Codice della Navigazione - 30/03/1942 - n. 327 art. 653 - Domanda di vendita.

Francesco Bartolini

Domanda di vendita.

[I]. Non prima di trenta e non oltre novanta giorni dal pignoramento, il creditore pignorante o uno dei creditori muniti di titolo esecutivo può chiedere la vendita della nave o del carato con ricorso al giudice competente ai sensi dell'articolo 643 [501 ss., 529 ss. c.p.c.].

[II]. Il ricorso è notificato al proprietario debitore, ai creditori ipotecari e ai creditori intervenuti a norma dell'articolo 499 del codice di procedura civile, con invito a far pervenire le loro osservazioni sulle condizioni di vendita, e, se trattasi di nave straniera, al console dello Stato di cui la nave batte la bandiera.

[III]. Nel termine di giorni trenta dalla notificazione e non oltre novanta giorni dal pignoramento [650 s.], il creditore istante è tenuto a depositare, presso la cancelleria del giudice competente ai sensi dell'articolo 650 il ricorso notificato e l'estratto del registro di iscrizione [146] dal quale risultino le ipoteche trascritte; di essi si forma, a norma dell'articolo 488 del codice di procedura civile, fascicolo insieme con l'atto di pignoramento, con il certificato di cui all'ultimo comma dell'articolo 650 di questo codice, e con le eventuali osservazioni scritte degli interessati sulle condizioni di vendita.

Inquadramento

La procedura esecutiva, per quanto riguarda il rapporto tra le parti e il giudice, con conseguente onere di iscrizione a ruolo, ha inizio con il deposito nella cancelleria del tribunale competente di un ricorso che chiede la vendita del bene pignorato. Il ricorso deve essere previamente notificato al proprietario debitore e ai creditori intervenuti, con invito a far pervenire le loro osservazioni sulle condizioni della vendita, nonché, se trattasi di nave straniera, al console dello Stato di cui la nave batte la bandiera. Di queste notifiche deve essere fornita la prova, all'atto del deposito del ricorso.

La notifica al console se la nave è straniera ha il solo valore di una comunicazione per quello che la dottrina ha definito «rispetto delle regole di buon vicinato»; e la sua omissione non incide sulla validità degli atti di esecuzione (Trib. La Spezia 26 giugno 1998, in Dir. maritt., 2000, 923; Trib. La Spezia 11 maggio 1998, in Dir. maritt., 2000, 918).

Gli adempimenti indicati nel testo dell'art. 653 segnano la fase di radicamento della procedura esecutiva presso l'ufficio giudiziario che dal loro compimento avrà la direzione del processo. Secondo la fondamentale regola per cui il giudice agisce previo impulso di parte, occorre un'istanza di chi ha interesse al suo intervento per trasferire la domanda di giustizia dal piano delle relazioni privatistiche a quello della giurisdizione. In proposito, il modello delle richieste apprestato dal codice di procedura civile per le espropriazioni forzate è solo un lontano riferimento per l'espropriazione forzata di nave, da valersi limitatamente al suo nucleo essenziale: una domanda al giudice competente munita degli elementi, descrittivi e probatori, del diritto fatto valere e di quanto occorra ad assicurare un minimo di garanzia del contraddittorio.

L'istanza di vendita

L'art. 486 c.p.c. dispone che le domande e le istanze che si propongono nell'esecuzione forzata sono proposte oralmente se effettuate in udienza, altrimenti con ricorso da depositarsi in cancelleria. Non è disciplinata dal codice marittimo e aereo la forma del ricorso ma una interpretazione estensiva consente di ritenere applicabile il modello di atto descritto dall'art. 125 c.p.c., per il quale il ricorso deve indicare almeno l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e l'istanza; ed essere sottoscritto nell'originale e nelle copie da notificare dalla parte che sta in giudizio personalmente oppure dal difensore. La stessa disposizione manda al difensore di indicare nell'atto il proprio codice fiscale; l'art. 3-bis d.lgs. n. 82/2005, fa obbligo ai professionisti tenuti all'iscrizione in albi o elenchi di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell'elenco dell'indica nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese. L'art. 121 c.p.c. dispone che tutti gli atti del processo siano redatti in modo chiaro e sintetico. Il d.m. n. 110/2023, ha dettato il Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari.

