Codice di Procedura Civile art. 543 - Forma del pignoramento 1 2 .

Maria Ludovica Russo

Forma del pignoramento 12.

[I]. Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi [513 3-4], si esegue mediante atto notificato3 al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti.

[II]. L'atto deve contenere, oltre all'ingiunzione al debitore di cui all'articolo 492:

1) l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo [474] e del precetto [480];

2) l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l'intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice [546; 2914, 2917 c.c.];

3) la dichiarazione di residenza [43 2 c.c.] [o l'elezione di domicilio [47 1 c.c.] nel comune in cui ha sede il tribunale competente] nonché l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente 4;

4) la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l'invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all'articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata; con l'avvertimento al terzo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un'apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione 5.

[III]. Nell'indicare l'udienza di comparizione si deve rispettare il termine previsto nell'articolo 501.

[IV]. Eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di citazione. Il creditore iscrive a ruolo il processo presso il tribunale competente per l'esecuzione depositando copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto entro trenta giorni dalla consegna, a pena di inefficacia del pignoramento. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell'esecuzione. [Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al secondo periodo sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore] 6.

      [V] Il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento, notifica [al debitore e] al terzo l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione. La mancata notifica dell'avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell'esecuzione determina l'inefficacia del pignoramento. Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, l'inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l'avviso. In ogni caso, ove la notifica dell'avviso di cui al presente comma non sia effettuata, gli obblighi del terzo cessano alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento7.

     [VI] Se il creditore riceve il pagamento prima della scadenza del termine per il deposito della nota di iscrizione a ruolo, lo comunica immediatamente al debitore e al terzo. In tal caso, l'obbligo del terzo cessa alla data di ricezione della comunicazione.8

[VII] Quando procede a norma dell'articolo 492-bis, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto, e si applicano le disposizioni di cui al quarto comma. Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere l'assegnazione o la vendita delle cose mobili o l'assegnazione dei crediti. Sull'istanza di cui al periodo precedente il giudice fissa l'udienza per l'audizione del creditore e del debitore e provvede a norma degli articoli 552 o 553. Il decreto con cui viene fissata l'udienza di cui al periodo precedente è notificato a cura del creditore procedente e deve contenere l'invito e l'avvertimento al terzo di cui al numero 4) del secondo comma 9.

 

[1] Sui crediti delle rappresentanze diplomatiche e consolari straniere v. l'art. 19-bis d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv., con modif., in l. 10 novembre 2014, n. 162 che recita: «  (Crediti delle rappresentanze diplomatiche e consolari straniere). ― 1. Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio, le somme a disposizione dei soggetti di cui all'articolo 21, comma 1, lettera a), della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004, di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 5, depositate su conti correnti bancari o postali, in relazione ai quali il capo della rappresentanza, del posto consolare o il direttore, comunque denominato, dell'organizzazione internazionale in Italia, con atto preventivamente comunicato al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e all'impresa autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria presso cui le medesime somme sono depositate, ha dichiarato che il conto contiene esclusivamente somme destinate all'espletamento delle funzioni dei soggetti di cui al presente comma. ― 2. Effettuate le comunicazioni di cui al comma 1 non possono eseguirsi pagamenti per titoli diversi da quelli per cui le somme sono vincolate. ― 3. Il pignoramento non determina a carico dell'impresa depositaria l'obbligo di accantonamento delle somme di cui al comma 1, ivi comprese quelle successivamente accreditate, e i soggetti di cui al comma 1 mantengono la piena disponibilità delle stesse ».

[2]  A norma dell'art. 27, comma 1, lett. b), numero 6)  del d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, la parola: «tribunale», ovunque ricorra, e' sostituita dalla seguente: «giudice»; ai sensi dell'art. 32, comma 3 del d.lgs. 116 cit., come da ultimo modificato dall'art. 8-bis, comma 1, lett. b), d.l. 30 dicembre 2019, n. 162, conv., con modif., in l. 28 febbraio 2020, n. 8, le disposizioni di cui all'art. 27 citato entrano in vigore il 31 ottobre 2025.

[3] L'art. 19 d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv., con modif., in l. 10 novembre 2014, n. 162, ha soppresso la parola "personalmente". A norma del comma 6 bis, del medesimo art. 19 , tale disposizione si applica ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione.

[4] Numero così modificato dall'art. 3, comma 7, lett. n) , n. 1, d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 , che ha soppresso le parole tra parentesi quadre. Ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Precedentemente il numero era già stato modificato dall'art. 96lett. a)d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999 e successivamente    è stato modificato dall'art. 1, comma 20, l. 24 dicembre 2012, n. 228, che ha inserito, in fine, le parole «nonché l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente».

[5] Numero modificato dall'art. 19 d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv., con modif., in l. 10 novembre 2014, n. 162. A norma del comma 6, del medesimo art. 19 , le disposizioni di cui al presente comma si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione. A norma del comma 3, del medesimo art. 18 , le disposizioni di cui al presente comma si applicano ai procedimenti esecutivi iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione . Il testo recitava: «la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione di cui all'articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori, con invito al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda i crediti di cui all'articolo 545, commi terzo e quarto, e negli altri casi a comunicare la dichiarazione di cui all'articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata ». In precedenza il numero era stato modificato dall'art. 1, comma 20, l. 24 dicembre 2012, n. 228, che aveva inserito, in fine, le parole «ovvero a mezzo di posta elettronica certificata». Il numero era già stato modificato dall'art. 11 l. 24 febbraio 2006, n. 52. Il testo del numero, come modificato dall'art. 96 lett. b) d.lg. n. 51, cit., era il seguente: « 4) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice dell'esecuzione del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione di cui all'articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori».

[6] Comma così modificato dall'art. 3, comma 7, lett. n), n. 2 d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 , che ha sostituito il  secondo periodo con   le parole «Il creditore iscrive a ruolo il processo presso il tribunale competente per l'esecuzione depositando copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto entro trenta giorni dalla consegna, a pena di inefficacia del pignoramento.» alle parole «Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro trenta giorni dalla consegna», e ha soppresso il quinto periodo tra le parentesi quadre. Ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Precedentemente il presente comma è stato sostituito dall'art. 18 d.l. 12 settembre 2014 n. 132, e modificato, in sede di conversione, dalla l. 10 novembre 2014, n. 162. Il testo precedente recitava: «L'ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell'atto, è tenuto a depositare immediatamente l'originale nella cancelleria del tribunale per la formazione del fascicolo previsto nell'articolo 488. In tale fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della costituzione prevista nell'articolo 314». Il comma era già stato modificato dall'art. 96 d.lg. n. 51, cit., con effetto, ai sensi dell'art. 247, comma 1, dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998 n. 188, cit., dal 2 giugno 1999.

[7] Comma così modificato dall'art. 3, comma 7, lett. n), n. 3 d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 , che ha inserito in fine i seguenti periodi  «Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, l'inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l'avviso. In ogni caso, ove la notifica dell'avviso di cui al presente comma non sia effettuata, gli obblighi del terzo cessano alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento.» e ha soppresso le parole tra parentesi quadre. Ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Precedentemente il presente comma è stato aggiunto dall'art. 1, comma 32, l. 26 novembre 2021, n. 206. Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit.

[8] Comma così sostituito  dall'art. 3, comma 7, lett. n) , n. 4 d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Il testo del comma , come aggiunto dall'art. 1, comma 32, l. 26 novembre 2021, n. 206, era il seguente: «Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, l'inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l'avviso. In ogni caso, ove la notifica dell'avviso di cui al presente comma non sia effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento». Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit.

[9] Comma inserito dall'art. 19 d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv., con modif., in l. 10 novembre 2014, n. 162. A norma del comma 6, del medesimo art. 19 , le disposizioni di cui al presente comma si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione.

 

 

 

 

Inquadramento

Il procedimento di espropriazione presso terzi si caratterizza ha ad oggetto crediti del debitore verso un soggetto terzo ovvero beni o somme di denaro appartenenti allo stesso debitore che si trovano in possesso di un terzo.

Esso è regolato dalle disposizioni generali in materia di esecuzione forzata (artt. da 483 c.p.c. a 512 c.p.c. e dagli specifici artt. dall'art. 543 c.p.c. all'art. 554 c.p.c.) che disciplinano appunto la peculiarità dell'espropriazione presso terzi rispetto alla disciplina generale.

In sintesi, l'atto di pignoramento deve essere notificato sia al debitore sia al terzo, il quale ultimo è chiamato a rendere una dichiarazione specificando di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna al debitore esecutato, rendendo la propria dichiarazione che viene acquisita al processo esecutivo e sulla cui base il giudice emetterà l'ordinanza di assegnazione.

Ecco, dunque, che nella procedura espropriativa verso terzi, viene ad essere coinvolto un soggetto terzo, che si assume debitore di quello principale esecutato o detentore di beni o somme di denaro, spettanti allo stesso esecutato.

Il pignoramento presso terzi presuppone, dunque, che si proceda su un duplice fronte e, precisamente, «verso il terzo», non soggetto alla sanzione esecutiva, nei cui confronti viene svolta un'attività meramente strumentale all'imposizione del vincolo pignoratizio e «contro il debitore», che è il soggetto passivo del processo. Il coinvolgimento necessitato del terzo estraneo comporta che il pignoramento presso terzi assuma caratteri di peculiarità che deviano dal modello tipico riscontrabile nel pignoramento mobiliare di cui all'art. 513 c.p.c. ovvero in quello immobiliare di cui all'art. 555 c.p.c.

La circostanza che il pignoramento presso terzi abbia ad oggetto cose nel possesso di un terzo o crediti nei confronti di terzi comporta che il pignoramento non possa perfezionarsi con un'apprensione materiale o anche solo giuridica della res pignorata, la quale anzi nella prima fase – e fino alla dichiarazione del terzo ovvero alla pronuncia della sentenza che accerta il suo obbligo – resta non esattamente individuata (Soldi, 1016).

Il terzo (c.d. debitor debitoris) è un soggetto estraneo al rapporto processuale vero e proprio, la cui partecipazione è essenziale per l'attuazione della fattispecie di cui all'art. 543 c.p.c. in ragione del rapporto di natura sostanziale esistente con la res pignorata.

Le modifiche legislative succedutesi nel tempo dal 2005 al 2015 (ed in parte la novella del 2021), hanno modificato la figura del terzo pignorato, da un lato rendendone più agevole la resa della dichiarazione (artt. 543, comma 2, n. 4 e 547 c.p.c.) dall'altro ponendo l'accento sui compiti e sugli oneri comunque facenti capo allo stesso (artt. 546,547 e 548 c.p.c.).

È da ritenersi dunque ormai superata l'opinione secondo cui il terzo pignorato avrebbe un mero onere di collaborazione con l'ufficio giudiziario la cui inosservanza non sarebbe foriera di conseguenze. (Cfr. Cass. n. 3374/1969, in questo senso si è espressa Cass. n. 9888/1995, sebbene prefigurando comunque un onere di collaborazione quale ausiliario del giudice, come poi confermato incidentalmente da Cass. n. 12259/2009 che, nel richiedere al terzo un onere di collaborazione nei casi in cui l'espropriazione presso terzi venga eseguita ai danni del Comune – sottoponendo ad esecuzione le somme a questo dovute dal tesoriere – evidenzia come il terzo sia tenuto a rendere una dichiarazione chiara e confortata da elementi documentali, al fine di consentire al giudice dell'esecuzione il rilievo dell'impignorabilità delle somme staggite, ove ne ricorrano i presupposti).

Allo stato delle novelle in atti (vedi più specificamente commenti subartt. 546,547,548 c.p.c.) può allora ritenersi che il terzo pignorato non sia comunque da considerarsi parte del processo in senso tecnico (così Cass. n. 9390/2016), ma conservi il ruolo di ausiliario del giudice; In base a questo egli deve ritenersi titolare, non di un onere, bensì di obbligo di collaborazione la cui inosservanza è sanzionata in modo specifico e diretto. Più precisamente, cioè, se il terzo non collabora si presume che abbia riconosciuto di essere debitore del debitore per l'intero importo indicato dal creditore pignoramento, ne consegue che il terzo è tenuto alla custodia delle somme di cui è «virtualmente» in possesso (alla stregua della presunzione sancita dall'art. 548 c.p.c.) ed è tenuto ad adempiere all'ordinanza recante l'assegnazione di tali somme (Soldi, 1017).

In merito alla figura del terzo ed alla necessaria partecipazione dello stesso agli incidenti cognitivi (sia nella fase endoesecutiva, sia in quella di merito) la giurisprudenza ha modificato parzialmente il precedente orientamento secondo cui: sebbene il terzo pignorato non sia parte in senso tecnico del processo espropriativo, deve partecipare ai quei giudizi di opposizione all'esecuzione e di opposizione agli atti esecutivi nei quali si contesti la validità o la legittimità del pignoramento, e sempreché si controverta di vicende che possano comportare la sua liberazione dal vincolo imposto con l'intimazione (Cass. n. 9527/1987; Cass. n. 905/1988; Cass. n. 2423/1990; Cass. n. 9571/1997; Cass. n. 6275/2003; Cass. n. 6432/2003; Cass. n. 14106/2006; Cass. n. 11360/2006 ed in particolare, Cass. n. 11928/2006), mentre il terzo pignorato non è parte necessaria nel giudizio di opposizione all'esecuzione o in quello di opposizione agli atti esecutivi, qualora non sia interessato alle vicende processuali, relative alla legittimità e alla validità del pignoramento, tranne quando abbia un interesse all'accertamento dell'estinzione del suo debito per non essere costretto a pagare di nuovo al creditore del suo debitore. (Cass. n. 10813/2020). Con un arresto, ormai da ritenersi consolidato ha affermato che: «In tema di espropriazione presso terzi, nei giudizi di opposizione esecutiva si configura sempre litisconsorzio necessario fra il creditore, il debitore diretto ed il terzo pignorato (cfr. Cass. n. 13533/2021 e conf. Cass. n. 39973/2021)

La competenza del giudice adito

La competenza per materia del Tribunale è prevista ex art. 9 c.p.c., mentre la competenza per territorio è regolata dall'art. 28 c.p.c. ed ha natura funzionale ed inderogabile (Cass. n. 3615/2013).

Pertanto, il vizio di incompetenza è rilevabile d'ufficio da parte del giudice sino al giorno dell'udienza (art. 38 c.p.c.); laddove il vizio sia stato tempestivamente eccepito, si ritiene altresì proponibile l'opposizione agli atti esecutivi contro l'ordinanza di assegnazione, che implicitamente non accolga la deduzione di incompetenza (Soldi).

