L'art. 52, comma 1, del codice antimafia detta la regola generale secondo cui la confisca di prevenzione non deve pregiudicare «i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro»: ci si chiede se, quando il credito derivi da un fatto illecito del proposto, la tutela riguardi tutti i crediti sorti anteriormente al sequestro, o solo quelli che prima dell'ablazione siano divenuti certi, liquidi ed esigibili. La decisione delle Sezioni Unite.
Questione controversa
Posto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, i crediti derivanti da fatti illeciti del proposto rientrano tra gli «atti» suscettibili di tutela ai sensi dell'art. 52 del codice antimafia, vi è contrasto sull'individuazione di cosa debba avere «data certa anteriore al sequestro»: è, cioè, sufficiente che il diritto del terzo sia sorto prima dell'applicazione della misura cautelare, ovvero è necessario che quel credito sia stato riconosciuto con una pronuncia di condanna divenuta definitiva prima che, nel procedimento di prevenzione, sia stato disposto il sequestro finalizzato a quella confisca?
Possibili soluzioni
Prima soluzione
Seconda soluzione
Secondo un primo orientamento, «In tema di misure di prevenzione patrimoniali, ai fini dell'ammissione al passivo dei crediti dei terzi aventi natura extracontrattuale, l'esistenza delle posizioni creditorie in data antecedente al sequestro deve risultare accertata in un separato giudizio di cognizione, in quanto il giudice della prevenzione è tenuto alla mera verifica, ex art. 59 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, delle condizioni di ammissione del credito sulla base dei documenti attestanti il fatto illecito che vi ha dato luogo» (Cass. pen., sez. I, 26 gennaio 2022, n. 22222): dunque, in assenza di una pronunzia definitiva che accerti, in sede civile o in sede penale, l'esistenza del credito risarcitorio, lo stesso non può essere fatto valere nella procedura di prevenzione, mancando il presupposto della “certezza" (ossia di un documento avente data certa anteriore al sequestro), avendo il giudice delegato, ai sensi degli articoli 57,58 e 59 del codice antimafia, poteri di mera verifica, e non già di accertamento del credito.
I sostenitori di questa linea esegetica ritengono che la formulazione letterale delle disposizioni normative di riferimento imponga di ritenere che l'an del credito, così come la sua tendenziale quantificazione, debbano risultare da “documenti giustificativi” che il creditore istante è tenuto a produrre in sede di domanda ai sensi dell'art. 58, comma 2, lett. c) del codice antimafia: dunque, in caso di illecito extracontrattuale, il documento giustificativo non può che essere una decisione cognitiva di accertamento della sussistenza dell'illecito e della sua ascrivibilità al proposto (1).
Secondo un diverso orientamento, «In tema di misure di prevenzione patrimoniali, la disposizione di cui all'art. 52, comma 1, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che esclude che la confisca pregiudichi i diritti di credito dei terzi risultanti da atti aventi data certa anteriore al sequestro, deve intendersi nel senso che il relativo diritto sia sorto antecedentemente all'applicazione della misura cautelare, non rilevando che esso sia divenuto certo, liquido ed esigibile in un momento successivo. (In motivazione, la Corte ha precisato che nel caso di diritto di credito derivante dalla commissione di un fatto illecito l'insorgenza del diritto al risarcimento del danno o alla restituzione è riferibile al momento della commissione dell'illecito, e che la successiva sentenza di condanna, pur non definitiva, svolge una funzione di mero accertamento)» (Cass. pen., sez. VI, 21 marzo 2023, n. 13474).
Si evidenzia, in proposito, che l'art. 52 del codice antimafia non prevede affatto che nel procedimento di prevenzione i diritti di credito dei terzi possano essere tutelati solo a condizione che siano divenuti "liquidi e certi" in epoca anteriore alla data di adozione del provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione, richiedendo unicamente che si tratti di diritti risultanti «da atti aventi data certa anteriore al sequestro»: dunque, ritenere tutelabile il solo credito definitivamente accertato da una sentenza anteriore al sequestro di condanna significherebbe confondere i requisiti di "certezza" e "liquidità" del diritto - intesi come non controvertibilità della sua esistenza e del suo contenuto, nonché del suo ammontare, cui fa riferimento l'art. 474 c.p.c. per indicare le caratteristiche che deve possedere un diritto affinché il relativo titolo esecutivo possa dar luogo ad una esecuzione forzata - con il requisito di certezza “probatoria” richiesto dall'art. 52 del codice antimafia, che è collegato, invece, esclusivamente alla collocazione cronologica dell'atto da cui deve risultare l'esistenza di quel diritto.
Peraltro, nell'ipotesi di credito derivante da fatto illecito, il diritto al risarcimento del danno o alla restituzione sorge nel momento della commissione dell'illecito, rispetto al quale la successiva sentenza di condanna svolge una mera funzione di accertamento, non potendo dunque, ai fini che qui interessano, avere rilievo il momento in cui la sentenza diventa definitiva ed acquisisce la veste di titolo esecutivo.
