Codice della Navigazione - 30/03/1942 - n. 327 art. 644 - Oggetto dell'espropriazione e delle misure cautelari.Oggetto dell'espropriazione e delle misure cautelari. [I]. Salve le eccezioni contemplate nell'articolo seguente, possono formare oggetto di espropriazione forzata e di misure cautelari le navi e i galleggianti, i loro carati [258] e le loro pertinenze separabili [246]. [II]. Se oggetto di espropriazione forzata e di misure cautelari sono carati di navi [258], il giudice competente può, sentiti i comproprietari non debitori, autorizzare il pignoramento [492, 555 c.p.c.] o il sequestro [670 s. c.p.c.] dell'intera nave, quando la quota del proprietario debitore eccede la metà; in tal caso, il diritto spettante ai comproprietari non debitori sui carati ad essi appartenenti è convertito nel diritto alla corrispondente parte del prezzo di aggiudicazione ed è esente da ogni concorso alle spese delle procedure esecutive e cautelari [680 comma 2]. InquadramentoI beni ai quali si riferiscono le norme dettate dal codice della navigazione – r.d. n. 327/1942 – si contraddistinguono dai comuni beni mobili per la loro particolare natura e per la loro destinazione. Sia le navi che gli aeromobili sono disciplinati dal codice marittimo e aereo nella loro attitudine a muoversi, nell'acqua o nell'aria, ed a servire da strumento di utilità per l'uomo. Sino a quando navi e aeromobili conservano questa attitudine e questa destinazione essi sono di interesse per le disposizioni che specificamente ne regolano le caratteristiche, la manovra, la circolazione e l'espropriazione forzata. Una volta perdute o mai possedute siffatte caratteristiche, la loro natura è quella dei comuni beni mobili, di cui all'ultimo comma dell'art. 812 c.c. La fisiologica idoneità al movimento ha reso opportuno un sistema di «anagrafe» (comune, per questo aspetto, a quello dei veicoli a motore su strada) imperniato sulla registrazione, in forza del quale ad ogni mezzo è assegnato un numero identificativo, spesso un nome o una sigla, ed una nazionalità: vale anche per le navi e gli aeromobili la disposizione di cui all'art. 815 c.c., per la quale i beni mobili iscritti in pubblici registri sono soggetti alle disposizioni che li riguardano e, solo in mancanza, alle disposizioni relative ai beni mobili. La costruzione di una categoria di beni sottoposta ad una normativa separata è dunque una parte prevista e voluta della disciplina giuridica, legata alla loro peculiare natura. L'iscrizione nel pubblico registro mira a conseguire fini di pubblicità e non ha natura costitutiva. Tuttavia, in difetto di iscrizione la circolazione, quando non è vietata, è soggetta al regime previsto per i comuni beni mobili (Cass. n. 2445/1993). La normativa separata per le navi e gli aeromobili è comprensiva delle regole che riguardano l'esecuzione forzata e i provvedimenti cautelari. È proprio in questo ambito che l'esigenza di disposizioni specifiche si è proposta con forza. Occorreva predisporre strumenti impeditivi di una facile sottrazione del bene alla procedura di soddisfacimento delle pretese dei creditori, sottrazione resa non solo possibile ma addirittura agevole dalla sua funzionale idoneità al movimento da luogo a luogo. E d'altro lato si è dovuto tener conto, nell'interesse di tutti, della capacità di produrre utili ove di quel bene assoggettato a vincolo fosse stato consentito ancora, in pendenza di esecuzione forzata, l'esercizio conforme alla sua naturale destinazione economica. Da queste istanze sono derivate le scelte legislative riguardanti gli adattamenti da apportare alla normativa comune per assicurare l'utilità del pignoramento e conseguentemente rendere sicuro l'asservimento del mezzo mobile all'espropriazione. In questo quadro si giustificano le differenze di diritto positivo per quanto concerne le forme dell'esecuzione, la conservazione dei beni pignorati e la loro amministrazione nella pendenza del procedimento. Navi e galleggiantiL'art. 136 cod. nav. definisce come nave qualsiasi costruzione destinata al trasporto per acqua, anche a scopo di rimorchio, di