Rispetto alla disciplina dettata per l'espropriazione ordinaria, l'art. 653 del codice marittimo e aereo dispone che il richiedente la vendita indichi nell'atto le proprie osservazioni sulle condizioni della vendita. L'istanza di vendita è rivolta al tribunale giudice dell'esecuzione ma l'invito a formulare osservazioni ha per destinatari il debitore, gli altri creditori, il terzo proprietario e quanti hanno diritto di essere formalmente informati del procedimento. Infatti, al momento il giudice dell'esecuzione non è stato ancora designato dal presidente del tribunale, designazione che avviene poi a norma dell'art. 654 cod. nav.Notifica e invito tengono il luogo dell'avvertimento dell'espropriazione in corso che l'art. 498 c.p.c. impone di dare (nell'esecuzione forzata in genere) ai creditori aventi sui beni un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri: la cui omissione impedisce al giudice di provvedere sull'istanza di assegnazione o di vendita. Se si ritiene assimilabile la ratio della normativa, nei due ambiti processuali, ne segue che la medesima conclusione assunta dalla giurisprudenza a proposito dell'espropriazione forzata ordinaria: l'omesso avviso non comporta una nullità insanabile ma configura un illecito per violazione di legge ed espone il creditore procedente al risarcimento del danno subito dai creditori iscritti, ai sensi dell'art. 2043 c.c. (Cass. n. 4000/2006).

Legittimati a chiedere la vendita della nave o del galleggiante pignorato sono il creditore pignorante e ciascuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo. In questa specificazione il disposto del codice della navigazione segue lo schema del diritto processuale civile: nell'esecuzione forzata ha legittimazione a proporre istanze al giudice unicamente chi è munito di un titolo dotato dell'efficacia occorrente a pretenderne l'attuazione forzata.

Prima della domanda di vendita devono trascorrere trenta giorni: è questo il periodo di tempo concesso al debitore per adempiere alle sue obbligazioni o per ricorrere agli strumenti giuridici e processuali che contemperano i suoi interessi e quelli dei creditori indipendentemente dal processo esecutivo. Per il termine di cui all'art. 501 c.p.c., avente la medesima funzione di permettere al debitore di evitare la vendita o l'assegnazione dei beni esecutati, la giurisprudenza aveva affermato che l'inosservanza dà luogo a nullità sanabile, non rilevabile d'ufficio e non deducibile oltre l'udienza fissata per l'autorizzazione della vendita, la quale preclude quanto concerne gli atti compiuti ad essa anteriori, a meno che il debitore alleghi di non avere avuto comunicazione del decreto di fissazione di detta udienza (Cass. III, n. 564/2003). Nello stesso senso Cass. III, n. 15630/2002; Cass. n. 4953/1999. Il pignoramento perde, però, efficacia decorsi novanta giorni dalla sua effettuazione. Non si applica alle procedure in tema di esecuzione forzata il regime della sospensione feriale dei termini processuali (Cass. III, ord., n. 13797/2022). Il creditore deve attivarsi per far notificare il ricorso di richiesta della vendita al proprietario debitore, ai creditori ipotecari e ai creditori intervenuti a norma dell'art. 499 c.p.c., con contestuale invito a far pervenire le loro osservazioni sulle condizioni di vendita e, se trattasi di nave straniera, al console dello Stato di cui la nave batte bandiera.

Anteriormente alla scadenza del termine di novanta giorni il creditore è tenuto a depositare presso la cancelleria del giudice competente (art. 643 cod. nav.) il ricorso notificato, l'estratto del registro di iscrizione dal quale risultino le eventuali ipoteche trascritte, l'atto di pignoramento, il certificato rilasciato dall'ufficio di iscrizione della nave attestante l'espletamento delle formalità indicate nell'art. 650 e le osservazioni comunicate dai creditori relative alle condizioni di vendita. Con questa documentazione viene formato il fascicolo processuale che il cancelliere presenta poi al presidente del tribunale per la nomina del giudice dell'esecuzione. Il deposito di tutti gli atti processuali è eseguito esclusivamente con modalità telematiche (artt. 196-quater e ss. disp. att. c.p.c.).

In merito all'onere della notifica ai creditori ipotecari sono applicabili i principi che la giurisprudenza ha affermato con riguardo allo speculare onere stabilito dall'art. 498 c.p.c. a proposito dell'esecuzione forzata in genere. Al riguardo Cass. III, n. 4000/2006 aveva ricordato come la norma citata che prescrive di avvertire dell'espropriazione in corso tutti i creditori aventi sui beni pignorati diritti di prelazione risultanti dai pubblici registri e che, in difetto di tale adempimento, vieta al giudice dell'esecuzione di procedere all'assegnazione o alla vendita, non contenga alcuna sanzione di nullità insanabile per il caso in cui l'assegnazione o la vendita avvengano egualmente senza avviso, ma comporta che il creditore procedente è tenuto a rispondere, a norma dell'art. 2043 c.c., delle conseguenze dannose subite dai creditori iscritti a seguito del provvedimento di vendita o di assegnazione emesso illegittimamente, giacché la mancata notifica dell'avviso, costituendo violazione di un obbligo imposto da una norma giuridica, concreta un'ipotesi di fatto illecito extracontrattuale.