La S.C. esclude che contro il provvedimento col quale il giudice dell'esecuzione neghi la propria competenza per territorio sia proponibile il regolamento di competenza (cfr. Cass. n. 17462/2010, per la quale, laddove, tuttavia, il regolamento di competenza sia stato comunque proposto si determina la sospensione del decorso del termine per proporre opposizione agli atti esecutivi, fino alla data di comunicazione del deposito dell'ordinanza di decisione del regolamento di competenza). Una recente pronuncia di legittimità ha osservato, però, che la competenza sull'esecuzione ai sensi dell'art. 26, ed ora dell'art. 26-bis c.p.c., si inserisce nel sistema della competenza in generale e, dunque, esige la garanzia della possibilità del controllo immediato tramite il regolamento di competenza. Tale controllo, sulla base delle argomentazioni desumibili dall'art. 187 disp. att. c.p.c. si estrinseca in prima battuta non già direttamente sul provvedimento del giudice dell'esecuzione negativo della propria competenza o affermativo di essa, bensì, essendo impugnabile tale provvedimento con l'opposizione ex art. 617 c.p.c., attraverso l'impugnazione con il regolamento di competenza necessario della pronuncia del giudice dell'opposizione agli atti esecutivi di accoglimento o di rigetto dell'opposizione agli atti e, quindi, rispettivamente, di dissenso dalla valutazione del giudice dell'esecuzione negativa o affermativa della propria competenza sull'esecuzione forzata oppure di condivisione di quella valutazione, dovendosi tanto la sentenza di accoglimento che di rigetto intendersi impugnabili ai sensi dell'art. 187 disp. att. c.p.c., in quanto pronunce che decidono sulla competenza in tema di esecuzione forzata (Cass. n. 8172/2018).

Per ciò che concerne l'ordinanza di assegnazione del credito nel procedimento di espropriazione forzata presso terzi, si ritiene che essa (quale dichiarazione implicita di competenza) non sia impugnabile con regolamento di competenza, trattandosi di un provvedimento diretto ad assicurare lo svolgimento ordinato dell'esecuzione e non essendo destinato a risolvere, in maniera definitiva ed irretrattabile, una controversia tra le parti sulla quale possano nascere o siano insorte questioni di competenza del giudice (in questi termini, tra le altre, Cass. n. 4989/2001, in Giur. it., 2002, 940, con nota di Fratini, Sull'esperibilità del regolamento di competenza avverso i provvedimenti del giudice dell'esecuzione; contra, nella giurisprudenza più risalente, Cass. n. 12016/1995; Cass. n. 5863/1983; Cass. n. 2420/1981).

Dal punto di vista soggettivo, in giurisprudenza si ritiene che il terzo non sia legittimato a sollevare l'eccezione di incompetenza territoriale del giudice dell'esecuzione in quanto non è parte del processo esecutivo (Cass. n. 6762/2001; Capponi, 227 ss.).

La regola dell'art. 26-bis comma 2 c.p.c.

L'art. 26. comma 2 c.p.c., detta la regola generale in materia di competenza per territorio dell'espropriazione presso terzi.

Nello specifico, fuori dei casi di cui al comma 1 (ossia quelli in cui il debitore pignorato sia una amministrazione pubblica), per l'espropriazione forzata di crediti è competente «il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede».

La norma è frutto della modifica operata dall'art. 19 d.l. n. 132/2014, conv., con modif., in l. n. 162/2014. A norma del comma 6, del medesimo art. 19, (le cui disposizioni si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione), con cui sono stati nettamente modificati i criteri generali di competenza in materia, poiché l'abrogato comma 2 dell'art. 26, così recitava «per l'espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore».

Coordinatamente a tale disposizione l'art. 543 comma 2 n. 4 c.p.c., come anch'esso riformulato dal legislatore del 2014, deve contenere la citazione del solo debitore a comparire davanti al giudice competente senza più fare riferimento, come nella dizione precedente alla comparizione «davanti al giudice del luogo di residenza del terzo».

Il cambiamento nel criterio di competenza è direttamente speculare, come si vedrà meglio infra, alla modalità di rendere la dichiarazione ad opera del terzo. Essendo venuta meno l'esigenza di radicare la competenza territoriale in un luogo riferibile alla sfera di interessi del terzo (al fine di renderne meno gravoso il presenziare all'udienza), la dichiarazione stessa potrà essere resa mediante invio di raccomandata o posta certificata all'indirizzo del creditore procedente, senza necessità di comparire in udienza.

La novella legislativa rende tra l'altro più agevole la trattazione congiunta del pignoramento anche nei confronti di più soggetti terzi. In concreto il vecchio criterio della competenza poteva portare anche ad un abuso del processo esecutivo da parte del creditore procedente il quale finiva per «lucrare» le spese di distinte procedure esecutive – in quanto, essendo la competenza in questione inderogabile non poteva trovare applicazione l'art. 33 c.p.c. (Cass. n. 10123/2000). La circostanza che per il medesimo credito potessero pendere più procedure esecutive incardinate dinanzi a diversi uffici giudiziari a seconda del luogo di residenza del terzo pignorato comportava, inoltre, per il debitore ridotte possibilità di ottenere la riduzione del pignoramento, come si legge nella stessa Relazione illustrativa all'art. 29 del d.l. n. 132/2014, la quale sottolinea, a riguardo, che «la concentrazione presso un unico foro dei procedimenti di espropriazione di crediti a carico di un unico debitore e rivolti a più terzi debitori muove dall'esigenza di garantire un adeguato livello di tutela dell'esecutato consentendogli un pieno ricorso all'istituto della riduzione del pignoramento ex art. 546, comma 2, c.p.c., che presuppone la pendenza dei procedimenti espropriativi presso un unico giudice».

Ove il terzo sia una persona fisica, dovrà farsi riferimento al luogo in cui questo ha la sua residenza anagrafica, ovvero, ove questa sia sconosciuta, ove è fissato il suo domicilio o la sua dimora.

Più problematica è la situazione ove il terzo sia una persona giuridica.

Nel vigore del vecchio testo normativo, l'interpretazione si era assestata sul principio secondo cui: ove il terzo debitore sia una persona giuridica, la facoltà del creditore procedente di ricorrere al foro della sede legale della persona giuridica oppure, in alternativa, a quello del luogo in cui la stessa ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda (v., sulla scorta del principio enunciato da Cass. n. 1783/1982, tra le altre, Cass. n. 3077/2014; Cass. n. 2465/2001, in Giur. it., 2001, 1837).

Gli stessi criteri possono trovare applicazione con riferimento all'art. 26-bis c.p.c. nel senso di individuare quale criterio generale di collegamento della competenza per territorio nell'espropriazione presso terzi il luogo di residenza ovvero la sede del debitore qualora lo stesso sia una persona giuridica, con conseguente possibilità di incardinare il procedimento dinanzi al Tribunale del luogo nel quale lo stesso ha una sede secondaria.

Art. 26-bis comma 1 ed il Servizio di Tesoreria dello Stato

Ove il soggetto pignorato sia una amministrazione Pubblica, l'art. 26-bis c.p.c. ha subito diverse modifiche, applicabili alle procedure esecutive, in base al momento della loro instaurazione.

Secondo la dizione nascente dall'art. 19 d.l. n. 132/2014, conv., con modif., in l. n. 162/2014, il cui comma 6 le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione), così recita: «Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, comma 5, per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede (c. 1). Fuori dei casi di cui al comma 1, per l'espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede (c. 2).

Dunque, se debitore è una pubblica amministrazione individuata ai sensi dell'art. 413 c.p.c. (che fissa la competenza territoriale per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze per l'appunto delle pubbliche amministrazioni, le quali si identificano attraverso l'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001), la competenza del giudice dell'esecuzione si radica nel luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del terzo debitore, fatte salve le disposizioni contenute in leggi speciali; va chiarito che il rinvio che l'art. 26-bis, comma 1, c.p.c. effettua all'art. 413, comma 5, dello stesso codice non concerne l'oggetto del credito per cui le P.A. sono debitrici (rapporti di lavoro alle loro dipendenze), bensì solo la qualità di esse e, dunque, la norma che a quegli effetti identifica tali Pubbliche Amministrazioni, che è l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 (così Cass. n. 8172/2018).

La Relazione illustrativa al d.l. n. 132/2014, ha chiarito lo scopo della norma, che, determinando la concentrazione presso un unico ufficio dei procedimenti di espropriazione di crediti a carico di un unico debitore, sebbene intrapreso nei confronti di diversi terzi debitori, realizza un adeguato livello di tutela dell'esecutato, consentendogli il ricorso alla riduzione del pignoramento ex art. 546, comma 2, che presuppone la pendenza dei procedimenti espropriativi presso un unico giudice.

Il comma 1 dell'art. 26-bis c.p.c., è stato però oggetto di profonda modifica ad opera della l. n. 206/2021, che pertanto, all'attualità così recita: «Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, comma 5, per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

La novella interessa i procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge”. La data di entrata in vigore della disposizione è dunque quella del 22 giugno 2022, posto che la l. n. 206/2021 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.292 del 9 dicembre 2021 ed è entrata in vigore il 24 dicembre 2021.

Per il complesso quadro normativo ed interpretativo emerso all'indomani della novella legislativa (nonché per il coordinamento con la disciplina in materia di Tesoreria Unica –. 720/1984) si rinvia al commento sub art. 26bis c.p.c., in questo manuale.

In questa sede, è sufficiente ricordare come si sia di recente pronunciata la Corte di Cassazione (Cass. n. 30434/2024)che ha espresso i seguenti principi di diritto: «nella espropriazione di crediti presso terzi, il luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede costituisce la regola generale di determinazione della competenza territoriale»; «nell'espropriazione di crediti presso terzi, il criterio di competenza per territorio sancito dall'art. 26-bis, primo comma, cod. proc. civ. (ovvero il luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede), derogatorio rispetto al principio generale posto dal secondo comma del medesimo articolo, trova applicazione soltanto quando il debitore esecutato sia una pubblica amministrazione che si avvalga per legge del patrocinio obbligatorio dell'Avvocatura dello Stato»; «nella espropriazione di crediti presso terzi, l'inciso «salvo quanto disposto da leggi speciali» – che giustifica la deroga ad ambedue criteri di competenza sanciti dall'art. 26-bis c.p.c. – si riferisce alle norme che dettino regole processuali sulla competenza, individuando un ufficio giudiziario cui devolvere le procedure di espropriazione di crediti in danno delle pubbliche amministrazioni sulla base di elementi di collegamento diversi da quelli previsti dall'art. 26-bis c.p.c., norme tra le quali non è compreso l'art. 1-bis della l. n. 720/1984, istitutiva del servizio di tesoreria unica».

Sul punto, vi era discordanza nella giurisprudenza di merito, ma nel senso poi abbracciato dalla Corte si erano già pronunciati nel merito Tribunale Napoli ord., 5 febbraio 2024; Trib. Catanzaro 10 luglio 2023.

La struttura del pignoramento e gli effetti

L'atto di pignoramento presso terzi ha natura complessa ed è predisposto dal creditore procedente e sottoscritto in rappresentanza di quest'ultimo da un avvocato munito di mandato difensivo per lo svolgimento dell'attività esecutiva. L'atto viene poi integrato dall'ufficiale giudiziario che vi inserisce l'ingiunzione al debitore e procede alla sua notificazione.

Con il pignoramento nelle forme di cui all'art. 543 c.p.c., così come qualunque altro tipo di pignoramento, viene imposto sui beni del debitore un vincolo di destinazione alla finalità esecutiva.

La differenza rispetto alle altre tipologie di pignoramento è che il vincolo di destinazione presuppone il coinvolgimento del terzo al quale si chiede una collaborazione nell'interesse della giustizia in ragione dello speciale rapporto che ha con la res pignorata.

In dottrina è discusso se il pignoramento dia luogo ad un procedimento che ha nell'ingiunzione il suo momento perfezionativo (Verde, 1983, 768 e ss.) ovvero ad una fattispecie complessa a formazione progressiva (Capponi, Manuale 2010, 142 e ss.).

La giurisprudenza recentemente si è assestata nel ritenere il pignoramento presso terzi come una fattispecie a formazione progressiva (cfr., Cass. n. 2473/2009, Cass. n. 6666/2011; Cass. n. 4069/2012).

Al pari di come avviene per le procedure immobiliari e mobiliari, l'interpretazione ormai prevalente ritiene che l'atto di pignoramento produca i suoi effetti e determini la pendenza dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 481 c.p.c., sin dal momento in cui viene notificato (tra le tante, Cass. n. 5529/2011 e Cass. n. 6666/2011).

A fronte di ciò, la notificazione del pignoramento (presso terzi) al debitore rende operanti verso quest'ultimo gli obblighi di custodia (art. 546 c.p.c.) mentre la notificazione del medesimo atto al terzo determina l'indisponibilità dei beni e delle somme di denaro in possesso di quest'ultimo che, pertanto, assume gli obblighi di custodia previsti dall'art. 547 c.p.c.

La circostanza che il procedimento esecutivo risulti pendente sin dalla notificazione del pignoramento, e che da tale data il debitore possa proporre opposizione ai sensi dell'art. 617 c.p.c., non esclude che esso configuri una fattispecie complessa, al pari di come avviene per la procedura esecutiva immobiliare, che necessita della trascrizione del pignoramento nei registri immobiliari.

Nel nostro caso, la fattispecie si perfeziona con la dichiarazione positiva di quantità o con la ordinanza (o con l'esito della fase di merito del giudizio) di accertamento dell'obbligo del terzo (così Cass. n. 5529/2011).

La Suprema Corte, ha infatti chiarito, il rapporto tra gli elementi indefettibili del pignoramento e la sanabilità della loro carenza sulla base della conoscenza di fatto degli stessi, affermando che: «Il pignoramento presso terzi si configura come fattispecie a formazione progressiva che inizia con la notificazione dell'atto al debitore e si perfeziona con la dichiarazione del terzo (o con l'accertamento endoesecutivo ex art. 549 c.p.c.), sicché la mancata o inesistente notifica del pignoramento genera un vizio che, incidendo sulla struttura dell'intero procedimento e sul diritto di difesa del debitore, non è sanabile con la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi ovvero, più in generale, in ragione della conoscenza della procedura esecutiva acquisita in altro modo dal debitore (Cass. n. 32804/2023).

Quanto alla forma ed al contenuto necessario, il pignoramento presso terzi è regolato dall'art. 543 c.p.c.

In particolare, tale ultima disposizione prevede che l'atto di pignoramento rechi – come per le altre forme di pignoramento – l'ingiunzione al debitore in conformità a quanto previsto dall'art. 492 c.p.c.

