Codice di Procedura Civile art. 563 - [ Condizioni e tempo dell'intervento] (1).[ Condizioni e tempo dell'intervento] (1). (1) Articolo abrogato, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e) n. 22 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2 3-sexies d.l. n. 35, cit., sub art. 476. Il testo recitava: «[I]. Possono intervenire a norma dell'articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito, anche se sottoposto a termine o a condizione. [II]. Per gli effetti di cui all'articolo seguente l'intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita». InquadramentoL'art. 563 c.p.c. è stato abrogato con decorrenza dal 1° marzo 2006 per effetto dell'art. 2, comma 3, lett. e), d.l. n. 35/2005, conv. con modif. dalla l. n. 80/2005. Gli effetti di tale abrogazione riguardano gli interventi proposti a far data dal 1° marzo 2006 sia nelle procedure esecutive già pendenti a tale data sia in quelle instaurate successivamente. Sotto il vigore della disciplina precedente alla riforma del 2005, l'art. 563 c.p.c. – con riguardo all'espropriazione immobiliare – consentiva l'intervento per i crediti sottoposti a termine o condizione, il cui termine era fissato dal comma 2 della disposizione in esame nella prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita. Per l'espropriazione mobiliare, invece, l'art. 525 c.p.c. (anch'esso abrogato nella parte di interesse del presente studio) consentiva l'intervento dei creditori titolari di un credito certo, liquido, esigibile da depositarsi entro la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l'assegnazione ovvero (per la c.d. piccola espropriazione mobiliare) entro la data di presentazione dell'istanza di vendita. In altri termini, nella disciplina previgente mentre l'art. 525 c.p.c., per l'espropriazione mobiliare, stabiliva quale condizione di ammissibilità dell'intervento la titolarità di un «credito certo, liquido ed esigibile», l'art. 563 c.p.c. consentiva l'intervento nell'espropriazione immobiliare a chi fosse titolare di un credito certo e liquido, ancorché non esigibile. Dalla diversa formulazione delle norme in esame, la Corte di Cassazione traeva una condizione parzialmente difforme per la quale per l'intervento dei creditori nella procedura esecutiva immobiliare non fossero richiesti gli estremi della liquidità ed esigibilità del credito, ma solo il requisito della certezza (Cass. n. 1870/1981; Cass. n. 4027/1976; Cass. n. 1691/1975). La differenza di trattamento era solitamente giustificata considerando che pretendere anche per le esecuzioni immobiliari il requisito dell'esigibilità avrebbe comportato in molti casi l'esclusione dei creditori ipotecari, tenuto conto che la vendita forzata ha come effetto anche quello di purgare il bene dai diritti reali di garanzia, a prescindere dall'esigibilità del credito (così Castoro, 2006). In un primo momento la giurisprudenza si era espressa sostenendo la necessità dei requisiti di liquidità, esigibilità e certezza del credito alla luce delle previsioni contenute negli artt. 525 e 563 c.p.c., allora vigenti (in questo senso Cass. n. 1348/1970 secondo cui «il creditore che abbia ottenuto sentenza di convalida di sequestro conservativo e di condanna generica al risarcimento dei danni non può partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla espropriazione immobiliare da altri promossa sui beni sequestrati, né può essere la distribuzione sospesa in attesa dell'acquisizione del requisito della liquidità, di cui il creditore è privo»). Tuttavia, nel tempo si era andato affermando un opposto orientamento che, stravolgendo la precedente impostazione, ha ammesso il creditore sequestrante, che non aveva ancora ottenuto la condanna esecutiva di cui all'art. 686, comma 1, c.p.c., a partecipare alla distribuzione della somma ricavata dall'espropriazione promossa da altro creditore sul bene sequestrato, statuendo sulla necessità di sospendere la fase distributiva relativamente a quelle somme che spetterebbero al sequestrante in ragione del titolo costituito dalla emanazione della sentenza di condanna (Cass. n. 2733/1977). Attualmente con l'abrogazione degli artt. 563 c.p.c. e 525 c.p.c. le condizioni di ammissibilità dell'intervento devono essere individuate per tutte le forme di espropriazione esclusivamente nell'art. 499 c.p.c., al cui commento si rimanda. Per quanto qui ci interessa, considerato che l'art. 499 cit., così come riformato, ha stabilito che possono depositare intervento coloro che vantano un credito fondato sul un titolo esecutivo ovvero risultante dalle scritture contabili di cui all'art. 2214 c.c. ovvero che hanno eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero vantino un diritto di pegno o di prelazione risultante dai pubblici registri, ci si è domandati se condizione necessaria (ai fini della ammissibilità dell'intervento) sia l'esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile. La dottrina ha sostenuto che i requisiti della certezza, liquidità, esigibilità del credito non sono più richiesti, né per l'intervento non titolato, né per quello titolato e condizionano la possibilità di partecipare utilmente alla distribuzione del ricavato. In questi termini: Storto, 2007, 152. BibliografiaCastoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, 2006; Storto, Commento agli artt. 499,500,510 c.p.c., in Commentario alle riforme del processo civile, II. Il processo esecutivo, a cura di Briguglio e Capponi, 2007, 152. |