La norma non menziona la prova dell'avvenuta trascrizione del pignoramento. In proposito però l'ultimo comma dell'art. 650 manda all'ufficio di iscrizione della nave, della nave in costruzione o del galleggiante di consegnare al creditore il certificato dal quale risulta l'avvenuto compimento delle formalità di competenza di esso ufficio: appunto la trascrizione del pignoramento nel registro. Questo certificato è depositato dal creditore istante unitamente alla rimanente documentazione.

Anche nei procedimenti di esecuzione forzata l'informatizzazione del processo civile impone che le parti, i difensori, i soggetti nominati dalle parti o delegati dal giudice depositino gli atti esclusivamente con modalità telematiche. La normativa in proposito è indipendente dal contenuto delle controversie da trattare dal giudice ordinario e si applica pertanto anche nelle materie disciplinate dal codice della navigazione per le quali non sono disposte regole specifiche. L'obbligo della detta modalità di deposito era disciplinato da leggi speciali e progressivamente aggiornate allo sviluppo della tecnica ed alla diffusione degli strumenti di comunicazione. Il d.lgs. n. 149/2022, di riforma del processo civile, ha trasportato quelle norme nel corpo delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile (art. 196-quater e ss.). Di tutti gli atti e dei procedimenti è formato un fascicolo telematico. La riforma ha inoltre modificato la disciplina delle notifiche, anche endoprocessuali. Spetta all'avvocato eseguire le notificazioni con lo strumento telematico quando il destinatario ha l'obbligo di munirsi di un domicilio digitale risultante da pubblici elenchi o se ha eletto un domicilio digitale speciale (art. 3-bis l. n. 53/1994, inserito dal citato d.lgs. n. 149/2022). Le norme ordinarie di notifica, tradizionali, sono riservate, anche per l'ufficiale giudiziario, ai soli casi in cui la notifica telematica non è possibile o non è riuscita. Si veda anche l'art. 149-bis c.p.c. Il d.l. n. 19/2024, conv. dalla l. n. 56/2024, ha poi disciplinato la notificazione eseguita tramite un invio postale generato con mezzi telematici.

Può valere nella materia in oggetto il principio enunciato a proposito dell'espropriazione ordinaria per il qualel'omesso o tardivo deposito dell'istanza di vendita determina la perdita di efficacia del pignoramento e quindi l'estinzione della procedura esecutiva, che la parte interessata deve far valere a norma dell'art. 630 c.p.c. e, in caso di rigetto dell'eccezione, col reclamo previsto dalla citata disposizione, non già con l'opposizione agli atti esecutivi (Cass. n. 35365/2023).

L'iscrizione a ruolo

Il codice del diritto marittimo e aereo detta le disposizioni che si attagliano alla specifica materia da esso disciplinata e, pertanto, non si occupa delle regole che appartengono, in genere, alla ampia e generale disciplina del processo civile ordinario: da assumersi come punto di riferimento ogni volta in cui occorrano, all'interprete e all'operatore, criteri applicativi ai quali attenersi nelle questioni da risolvere o nelle controversie da decidere. Una delle principali lacune, se così possono essere definite, riguarda le modalità attraverso le quali dall'atto privato di pignoramento si perviene al radicamento della causa. L'art. 653 descrive gli oneri a carico della parte istante ma non descrive, tra essi, quelli che più propriamente configurano l'iscrizione nel ruolo dell'ufficio giudiziario. Deve pertanto farsi capo a quanto in proposito prevede il codice di procedura civile e la normativa che ne ha fatto modifica.

L'iscrizione a ruolo era eseguita con il deposito, ad opera della parte interessata a proseguire il procedimento, di un documento cartaceo recante gli estremi necessari al cancelliere per iscrivere la causa nel registro generale degli affari dell'ufficio giudiziario. Con riferimento specifico al processo esecutivo, gli artt. 159-bis e 159-ter disp. att. c.p.c. indica va no modalità e contenuto della nota di iscrizione a ruolo per le diverse eventualità in cui l'iscrizione è chiesta dal creditore procedente e per il caso di istanza presentata a cura di soggetto diverso dal creditore. La progressiva informatizzazione del processo ha condotto poi alla sostanziale soppressione delle modalità di utilizzo degli atti in forma div ers a da quella telematica ed alla sostituzione del deposito di documento su supporto cartaceo con quello telematico. Il d.l. n. 132/2014, conv. nella l. n. 162/2014, ha disposto che i procedimenti esecutivi devono essere iscritti con modalità telematiche e che analoghe modalità vanno osservate per il deposito delle istanze di vendita o di assegnazione.