La medesima norma poi, al comma successivo, precisa nel dettaglio gli ulteriori contenuti dell'atto specificando che esso oltre all'ingiunzione deve contenere l'indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, l'indicazione, almeno generica, delle cose e delle somme dovute e l'intimazione al terzo a non disporne senza ordine del giudice, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente, la citazione del terzo e del debitore dinanzi al giudice del luogo di residenza del terzo, con la precisazione dei casi in cui, avuto riguardo alla natura del credito pignorato, il terzo è tenuto a comparire dinanzi al giudice per rendere la dichiarazione

Il contenuto dell'atto di pignoramento va poi integrato, in conformità al dettato dell'art. 492 c.p.c., con l'inserimento dell'invito alla dichiarazione di residenza o elezione di domicilio nonché con l'avvertimento dei tempi e dei modi con cui avvalersi del beneficio della conversione.

Va, inoltre, precisato che, se il credito pignorato è garantito da pegno si deve intimare a chi detiene la cosa data in pegno di non eseguirne la riconsegna senza ordine del giudice (art. 544 c.p.c.).

All'atto di pignoramento prezzo terzi si applica il disposto dell'art. 125 c.p.c.; esso deve, quindi, recare l'indicazione del codice fiscale del creditore nonché il codice fiscale, il numero di fax dell'avvocato che lo rappresenta in virtù di mandato difensivo.

Di seguito l'enucleazione specifica dei contenuti dell'atto di pignoramento.

Il contenuto dell'atto di pignoramento

L'ingiunzione al debitore. L'ingiunzione al terzo di non disporre del bene pignorato è un requisito indispensabile dell'atto di pignoramento presso terzi.

In particolare, mentre l'ingiunzione è la parte il cui inserimento spetta all'ufficiale giudiziario, l'intimazione è formulata dal creditore stesso.

La giurisprudenza ha però precisato che, l'atto di pignoramento è, comunque, idoneo al raggiungimento dello scopo anche nell'ipotesi in cui l'intimazione non sia stata formulata dall'ufficiale giudiziario, sempreché l'atto sia stato ritualmente notificato al terzo (cfr. Cass. n. 6385/2015).

L'essenzialità dell'ingiunzione al debitore è stata oggetto di orientamenti dottrinali difformi.

In particolare, parte della dottrina ha ritenuto che essa costituisca l'elemento essenziale e caratterizzante del pignoramento (Andrioli, 79; Colesanti, 841), di converso secondo altre voci – benché più risalenti – gli effetti del pignoramento non scaturiscono dall'ingiunzione, ma dal compimento di quelle attività indicate dalle disposizioni di settore dettate per ciascuna delle forme di espropriazione e, più precisamente, per la parte che qui rileva dalla notificazione dell'atto di pignoramento presso terzi all'esecutato ed al debitor debitoris (Satta, 72, Bonsignori).

Ovviamente, la questione sorge allorché occorre stabilire quali siano le conseguenze in caso di ingiunzione.

La giurisprudenza, più risalente, aveva assunto posizioni oscillanti.

Secondo un primo orientamento la mancanza dell'ingiunzione, così come la mancanza dell'intimazione al terzo nel caso di pignoramento eseguito ai sensi dell'art. 543 c.p.c., sarebbe causa dell'inesistenza del pignoramento (Cass. 21 giugno 1995).

Secondo un diverso orientamento la mancanza dell'ingiunzione è, invece, causa, non di inesistenza, ma di nullità dell'atto. Tale nullità sarebbe però assoluta perché potrebbe essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, fatta salva solo l'applicazione dell'art. 2929 c.c. (Cass. n. 2082/1999).

Più di recente la giurisprudenza ha affermato, in maniera più esplicita ed univoca, che la mancanza dell'ingiunzione costituisce un vizio del pignoramento riconducibile alla nullità relativa, da rilevarsi ai sensi dell'art. 617 comma 2 c.p.c., nel termine perentorio di venti giorni dalla conoscenza dell'atto, o comunque dalla celebrazione dell'udienza fissata per assumere o esaminare la dichiarazione del terzo (cfr. Cass. n. 1308/2002, Cass. n. 2473/2009).

In pratica, la giurisprudenza è giunta ad un approccio, che, valorizzando comunque l'avvenuta notifica del pignoramento al debitore, dà a quest'ultimo l'onere di impugnare l'atto, in quanto soggetto leso da quest'ultimo, ma sempre nel rispetto dei «cd. limiti di fase», che segnano la sanatoria delle irregolarità degli atti non tempestivamente impugnati (si veda sul punto il principio espresso da Cass. n. 190/2001; Soldi 1075).

A fronte di ciò, la mancanza di ingiunzione, quale causa di nullità dell'atto di pignoramento, non impedisce, ove non dedotta perentoriamente, di portare a termine l'esecuzione, per sanatoria dell'atto non impugnato.

Quanto all'aspetto formale, l'ingiunzione sebbene non richieda forme sacramentali, deve essere tale da delineare, in modo inequivoco, per il debitore esecutato, il vincolo impresso sui beni e credito oggetto di opposizione, sin dal momento della notifica dell'atto di pignoramento (cfr. Cass. n. 4621/1995).

L'intimazione al terzo. In base all'art. 543 comma 2 n. 2) il pignoramento, proprio per la sua essenza, deve contenere l'intimazione rivolta dal creditore al terzo di non disporre delle cose e delle somme da esso dovute al debitore senza ordine del giudice.

L'intimazione, come già detto è un elemento dell'atto di pignoramento da inserirsi a cura del ceditore procedente, cionondimeno la Cassazione ha precisato che l'atto di pignoramento è, comunque, idoneo al raggiungimento dello scopo anche nell'ipotesi in cui l'intimazione sia stata formulata, non dal creditore, ma dall'ufficiale giudiziario, sempreché l'atto sia stato ritualmente notificato al terzo (Cass. n. 6835/2015).

L'intimazione al terzo, dunque, persegue lo scopo immanente del pignoramento presso terzi (che nella procedura mobiliare presso il debitore ed immobiliare confluisce nel debitore esecutato: soggetto passivo e destinatario dell'avviso a non disporre dei beni pignorati) di realizzare la funzione del pignoramento presso terzi. L'intimazione mira, infatti, ad impedire che il terzo compia attività tali da frustrare le finalità dell'esecuzione forzata e determina l'arresto del credito».

Non è, infatti, sufficiente a garantire il buon esito dell'espropriazione che il debitore si attenga all'ingiunzione, poiché il terzo ben potrebbe vanificare con il suo comportamento le ragioni del creditore, disponendo del credito e delle cose in suo possesso (in buona fede in carenza di intimazione).

In pratica, l'intimazione ha una doppia funzione.

In primo luogo, essa legittima il terzo a rifiutare la prestazione dovuta al debitore in base al rapporto giuridico che a questo lo lega; la Corte di legittimità ha equiparato tale condotta ad un'opposizione al pagamento di cui vi è cenno nell'art. 2906 comma 2 c.c. (Cass. n. 3276/2008); mentre la dottrina ne ha sottolineato caratteri comuni con l'opposizione di terzo di cui all'art. 404 c.p.c. (Colesanti, 288; Vaccarella, 109).

In secondo luogo, l'intimazione determina l'inefficacia nei confronti del creditore procedente, e degli eventuali creditori intervenuti, della prestazione che il terzo esegua in violazione dell'ordine a lui impartito e, comunque, l'inopponibilità di qualsiasi fatto sopravvenuto a detta notificazione che determini l'estinzione totale o parziale del credito. (in questo senso. Cass. n. 12602/2007 e Cass. n. 3276/2008).

La dottrina (Vaccarella, 109) ha operato una similitudine con la notifica della cessione volontaria del credito: ossia dopo la notifica della cessione del credito (art. 1264 c.c.), al pari dell'intimazione, il debitore (ossia il debitor debitoris nella procedura esecutiva presso terzi) non può liberarsi adempiendo nei confronti dell'originario creditore (ossia nell'esecuzione presso terzi, nei confronti del debitore principale).

L'intimazione, determina non solo l'inopponibilità del pagamento diretto al debitore principale, ma anche l'assunzione degli obblighi di cui all'art. 546 c.p.c.; dal giorno in cui viene notificato il pignoramento, il terzo assume gli obblighi di custode e viene trasformato in un ausiliario del giudice.

In quanto custode, la mancata osservanza dei propri obblighi si traduce, nel caso le cose mobili infungibili, nell'obbligo di consegnarle a chi il giudice indicherà per non incorrere nella sanzione penale di cui all'art. 388 c.c., oltre all'obbligo di eseguire nuovamente analoga prestazione in favore di colui che verrà indicato come creditore dal giudice.

La centralità dell'elemento dell'intimazione il terzo pignorato, conduce a chiedersi quali conseguenze produca la mancanza dell'intimazione al terzo.

La mancanza di intimazione può intendersi, sotto due profili: dal punto di vista contenutistico, quale carenza nell'atto l'atto introduttivo dell'espropriazione dell'espressa formulazione dell'intimazione rivolta dal creditore al terzo; dal punto di vista della mancata conoscenza dell'intimazione ad opera del terzo, in quanto l'atto di pignoramento non sia stato ritualmente notificato al terzo.

A seguito della riforma del 2012 e delle successive riforme (del 2014 e 2015), la posizione del terzo pignorato è sostanzialmente mutata atteso che, in presenza di determinate condizioni, la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. potrebbe ritenersi positiva anche solo per «fatto concludente».

In siffatto panorama normativo assume, infatti, centrale rilievo la circostanza che il pignoramento, munito di specifica intimazione ai sensi dell'art. 543, comma 2, n. 2 c.p.c., venga ritualmente notificato al terzo (Soldi, 1083).

Infatti, può riconoscersi alla mancata dichiarazione del terzo, il significatio di cui gli artt. 548 e 549 c.p.c., solo ove lo stesso abbia avuto la rituale notizia del pignoramento, completo di intimazione nei suoi confronti.

A fronte di ciò, illustre dottrina ha affermato che il pignoramento sprovvisto dell'intimazione o comunque non ritualmente notificato al terzo sia inesistente poiché l'atto che non raggiunga la sfera giuridica del debitor debitoris non determinando l'immediata operatività degli obblighi di custodia del terzo, risulta di fatto inidoneo a garantire che il processo possa validamente raggiungere il suo scopo (Soldi, 1085; così, anche in motivazione, Cass. n. 6835/2015, dove si chiarisce la differenza tra inesistenza e nullità del pignoramento per mancanza della notifica o dell'avvertimento, rispetto alla irregolarità formale dovuta dall'inserzione dell'intimazione a cura dell'Ufficiale Giudiziario).

Ciò posto, nel caso di mancata formulazione dell'intimazione ovvero di irrituale notificazione al terzo, il pignoramento deve ritenersi affetto da un vizio talmente grave che, non solo può essere denunciato dal debitore anche oltre il termine perentorio previsto dall'art. 617 c.p.c., ma è rilevabile d'ufficio dal giudice in ogni fase del processo, oltre a determinare motivo per impugnare l'ordinanza di assegnazione ad opera del terzo (vedi commento subart. 552 c.p.c.).

La declaratoria di inesistenza del pignoramento potrebbe essere scongiurata dal terzo che, acquisita notizia del pignoramento, trasmetta la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. al creditore ovvero compaia all'udienza dinanzi al giudice dell'esecuzione (cfr. Cass. n. 217/1955); con ciò valorizzando le analogie con la cessione del credito, in quanto risulterebbe ex actis la prova della conoscenza di fatto, ad opera del terzo, della pendenza della procedura esecutiva (art. 1264, comma 2 c.c.).

Per ciò che concerne la possibilità del creditore a rimediare ai vizi della notifica del pignoramento nei confronti del terzo, sembra potersi sostenere che il creditore possa, di iniziativa, procedere ad una nuova notificazione del pignoramento nei confronti del terzo tutte le volte in cui il giudice dell'esecuzione non abbia ancora rilevato d'ufficio il vizio in oggetto dichiarando improcedibile il processo esecutivo (Soldi, 1085).

Le indicazioni circa il credito fatto valere. Secondo il chiaro disposto dell'art. 543, comma 2, n. 1, il creditore procedente deve indicare nell'atto di pignoramento quale sia il credito per cui procede, quale sia il titolo alla base ed il conseguente atto di precetto. Siffatte indicazioni risultano essenziali non tanto e non solo ad informare il debitore di circostanze a lui note (in quanto egli è stato già destinatario della notificazione del titolo e del precetto), ma in special modo a rendere edotti l'ufficiale giudiziario ed il terzo, affinché ciascuno di loro possa svolgere la funzione sugli stessi cucita dagli articoli di legge.

In particolare, sull'ufficiale giudiziario incombe l'onere di verificare l'esistenza del titolo esecutivo e del precetto e formulare l'ingiunzione tenendo conto della misura della pretesa del creditore; al momento di richiedere il pignoramento il creditore deve esibire all'ufficiale giudiziario il titolo esecutivo ed il precetto già notificati, ma solo attraverso l'esistenza di siffatte indicazioni nell'atto di pignoramento l'Ufficiale Giudiziario potrà verificarne la connessione con l'atto di pignoramento notificando.

Il terzo, come già accennato, ha diritto ad essere informato della misura del credito per conoscere entro quali limiti sia operante l'intimazione ed il conseguente obbligo di custodia a suo carico.

L'indicazione del credito fatto valere assume oggi una portata essenziale alla luce delle modifiche introdotte dalla riforma. Il nuovo testo dell'art. 546 c.p.c., in quanto l'indicazione del titolo e del precetto consentono al terzo di delineare anche quantitativamente la portata dei propri obblighi: che si assestano sull'importo precettato, aumentato della metà.

Quanto alle conseguenze della omessa indicazione del credito, del titolo e del precetto deve ritenersi che il pignoramento possa essere impugnato con opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., dal debitore, nel termine di venti giorni dalla notificazione del pignoramento sempreché l'atto non sia comunque idoneo al raggiungimento del suo scopo.

Se la finalità delle indicazioni all'esame è prima di tutto quella di informare il terzo ciò occorre verificare è se dal contesto dell'atto, considerato nel suo complesso, si possa ricavare l'indicazione quantomeno dell'entità del credito (Soldi, 1086).

Questa verifica assurge ad importanza non secondaria, ove si tratti di stabilire l'opponibilità o meno (ed n quale misura) al creditore procedente (ed ai creditori intervenuti) dei pagamenti e della consegna delle cose mobili effettuati successivamente al pignoramento, in caso di indicazioni carenti ai sensi dell'art. 543, comma 2, n. 2 c.p.c.

L'indicazione delle cose e delle somme in possesso del terzo. L'art. 543, comma 2, n. 2) prevede inoltre che il creditore fornisca l'indicazione «almeno generica» delle cose o delle somme dovute dal terzo al debitore.

La scelta del legislatore risulta con evidenza quella di non gravare il creditore, di dover già precisare, con l'atto introduttivo della procedura esecutiva, la relazione specifica esistente tra il debitore esecutato ed il terzo debitore.