pesca, di diporto o di altra utilità; e aggiunge che le disposizioni riguardanti le navi si applicano, in quanto non sia diversamente disposto, anche ai galleggianti mobili adibiti a qualsiasi servizio attinente alla navigazione o al traffico in acque marittime o interne. Dispone l'art. 62 del d.P.R. n. 631/1949, Regolamento per la navigazione interna, che, in mancanza di elementi dai quali risulti la destinazione prevalente a servizi attinenti alla navigazione e al traffico in acque interne, si considerano galleggianti le costruzioni che non siano dotate di mezzi di propulsione propria. È nave o galleggiante anche ciò che viene rimorchiato ed è privo di una mobilità propria, come avviene per la gru, il pontone e la draga, che vengono portate da altro mezzo sul luogo del loro impiego (App. Venezia 13 giugno 2005, Dir. maritt., 2007, 1208). Un bacino galleggiante di carenaggio ancorché, in ipotesi, dotato dei requisiti della mobilità e dell'attitudine alla navigazione, non può essere considerato nave né essere assimilato alla nave come definita dall'art. 136 cod. nav. (Cass. I, n. 9589/1994, fattispecie riferita all'esclusa applicazione del d.P.R. n. 633/1972). Non ha dunque rilievo l'autonomia della cosa costruita a muoversi con mezzi propri e neppure la sua dimensione, maggiore o minore, semplice o complessa. Ciò che risulta essenziale è la mobilità per acqua, unitamente alla destinazione ad un servizio, anche se la mobilità deriva da forze esterne, quali il trascinamento. Navi e galleggianti si caratterizzano per la loro destinazione al trasporto per via di acqua; ma secondo una diffusa opinione, ai fini dell'applicazione delle norme di diritto marittimo in tema di espropriazione non è indispensabile che tali beni siano attualmente ed effettivamente utilizzati. Ciò che interessa è la loro mobilità considerata in astratto. Per la dottrina è elemento essenziale alla nozione di nave la sua attitudine alla navigazione, da intendersi come sussistenza delle condizioni in forza delle quali la cosa può essere effettivamente adibita a navigare. Pertanto, non potrebbe essere «nave» ciò che non presenta più l'elemento della destinazione a muoversi per acqua, come avviene per le navi in demolizione, in disarmo, sommerse e per i relitti di naufragi. In tal senso, nel caso di nave che aveva subito gravi avarie: Trib. di Trieste 14 agosto 2008, in Dir. maritt., 2009, 1235, e, più in generale, Cass. n. 7020/2005. Per Cass. III, n. 6134/1995 la nave perisce come tale allorché ne vengano meno gli elementi essenziali, quando, cioè, si sia verificata una situazione per cui non possa essere più considerata quale costruzione atta e destinata al trasporto di cose e persone per acqua: condizione che può verificarsi per naufragio derivante da cause esogene (collisione, investimento, tempesta, uragano, azione bellica, ecc.), ovvero endogene (esplosione, cedimento di parti, falle, allagamento) o, comunque, per un'alterazione irreversibile dei componenti della nave dipendente da qualsiasi altra causa (la Corte ha affermato che spetta al giudice di merito verificare se trattisi di nave o di relitto, con valutazione incensurabile in cassazione se sorretta da logica e adeguata motivazione). Per il Consiglio di Stato (11 dicembre 1996, n. 733, in Cons. St. 1998, I, 1690) i relitti, definiti «cose da rimuovere», sono di proprietà dello Stato. Dubbi sono sorti per quanto riguarda le navi in costruzione. Si concorda che in ogni caso occorrerebbe che esse fossero iscritte nell'apposito registro delle navi da costruire ma divergono poi le opinioni in proposito. Se l'elemento qualificante è l'attitudine alla navigazione ed al trasporto, risulta coerente affermare che la nave non sia assoggettabile all'esecuzione secondo le norme del codice della navigazione sinché non abbia raggiunto un punto di avanzamento costruttivo tale da fargli acquisire quella caratteristica. In ogni caso l'art. 650, comma 3, cod. nav. prevede il pignoramento della nave in costruzione, e dispone che la trascrizione dell'atto avvenga nel registro delle navi in costruzione. I carati