Il testo dell'art. 159- bis è stato sostituito dal d.lgs. n. 164/ 2024 noto come «Correttivo alla riforma Cartabia» per coordinarlo in modo più coerente con la citata digitalizzazione del processo esecutivo. La norma riscritta dispone che la parte richiedente l'iscrizione a ruolo deve indicare, oltre alle generalità e al codice fiscale delle parti e del proprio difensore nonché la cosa o il bene oggetto di pignoramento, anche gli ulteriori dati richiesti dalla normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Il richiamo è riferito in primo luogo alla PEC e al domicilio digitale.

Lo stesso provvedimento correttivo ha apportato modifiche all'art. 159-ter, comma 1, disp. att. c.p.c. L'innovazione ha soppresso dal testo le indicazioni riguardanti la nota di iscrizione a ruolo quale documento autonomo e distinto dalla documentazione da depositare per la formazione del fascicolo: l'iscrizione non ha più necessità di questo atto separato, avente sostanziale valore di istanza all'ufficio, e l'iscrizione è eseguita mediante il semplice deposito della documentazione.

L'intervento dei creditori

Ciò che la norma non regola direttamente ma affida ad un rinvio è la facoltà per i creditori di effettuare l'intervento nella procedura.

La dottrina, e la stessa giurisprudenza (v. ad es. Cass. n. 9511/1993), hanno concordemente affermato la compatibilità dell'istituto dell'intervento dei creditori, come disciplinato dal codice di procedura civile, nel processo di esecuzione su nave e su aeromobile. L'opinione si è formata sul testo degli artt. 653, comma 2, e 1064, comma 2, cod. nav., che citano l'art. 499 c.p.c. quale normativa di riferimento per l'ingresso di terzi nel processo, senza peraltro fornire altre indicazioni di dettaglio. Si è considerata, inoltre, la mancanza di ragioni contrarie all'applicazione di una disciplina che, se ritenuta compatibile, avrebbe colmato un vuoto sensibile e consentito la tutela di creditori rimasti terzi rispetto all'iniziativa del creditore procedente (Vullo, 849; La China, 513; Campeis, De Pauli, 645).

Ammessa, dunque, in linea di principio, la compatibilità dell'istituto dell'intervento con la procedura di espropriazione forzata regolata dal codice della navigazione, si pone per l'interprete il problema di definire il contenuto e i limiti di questa compatibilità.

L'art. 499 c.p.c. dispone che possono intervenire nell'esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante dalle scritture contabili di cui all'art. 2214 del codice civile. La norma è stata radicalmente trasformata dall'intervento apportato dal d.l. n. 35/2005, conv. in l. n. 80/2005, di molto posteriore al rinvio effettuato alla procedura civile dall'art. 653 cod. nav. L'intervenuta importante modifica pone dunque all'operatore, oltre alla cennata questione interpretativa, anche diversi interrogativi di coordinamento.

La questione di maggior rilievo concerne la natura recettizia del rinvio all'art. 499 c.p.c. Il richiamo ad opera del codice marittimo a questa norma appare senza condizioni e dunque aperto, salvo per quanto concerne possibili fattispecie di contrasto tra la normativa generale e quella, da reputarsi prevalente, specifica. In questo senso dunque il rinvio va inteso come comprensivo dell'evoluzione della norma richiamata, in forza di interventi legislativi posteriori al codice della navigazione. Non esistono infatti ragioni per circoscriverlo a un disposto risalente che nel tempo è stato disatteso ed espulso dal corpo dell'ordinamento. Ciò comporta, come conseguenza necessaria, l'intera applicazione della norma citata anche nella parte che predispone un subprocedimento di verifica dei crediti dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo.

Per la giurisprudenza, il creditore che interviene in base ad un titolo esecutivo acquisisce una posizione processuale analoga a quella del creditore pignorante ed è dunque onerato, nel termine all'uopo fissato dal giudice, di depositare l'originale del titolo medesimo (o la copia del provvedimento, regolarmente spedita in forma esecutiva, se si tratti di un titolo giudiziale), che deve restare acquisito al fascicolo della procedura esecutiva quanto meno sino al momento in cui essa si conclude con il provvedimento di assegnazione delle somme dovute, salva la possibilità di restituzione (previa sostituzione con copia conforme), su disposizione del giudice, nell'ipotesi in cui il titolo stesso richieda ulteriore attività esecutiva (Cass. n. 13163/2020). Nell'espropriazione forzata, il ricorso per intervento, recante istanza di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata, è equiparabile alla «domanda proposta nel corso di un giudizio» idonea, a mente dell'art. 2943, comma 2, c.c., ad interrompere la prescrizione dal giorno del deposito del ricorso ed a sospenderne il corso sino all'approvazione del progetto di distribuzione del ricavato della vendita (Cass. n. 14602/2020).