La giurisprudenza più risalente (prima delle riforme dal 2012 in poi), aveva infatti precisato che: l'indicazione dei crediti e delle cose a cura del creditore avrebbe potuto essere anche «assolutamente generica» poiché tale genericità poteva essere superata con la dichiarazione del terzo o con la sentenza che accerti l'obbligo di quest'ultimo che avrebbero definito l'oggetto del processo (cfr. Cass. n. 249/1983 e Cass. n. 8239/2003). Ecco che secondo l'interpretazione corrente il creditore poteva genericamente indicare tutti i crediti di cui il terzo fosse debitore nei confronti dell'esecutato e di cui gli si intimava di non disporre, prescindendo pertanto sia del riferimento al titolo giuridico dell'obbligazione del terzo nei confronti del debitore sia dell'esatta determinazione del quantum.

Le novità introdotte dalla l. n. 228/2012 avevano, però, indotto a dubitare della bontà di tali conclusioni e ciò ancor più all'indomani delle riforme del 2014.

La riforma del 2012, messa a punto, poi, con le successive riforme del 2014 (d.l. 132/2014 conv. in l. n. 162/2014) e del 2015 (d.l. 27 giugno 2015 conv. in l. n. 132/2015) non ha però modificato l'art. 543 c.p.c. comma 2, n. 2. Di talché dal punto di vista formale per il creditore non è mutata la facoltà di limitarsi ad una descrizione anche solo generica delle somme o delle cose in possesso del terzo.

Restava il problema di coordinare questa norma con gli artt. 548 e 549 c.p.c. (nel testo successivo alle modifiche del 2012, ma precedente alla novella del 2015); secondo, infatti, la dizione dell'art. 548 c.p.c. «se il terzo pignorato «non compare all'udienza fissata» dal giudice dell'esecuzione «il credito pignorato o il possesso del bene del debitore si considera non contestato nei termini indicati dal creditore».

Si riteneva dunque che per dare corpo alla fictio iuris enucleata dall'art. 548 c.p.c., il credito pignorato da considerarsi accertato» fosse quello individuato dal creditore procedente nel pignoramento.

Il d.l. 27 giugno 2015, convertito dalla l. n. 132/2015, in un certo senso, ha confermato le conclusioni cui si era approdati in via interpretativa.

L'art. 548, comma 1, secondo periodo c.p.c., come novellato nel 2015, stabilisce, infatti, che «il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore si considera non contestato nei termini indicati dal creditore» a condizione che «l'allegazione del creditore consenta l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del terzo».

L'art. 549 c.p.c., dal canto suo, egualmente novellato nel 2015, dispone che deve procedersi all'accertamento dell'obbligo del terzo non solo quando «sulla dichiarazione sorgano contestazioni» ma anche quando «a seguito della mancata dichiarazione del terzo non è possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo».

Dunque, dalla lettura combinata dell'art. 543 comma 2, n. 2) da un lato e dagli artt. 548 e 549 c.p.c., dall'altro (nel testo attuale) si possono trarre le seguenti conclusioni:

a) l'indicazione generica del credito o delle cose di proprietà del debitore che si assumono nel possesso del terzo costituisce il «contenuto minimo» dell'atto di pignoramento di cui all'art. 543 c.p.c. Dunque, ciò è sufficiente per far ritenere l'atto di pignoramento conforme al modello legale.

Sul punto la Suprema Corte ha chiarito che: «in tema di espropriazione presso terzi, la domanda di accertamento del credito, nel contenere, ai sensi dell'art. 543, comma 2, n. 2, c.p.c., «l'indicazione, almeno generica, delle cose e delle somme dovute», si estende, potenzialmente, all'intero importo che si accerti dovuto dal debitore esecutato sulla base dei fatti e del titolo dedotti in giudizio, non potendosi esigere dal creditore procedente, estraneo ai rapporti tra debitore e terzo, la conoscenza dei dati esatti concernenti tali somme o cose, prevedendo il sistema che tale genericità venga eliminata mediante la dichiarazione che il terzo è chiamato a rendere ai sensi dell'art. 547 c.p.c.» (Cass. n. 6518/2014).

b) l'indicazione generica però, non risulta sufficiente a consentire la conclusione del procedimento espropriativo ove il terzo ometta di rendere la dichiarazione; in quanto seppur astrattamente il contenuto positivo di tale dichiarazione possa essere presunto e ritenuto esiste un imprecisato credito, non è individuabile l'oggetto di tale dichiarazione presunta, ai fini dell'emissione dell'ordinanza di assegnazione, ove «l'allegazione del creditore non ne consenta l'identificazione» (si veda commento subartt. 548 e 549 c.p.c.).

La Suprema Corte, sul punto, ha esplicitamente chiarito come il meccanismo della ficta confessio – in caso di non contestazione da parte del terzo pignorato rimasto silente – possa operare solo quando l'allegazione del creditore consente la compiuta identificazione del preteso credito nei confronti del debitor debitoris (cfr. Cass. n. 11864/2024).

L'elezione di domicilio da parte del creditore procedente. Ai sensi dell'art. 543, comma 2, n. 3 c.p.c., il creditore procedente deve inserire nell'atto di pignoramento la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione.

Tale indicazione non risulta però necessaria ove il creditore procedente abbia già però, effettuato la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nell'atto di precetto, salvo che l'espropriazione sia stata intrapresa in un luogo diverso da quello di cui alla dichiarazione di residenza o elezione di domicilio come formalizzata nel precetto.

Si sottolinea come, il correttivo Cartabia (d.lgs. n. 164/2024) abbia modificato il n. 3 del comma 2 del presente articolo espungendo il periodo «o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente» in quanto ormai elemento inconferente (costituente solo ormai un aggravio formale) assorbita dall'indirizzo di posta elettronica certificata in possesso del creditore procedente. La modifica, in vigore dal 26 novembre 2024, trova applicazione, al pari della norma su cui è destinata ad incidere, per i procedimenti iniziati dal 1° marzo 2023.

Al di là di ciò, ove comunque il pignoramento manchi della indicazione suddetta (mai previamente effettuata in seno al precetto) non vi sarà alcuna conseguenza in termini di irregolarità dell'atto di pignoramento, ma le notificazioni le notificazioni e comunicazioni dirette al creditore procedente si eseguiranno presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione, in conformità al disposto dell'art. 489, comma 2 c.p.c. (Soldi, 1087).

L'art. 543, comma 2, n. 3), come attualmente vigente (novellato dalla l. n. 228/2012) prevede che il creditore debba indicare anche il proprio «indirizzo di posta elettronica certificata».

La norma si inserisce nell'ambito della trasformazione del processo civile in forma telematica ed è strettamente connessa alla previsione dello stesso art. 543, comma 2, n. 4, in base a cui si invita il terzo «a comunicare la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata».

Alla stessa stregua, l'art. 547 c.p.c. ribadisce che il terzo pignorato possa inviare la propria dichiarazione, anche mediante messaggio di posta elettronica certificata del creditore procedente.

Per ciò che concerne le conseguenze in caso di mancata indicazione, da parte del creditore procedente, del proprio indirizzo di posta elettronica, i principi generali in tema di ipotesi di nullità dell'atto di pignoramento (anche in base all'art. 156 c.p.c.), portano a concludere che tale omissione non determini l'irregolarità dell'atto in questione (Saletti, 10; Soldi, 1087).

In concreto, la mancata indicazione esplicita dell'indirizzo di posta elettronica del creditore procedente: da un lato non impedisce al terzo di apprendere comunque tale informazione aliunde (consultando per esempio le informazioni presenti negli elenchi degli ordini Professionali); dall'altro gli sarà sempre possibile inviare la propria dichiarazione attraverso lo strumento tradizionale della lettera raccomandata, ancora previsto dall'art. 547 c.p.c.

La citazione del debitore a comparire e l'invito al terzo. L'art. 543, comma 2, n. 4) primo periodo, attualmente così recita «la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l'invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all'art. 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata».

Dunque se il pignoramento deve contenere la citazione (ossia la vocatio in ius) nei confronti del debitore esecutato a comparire all'udienza indicata nel pignoramento stesso, tale costruzione non è più conferente per quanto concerne il terzo pignorato. Lo stesso viene infatti invitato a collaborare rendendo una specifica dichiarazione in relazione a quanto e cosa lo stessa debba al debitore esecutato. (Colesanti, 844).

Dunque, nei confronti del terzo pignorato la citazione contenente l'invito suddetto non è qualificabile come un atto introduttivo di un giudizio (vedi sul punto Cass. n. 6469/2003) bensì una provocatio ad declarandum, ossia una richiesta di fornire indicazioni precise circa l'esistenza e consistenza della res pignorata.

Tale dizione normativa, è frutto però della novella legislativa del 2014 (d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014) applicabile in base alla normativa transitoria contenuta nella stessa novella «ai procedimenti esecutivi iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione».

La norma, prima della dizione contemporanea, ha subito diversi rimaneggiamenti che hanno «sostituito» la presenza necessaria del terzo all'udienza, dopo essere stato ritualmente citato a comparire (mediante una vera e propria vocatio in ius) al fine di rendere la dichiarazione (nella versione applicabile dall'1 marzo 2006 sino alla riforma intermedia del 2012) ad una chiamata in presenza solo per rendere la dichiarazione in relazione all'esistenza di crediti ritenuti: più delicati (ossia derivanti da rapporto di lavoro, di cui all'art. 545 commi 3 e 4 c.p.c.); questa seconda versione (intermedia) prevista dal legislatore del 2012 (l. n. 228/2012) risultava applicabile ai procedimenti, iniziati dopo l'entrata in vigore di detta norma.

Pertanto, il legislatore, nell'ottica di snellire e semplificare al massimo l'attività dichiarativa del terzo, ha generalizzato la possibilità della dichiarazione inviata al creditore procedente, per tutte le procedure iniziate (ciò a tutti i pignoramenti notificati) a far data dall'11 dicembre 2014.

La norma, nella sua versione attuale, al secondo periodo del comma 2, n. 4) prevede espressamente che l'avvertimento al terzo deva far riferimento alla circostanza in base a cui: «in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un'apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione».

L'intervento del legislatore risulta propizio, in quanto la versione precedente della norma, successiva all'intervento legislativo del 2012, nulla prevedeva in proposito, mentre l'art. 548 c.p.c. (sempre nella versione precedente all'attuale e scaturente dalle modifiche del 2012) prevedeva che: a determinate condizioni, l'inerzia del terzo pignorato valesse ad integrare un riconoscimento presunto del credito o delle cose del debitore che il creditore assume in possesso del terzo stesso, ossia (secondo la dizione legislativa del 2012) «nei limiti indicati dal creditore». Su questa dizione, su cui parte della dottrina aveva sollevato dubbi di incostituzionalità (Soldi; 1092), fortunatamente è intervenuto il legislatore del 2014, con la precisazione testé citata (nonché con la modifica ed integrazione dell'art. 548 c.p.c.), che ha limitato il valore del silenzio del terzo, sia in termini di necessità di preliminare individuazione del credito ad opera del creditore, sia in termini di valore della fictio per il solo procedimento in corso.

L'invito alla elezione di domicilio ad opera del debitore esecutato e l'indicazione dell'udienza di comparizione.

L'invito a dichiarare la residenza o ad eleggere domicilio in uno dei Comuni compresi nel Circondario di Tribunale cui appartiene il giudice dell'esecuzione, rappresentano un contenuto dell'atto di pignoramento che, per quanto non espressamente previsto dalle norme specifiche in materia di pignoramento presso terzi, va ritrovato nella previsione esplicita di cui all'art. 492 c.p.c. (si rinvia al commento sub detto articolo per una disamina approfondita) contenente la disciplina generale del contenuto dell'atto di pignoramento, applicabile a tutte le procedure esecutive, ove ovviamente non derogate esplicitamente dalle norme specifiche.

In proposito, comunque, la Suprema Corte, ha chiarito che «solo nel caso di omissione dell'ingiunzione di cui al comma 1 dell'art. 492 c.p.c. deve, pertanto, dichiararsi la nullità del pignoramento presso terzi mentre la mancanza dell'avviso ad eleggere domicilio o a dichiarare la residenza e dell'avvertimento della facoltà e dei termini per proporre istanza di conversione di cui, rispettivamente, al secondo e comma 3 dell'art. 492 c.p.c. determinano mere irregolarità, non essendo prevista la nullità dell'atto o della procedura, comunque impedita dal raggiungimento dello scopo previsto dalla legge» (Cass. n. 8408/2011).

L'udienza, ai sensi dell'art. 543, comma 3 c.p.c. andrà indicata, a cura del creditore procedente, nel rispetto dei termini di cui all'art. 501 c.p.c., ossia in modo tale che non venga a cadere prima di dieci giorni dalla data di notifica dell'atto di pignoramento.

Trattasi di un termine dilatorio (per permettere l'adempimento) che tiene anche conto del fatto che, secondo l'opinione tradizionale, l'atto di pignoramento presso terzi contiene già in sé l'istanza di vendita o assegnazione (Castoro, 487; Vaccarella, 113; Verde, 770), per cui dopo la notifica dell'atto di pignoramento, non è richiesto al creditore procedente alcun altro atto di impulso.

Siffatto termine consente: da un lato al terzo di avere il tempo per rendere la dichiarazione, dall'altro concede un minimo spazio di azione temporale al debitore per prendere cognizione dell'atto di pignoramento e se del caso, di approntare i mezzi per l'adempimento spontaneo.

Per ciò che concerne il mancato rispetto del termine suddetto, la Suprema Corte ha chiarito che: «Nel pignoramento presso terzi, la fissazione dell'udienza per la dichiarazione dell'obbligo del terzo senza il rispetto del termine di cui agli artt. 543, comma 3, e 501 c.p.c., non dà luogo, nei confronti del terzo, a nullità dell'atto di pignoramento, atteso che se tale termine non gli consente di organizzare la propria condotta in vista della dichiarazione da rendere, non gli impedisce tuttavia di farla in prosieguo, con effetti identici, cioè nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, rilevando in tal caso il mancato rispetto del termine suddetto solo come elemento da tenere in considerazione ai fini della regolazione delle spese processuali» (Cass. n. 63112/1993).

Pertanto, legittimato a far valere il mancato rispetto del termine sarà solo il debitore esecutato, nelle forme dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 comma 2 c.p.c., nel termine di venti giorni dalla notifica dell'atto, in carenza l'irregolarità dovrà ritenersi sanata, così come in caso di concessione di nuovo termine da parte del giudice, come richiesto dall'esecutato, anche nel corpo dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 comma 2 c.p.c. (Arieta De Santis, 951).

L'avvertimento circa la possibilità di conversione. L'art. 492 comma 3 c.p.c. prevede che, in via generale, che l'atto di pignoramento debba recare in sé anche l'avvertimento circa i modi ed i tempi in cui il debitore esecutato possa chiedere di essere ammesso al beneficio della conversione del pignoramento.

Ci si è chiesti se l'istituto della conversione sia compatibile con la struttura del pignoramento presso terzi.

