Corte d'appello avesse erroneamente considerato l'assegno in questione come firmato personalmente dal correntista, nonostante che esso recasse in basso a destra, in linea con la dicitura “firma”, in modo chiaro, evidente e inequivoco, sotto la sottoscrizione dello stesso ricorrente quale persona fisica, una dicitura riconducibile alla denominazione della società dallo stesso rappresentata (quale, per l'appunto, legale rappresentante). Con il secondo motivo era dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 62 e 63 RD 1736/1933 in relazione alle medesime norme e all'art. 2043 c.c. per aver la Corte di appello illegittimamente ritenuto che, anche se fosse stato levato protesto nei confronti della società firmataria, comunque il conto corrente di riferimento sarebbe risultato privo di fondi, donde la società sarebbe stata egualmente protestata e le conseguenze sarebbero state le medesime. Con il terzo motivo si lamentava l'apparenza della motivazione della sentenza impugnata in relazione agli aspetti di cui alle due precedenti censure. Infine nel quarto motivo si sollecitava la necessità di cassare la sentenza, ai sensi dell'art. 336 c.p.c., sulle parti dipendenti. La Corte di cassazione, esaminati unitariamente per connessione i primi tre motivi, li ha ritenuti fondati, annullando con rinvio la sentenza di appello. La questione La questione sottoposta all’esame della Corte di legittimità è consistita nel verificare se, nel caso di specie, a fronte dell’esternazione della qualifica del sottoscrittore quale legale rappresentante della società identificata con il timbro apposto topograficamente a fianco alla firma, fosse da considerarsi legittimo il protesto a carico del sottoscrittore in proprio, quale persona fisica. La soluzione giuridica La Corte di cassazione, con la pronuncia in discorso, ha ritenuto che il protesto fosse stato illegittimamente levato nei confronti del sottoscrittore persona fisica, avendo, invece, egli speso ed agito con l’apposizione della firma quale legale rappresentante della società, per come desumibile dalla stampigliatura ad essa riferibile presente insieme alla sottoscrizione, e ciò indipendentemente dalla circostanza che l’assegno fosse stato tratto su conto corrente in effetti intestato al solo sottoscrittore quale soggetto fisico. Osservazioni La segnalata pronuncia consente di fare il punto sulla disciplina della sottoscrizione degli assegni bancari (e sui connessi profili di responsabilità), con particolare riferimento all'ipotesi di quando la stessa venga apposta per conto di una persona giuridica. A tal proposito si osserva, in via generale, che quando l'assegno bancario viene tratto su conti intestati a società od Enti, i quali agiscono per mezzo dei loro rappresentanti legali - persone fisiche e che, in dipendenza del rapporto organico che li lega alla persona giuridica, sono legittimati a compiere tutte le operazioni che sono riconducibili all'oggetto sociale, si pone il problema dell'individuazione delle modalità attraverso le quali deve esteriorizzarsi questo rapporto di rappresentanza. Pertanto, onde garantire la riferibilità dell'operazione implicante l'obbligazione cambiaria dipendente dall'emissione o dalla girata dell'assegno bancario, si impone in proposito la necessità che l'amministratore sottoscriva il titolo evidenziando la sua qualità con riferimento alla ragione o denominazione sociale, poiché, in caso di indicazione insufficiente o addirittura mancante del predetto riferimento, l'obbligazione diviene direttamente imputabile al sottoscrittore in proprio. Siccome manca una precisa norma di riferimento circa l'identificazione di tali caratteristiche che consentano detta ricollegabilità in modo univoco, si ammette che qualunque indicazione possa essere sufficiente a rendere evidente il rapporto stesso purché sia adeguata per conseguire un tale effetto e senza che ricorra la necessità di porre riferimento a dizioni stereotipate o sacramentali. E' stato, pertanto, precisato, in termini generali, che requisiti per la valida assunzione di un'obbligazione cartolare in nome altrui sono non solo l'esistenza di un procura o di un potere ex lege, ma anche (atteso il principio di letteralità che connota l'assegno in base al quale solo ciò che su di esso è scritto determina la sussistenza e le caratteristiche dei diritti sul medesimo fondati) l'apposizione