Ha perduto gran parte del suo interesse pratico la risalente questione relativa, una volta ammessa la compatibilità dell'intervento, all'individuazione della specifica normativa applicabile nel caso delle navi e dei galleggianti: questione dibattuta tra coloro che propendevano per le disposizioni sull'intervento nell'esecuzione mobiliare e coloro che, invece, sostenevano le analogie con quelle in tema di esecuzione immobiliare. L'art. 499 c.p.c. ha una portata di norma generale; e la sua posizione di riferimento centrale nell'ambito dell'esecuzione forzata risulta confermata e rafforzata dalle modifiche «unificatrici» apportate dall'art. 2, d.l. n. 35/2005, conv. in l. n. 80/2005, (e successive modifiche di cui alla l. n. 263/2005) sul testo degli artt. 500 (effetti dell'intervento), 525 (intervento nell'espropriazione mobiliare, applicabile anche all'esecuzione presso terzi: art. 551) e 563 c.p.c. (intervento nell'espropriazione immobiliare). Al citato art. 499 dunque occorre far capo quale disposizione regolatrice della facoltà di intervento dei creditori nei vari tipi di processo esecutivo ordinario e, in particolare, anche in quello avente ad oggetto nevi e natanti.

Per un commento all'art. 499 c.p.c. si rimanda alla parte di questo volume che ad esso è dedicata. In questa sede interessa evidenziare alcuni aspetti della disciplina codicistica da porre a confronto con la materia dell'esecuzione su navi e galleggianti.

Una regola importante che si trae dalla disciplina codicistica e in ordine alla quale va registrata l'assenza di disposizioni in quella del diritto marittimo è nel senso che l'intervento differenzia i propri effetti utili in dipendenza di due possibili sue caratteristiche: la titolarità, o meno, di un titolo esecutivo; e il tempo dell'ingresso nel procedimento iniziato dal creditore procedente.

Sotto il primo profilo, l'intervento è consentito nell'esecuzione ordinaria anche al creditore sprovvisto di un titolo esecutivo. Egli deve notificare al debitore, entro i dieci giorni successivi al deposito del suo ricorso per intervento, copia dell'atto e copia dei documenti attestanti il suo diritto. Ne segue la speciale procedura di verifica del suo credito. Si tratta di un subprocedimento inserito nell'ordinamento dell'esecuzione forzata contestualmente alle modifiche degli artt. 499, 500 e disposizioni ulteriori in tema, allo scopo di consentire una ampia partecipazione dei creditori al processo di espropriazione indipendentemente dalla loro disponibilità di un titolo esecutivo nel preciso momento dell'intervento. La loro posizione viene tutelata in vista dell'epoca in cui, maturato il credito, scaduta la condizione o conseguito un provvedimento giudiziale, il loro diritto otterrà l'efficacia di un diritto azionabile esecutivamente.

Il creditore che, al momento del pignoramento, ha un diritto di prelazione risultante da pubblici registri, può intervenire nel processo di espropriazione forzata anche se non munito di titolo esecutivo, senza che siano necessari il deposito e la notifica dell'estratto autentico notarile delle scritture contabili, adempimenti che sono invece prescritti per i creditori sine titulo titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'art. 2214 c.c. (Cass. n. 15996/2022). ll sub-procedimento di verifica dei crediti dei creditori intervenuti senza titolo esecutivo, previsto dall'art. 499, commi 5 e 6, c.p.c., costituisce requisito per l'accesso degli stessi alla distribuzione del ricavato e presidia un interesse pubblico processuale alla regolarità e celerità della ripartizione, sicché compete ex officio al giudice, con l'ordinanza con cui è disposta la vendita o l'assegnazione, fissare un'apposita udienza per la comparizione del debitore e dei suddetti creditori, disponendone la notifica a cura di una delle parti; in difetto, è onere dello stesso creditore interessato avanzare tempestiva istanza affinché l'udienza si svolga durante la fase liquidativa del processo esecutivo, con la conseguenza che, una volta iniziata la fase distributiva, non possono essere accolte né la richiesta volta alla fissazione dell'udienza di verifica del credito, né quella volta alla rimessione in termini del creditore rimasto inerte (Cass. n. 15996/2022).