Si è sostenuto che tale possibilità sia preclusa in caso di pignoramento presso terzi di crediti, successivamente alla dichiarazione positiva del terzo pignorato, poiché in tale caso verrebbe meno l'interesse del creditore e comunque l'esigenza satisfattiva (in via anticipata rispetto alla naturale conclusione della procedura) connaturata all'istanza ed alla concessione della conversione ad opera dello stesso giudice dell'esecuzione (De Stefano, 85).

Invero, al contrario va sottolineato che l'istituto della conversione possa essere astrattamente rispondente sia all'interesse del debitore esecutato (che voglia pagare ratealmente il proprio credito e mantenere immutato il proprio credito nei confronti del terzo) e dello stesso ceto creditorio, che nella conversione potrebbe trovare una soluzione più sicura (non dovendo rimettersi alla volontà del terzo per un adempimento spontaneo) ed anche eventualmente più celere (si pensi ai pignoramenti di pensioni o stipendi che implicano un versamento solo di una quota parte delle somme mensili, a favore del creditore).

Dunque sembra doversi optare per l'ammissibilità della conversione anche nella procedura esecutiva presso terzi, salva la possibilità del giudice di valutare effettivamente la possibilità di concedere (ed in quali termini) il beneficio della rateizzazione del pagamento, specialmente ove vi sia una dichiarazione positiva del terzo (in caso di somme ad esempio giacenti e libere su di un conto corrente presso il soggetto terzo) che preluda plausibilmente ad una soddisfazione celere, che verrebbe ritardata ingiustificatamente da una rateizzazione del pagamento dell'importo in conversione (Soldi, 1091).

La giurisprudenza si è espressa nel senso della ammissibilità dell'istituto, anche nell'espropriazione forzata presso terzi, soffermandosi anche sulle conseguenze in caso di omissione dell'avvertimento di poter usufruire di tale beneficio. Nello specifico la Suprema Corte ha affermato che: «In tema di espropriazione forzata, l'avvertimento al debitore esecutato, previsto dall'art. 492, comma 3, c.p.c., volto a renderlo edotto delle modalità e dei termini per potere sostituire ai crediti pignorati una somma di danaro, è elemento essenziale di ogni atto di pignoramento, a prescindere dalla forma particolare che rivesta in ragione della natura del bene pignorato, con la conseguenza che esso deve essere contenuto anche nell'atto notificato ai sensi dell'art. 543 c.p.c. L'omissione di tale avvertimento non costituisce causa di nullità, in difetto di siffatta espressa sanzione, e, tuttavia, trattandosi di elemento previsto nell'interesse del debitore ad attivarsi prontamente per la conversione del pignoramento, produce la diversa conseguenza di precludere l'assegnazione, ai sensi dell'art. 552 c.p.c., che, se egualmente disposta, è opponibile ex art. 617 cod. proc., a meno che l'interesse in questione del debitore, non garantito all'atto del pignoramento, sia comunque soddisfatto in corso di procedura, con atto del creditore – come nella specie – o con provvedimento del giudice, tempestivamente idonei a soddisfare la predetta esigenza informativa». (cfr. Cass. n. 6662/2021).

Nello stesso senso, la Cassazione, sul presupposto dall'ammissibilità dell'istituto della conversione in materia di pignoramento presso terzi, ne ha escluso l'applicabilità alla sole procedure incardinate ex art. 72-bis del d.P.R. n. 602/1973, in considerazione della peculiarità della fattispecie, chiarendo dunque che: «in tema riscossione delle imposte sul reddito, il pignoramento dei crediti presso terzi nelle forme di cui all'art. 72-bis del d.P.R. n. 602/1973 rappresenta una forma speciale di espropriazione nella quale l'avviso ad eleggere domicilio o dichiarare la residenza nonché l'avvertimento della facoltà e dei termini per proporre istanza di conversione (previsti, rispettivamente, al secondo e comma 3 dell'art. 492 c.p.c.) sono incompatibili con l'ordine di pagamento diretto di cui all'art. 72-bis cit. che, ove adempiuto da parte del terzo pignorato, produce immediato effetto satisfattivo, e per il quale non è previsto l'intervento del giudice dell'esecuzione a meno che non vengano proposte le opposizioni all'esecuzione o agli atti esecutivi. (Cass. n. 20706/2018).

Effetti dell'atto di pignoramento

Di centrale importanza è l'individuazione del momento dal quale il pignoramento presso terzi produce i suoi effetti sostanziali e determina l'inizio del processo di espropriazione ad esso connesso.

Di regola, il pignoramento è efficace e dà inizio all'esecuzione nel momento in cui esso si perfeziona secondo lo schema legale previsto dalla disciplina codicistica.

Il vincolo di destinazione esecutiva sui beni pignorati si realizza solo quando questi siano esattamente individuati e si accerta che appartengono al debitore.

Sul punto, la giurisprudenza afferma che la notificazione del pignoramento determina l'inizio dell'esecuzione ai sensi dell'art. 481 c.p.c., ossia segna il momento a decorrere dal quale ogni atto dispositivo del bene o del credito pignorato diviene inefficace per il ceto creditorio; allo stesso tempo esso legittima il debitore a proporre l'opposizione agli atti esecutivi relativamente ai singoli atti della fattispecie complessa (così Cass. n. 6666/2011). Può, dunque, conclusivamente affermarsi che gli effetti sostanziali dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c. vadano tutti ricondotti al momento di notificazione dell'atto al debitore ed al terzo e che la notificazione del pignoramento presso terzi determini la pendenza del processo esecutivo.

La disciplina degli effetti sostanziali del pignoramento è compiutamente delineata nel dettaglio dagli artt. 2913 c.c. ss., per la parte che qui rileva.

In particolare, si riferiscono nel dettaglio all'espropriazione presso terzi: l'art. 2913 c.c., l'art. 2914, comma 1, n. 2 e 4 c.c. nonché l'art. 2917 c.c.

L'art. 2914, comma 1, n. 2 c.c. risolve il conflitto tra il pignoramento presso terzi e le cessioni di crediti.

Secondo la regola sancita dalla disposizione citata, la cessione di credito prevale sul pignoramento solo nel caso in cui essa sia stata notificata al debitore ceduto, ovvero sia stata accettata da quest'ultimo, prima della notificazione del pignoramento. Diversamente detta cessione, anche se anteriore al pignoramento, è inopponibile al creditore pignorante ed ai creditori intervenuti.

Il terzo pignorato non potrà, pertanto, rendere legittimamente una dichiarazione negativa affermando di non essere più debitore del debitore avendo quest'ultimo ceduto il credito vantato nei suoi confronti, se non precisando la data della notificazione o accettazione della cessione, o quantomeno, la sua anteriorità rispetto alla notificazione del pignoramento (Soldi, 1102).

Va peraltro precisato che – ai fini della opponibilità delle cessioni – non è necessario che la notifica al debitore ceduto avvenga a mezzo di ufficiale giudiziario, costituendo tale ultima notificazione una species del più ampio genus della notificazione, intesa come attività diretta a determinare la conoscenza di un atto in capo al suo destinatario, (in questo senso, Cass. n. 4774/1998; Cass. n. 5516/2006).

Secondo quanto si desume, invece, dall'art. 2917 c.c., se l'espropriazione presso terzi ha ad oggetto un credito, le cause di estinzione di esso non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti se si sono verificate in epoca successiva alla notificazione del pignoramento.

Tale norma è finalizzata ad impedire che il terzo pignorato con la sua condotta renda vana l'espropriazione disponendo delle somme di cui è debitore nei confronti del soggetto esecutato.

Il correttivo Cartabia (d.lgs. n. 164/2024) ha introdotto una (ulteriore) ipotesi di caducazione automatica degli effetti del pignoramento. Ciò avviene ove il creditore riceva il pagamento prima della scadenza del termine per il deposito della nota di iscrizione a ruolo.

Avendo il correttivo contestualmente eliminato l'obbligo del deposito della nota di iscrizione a ruolo, il pagamento rilevante ai fini della disposizione è quello effettuato nel termine dei trenta giorni (dalla consegna degli atti ad opera dell'ufficiale giudiziario) concesso al creditore per iscrivere la procedura a ruolo depositando le copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, a pena di inefficacia del pignoramento.

Nel caso di pagamento effettuato prima dell'iscrizione a ruolo, il creditore deve comunica immediatamente al debitore e al terzo, tale pagamento. In tal caso, l'obbligo del terzo cessa alla data di ricezione della comunicazione.

Ove tale comunicazione sia, però, carente, resta comunque la necessità dello svincolo delle somme tenute dal terzo, anche ove l'iscrizione a ruolo non abbia corso. Il debitore, pertanto, sarà tenuto ad ottenere tale svincolo giudizialmente, con la strumento previsto dall'art. 159-ter disp. att. c.p.c.

Sempre in tema degli effetti dell'atto di pignoramento, la Suprema Corte ha chiarito che: «Il pignoramento di crediti eseguito con un unico atto presso più terzi realizza un concorso di plurimi pignoramenti, unitariamente trattati ma ad effetti autonomi ed indipendenti, sicché ciascun terzo pignorato è obbligato alla custodia delle somme da lui dovute al debitore nei limiti dell'importo precettato aumentato della metà, salva la eventuale adozione, ad opera del giudice dell'esecuzione e su istanza del debitore, dei provvedimenti di cui all'art. 546, comma 2, c.p.c. (cfr. Cass. n. 29422/2024)

Sottoscrizione e notificazione dell'atto di pignoramento

L'atto di pignoramento presso terzi deve essere sottoscritto dal difensore del creditore procedente nella parte da questo redatta e dall'ufficiale giudiziario (cfr. Cass. n. 4652/2008).

Ad un primo orientamento secondo il quale l'atto poteva essere sottoscritto anche dal creditore personalmente (Cass. n. 4595/1976) se ne è contrapposto un altro, che appare ora prevalente, secondo il quale, non solo l'atto di pignoramento immobiliare, ma anche l'atto di pignoramento presso terzi, ha valore di domanda giudiziale introduttiva del processo di espropriazione per cui va sottoscritto dal difensore (Cass. n. 99/1978, Cass. n. 7017/1997).

Alla luce di quanto sin qui esposto deve ritenersi che l'atto di pignoramento sprovvisto della sottoscrizione del difensore sia nullo e che tale omissione non possa essere sanata per raggiungimento dello scopo dal fatto che la sua notificazione sia stata richiesta all'ufficiale giudiziario dal difensore munito di procura rilasciata per il precetto (Soldi, 1096).

In relazione alla natura di tale vizio ed alle modalità di rilievo va chiarito quanto segue.

In linea generale, può sostenersi che il vizio in questione possa esser rilevato d'ufficio dal giudice in ogni fase del processo espropriativo, anche accogliendo l'istanza svolta in tal senso dal debitore cui è riconosciuta la facoltà di instare per la declaratoria di invalidità del pignoramento anche oltre il termine perentorio di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. n. 15903/2011, Cass. n. 1687/2012, Cass. n. 6264/2014). In sostanza, il giudice dell'esecuzione, quando si avveda, autonomamente o su sollecitazione del debitore, della circostanza che il pignoramento è stato compiuto senza l'assistenza di un difensore, dovrebbe dichiarare l'improcedibilità dell'esecuzione e l'invalidità del pignoramento senza limite temporale mentre il debitore esecutato, potrebbe in ogni momento sollecitare d'ufficio il giudice ad intervenire per la declaratoria di improcedibilità, in quanto il processo non sarebbe in grado di raggiungere il suo scopo (così Cass. n. 15903/2011 che richiama i principi di Cass. S.U., n. 11178/1995).

In tempi recenti la giurisprudenza di legittimità ha, tuttavia, precisato il suo orientamento affermando che, se il vizio che affligge il pignoramento, predisposto senza l'assistenza di un difensore, è certamente inquadrabile tra le nullità non suscettibili di sanatoria per il decorso del termine di cui all'art. 617 c.p.c., perché si ripercuotono sempre uguali sugli atti successivi, non per questo tale vizio può essere rilevato oltre i venti giorni dalla conoscenza legale dell'atto esecutivo concretamente impugnato. In sostanza, secondo l'orientamento cui si è fatto cenno, il singolo atto, invalido per la propagazione del vizio in questione, dovrebbe essere opposto nel termine di venti giorni dalla sua conoscenza legale (cfr. Cass. n. 14449/2016).

In questa ottica, il sistema delineato in via interpretativa è il seguente: il giudice può rilevare d'ufficio l'invalidità del pignoramento senza limite temporale mentre il debitore esecutato, pur potendo in ogni momento sollecitare d'ufficio il giudice ad intervenire per la declaratoria di improcedibilità dell'espropriazione, quando intenda proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il singolo atto esecutivo (invalido per nullità propagata e riflessa) ha l'onere di impugnare l'atto entro venti giorni dalla conoscenza legale dello stesso.

Per completezza, va rimarcata la particolarità del pignoramento in materia esattoriale. Infatti, nella riscossione coattiva delle imposte dirette, l'atto di pignoramento dei crediti verso terzi proveniente dall'agente della riscossione ai sensi dell'art. 72-bis, comma 1-bis, del d.P.R. n. 602/1973, inserito dall'art. 1, comma 141, della l. n. 244/2007, è valido anche se privo della sottoscrizione del dipendente che lo ha redatto, purché rechi l'indicazione a stampa dello stesso agente della riscossione, sì da essere inequivocabilmente riferibile a quest'ultimo, quale titolare del potere di procedere ad espropriazione forzata per conto dell'ente impositore (vedi da ultimo, Cass. n. 31604/2019).

L'atto di pignoramento presso terzi va poi notificato personalmente al debitore ed al terzo ai sensi degli artt. 137 ss. c.p.c.

Se la notificazione al debitore esecutato avviene a mezzo del servizio postale, essa deve ritenersi perfezionata anche se non sia stato acquisito l'avviso di ricevimento che andrebbe allegato all'originale del pignoramento, purché il debitore compaia all'udienza fissata per la dichiarazione del terzo atteso che la comparizione presuppone conoscenza dell'atto (Cass. n. 905/1988).

Particolari questioni sorgono invece in tema di avvio dell'esecuzione nei confronti di una Amministrazione Pubblica

L'argomento ha visto mutare l'orientamento della giurisprudenza di legittimità. Per una prima fase si è ritenuto che la notificazione non si dovesse eseguire presso l'Avvocatura dello Stato, secondo quanto prescritto dal r.d. n. 1611/1993, ma presso chi ne avesse la rappresentanza, in base al disposto dell'art. 144 c.p.c. (così Cass. n. 798/1981); di recente si è, invece, sostenuto che, quando esecutata sia un'Amministrazione dello Stato, l'atto di pignoramento vada notificato presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria innanzi alla quale è pendente l'espropriazione (così Cass. n. 17349/2011) si perviene a questa conclusione muovendo dalla considerazione che all'atto di pignoramento presso terzi può seguire un giudizio di accertamento dell'obbligo, ex art. 548 c.p.c., senza soluzione di continuità; da ciò consegue che la notificazione effettuata presso gli uffici dell'amministrazione è affetta da nullità (così Cass. n. 17349/2011, cit.).