e le pertinenzeIl pignoramento può riguardare la nave nella sua interezza o quote di proprietà su di essa. Queste quote assumono la tradizionale denominazione di carati (art. 258 cod. nav.: in numero di 24) e costituiscono porzioni ideali divisibili a loro volta in frazioni. Ogni carato, per quanto non separato né separabile dall'intero, è suscettibile di un proprio valore commerciale e di una autonoma valutazione economica. Il pignoramento di uno o più carati, pertanto, non comporta la necessaria divisione della nave che sia in comproprietà, nelle forme dell'espropriazione dei beni indivisi (Vullo, 839). Unicamente nel caso in cui la quota del proprietario debitore eccede la metà della nave il giudice, su istanza di parte, può considerare l'opportunità di pignorare il bene per intero e darne autorizzazione (art. 644 cod. nav.). In questo caso il giudice deve previamente sentire i comproprietari non debitori, che devono necessariamente subire l'esecuzione. E il diritto spettante loro sui carati di appartenenza viene convertito nel diritto alla corrispondente parte del prezzo di aggiudicazione. La conversione avviene in prededuzione e con completa esenzione da ogni concorso nelle spese di esecuzione. La dottrina considera la fattispecie quale deroga al principio espresso nell'art. 2910 c.c. in quanto nel caso contemplato l'espropriazione colpisce beni di soggetti che non sono né debitori né, con i propri beni, responsabili del debito altrui. La deroga si giustifica considerando la necessità di evitare che un bene a destinazione dinamica e utilitaristica come la nave venga paralizzato nella sua funzione dalle lungaggini di un giudizio divisorio. In proposito la dottrina accenna ad un principio di «indivisibilità» del bene. Per le forme del pignoramento di carati si veda sub art. 650. Giudice competente al rilascio dell'autorizzazione al pignoramento dell'intero è il tribunale indicato nell'art. 643. L'art. 644 consente il pignoramento di pertinenze della nave. In proposito va richiamata la nozione generale di pertinenza fornita dal codice civile negli artt. 817 e seguenti. In questo ambito l'art. 246 cod. nav. indica una elencazione delle pertinenze marittime esemplificativa e specifica al settore disciplinato: per esse si intendono le imbarcazioni, gli attrezzi e gli strumenti, gli arredi e in genere tutte le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento della nave. Le pertinenze possono essere in proprietà di chi non è proprietario della nave e su di esse i terzi possono vantare diritti di contenuto diverso (artt. 247, 248). È condizione necessaria per la loro pignorabilità, ai sensi delle disposizioni del codice della navigazione, che esse siano separabili. La materiale separazione conferisce individualità alla pertinenza, permette di valutarlo come bene economicamente a sé stante e ne consente il pignoramento e la vendita senza pregiudizio per l'intero. Affinché sia controllato che la separazione non danneggi la complessiva garanzia goduta dai creditori ipotecari, per asportazioni devastanti, essa deve venire autorizzata dal tribunale previa loro audizione. La separazione materiale attribuisce autonomia fisica e giuridica sotto molti aspetti. I beni separati divengono «merci» e il loro passaggio della linea doganale, ad esempio (siano essi parti della nave ovvero cose trasportate ovvero provviste di bordo), li assoggetta al pagamento dei diritti doganali (Cass. I, n. 231/1980). Per la forma del pignoramento delle pertinenze si veda sub art. 651. Nonostante l'intrinseca differenza rispetto ai beni immobili, alcuni principi dettati dal codice civile per essi possono essere applicati alle pertinenze del diritto marittimo. Si veda, ad esempio: Poiché il rapporto pertinenziale postula, a norma dell'art. 817 c.c., la volontà dell'avente diritto di destinare durevolmente una cosa (bene accessorio) al servizio di un'altra (bene principale), nell'ipotesi di alienazione a soggetti diversi, per quote separate, del bene principale e della corrispondente parte del bene accessorio, la permanenza del suindicato rapporto