Per quanto concerne il momento utile a partecipare all'esecuzione, il richiamato art. 499 c.p.c. dispone che esso deve avvenire prima che sia tenuta l'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli artt. 530,552 e 569 c.p.c. Nell'espropriazione di navi e galleggianti l'intervento può avvenire ancor prima che sia nominato il giudice dell'esecuzione; questi, una volta nominato, provvede direttamente a disporre la vendita dopo avere sentito, oltre al debitore proprietario, al creditore precettante e ai creditori ipotecari, anche i creditori intervenuti. Dunque, l'intervento deve essere stato effettuato prima di questa audizione, che non è detto debba avvenire necessariamente nell'occasione di una udienza apposita. Se è fissata un'udienza di comparizione, essa segna il momento preclusivo dell'intervento, che deve essere stato già eseguito. Se gli interessati sono sentiti informalmente, oralmente o per iscritto, il giudice deve avere di fronte parti già formalizzate nelle vesti di cui sopra. Non è previsto un intervento successivo. La disposizione del codice della navigazione lascia aperta la questione riguardante l'intervento tardivo. Ad evitare una palese lacuna deve ritenersi che l'esplicito rinvio operato all'art. 499 c.p.c. consenta di reputare compreso nel richiamo anche l'art. 500 stesso codice, in quanto strettamente complementare al disposto della norma oggetto del rinvio.

Il principio da seguirsi può essere desunto dalle affermazioni giurisprudenziali. Per Cass. ord., n. 26423/2020, ad esempio (in tema di espropriazione immobiliare) la previsione di cui all'art. 565 c.p.c., secondo cui il limite temporale ultimo dell'intervento del creditore chirografario è «prima dell'udienza di cui all'art. 596 c.p.c.», deve intendersi nel senso che tale intervento è ormai precluso dopo che l'udienza di vendita abbia avuto inizio (nella data e nell'ora fissate) e si sia ivi svolta un'attività di trattazione effettiva, ancorché venga disposto, in esito ad essa, un rinvio in prosieguo, restando, invece aperto il termine per l'intervento predetto ove siano state compiute attività esclusivamente dirette a rimediare ad una nullità impediente il normale svolgimento del procedimento e finalizzate all'adozione del conseguente provvedimento, con fissazione di una nuova udienza ex art. 596 c.p.c., ovvero se l'udienza stessa non venga tenuta per mero rinvio derivante da ragioni di ufficio. In tali casi, l'intervento è ancora possibile prima dell'udienza di rinvio. La doglianza con la quale un creditore eccepisce, anche tramite deduzione nel verbale dell'udienza innanzi al giudice dell'esecuzione, la tardività dell'intervento di un altro creditore deve essere qualificata come controversia attinente alla distribuzione della somma ricavata – da risolversi ai sensi dell'art. 512 c.p.c. – e non come opposizione agli atti esecutivi, sicché la stessa può essere dispiegata anche nella fase finale della distribuzione e non è soggetta al termine di decadenza di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. III, ord., n. 26423/2020).

L'inizio della procedura di riscossione coattiva tributaria

Nel sistema disciplinato dal codice della navigazione la procedura di espropriazione della nave ha formale inizio con il deposito nella cancelleria del tribunale competente di un ricorso che chiede la vendita del bene pignorato, dopo che sono trascorsi trenta giorni dalla notifica del pignoramento. Ne segue una procedura che comporta la nomina del giudice dell'esecuzione e la pronuncia di una ordinanza che, verificata l'osservanza di una serie di adempimenti obbligatori, autorizza la vendita con incanto. Dal momento della sua nomina tutti i poteri di direzione e organizzazione si raccolgono in capo al giudice dell'esecuzione. È il giudice dell'esecuzione a disporre la vendita del bene pignorato, dopo avere sentito in proposito il debitore proprietario, il creditore precettante e istante, i creditori ipotecari, quelli intervenuti e il console dello stato di cui la nave batte la bandiera. In ragione della natura specifica della nave e del galleggiante, le disposizioni che tanto prevedono dovrebbero costituire le «norme ordinarie in rapporto al bene oggetto di esecuzione» che l'art. 49, comma 2, d.P.R. n. 602/1973, richiama e indica come applicabili alla procedura espropriativa tributaria quando essa concerne la nave e il galleggiante.

Il richiamo incontra, tuttavia, un duplice ordine di limiti. Le «norme ordinarie» non debbono essere contrarie a quelle dettate dal d.P.R. e con esse debbono essere compatibili. Si pone pertanto la questione della non contrarietà e della compatibilità delle norme del codice della navigazione rispetto alla disciplina posta dal ricordato d.P.R., la quale costruisce il procedimento di espropriazione secondo un modello notevolmente diverso.

Dispone, infatti, l'art. 52 che la vendita dei beni è effettuata a cura dell'agente della riscossione senza necessità di autorizzazione dell'autorità giudiziaria; e aggiunge il successivo art. 56 che soltanto dopo aver condotto a termine la vendita l'agente della riscossione coinvolge l'ufficio giudiziario nel processo, attraverso il deposito dei documenti e della somma ricavata.