Va però segnalato, in relazione alle notifiche da effettuarsi nei confronti degli enti pubblici, che l'art. 44 comma 3 d.l. n. 269/2003 convertito nella l. n. 326/2003 ha introdotto il comma 1-bis all'art. 14 del d.l. n. 669/1996 convertito nella l. n. 30/1997 secondo il quale: «... gli atti di pignoramento ... debbono essere notificati all'ente pubblico presso la struttura territoriale di quest'ultimo nella circoscrizione ove risiedono i soggetti privati interessati ...».

Secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità (in tal senso Cass. n. 6346/2011), la norma di cui al comma 1-bis all'art. 14 del d.l. n. 669/1996 convertito nella l. n. 30/1997 sanziona con la nullità la sola notificazione compiuta in luogo diverso da quello individuato nella stessa norma e non anche l'omissione delle altre indicazioni prescritte dalla stessa disposizione (dati anagrafici, codice fiscale e domicilio dell'interessato).

Anche in questo caso i vizi si propagano all'ordinanza di assegnazione che potrà essere impugnata nei venti giorni successivi alla sua conoscenza o alla sua emissione ove avvenuta in udienza, sempreché però il debitore non deduca esclusivamente il vizio formale dell'atto senza far valere altra lesione da ciò derivata, in particolare: «la nullità della notificazione dell'atto di pignoramento è sanata per il raggiungimento dello scopo quando l'opposizione agli atti esecutivi è proposta al solo scopo di lamentare tale nullità, non anche a quello di far valere la nullità correlata all'ordinanza di assegnazione, quale atto conclusivo del processo esecutivo, che sia stato invalidamente introdotto, e di chiedere, quindi, la revoca o l'annullamento dell'ordinanza medesima. (sul punto vedi Cass. 17349/2011, come confermato recentemente da Cass. n. 9903/2021).

Sempre in relazione alle Pubbliche Amministrazioni è da rimarcare il disposto dell'art. 14 del d.l. n. 669/1996 conv. con modif. nella l. n. 30/1997 (così come modificato dall'art. 147 della l. n. 388/2000).

Il comma 1 così recita «Le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici e l'ente Agenzia delle entrate - Riscossione completano le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto».

La ratio normativa sta nel prendere coscienza dei meccanismi amministrativi legati alla procedura di spesa dalla delibera di impegno ai mandati di pagamento, che normalmente si snodano in archi temporali di plurimi mesi, dalla presa di coscienza legata alla notifica del singolo titolo esecutivo.

A fronte di ciò, prima dei centoventi giorni successivi alla notifica del titolo esecutivo, risulta vietata sia la notifica dell'atto di precetto, sia azionare esecutivamente il credito.

Dunque, se non si può minacciare una procedura esecutiva prima di centoventi giorni dalla notifica del titolo che si vuole azionare, per la stessa ragione non si può intervenire in una procedura esecutiva già avviata da altro creditore (anche ove questi abbia rispettato il termine dei centoventi giorni) se non si notificato il titolo alla amministrazione pubblica da almeno centoventi giorni. La Suprema Corte infatti, sul punto ha chiarito che: «In tema di esecuzione forzata in danno di amministrazioni pubbliche e di enti pubblici non economici, il termine previsto dall'art. 14 del d.l. n. 669/1996, conv., con modif., nella l. n. 30/1997, in forza del quale il creditore non ha diritto di procedere ad esecuzione forzata, né di porre in essere atti esecutivi, prima del termine di centoventi giorni dalla notifica del titolo esecutivo, si applica anche all'ipotesi di intervento del creditore, in quanto l'intervento è una delle possibili forme di esercizio dell'azione esecutiva (cfr. Cass. n. 6067/2012).

Va chiarito che la dizione normativa che cita espressamente: «le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici e l'ADER», deve essere considerata una norma di stretta interpretazione, contenendo una disciplina derogatoria e sicuramente non favorevole alla celere riscossione dei crediti; pertanto, restano fuori dalla disciplina di favore in oggetto gli enti pubblici economici (vedi, tra le altre, Cass. n. 6607/2012 cit. e Cass. n. 25567/2011, che espressamente fanno riferimento amministrazioni pubbliche e di enti pubblici non economici, nonché Cass. n. 14739/2018, la quale ha osservato con chiarezza che il riferimento della norma «agli enti pubblici non economici» non può includere anche gli enti pubblici economici, per i quali la legge ha mostrato essere necessaria una specifica addizione precettiva).

Alla stessa stregua, la norma in questione prevede che l'amministrazione pubblica o l'ente pubblico non economico, abbia la veste di debitore esecutato, escludendone invece l'applicabilità ove tali soggetti siano i terzi pignorati (così Cass. n. 25567/2011).

Per ciò che concerne la sorte degli atti (di precetto o di intervento) posti in essere senza il rispetto del termine anzidetto, secondo la Corte di legittimità: poiché tale «spatium deliberandi» costituisce, una sospensione dell'efficacia del titolo esecutivo, la notificazione di un atto di precetto in tale fase e la relativa intimazione ad effettuare il pagamento in un momento in cui l'amministrazione non è tenuta a procedere, deve ritenersi inutilmente effettuata (cfr. Cass. n. 6346/2011).

Trovandosi in presenza della carenza di una condizione di efficacia del titolo esecutivo (Cass. n. 19966/2005), il mancato rispetto del termine suddetto potrà essere rilevato anche d'ufficio dal giudice dell'esecuzione e dal debitore esecutato tramite opposizione (Auletta, opera cit., Rossi, 350).

In particolare: «L'opposizione proposta dalla P.A. avverso il precetto intimato prima del decorso del termine, previsto dall'art. 14 d.l. n. 669/1996 (convertito in l. n. 30/1997), così come modificato dall'art. 147 della l. n. 388/2000, di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, deve qualificarsi come opposizione all'esecuzione e non come opposizione agli atti esecutivi. La disposizione citata pone infatti un intervallo tra la notifica del titolo esecutivo e quella del precetto, prima del quale l'esecuzione forzata non può essere intrapresa: pertanto, il decorso del termine legale diviene condizione di efficacia del titolo esecutivo, la cui inosservanza, per l'inscindibile dipendenza del precetto dall'efficacia esecutiva del titolo che con esso si fa valere, rende nullo il precetto intempestivamente intimato, con la conseguenza che la relativa opposizione si traduce in una contestazione del diritto di procedere all'esecuzione forzata e integra un'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615, comma 1 c.p.c., non concernendo solo le modalità temporali dell'esecuzione forzata» (cfr. Cass. n. 7360/2009).

I vizi dell'atto di pignoramento

Secondo l'interpretazione prevalente, sono requisiti essenziali dell'atto, in difetto dei quali il pignoramento è giuridicamente inesistente, solo gli elementi indicati nell'art. 543 c.p.c. la cui mancanza impedisce la costituzione di tale vincolo di destinazione, mentre al di fuori di queste ipotesi, la mancanza di uno degli altri elementi indicati dall'art. 543 può dar luogo soltanto alla nullità del pignoramento, alla quale si applica la regola generale contenuta nell'art. 156 c.p.c., costituita dalla impronunciabilità di essa se l'atto ha comunque raggiunto il suo scopo (cfr. Cass. n. 8239/2003, la quale, in applicazione di tale principio, ha ritenuto nullo e non inesistente l'atto di pignoramento presso terzi nel quale non erano indicati gli estremi del titolo esecutivo, sul presupposto che tale indicazione non costituisse elemento indispensabile per imporre sul credito esistente presso il terzo il vincolo di destinazione, ed ha ritenuto sanata la nullità dal fatto che l'atto di pignoramento contenesse gli estremi del precetto, regolarmente notificato alla parte, all'interno del quale erano riportati gli estremi del titolo esecutivo).

In particolare, nell'atto di pignoramento presso terzi l'ingiunzione al debitore esecutato ex art. 492 c.p.c. costituisce un requisito essenziale per la funzione dell'atto, poiché soltanto attraverso tale ingiunzione acquista inequivoca certezza e piena rilevanza giuridica l'obbligo di astenersi da ogni atto pregiudizievole sancito dalla norma richiamata (cfr., ex ceteris, Cass. n. 6580/1997; Cass. n. 4621/1995, come confermato da Cass. n. 12195/2023 e Cass. n. 32804/2023).

Altro elemento di peculiare importanza è l'intimazione rivolta al terzo, ex art. 543 c.p.c., con la conseguenza che, anche se non sono necessarie formule sacramentali, la mancanza anche di uno solo di tali elementi implica l'inesistenza del pignoramento, non ammettendosi equipollenti (Cass. n. 2473/2009; Cass. n. 7019/1995). È stato nondimeno precisato, più di recente, che è solo irregolare, e non affetto da inesistenza o nullità, l'atto di pignoramento presso terzi in cui l'intimazione al terzo pignorato di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme o delle cose da lui dovute al debitore esecutato appaia proveniente dall'ufficiale giudiziario, richiesto di effettuare il pignoramento, piuttosto che dal creditore pignorante, tenutovi ex art. 543, comma 2, n. 2, c.p.c. (Cass. n. 6835/2015).

Anche nell'ipotesi di atto di pignoramento completo nei suoi requisiti essenziali, il debitore potrebbe proporre opposizione contro lo stesso per dedurne l'invalidità della notificazione, notificazione che deve essere eseguita secondo le regole generali.

Ad esempio, poiché in tema di espropriazione presso terzi, quando esecutata sia un'Amministrazione dello Stato, l'atto di pignoramento va notificato presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria dinanzi al quale è portata la causa, la notificazione effettuata presso gli uffici dell'amministrazione è affetta da nullità (cfr. Cass. n. 17349/2011, la quale ha precisato che la nullità della notificazione dell'atto di pignoramento è sanata per il raggiungimento dello scopo quando l'opposizione agli atti esecutivi è proposta al solo scopo di lamentare tale nullità, non anche a quello di far valere la nullità correlata all'ordinanza di assegnazione, quale atto conclusivo del processo esecutivo, che sia stato invalidamente introdotto, e di chiedere, quindi, la revoca o l'annullamento dell'ordinanza medesima).

In armonia con una tendenza della giurisprudenza di legittimità tesa a valorizzare esclusivamente i vizi degli atti processuali che abbiano inciso concretamente sul diritto di difesa, la S.C. ha affermato che alla tempestiva opposizione agli atti esecutivi con cui il debitore deduca la nullità della notifica dell'atto di pignoramento presso terzi, consegue la sanatoria del vizio dedotto, applicandosi anche a tale ipotesi l'ultimo comma dell'art. 156 c.p.c. (Cass. n. 24527/2008 e confermato da Cass. n. 9903/2021).

Per ciò che concerne la sottoscrizione apposta all'atto di pignoramento, la Cassazione ha affermato che: «nel caso di atto di pignoramento sprovvisto di sottoscrizione (del difensore o anche della parte) il vizio potrebbe essere rilevato esclusivamente entro il termine di venti giorni dalla conoscenza legale dell'ordinanza di vendita (Cass. n. 6264/2012).

L'oggetto del pignoramento

È necessario ricorrere alla forma dell'espropriazione presso terzi, ove il creditore intenda sottoporre a pignoramento due categorie di beni: 1) le cose di proprietà del debitore che sono in possesso dei terzi e delle quali, pertanto, il debitore non possa direttamente disporne. 2) i crediti che si ritengono vantati dal debitore esecutato nei confronti di un soggetto terzo.

Le cose in possesso di terzi

L'oggetto del pignoramento, in caso di cose in possesso dei terzi, implica l'esigenza di porre a confronto la portata della norma in questione (art. 543, comma 1 c.p.c.) con il disposto dell'art. 513 c.p.c., che ha ad oggetto la ricerca delle cose mobili da pignorare nell'ambito del pignoramento diretto nei confronti del debitore.

Nello specifico, in base all'art. 513 c.p.c., ricorre il pignoramento diretto sia ove le cose da pignorare si trovino «nella casa o nei luoghi di appartenenza» del debitore esecutato, ma anche ove si tratti di cose: «che non si trovino in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre».

L'art. 543 comma 1 c.p.c. dal suo canto va riferimento alle cose «in possesso del terzo».

Per orientamento univoco, la pignorabilità astratta delle cose mobili (presso il debitore o presso un soggetto terzo) deve essere a tutto tondo senza zone grigie (salve le ipotesi di impignorabilità previste dalla legge), per cui, senza affidarsi alla distinzione formale dei vocaboli: possesso e disponibilità.

La dottrina, infatti, ha valorizzato il concetto di disponibilità, in quanto più rispondente alla logica della scelta fra le due forme di esecuzione (Vaccarella, 95; D'onofrio, 896).

Dunque il discrimen nella scelta della tipologia di procedura da mettere in campo, in caso di cose mobili non detenuta direttamente dal debitore, sta nel verificare se la res si trovi o meno nella disponibilità del debitore esecutato.

Pertanto, ove le cose da pignorare si trovino in luoghi non appartenenti al debitore, ma di cui lo stesso abbia la disponibilità diretta ed immediata, allora dovrà farsi ricorso all'espropriazione diretta ex art. 513 c.p.c., in quanto il debitore, pur non avendo il godimento esclusivo della res, comunque abbia il diritto di accedere ai luoghi per l'asporto senza bisogno della collaborazione del terzo (Carnelutti, 1956).

Di converso, dovrà usarsi la forma dell'espropriazione presso terzi ove, ove il terzo stesso sia titolare di una situazione soggettiva sul bene che condiziona il potere sulla res del debitore esecutato, per cui risulta necessaria la collaborazione del terzo.

Ove però, il terzo, spontaneamente proceda alla esibizione delle cose, la procedura diretta contro il debitore risulterà la scelta corretta, al di là del potere del terzo sulla res (art. 513 comma 4 c.p.c.).

Ci si chiede, a questo punto, quali siano le conseguenze in caso di errore sulla forma espropriativa intrapresa, in carenza dei relativi presupposti.

Per la giurisprudenza il pignoramento erroneamente eseguito «nella forma sbagliata» è affetto da nullità radicale ed insanabile, come tale pertanto tale vizio può essere rilevato d'ufficio dal giudice (Cass. n. 9549/1997) e può essere fatta valere, ad istanza di parte con l'opposizione agli atti esecutivi (Cass. n. 22876/2004). Sul punto la Suprema Corte da ultimo ha precisato che: «anche in caso di dichiarazione negativa del terzo pignorato il debitore esecutato ha sempre interesse (ex art. 100 c.p.c.) a contestare con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. la regolarità formale di un pignoramento presso terzi ovvero l'impiego di un mezzo di espropriazione non previsto dalla legge per il tipo di bene aggredito, dato che l'opposizione agli atti esecutivi è lo strumento per far valere il vizio della procedura ed impedire che la stessa giunga a compimento, con conseguente attribuzione al creditore di un bene a cui non avrebbe avuto diritto per il tramite di un'espropriazione illegittimamente intrapresa» (Cass. n. 1098/2021).