è configurabile (nel concorso dei requisiti di cui al citato art. 817 c.c. ed in difetto di una contraria volontà dei nuovi aventi diritto) solo tra le frazioni concrete del bene principale e di quello accessorio attribuite al medesimo acquirente, mentre la conservazione dell'originario vincolo tra i due beni, a carico di ciascuno degli altri acquirenti delle frazioni della pertinenza ed a favore di ciascuno degli acquirenti delle frazioni del bene principale, non può che conseguire all'assunzione degli obblighi di carattere personale o ad altra costituzione di servitù, anche non pattizie (Cass. ord., n. 12440/2022). Gli accessori pertinenziali di un bene devono ritenersi compresi nel suo trasferimento, anche nel caso di mancata indicazione nell'atto di compravendita, essendo necessaria un'espressa volontà contraria per escluderli (Cass. ord., n. 12866/2022; Cass. n. 634/2003). L'accertamento del rapporto pertinenziale tra due immobili – che comporta un giudizio di fatto demandato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da congrua e corretta motivazione – presuppone l'esistenza, oltre che di un unico proprietario, di un elemento oggettivo, consistente nella oggettiva destinazione del bene accessorio ad un rapporto funzionale con quello principale e di un elemento soggettivo, consistente nell'effettiva volontà, espressa o tacita, di destinazione della res al servizio o all'ornamento del bene principale, da parte di chi abbia la disponibilità giuridica ed il potere di disporre di entrambi i beni. Ne consegue che siffatto vincolo non può essere costituito dal conduttore (Cass. ord., n. 20911/2021). L'esercizio dell'azione di rivendicazione in ordine ad un bene pertinenziale non fa venir meno l'onere dell'attore di fornire la c.d. “probatio diabolica” in ordine al bene principale, non essendo sufficiente, per l'esonero da tale onere, la mancata contestazione sulla proprietà del predetto bene, né l'accertamento del rapporto di pertinenzialità (Cass. ord., n. 22783/2023). Il vincolo pertinenziale tra la cosa accessoria e la cosa principale cessa quando viene oggettivamente meno la destinazione funzionale tra i due beni e quando l'avente diritto, con atto volontario, dispone separatamente della pertinenza, senza che, in tal caso, sia necessaria un'espressa e formale dichiarazione della volontà della nuova e diversa destinazione della cosa (Cass. ord., n. 20911/2021). Oggetto delle misure cautelariL'art. 644 cod. nav. accomuna l'espropriazione forzata e le misure cautelari per quanto riguarda il bene che ne può costituire l'oggetto: di soddisfazione pecuniaria effettiva nell'interesse dei creditori, per la prima procedura, e di assicurazione della conservazione della garanzia patrimoniale, con riferimento alla seconda tipologia di strumenti processuali. Per entrambe le situazioni l'oggetto è costituito dalle navi e dai galleggianti, i loro carati e le loro pertinenze. La disciplina dei procedimenti cautelari nel codice della navigazione è raccolta nelle disposizioni di cui agli artt. 682 e seguenti. Il detto art. 644 ne enuncia le premesse con il porre il principio generale dell'equiparazione tra esecuzione forzata e cautele processuali, in considerazione della sostanziale comunanza delle finalità da perseguire. Inutile infatti sarebbe predisporre processi caratterizzati da plurimi adempimenti se poi nel tempo occorrente ad espletarli non fosse assicurata la concreta possibilità di un esito satisfattorio per gli aventi diritto a vedersi estinto il proprio credito. Va ricordata una particolarità, in questa materia. Per il credito che sorga in relazione ad una specifica nave, il suo sequestro può essere concesso anche quando il debitore non ne è il proprietario, purché il credito medesimo sia assistito da privilegio speciale (si veda Trib. Savona, 18 luglio 2019, n. 3). L'identità di oggetto per l'espropriazione forzata e per le misure cautelari conduce ad una applicazione estesa della speciale disciplina espropriativa. Le spese effettuate per atti conservativi sulla nave sono annoverate tra i crediti privilegiati (art. 