La diversità di normative, quella peculiare per la nave e il galleggiante e quella propria all'azione esercitata dall'agente della riscossione, va risolta a favore della prevalenza della disciplina riguardante la riscossione tributaria. È chiara infatti la volontà del legislatore di assicurare la semplicità dei mezzi e la rapidità dei risultati nell'esazione delle somme occorrenti a soddisfare le esigenze dell'amministrazione pubblica e dei servizi collettivi. Molteplici disposizioni sono finalizzate a favorire e facilitare il pagamento ad opera dei contribuenti, mediante forme di dilazione, di sospensione temporanea e di rateizzazione. E una volta giunti al procedimento forzoso, la posizione dell'agente della riscossione è assolutamente centrale e preminente, come dimostrano i suoi poteri di surroga al creditore procedente.

Deve dunque farsi capo alle norme dettate dal d.P.R. e, particolarmente, a quelle con ambito di applicazione generale, di cui agli artt. 49-61, da integrarsi con le disposizioni poste dai successivi artt. 62-71, riguardanti l'espropriazione mobiliare. La natura di beni mobili registrati della nave e del galleggiante non è contemplata come ragione di una disciplina differenziata. A tale genere di beni il d.P.R. dedica una sezione separata, contente peraltro un'unica norma, in tema di fermo di veicoli, di autoscafi e di aeromobili. La circostanza descrive la precisa scelta compiuta dal legislatore: la natura di beni mobili registrati resta indifferente per l'azione dell'agente della riscossione. E soltanto il fatto che tali beni sono individuati da una iscrizione a registro può segnare una diversità di disciplina rispetto a quella relativa ai beni mobili in genere, consentita appunto in quanto la registrazione rende possibile la misura cautelare dell'annotazione del fermo.

Cenni sulla procedura espropriativa tributaria

Prima di procedere alla vendita l'agente della riscossione deve eseguire le forme di pubblicità indicate dall'art. 66 d.P.R. 602/1973: affissione di un avviso per cinque giorni consecutivi nella casa comunale. La medesima disposizione disciplina i tempi dell'avviso e gli intervalli tra gli incanti dei quali dare notizia già con lo stesso avviso. Per l'asporto, la custodia e la vendita, compatibilmente a quanto ciò possa riguardare la nave e l'aereo, possono desumersi criteri applicativi: a) dall'art. 64, per il quale, salvo quanto disposto dall'art. 520 c.p.c., la custodia dei beni pignorati è affidata al debitore o a un terzo con attribuzione all'agente della riscossione del potere di disporre in ogni tempo la sostituzione; b) dall'art. 71, per il quale il concessionario può avvalersi degli istituti di vendita giudiziaria secondo le modalità prestabilite con apposito decreto interministeriale.

Per la determinazione del prezzo base occorre far nominare dal giudice dell'esecuzione uno stimatore, che procede sentito il concessionario. In tal senso deve essere interpretato il dettato dell'art. 68 d.P.R. 602/1973 anche per il caso dell'esecuzione sulla nave o sull'aeromobile, in quanto beni che non hanno un valore di listino o di borsa ed ai quali non può essere attribuito un valore all'atto del pignoramento, dato che esso avviene per documenti, con la notifica di un atto e non con la ricognizione e la materiale apprensione.

La vendita con incanto costituisce la scelta imposta dal legislatore. Il codice della navigazione ammette la forma senza incanto per il caso di incanti senza esito favorevole e risultati ancora inutili pur dopo la riduzione del prezzo al quaranta per cento (art. 661, comma 2). È dubbio che la disposizione possa valere nel caso della riscossione coattiva, dato che il d.P.R. 602/1973 si limita a disporre la sola modalità dell'incanto e disciplina diversamente il caso dei suoi esiti sfavorevoli. L'art. 70 prevede infatti per questo caso la ripetizione della vendita nella stessa forma e, in caso di nuova mancata vendita manda all'agente della riscossione di procedere alla trattativa privata per un prezzo inferiore alla metà del prezzo base del secondo incanto o, in alternativa, ad un terzo incanto a offerta libera. Quale ultima ratio, i bei rimasti invenduti sono messi a disposizione del debitore, perché provveda a ritirarli, o sono distrutti o donati secondo le determinazioni del concessionario.

Nel corso della procedura le occorrenti notifiche sono eseguite nelle forme disposte dall'art. 26 d.P.R. 602/1973 per la notifica della cartella di pagamento.

L'intervento nella riscossione coattiva tributaria

A differenza dal codice della navigazione il d.P.R. n. 602/1973 disciplina l'intervento nella procedura di riscossione coattiva tributaria. La normativa ha natura del tutto autonoma rispetto a quella dettata dal codice di procedura civile e risulta applicabile all'espropriazione della nave. La specificità di questo bene non osta, infatti, a ritenere del tutto compatibile un intervento di creditori in un procedimento espropriativo che riguardi la nave, le sue parti oppure galleggianti.