Per quanto riguarda il momento ultimo per proporre opposizione all'esecuzione, si denota la non convergenza di soluzioni sono alquanto frastagliate affermando in alcuni casi che l'udienza di assegnazione sia il momento ultimo utile per tale rilevo (Cass. n. 982/1982), secondo altre pronunce si potrebbe anche impugnare anche l'ordinanza di assegnazione (Cass. n. 2917/1990); altra giurisprudenza esplicitamente chiarisce come il termine decorra dall'ingiunzione al debitore di astenersi dal compimento di atti diretti a sottrarre alla garanzia i beni che si assoggettano all'espropriazione, dalla quale dipende il pregiudizio del debitore e l'interesse dello stesso all'opposizione (Cass. n. 22876/2004) salva la possibilità del rilievo d'ufficio a cura del giudice dell'esecuzione sino all'udienza in cui deve essere emessa l'ordinanza di assegnazione (Cass. n. 9549/1997).

La dottrina ha precisato che, per ciò che concerne il terzo pignorato, lo stesso, ove venisse erroneamente iniziata l'esecuzione diretta, al posto di quella presso terzi (salvo procedere all'esibizione spontanea delle cose nella sua disponibilità ex art. 513 c. 4 c.p.c.) avrebbe interesse a far valere il mancato uso delle forme di pignoramento di cui all'art. 543 e ss. c.p.c., maggiormente garantiste per la posizione del terzo, rispetto al pignoramento diretto (Vaccarella, 96; Oriani, 306 e ss.; Soldi, 1026); lo strumento viene rinvenuto nell'opposizione agli atti esecutivi e non nella deduzione effettuata nell'ambito del giudizio per accertamento dell'obbligo del terzo (così, Cass. n. 20338/2020).

I crediti nei confronti del terzo

Per ciò che concerne il pignoramento dei crediti vanno delimitati i confini di tale fattispecie sotto determinati aspetti, ossia: il momento determinante per stabilire l'esistenza del credito; le caratteristiche che deve avere il credito pignorato, in relazione alla liquidità, esigibilità e certezza; la possibilità di pignorare o meno prestazioni non pecuniarie.

Con orientamento tradizionale ma più volte confermato, la giurisprudenza ha sempre ritenuto che ai fini dell'assegnazione del credito ciò che rileva non sia il credito come esistente al momento del pignoramento, bensì quello sussistente allorché viene effettuata la dichiarazione ad opera del terzo o nel momento in cui venga accertata ex art. 548 c.p.c. con sentenza (ora con ordinanza endoesecutiva), l'esistenza del credito (tra le altre n. 920/2005).

Questo implica una possibilità di modificazione in melius della soddisfazione del creditore procedente.

Se è vero che dal momento della notifica al terzo del pignoramento, lo stesso assume gli obblighi di cui all'artt. 546 e 547 c.p.c., per cui deve custodire il credito a favore del creditore procedente (e degli altri creditori intervenuti nei limiti di cui all'art. 546 c.p.c.) sino alla conclusione della procedura, è anche vero che ove il credito venga ad esistenza o anche aumenti la sua consistenza successivamente (sempre nel limite dell'importo precettato più la metà), il terzo ne dovrà dare atto nella sua dichiarazione, ai fini dell'assegnazione.

Nello specifico, la Suprema Corte ha chiarito che: «nell'espropriazione forzata presso terzi, il credito assoggettato al pignoramento dev'essere esistente al momento della dichiarazione positiva resa dal terzo ovvero, per il caso di dichiarazione negativa e di instaurazione del giudizio volto all'accertamento del suo obbligo, al momento in cui la sentenza pronunciata in tale giudizio ne accerta l'esistenza, restando invece irrilevante che il credito non esista al momento della notificazione del pignoramento e dovendosi escludere che l'inesistenza del credito in quel momento possa determinare una nullità del processo esecutivo (così Cass. n. 15615/2005). Corollario di questo principio è che, in caso di incremento del credito sopravvenuto al pignoramento (come nell'ipotesi di rimesse effettuate dal correntista, qualora siano pignorate somme depositate in conto corrente), non rileva l'importo del credito esistente alla data della notificazione del pignoramento bensì l'importo del credito esistente alla data della dichiarazione del terzo ovvero l'importo eventualmente incrementatosi fino all'udienza ex art. 543 c.p.c.

Poiché il vincolo di indisponibilità si estende fino all'importo precettato aumentato della metà, il giudice dell'esecuzione ben può assegnare entro questo limite ed il terzo assume un obbligo di custodia, non solo rispetto a quanto è obbligato a pagare al suo creditore al momento della notificazione del pignoramento o al momento della dichiarazione positiva, ma anche rispetto a quanto sarà obbligato a pagare nel corso del rapporto, fino al limite fissato dall'art. 546 c.p.c. (Cass. n. 21081/2015).

Occorre inoltre chiarire se per essere oggetto di pignoramento il credito pignorato debba essere esigibile, certo e liquido.

A questi interrogativi, la giurisprudenza ha fornito risposta negativa, seppur soffermandosi su alcuni caratteri che esso debba avere per dare concretezza e specificità alla posizione giuridica pignorata.

La giurisprudenza, in pratica è approdato ad un indirizzo univoco, ritenendo che: i crediti di tipo pecuniario possano essere oggetto di espropriazione presso terzi – seppur illiquidi o sottoposti a termine o condizione – sempreché appaiano suscettibili, al momento dell'assegnazione, di capacità satisfattiva futura (tra le altre Cass. n. 5235/2004) e non siano meramente eventuali, ma destinati a venire in essere nell'ambito di un rapporto già identificato ed esistente (vedi, Cass. n. 19501/2009 e Cass. n. 15607/2017).

Su questi presupposti la Suprema Corte ha ritenuto pignorabili, in astratto, gli utili sociali riconosciuti ad in socio di srl, nel rendiconto finale della gestione annuale (Cass. n. 15360/2011).

Alla stessa stregua, con riferimento alle posizioni giuridiche attive del lavoratore subordinato debitore esecutato, la dichiarazione del terzo deve includere l'indicazione delle quote accantonate del trattamento di fine rapporto, in quanto intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura, e corrispondenti ad un diritto certo e liquido di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l'esigibilità, rilevando d'altro canto la garanzia del vincolo di indisponibilità derivante dal pignoramento, con riguardo alla possibilità per il lavoratore di ottenere delle anticipazioni su detto trattamento nel corso del rapporto (così Cass. n. 104/1998).

Infine, partendo dal presupposto che l'esecuzione mediante espropriazione presso terzi possa riguardare anche crediti non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente, sono stati inclusi anche gli stanziamenti del bilancio della pubblica amministrazione (vedi Cass. n. 25042/2019).

Sulla base di questi presupposti viene ammessa anche la pignorabilità dei crediti litigiosi, ossia il cui accertamento risulti sub-iudice. In questo caso, la soddisfazione risulta rimessa però alla decisione sull'esistenza del credito vantato dal debitore esecutato (Soldi, 1028).

La Suprema Corte (Cass. n. 31844/2022) ha ribadito tali concetti, affermando che: «l'esecuzione mediante espropriazione presso terzi può riguardare anche crediti futuri, non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente; pertanto, anche il credito al pagamento del prezzo del promittente venditore, riveniente da un contratto preliminare, è suscettibile di pignoramento ex art. 543 c.p.c., giacché – per quanto eventuale, dipendendo la sua effettiva maturazione dalla realizzazione del programma negoziale, sia essa spontanea o coattiva, ex art. 2932 c.c. – è specificamente collegato ad un rapporto esistente, e possiede quindi capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento della assegnazione (anche ove sul giudizio propedeutico alla realizzazione coattiva, non sia ancora sceso il giudicato); alla stessa stregua, in

in tema di assicurazione della responsabilità civile, il credito all'indennizzo assicurativo è stato ritenuto pignorabile anche in pendenza del giudizio risarcitorio intentato dal terzo danneggiato nei confronti dell'assicurato danneggiante (Cfr. Cass. n. 14419/2023).

Ipotesi specifiche

Il pignoramento del conto corrente. Il pignoramento del conto corrente è una ipotesi frequente nell'ambito del pignoramento presso terzi.

La Banca, sulla base del rapporto di conto corrente sussistente con il correntista, deve ritenersi debitrice del correntista in relazione al saldo attivo giacente sul conto corrente al momento del pignoramento, dovendo dunque rendere in caso di notifica di atto di pignoramento presso terzi, dichiarazione positiva ai sensi dell'art. 547 c.p.c. e dovendo mantenere a disposizione della procedura esecutiva le somme eventualmente presenti sul conto, entro i limiti dell'importo pignorato.

Nello specifico, potrà essere pronunciata un'ordinanza di assegnazione cd. «a totale soddisfo del credito» allorché sul conto corrente sia presente, al momento del pignoramento, un saldo attivo idoneo a soddisfare l'intero importo pignorato (pari, ai sensi dell'art. 546, comma 1, c.p.c., all'importo precettato, aumentato della metà) e purché si tratti di conto corrente intestato unicamente al debitore.

Occorre chiarire a questo punto cosa accada ove, al momento della notifica del pignoramento, sul conto corrente non sia presente un saldo attivo, ovvero sia presente un saldo attivo inferiore all'importo pignorato, ma, per successive rimesse, il conto presenti successivamente una disponibilità maggiore, ossia ove si verifichino delle «sopravvenienze» attive sul conto corrente.

Ci si chiede se in un tale caso l'istituto di credito sia tenuto, o meno, a tenere vincolate le somme che affluiscano sul conto successivamente alla notifica del pignoramento ed anteriormente alla estinzione della procedura esecutiva.

Si tratta, come si accennava poc'anzi, di questione che coinvolge la stessa essenza della procedura esecutiva di pignoramento presso terzi, imponendo all'interprete di interrogarsi sulla efficacia, sia essa istantanea ovvero permanente, del pignoramento presso terzi e del momento in cui si cristallizza l'individuazione delle somme in possesso del terzo.

In questa sede è sufficiente evidenziare che la giurisprudenza di legittimità appaia orientata (fin da una ormai risalente pronuncia n. 13021/119, successivamente confermata a più riprese da altre più recenti pronunce, quali Cass. n. 6666/2011) nel senso di affermare che il credito, per poter essere assoggettato a pignoramento, non debba necessariamente essere già sorto al momento della notificazione dell'atto di pignoramento, ben potendo lo stesso venire in essere al momento in cui il terzo renda la propria dichiarazione, ovvero nel successivo momento in cui venga accertato l'obbligo del terzo.

In pratica, l'istituto di credito, nell'ipotesi di versamenti successivi al momento nel quale rende per iscritto la propria dichiarazione, è tenuto a rettificare la dichiarazione e questo sino all'udienza indicata in citazione, se nella stessa si svolge effettivamente la procedura con conseguente emanazione dell'ordinanza di assegnazione della stessa o altri provvedimenti dipendenti dalla dichiarazione del terzo ovvero all'udienza successiva nella quale ciò si realizza (se, ad esempio, la prima non si svolge o è di mero rinvio).

Pignoramento del conto cointestato. Frequente è il caso in cui venga sottoposto a pignoramento un conto corrente cointestato a più soggetti, alcuni dei quali estranei all'esecuzione forzata.

Occorre chiarire quale sia il trattamento al quale assoggettare tali somme presenti sul conto cointestato, onde non ledere l'interesse del cointestatario.

Secondo la giurisprudenza maggioritaria, vige il principio della presunzione della pari appartenenza.

Secondo questa impostazione, nel caso di somme presenti sul conto corrente cointestato, le stesse devono presumersi, salvo prova contraria, come appartenenti in egual misura a ciascuno dei cointestatari, essendo per l'effetto suscettibile di assegnazione soltanto la quota di saldo presente sul conto presuntivamente imputabile al cointestatario esecutato (cfr., ad esempio, Cass. n. 4496/2010, la quale evidenzia come i rapporti fra i diversi correntisti debbano ritenersi regolati sulla base dell'art. 1298 c.c., con l'effetto che «le parti di ciascuno si presumono uguali se non risulta diversamente»; per Cass. n. 18777/2015 «tale presunzione dà luogo ad una inversione dell'onere probatorio che può essere superata attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla contestazione stessa»).

Peraltro, occorre tener presente che gli istituiti di credito sono tenuti a rispettare in tale ipotesi peculiari regole di prudenza che sembrano imporre, in senso contrario, di vincolare per intero il conto corrente, atteso che la situazione in ordine all'effettiva consistenza dei «rapporti interni» tra le parti potrà essere chiarita esclusivamente all'udienza.

Modalità del pignoramento. Sulla questione, non è privo di rilevanza considerare che, come affermato a partire dalla pronuncia della Corte di cassazione n. 10028/1998, mai smentita nella giurisprudenza di legittimità successiva, il pignoramento presso terzi del conto corrente cointestato deve eseguirsi nelle modalità del pignoramento dei beni indivisi, per cui in caso di mancato avviso ex art. 180 disp. att. c.p.c., il cointestatario non debitore potrà ancora agire contro il creditore procedente e assegnatario del credito per ottenere la restituzione di quanto abbia incassato.

Ciò implica, in particolare, che il creditore sia onerato della notifica anche al cointestatario non debitore dell'avviso relativo al pignoramento del conto, affinché lo stesso possa presentarsi all'udienza di assegnazione, fissata anche per l'assunzione dei provvedimenti ex art. 600 c.p.c.

Il terzo cointestatario potrà proporre, in caso di ordinanza di assegnazione ritenuta per lo stesso insoddisfacente, le proprie contestazioni nell'ambito dell'opposizione ex art. 619 c.p.c., facendo valere la lesione della propria pozione di importi presenti sul conto corrente.

Pignoramento del creditore presso sé stesso.

Il pignoramento presso sé stesso è ammesso dalla dottrina (Andrioli, 187; Castoro, 490) e dalla giurisprudenza (Cass. n. 4227/1975). In pratica il creditore può pignorare le cose o le some da esso dovute al debitore per soddisfare una propria pretesa creditoria (Soldi).

Il pignoramento verrà dunque notificato, ad istanza del creditore, a sé stesso (quale terzo) ed al debitore.

Il creditore stesso, dunque assume i compiti di custodia che sono propri del terzo debitor debitoris e dovrà anche rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c.

Pignoramento in cui il terzo è creditore del debitore. Il pignoramento può essere legittimamente eseguito anche se il terzo sia a sua volta creditore del debitore. L'esistenza di un suo credito nei confronti del debitore non esclude che egli possa essere destinatario dell'espropriazione in quanto debitor debitoris.