552 cod. nav.) e per essi vanno intesi gli atti di conservazione giuridica del bene, vale a dire per atti che, mirando a impedire la sottrazione del bene alla garanzia dei creditori, siano valsi o risultino comunque preordinati a consentirne l'espropriazione (Cass. III, n. 12298/2016). Il principio vale anche al di fuori dall'ambito civilistico. Si è, ad esempio, affermato che in tema di misure cautelari reali è legittimato a chiedere il riesame del provvedimento di sequestro l'armatore, quale titolare dell'impresa di navigazione che, come tale, può vantare un diritto alla restituzione del bene vincolato (Cass. pen. I, n. 829/2001). Il fermo amministrativoL'art. 86 del d.P.R. 602/1973 predispone uno specifico mezzo cautelare riferito ai beni mobili registrati quali sono la nave e il galleggiante, oltre all'aeromobile. Si tratta di un provvedimento, a disposizione dell'agente della riscossione, adottabile dopo che è decorso inutilmente il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento (salve le disposizioni in tema di rateizzazione, dilazione e sospensione del debito). La misura cautelare in questo caso non ha la funzione di assicurare una prova o di garantire l'efficienza di un provvedimento definitivo; bensì quella di premere sul contribuente debitore affinché adempia ai suoi obblighi di pagamento, se intende riottenere la libera disponibilità del suo automezzo. Il fermo non avviene «a sorpresa». La normativa impone all'agente della riscossione di comunicare al debitore o ai coobbligati che risultano dall'iscrizione in pubblici registri un avviso contenente l'informazione relativa all'esecuzione del fermo ove entro il termine di trenta giorni il pagamento dovuto non sia effettuato. Decorso il termine senza risultato positivo, la misura è senz'altro attuata senza ulteriori comunicazioni. Il fermo si risolve poi in una iscrizione dell'atto nel registro mobiliare, salvo venga dimostrato che il bene mobile è strumentale all'attività di impresa o della professione. La circolazione con veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo è soggetto alla sanzione amministrativa prevista dall'art. 214, comma 8, del Codice della stradad.lgs. n. 285/1992 (pagamento di una somma da Euro 1.984 a Euro 7.937). La menzione degli «autoscafi» effettuata nel comma 3 dell'art. 86 indica chiaramente che il fermo è applicabile anche con riguardo ai beni mobili registrati costituiti dalla nave e dal galleggiante. In materia di fermo amministrativo, è irrilevante la notevole sproporzione tra il valore della sanzione ed il valore del bene sottoposto a fermo, dato che l'art. 86 del d.P.R. n. 602/1973 non prevede alcun limite di proporzionalità o di valore del credito tra i presupposti di applicabilità della misura (Cass. VI, n. 22018/2017). In base al combinato disposto degli artt. 86 del d.P.R. n. 602/1973 e 3 del d.l. n. 203/2005, non sussiste l'obbligo di procedere ad esecuzione forzata entro termini perentori dall'esecuzione del fermo amministrativo, essendo quest'ultimo una misura afflittiva avente la specifica finalità di indurre il debitore all'adempimento sottraendogli la disponibilità del bene (Cass. lav., n. 15349/2020). Il fermo amministrativo di un veicolo non impedisce il risarcimento da parte della compagnia di assicurazione in caso di furto dello stesso (Trib. Torino, IV, 22 febbraio 2021, n. 834, in Arch. giur. circ. ass. e resp. n. 4/2021, con nota di Di Pirro). In tema di azione di contestazione del fermo amministrativo, nonostante essa integri un'ordinaria azione di accertamento negativo circa i presupposti per l'adozione di quella misura, legittimato passivo necessario è l'agente della riscossione: da un lato, perché esso ha dato corso, sia pure per ineludibile dovere istituzionale, all'iscrizione della misura e quindi causa alla necessità, per il preteso debitore, di azionare il giudizio; dall'altro lato, perché nei suoi confronti andrà pronunziata la condanna alla cancellazione; e residuando la sua facoltà di chiamare in causa l'ente creditore quale presupposto per escludere, in via di rivalsa e quindi