Le fattispecie regolate sono due. L'una è riferita all'intervento dell'agente della riscossione nell'espropriazione iniziata da terzi e pendente. L'altra concerne l'intervento di altri creditori nell'espropriazione intrapresa dall'agente della riscossione.

Nel primo caso l'ingresso dell'agente assume le forme della surroga nel procedimento esecutivo disciplinate dall'art. 51 del d.P.R. citato. Esso avviene per dichiarazione del «concessionario» al giudice dell'esecuzione che manifesta l'intento di surrogarsi al creditore procedente, con contestuale indicazione del credito in relazione al quale la surroga è esercitata. La dichiarazione è notificata al creditore procedente e al debitore. Se entro dieci giorni dalla notificazione il creditore o il debitore non provvedono a corrispondere all'agente l'importo del suo credito, questi resta surrogato negli atti esecutivi già iniziati e spetta a lui di proseguirli. In pratica la surroga esautora il creditore procedente, al quale è preferito l'agente della riscossione in considerazione della natura del credito oggetto del suo mandato esattivo.

Nel secondo caso l'ingresso di creditori terzi nel procedimento pendente produce gli effetti di un vero e proprio intervento. Ne sono, tuttavia, diverse le forme, rispetto a quelle ordinarie. Ai sensi dell'art. 54 i creditori che intendono intervenire debbono notificare al concessionario un apposito atto contenente le indicazioni prescritte dal comma 2 dell'art. 499 c.p.c. Sul punto la normativa tributaria si salda a quella civilistica e necessariamente ne segue l'evoluzione: il rinvio alla disposizione civilistica risale al 1973 ma essa venne sostituita dal d.l. n. 35/2005, e fu poi modificata dalla l. n. 263/2005. Il senso e il contenuto del rinvio comunque non sono stati mutati nel tempo. La dichiarazione deve contenere l'indicazione del credito e quella del titolo, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata nonché la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice dell'esecuzione. Quando l'intervento ha luogo per un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili, al ricorso deve essere allegato, a pena di inammissibilità, l'estratto autentico notarile che ne fa documentazione.

L'intervento dei creditori conferisce loro soltanto il diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita dei beni pignorati. I creditori chirografari intervenuti tardivamente concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo che sono stati soddisfatti i diritti del concessionario, dei creditori aventi diritto di prelazione e dei creditori chirografari intervenuti tempestivamente.

Domanda di vendita e procedimento di riscossione coattiva tributaria

Nell'espropriazione tributaria l'agente della riscossione che esercita l'azione provvede direttamente e autonomamente alla vendita forzosa delle cose pignorate. L'art. 52 del d.P.R. n. 602/1973 detta in proposito una normativa specifica ed esclusiva di altre, siano esse costituite dal dettato del codice di procedura civile oppure dal disposto del codice della navigazione. Si applicano, infatti, le norme diverse, ordinarie o del diritto marittimo, solo in quanto non derogate da quelle del d.P.R. o con esse non incompatibili (art. 49, comma 2).

La normativa si risolve nell'attribuzione all'agente della riscossione del potere di procedere alla vendita dei pignorati senza che occorra la preventiva autorizzazione del giudice dell'esecuzione. Non occorre pertanto inoltrare una domanda di vendita e neppure è necessaria, o comunque prevista, una ordinanza del giudice che autorizzi la vendita e ne indichi data e modalità. L'unico condizionamento imposto all'agente riguarda le forme della vendita, da eseguirsi come vendita al pubblico incanto.

La sua effettuazione è disposta dal «concessionario»; l'asta è tenuta e verbalizzata dall'ufficiale della riscossione.

Il modus procedendi così previsto accentra nelle mani dell'agente della riscossione le iniziative e le responsabilità degli atti di vendita. I tempi stabiliti dalle disposizioni regolatrici della procedura sono tali da privare in gran parte le possibilità di tutela del debitore che intendesse sottrarre i propri beni all'azione esecutiva mediante ricorso agli istituti di favore predisposti dall'ordinamento. Per questa ragione il legislatore ha conferito al debitore la facoltà di vendere il bene pignorato (o ipotecato) al valore ufficialmente risultato in atti, con il consenso dell'agente che ha proceduto. Il sistema apprestato è il seguente. Il debitore si adopera per reperire un acquirente; si assicura il consenso del creditore procedente; lascia il suo posto a tale creditore, il quale interviene all'atto di cessione in sua vece e riceve il prezzo della vendita. In tal modo si consente all'interessato di favorire la cessione dei suoi beni ad un prezzo che si reputa poter essere satisfattivo ed a condizioni più favorevoli di quanto potrebbe ottenere il «concessionario», soggetto estraneo al mondo nel quale il debitore ha operato e presumibilmente privo delle relazioni più adatte alla collocazione del bene pignorato.

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