della sottoscrizione con l'indicazione della qualità del relativo autore, ancorché senza l'uso di formule solenni e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l'avvenuta assunzione dell'obbligazione per conto altrui. In particolare, la giurisprudenza di legittimità più acuta, incentrando l'attenzione sull'interpretazione rigorosa dell'art. 11 RD 1736/1933, che rivolgendosi appunto alle formalità delle sottoscrizioni anche per quanto concerne gli assegni bancari emessi dalle persone giuridiche e dagli enti associativi, ha affermato che la sottoscrizione, per essere valida, deve contenere il nome (anche se abbreviato o indicato con la sola iniziale) e il cognome di colui che si obbliga, vale a dire del soggetto che firma per l'ente, impegnandolo giuridicamente. I suddetti principi trovano applicazione anche con riguardo agli enti ed organismi non esercenti attività commerciale, come associazioni, fondazioni, condomini, comitati, ed altri. Pertanto, in virtù del disposto di cui all'art. 15 RD 1736/1933 secondo cui la procura generale, anche se rilasciata da non imprenditore, comprende sempre la facoltà di emettere e girare assegni bancari, salvo espressa esclusione, il legale rappresentante dell'ente non economico è legittimato in base alla predetta procura ad assumere obbligazioni cambiarie, specificandosi, peraltro, che, per la firma di tali enti (così come di quelli propriamente commerciali), non è sufficiente l'indicazione della ragione o denominazione, profilandosi indispensabile l'apposizione del nome (anche abbreviato) e del cognome della persona fisica che sottoscrive per l'ente medesimo, pur senza necessità di una precisa formula da cui si evinca il rapporto di rappresentanza. E' importante anche rilevare che, diversamente dalle disposizioni generali codicistiche in tema di rappresentanza, secondo le quali - ai sensi dell'art. 1398 c.c. - è stabilito che il rappresentante senza poteri o che abbia ecceduto i limiti delle facoltà attribuitegli risponde del danno che il contraente abbia subito in conseguenza del suo stato di buona fede circa la validità del contratto, in materia di rappresentanza cambiaria - e, quindi, anche con riferimento all'assegno bancario - l'art. 14 RD 1736/1933 , sancisce che chi appone la firma sul titolo, quale rappresentante esteriore di soggetto per il quale aveva il potere di agire, rimane obbligato come se avesse apposto la sottoscrizione in proprio e, se ha adempiuto all'obbligazione cartolare, gli sono riconosciuti gli stessi poteri e diritti che avrebbe avuto il preteso rappresentato. In questo modo il citato art. 14 RD 1736/1933 prevede la diretta responsabilità per la firma di assegni - in sede di emissione o di successiva girata - del c.d. falsus procurator e di colui che, nell'assunzione dell'obbligazione cambiaria, abbia ecceduto dai limiti dei poteri conferitigli. Occorre precisare che tale conseguenza si prospetta ogni qualvolta l'esistenza del rapporto di rappresentanza non emerga in modo univoco dal titolo, con correlativa opponibilità dell'eccezione, di natura reale, a qualunque portatore, prescindendosi dalla sua condizione psicologica, all'atto della trasmissione in suo favore del titolo. Sulla base del complessivo sistema normativo speciale di riferimento, come inquadrato e interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, ritornando alla fattispecie esaminata con la pronuncia in questione dalla Corte di cassazione, deriva l'affermazione del principio in base al quale, in tema di assegno bancario emesso dal rappresentante e tratto su di un conto corrente intestato al rappresentato (come può essere una società), il protesto deve essere elevato nei confronti del soggetto che ha emesso il titolo, secondo quello che risulta dalla firma di emittenza o di traenza. Ne consegue che, ove si ravvisino esplicitamente nel titolo indici univocamente attestanti l'esistenza di un rapporto di rappresentanza (come tra amministratore-legale rappresentante di una società e la società stessa), il protesto deve essere elevato nei confronti del soggetto rappresentato, mentre nell'ipotesi contraria la responsabilità esclusiva dell'emissione del titolo e della sua circolazione fuori delle condizioni previste dalla legge è a carico di chi lo abbia sottoscritto. DOTTRINA
GIURISPRUDENZA
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