A fondamento dell'orientamento assunto, la citata sentenza n. 13474/2023 ha citato il principio espresso da Cass. pen., sez. V, 7 marzo 2022, n. 22618, che, pur intervenendo nel differente ambito delle obbligazioni derivanti da un atto o da un negozio lecito - ha precisato che il giudice delegato investito della verifica dei diritti di credito dei terzi nei confronti dei beni confiscati, in funzione dell'accertamento della ricorrenza della data certa dei crediti anteriore al sequestro ex art. 52 del codice antimafia, deve tener conto di tutte le ipotesi di rilevanza probatoria contemplate dall'art. 2704 c.c. e, dunque, non solo dei fatti tipici, quali la registrazione o la riproduzione in atto pubblico, ma anche di tutti quei fatti non previsti dalla norma che consentano di stabilire, in modo certo, l'anteriorità della formazione di un documento (2).
(1) Cass. pen., sez. I, 26 gennaio 2022, n. 22222, Cass. pen., sez. VI, 13 ottobre 2015, n. 45115.
(2) Cass. pen., sez. VI, 21 marzo 2023, n. 13474.
Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. V, 3 dicembre 2024, n. 47294
La Corte era chiamata a scrutinare il ricorso presentato dalla vittima del furto perpetrato dal proposto, la cui domanda di ammissione allo stato passivo del credito era stata rigettata dal giudice delegato, poiché la sentenza penale che aveva riconosciuto la responsabilità del proposto e lo aveva condannato al risarcimento del danno in suo favore era divenuta irrevocabile dopo l'esecuzione del sequestro di prevenzione finalizzato alla confisca.
Impugnando il provvedimento di rigetto dell'opposizione presentata avverso quel diniego, il terzo si doleva dell'erronea applicazione degli artt. 52,58 e 59 del codice antimafia, invocando l'applicazione al caso di specie del principio di diritto statuito da Cass. pen., sez. VI, 21 marzo 2023, n. 13474.
La Corte ha analiticamente illustrato i due orientamenti in contrasto, evidenziando che essi «individuano in modo contrastante il momento rilevante, per i crediti derivanti da fatti illeciti del proposto, affinché il credito possa essere ammesso nella procedura di prevenzione patrimoniale in quanto fondato su atto di data certa anteriore al sequestro di prevenzione. Tale contrasto è immediatamente rilevante nella fattispecie in esame nella quale il fatto illecito è stato commesso prima del sequestro di prevenzione ed è stato accertato e liquidato dall'autorità giudiziaria solo successivamente».
Ha, altresì, rilevato che «Sullo sfondo delle posizioni contrapposte espresse dai richiamati precedenti si staglia la più generale problematica della latitudine dei poteri del giudice delegato all'ammissione dei crediti nella procedura di prevenzione patrimoniale, ovvero se detto giudice abbia soli poteri di verifica di tali crediti o più ampi poteri di accertamento degli stessi»: ed invero, mentre una parte della giurisprudenza di legittimità ritiene che, ai fini dell'ammissione allo stato passivo, il giudice della confisca, in assenza di una disposizione di legge che estenda in modo generalizzato il suo ambito di intervento, è vincolato agli esiti dell'accertamento civile su an e quantum del credito, salvo il potere di verifica della sua strumentalità rispetto alla attività illecita e dell'insussistenza delle condizioni di incolpevole affidamento del creditore (così, ex plurimis, Cass. pen., sez. I, 28 gennaio 2020, n. 4691), in plurime recenti occasioni la Corte ha ritenuto che il giudice delegato disponga di «una serie di rilevanti poteri di accertamento, anche in ordine all'individuazione della data certa dell'atto ai fini del vaglio sull'anteriorità dello stesso rispetto al sequestro di prevenzione», riconoscendogli, ad esempio, il potere di rilevare d'ufficio la prescrizione presuntiva del credito relativamente al quale sia stata avanzata istanza di ammissione (cfr. Cass. pen., sez. VI, 14 novembre 2023, n. 48472, Cass. pen., sez. II, 13 settembre 2023, n. 46099, Cass. pen., sez. V, 7 marzo 2022, n. 22618 e Cass. pen., sez. II, 1° aprile 2022, n. 24311).
La Corte ha, dunque, rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, per la risoluzione del quesito che è stato così formulato:
«Se, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l'art. 52, comma 1, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 - in forza del quale la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi derivanti da atti aventi data certa anteriore al sequestro - debba essere interpretato nel senso che, ai fini dell'ammissione allo stato passivo del credito del terzo derivante da fatto illecito commesso dal proposto, il relativo diritto debba essere sorto antecedentemente all'applicazione della misura cautelare, anche se accertato e liquidato in un momento successivo, ovvero nel senso che debba essere anteriore al sequestro anche l'accertamento giudiziale del credito».
Informazione provvisoria
Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 27 marzo 2025, hanno affermato il seguente principio di diritto: «In caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest'ultimo può rivendicare esclusivamente l'effettiva titolarità dei beni confiscati. A tale fine può dedurre ogni elemento utile in relazione al thema probandum».
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