esclusivamente nei rapporti interni con quello, la propria istituzionale responsabilità (Cass. VI, n. 10854/2018). In caso di opposizione al provvedimento di fermo amministrativo di beni mobili registrati che si fondi su una pluralità di pretese, alcune delle quali di natura tributaria ed altre di natura diversa, ove l'impugnazione sia stata proposta congiuntamente, senza distinguere la natura dei crediti, innanzi al giudice ordinario, questi deve trattenere la causa innanzi a sé in relazione ai crediti d'imposta non tributari e rimettere la causa innanzi al giudice tributario per la parte in cui il provvedimento si riferisce a crediti di competenza di quest'ultimo (Cass. III, n. 6135/2018). La giurisprudenza ha ammesso l'impugnabilità del preavviso di fermo. In esso ha ravvisato un atto che, pur preliminare alla vera e propria misura di cautela, è idoneo a ledere interessi tutelabili del debitore. Il preavviso di fermo amministrativo è funzionale a portare a conoscenza del debitore la pretesa dell'Amministrazione finanziaria, e vale altresì come richiesta di pagamento a garanzia della quale si avvisa il contribuente che sarà iscritto il fermo in caso di inadempimento (Cass. VI, n. 5469/2019, che ha ritenuto il preavviso atto idoneo ad interrompere la prescrizione, stante il suo contenuto informativo della pretesa tributaria). L'impugnazione del preavviso di fermo amministrativo, sia se volta a contestare il diritto a procedere all'iscrizione del fermo, sia che riguardi la regolarità formale dell'atto, è un'azione di accertamento negativo a cui si applicano le regole del processo di cognizione ordinario, e come tale non assoggettata al termine decadenziale di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. VI, n. 18041/2019). Il preavviso di fermo amministrativo emesso ex art. 86 del d.P.R. n. 62/1973 per crediti tributari è impugnabile innanzi al giudice tributario, in quanto atto funzionale a portare a conoscenza del contribuente una determinata pretesa tributaria, rispetto alla quale sorge l'interesse ex art. 100 c.p.c. alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva, a nulla rilevando che detto preavviso non compaia esplicitamente nell'elenco degli atti impugnabili contenuto nell'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, in quanto tale elencazione va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., che in conseguenza dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la l. n. 448/2001 (Cass. V, n. 27601/2018). L'impugnazione del preavviso di fermo amministrativo introduce un ordinario giudizio di accertamento negativo del credito, e non un'opposizione all'esecuzione, con la conseguenza che il giudizio è soggetto alla sospensione feriale dei termini processuali (Cass. VI, ord., n. 28509/2022). L'illegittimità di singoli atti esecutivi va fatta valere con l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c., la quale rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass. ord., n. 31265/2023). Il fermo amministrativo che si riveli illegittimamente eseguito può essere causa di un danno risarcibile. Per Cass. III, ord., n. 13173/2023 tra le voci del pregiudizio da risarcire rientra quella concernente la perdita di valore del mezzo per la prolungata sua indisponibilità, quale componente del danno emergente, la cui esistenza e il cui ammontare sono sottoposti agli ordinari oneri probatori, che possono essere soddisfatti anche con il ricorso alle presunzioni; da esse si può trarre conferma della volontà della parte di godere materialmente del proprio bene secondo il suo uso normale. BibliografiaAa.Vv., Rassegna dell'esecuzione forzata, Napoli, 2024; Bartolini, La riforma dell'esecuzione forzata, Piacenza, 2022; Bartolini, Il pignoramento di navi e aeromobili, in Aa.Vv., Il pignoramento nel suo aspetto pratico, diretto da De Stefano e Giordano, Milano, 2020, 325 ss.; Berlingieri, Le convenzioni internazionali di diritto marittimo e il codice della navigazione, Milano, 2009; Carbone, Celle, Lopez de Gonzalo, Il diritto marittimo. 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