Due sono le vie alternative che il terzo pignorato ha a disposizione per far valere a sua volta il credito.

Egli ha la facoltà di intervenire ai sensi dell'art. 499 c.p.c. nel processo esecutivo sempreché abbia un titolo esecutivo contro il debitore ovvero il suo credito rientri tra quelli per i quali è ammesso in via di eccezione l'intervento «non titolato». In alternativa il terzo ha la possibilità di eccepire la compensazione e dichiararsi creditore solo di quanto residui.

Occorre precisare che la compensazione non è sempre opponibile al creditore, ma lo potrà essere nei limiti di cui all'art. 2917 c.c..

Il creditore ha pertanto la possibilità di contestare ai sensi dell'art. 548 c.p.c. la dichiarazione del terzo di contenuto negativo o parzialmente positivo ove ritenga che la compensazione non fosse opponibile perché verificatasi in epoca successiva al pignoramento.

Pignoramento nei casi in cui il debitore è rappresentante legale del terzo. Può, infine, profilarsi il caso in cui il debitore sia rappresentante legale del terzo pignorato.

In tale ipotesi è di tutta evidenza la configurabilità di un conflitto di interessi (Castoro, 491). Sarà pertanto necessario procedere alla nomina di un curatore speciale ai sensi degli artt. 79 e 80 c.p.c. Tale nomina deve precedere il pignoramento se la situazione che genera il conflitto di interessi è preesistente all'avvio del processo, ma può pure essere richiesta successivamente ove le condizioni che la rendano necessaria si verifichino nel corso del procedimento.

Nella prima ipotesi la presentazione dall'istanza di nomina del curatore è onere del creditore. Nel secondo caso essa può provenire non solo dal creditore ma anche dal debitore, che non può più svolgere l'ufficio di rappresentante o dallo stesso terzo pignorato che versa nella condizione di incapacità.

Pignoramento dei titoli di credito.

In proposito la Suprema Corte ha chiarito quanto segue. «L'art. 1997 c.c., nel disporre che il pignoramento ed ogni altro vincolo sul diritto menzionato in un titolo di credito o sulle merci da esso rappresentate non hanno effetto se non si attuano sul titolo, trova spiegazione nella circostanza che, se il pignoramento od il vincolo si attuassero con la mera ingiunzione al terzo in possesso del titolo di non pagare al debitore, il terzo – non risultando impedita la circolazione del titolo – si troverebbe esposto a pagare due volte, cioè al creditore procedente assegnatario del credito documentato dal titolo ed al suo portatore, legittimato a pretenderne il pagamento secondo la legge di circolazione del titolo. Tuttavia, allorquando il titolo di credito sia in possesso di un terzo in forza di un rapporto che non gli attribuisca la titolarità del credito, ma solo la legittimazione ad esercitare per conto del titolare i diritti nascenti dal titolo, come accade nel caso di deposito di titoli in amministrazione ed in particolare in relazione ai titoli che, in base al d.lgs. n. 213/1998, sono assoggettati alla disciplina della dematerializzazione, il pignoramento si può eseguire presso il terzo, essendo il titolo una cosa del debitore posseduta dal terzo stesso.

Sulla base di tali principi la Suprema Corte ha cassato la sentenza che aveva rigettato l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal creditore avverso le ordinanze del giudice dell'esecuzione, che avevano dichiarato nullo il pignoramento di titoli in deposito ai sensi del detto d.lgs. perché eseguito con le forme dell'espropriazione presso terzi, anziché in quelle dell'espropriazione presso il debitore. A seguito della cassazione la Suprema Corte ha anche deciso nel merito, accogliendo l'opposizione e dichiarando la nullità dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione, che aveva dichiarato nullo il pignoramento» (così, Cass. n. 4653/2007).

Pignoramento di un credito ereditario. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il pignoramento di un credito ereditario da parte di un coerede nei confronti di altro coerede comporta che, ove il procedente non abbia espressamente limitato l'oggetto del pignoramento alla sola quota di spettanza del proprio debitore, il terzo pignorato è tenuto a versare l'intero importo del credito, dal momento che, a differenza dei debiti ereditari (che si dividono automaticamente pro quota ex art. 752 c.c.), i crediti ereditari ricadono nella comunione e possono, pertanto, essere fatti valere per l'intero da ciascuno dei coeredi, restando affidata la successiva ripartizione fra gli stessi al giudizio di divisione (v. Cass. n. 18331/2022).

L'iscrizione a ruolo

Nel sistema tradizionale, l'ufficiale giudiziario era tenuto a depositare entro ventiquattro ore dal compimento delle operazioni: il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione che provvedeva a formare il fascicolo d'ufficio, senza che, in difetto, si verificasse alcuna nullità (così, Cass. 30 giugno 2010, n. 15633/20),

Tuttavia, l'esperienza ha dimostrato come spesso dopo la notifica del precetto il creditore perdesse interesse ad intraprendere la procedura esecutiva per un accordo con il debitore o per la scarsa appetibilità dei beni; per cui si verificava frequentemente che la cancelleria formasse un fascicolo dell'esecuzione cui il creditore non avrebbe mai dato impulso con tempestiva richiesta di vendita o di assegnazione dei beni pignorati (si veda anche sub art. 488 c.p.c.).

Tale sistema è stato modificato per tutte le forme di espropriazione forzata dall'art. 18 d.l. n. 132/2014 (conv. in l. n. 162/2014), con norma applicabile alle procedure esecutive instaurate dal 10 dicembre 2014 (al trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione).

Pertanto, nell'espropriazione presso terzi, l'ufficiale giudiziario, compiute le operazioni, consegna senza ritardo al creditore il processo verbale, il titolo esecutivo ed il precetto. Sarà quindi il creditore stesso ad essere onerato, entro i trenta giorni successivi dalla consegna dell'atto di pignoramento da parte dell'ufficiale giudiziario, dell'iscrizione a ruolo della procedura esecutiva per espropriazione (secondo modalità telematiche dal 31 marzo 2015) compilando la nota di iscrizione a ruolo e depositando copia conforme del titolo esecutivo e del precetto.

A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 164/2024 (cd. correttivo Cartabia), dalla norma è stato espunto l'obbligo del deposito della nota di iscrizione a ruolo, quale precipitato della venuta meno della stessa nota di iscrizione a ruolo al momento dell'iscrizione a ruolo del processo esecutivo (art. 159-bis disp. att. c.p.c., come novellato).

Se entro il termine di trenta giorni dalla consegna dell'atto da parte dell'ufficiale giudiziario il creditore non provvede all'iscrizione a ruolo della procedura ne deriverà l'inefficacia del pignoramento.

Per ciò che concerne la metodologia di impugnazione, sebbene in qualche pronuncia di merito se ne ritiene l'impugnabilità con l'opposizione agli atti esecutivi (Trib. Milano III, n. 3465/2016), la dizione normativa che parla esplicitamente di inefficacia del pignoramento, al pari di come avviene nelle altre ipotesi codificate (es. artt. 497 e 567 c.p.c.) in cui è pacifico l'inserimento tar le cause tipiche di estinzione della procedura esecutiva, reclamabili ex art. 630 c.p.c., fanno ritenere appunto che lo strumento di impugnazione sia il reclamo ex art. 630 c.p.c. (così Trib. Milano, 29 giugno 2016, atto che potrebbe ritenersi reclamabile ex art. 630 Trib. Castrovillari 3 luglio 2020, Trib. Napoli Nord 15 gennaio 2017, Trib. di Trani 8 marzo 2021).

Si rimanda comunque al commento subart. 557 c.p.c.

Rappresenta, vivace argomento di discussione la mancanza di attestazione di conformità agli originali sul titolo esecutivo, precetto e pignoramento, depositati telematicamente al momento dell'iscrizione a ruolo.

Orbene, parte della giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Bologna 22 ottobre 2015; Trib. Bari 4 maggio 2016; Trib. Caltanissetta 1° giugno 2016; Trib. di Milano 29 giugno 2016) ha affermato che la mancanza dell'attestazione di conformità degli atti costituisce una mera irregolarità formale priva di conseguenze caducatorie.

La tesi muove dal presupposto che il procedimento esecutivo viene incardinato in virtù di un titolo che ha accertato la pretesa creditoria e la conseguente inefficacia del pignoramento può essere pronunciata solo nei casi tassativamente indicati dalla legge, e che la declaratoria di inefficacia del pignoramento a fronte di un accertamento di un vizio meramente formale dell'atto depositato al momento dell'iscrizione al ruolo appare conseguenza eccessivamente rigorosa, nelle ipotesi in cui non vi sia una effettiva contestazione della conformità agli originali da parte del debitore; essa si fonda in primo luogo sulla formulazione letterale dell'art. 543 comma 4 c.p.c., che sia nella prescrizione dell'obbligo, che nel comminare l'inefficacia del pignoramento si riferisce testualmente alle «copie» e non alle «copie conformi». Viene richiamato anche, al livello sistematico, l'art. 22, comma 3, CAD che equipara l'efficacia probatoria delle copie per immagine su supporto informatico ai documenti formati in originale su supporto analogico, salvo che la conformità non sia espressamente disconosciuta; nonché, dal punto di vista teleologico, l'applicazione del principio del raggiungimento dello scopo, stante idoneità degli atti privi dell'attestazione di conformità al raggiungimento dello scopo, e la possibilità altresì per il creditore di allegare in udienza l'originale dell'atto di precetto, del titolo esecutivo e del pignoramento.

Per contro un'altra parte nutrita della giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Milano 29 giugno 2016; Trib. Napoli Nord 15 gennaio 2017; Trib. Trani dell'8 marzo 2021) ha affermato che la violazione delle nuove norme sulla formazione del fascicolo dell'esecuzione importano la improcedibilità dell'azione esecutiva, e quindi l'estinzione del relativo processo ex art. 630, comma 2, c.p.c., rilevabile d'ufficio.

Vengono svolte, in base a questo orientamento, le seguenti considerazioni: per quanto concerne l'argomento testuale, si evidenzia che l'art. 16-bis, comma 2, d.l. n. 179/2012, nel testo modificato a seguito del d.l. n. 132/2014, stabilisce che «le copie conformi degli atti indicati dagli artt. 518, comma 6, 543, comma 4 e 557, comma 2, del c.p.c.» sono depositati con modalità telematiche, mentre l'art. 159-ter disp. att. c.p.c. prevede che nell'ipotesi di iscrizione a ruolo da parte del debitore il creditore debba comunque depositare «copie conformi degli atti» nei termini prescritti dalla normativa conferente. Consegue da quanto sopra che laddove la norma fa riferimento alle «copie», si tratta – evidentemente – delle copie conformi, anche perché sarebbe del tutto irragionevole ritenere che il creditore debba procedere al deposito delle copie conformi nel caso in cui l'iscrizione a ruolo avvenga da parte del debitore e non quando sia egli stesso a provvedervi; quanto all'argomento sistematico ed a quello teleologico, gli stessi – alla luce della predetta osservazione – perdono di spessore.

Sul piano sistematico, dal momento che la l. n. 162/2014 persegue un obiettivo di razionalizzazione dei tempi del processo esecutivo e del lavoro delle Cancellerie (onerando il creditore del compimento di una attività compiuta in precedenza dall'Ufficio), «la questione della conformità del titolo all'originale è strettamente connessa al possesso del titolo esecutivo quale presupposto processuale dell'azione esecutiva»; in quest'ottica «l'attestazione di conformità non costituisce una mera formalità in quanto il difensore del creditore, per poter attestare che la copia è conforme ovvero deve avere il possesso del titolo: in mancanza di attestazione di conformità, quindi, il g.e. non è messo in condizione di conoscere – con il grado di certezza che la legge esige – se il creditore sia legittimato o meno all'esercizio dell'azione esecutiva». In definitiva, la novella formulazione dell'art. 543, comma 4, c.p.c., «intende sanzionare il negligente comportamento della parte processuale che, pur potendo mettere l'ufficio dell'esecuzione in grado di svolgere ordinatamente e tempestivamente il proprio compito, vi frapponga un ostacolo, mancando di depositare agli atti telematici un documento equipollente agli originali a sue mani (e di cui cioè abbia il possesso)».

Pur nella difficoltà interpretativa della norma e dell'indubbio tenore letterale della stessa che sembra andare incontro al secondo orientamento, il primo dei due risulta da preferire onde garantire la conservazione degli effetti degli atti giuridici, ogni qualvolta il creditore, pur essendo nel possesso del titolo esecutivo in originale, ed avendo ritualmente notificato precetto e pignoramento, e sia quindi titolare di una legittima pretesa creditoria abbia omesso, per qualsivoglia motivo, di attestare la conformità di titolo, precetto e pignoramento.

Ciò anche tenuto presente che il legislatore con le riforme del 2014 e del 2015 non ha intaccato l'art 488, comma 2 c.p.c., che consente al Giudice dell'esecuzione, nel corso del processo esecutivo, di richiedere al creditore il deposito del titolo esecutivo in originale.

Inoltre, la giurisprudenza di legittimità, in tema di processo civile telematico, risulta favorevole ad una ampia applicazione del principio del raggiungimento dello scopo. In particolare, nei casi di allegazione in via telematica di un documento originariamente analogico o telematico, è necessaria la specifica contestazione di controparte in ordine alla mancanza dell'attestazione di conformità, dovendo, in assenza, ritenersi il documento validamente acquisito in applicazione del principio previsto dall'art 156 c.p.c. (cfr. Cass. n. 20747/2018 sulla conformità della copia della sent.; Cass. n. 28339/2017, Cass. S.U., n. 22438/2018, sull'allegazione notifica a mezzo PEC della sentenza di primo grado.

Seguendo questa impostazione, a prescindere dall'attestazione di conformità resa dal procuratore all'atto dell'iscrizione a ruolo del pignoramento, sarà sempre possibile per il giudice dell'esecuzione verificare che il creditore sia effettivamente in possesso del titolo in originale ed acquisirlo agli atti (in questi termini, Trib. Napoli, 18 luglio 2019 e sulla stessa falsariga, Trib. Treviso 27 ottobre 2022).

L'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo: inquadramento

La l. n. 206/2021 all'art. 1, comma 32 ha aveva determinato l'inserimento dei commi 5 e 6 all'interno del corpo dell'art. 543 c.p.c. Con la suddetta novella si è era introdotto l'obbligo per il creditore «di notificare al debitore al terzo, entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento, l'avvenuta iscrizione a ruolo del pignoramento stesso – con indicazione del numero di ruolo»; nonché di «depositare l'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione».

D In concreto al creditore spettava (e spetta ancora nei termini che verranno chiariti appresso) – all'esito dell'iscrizione a ruolo – di notificare al debitore ed al terzo ciò che si potrebbe definire un avviso di «pendenza» del processo esecutivo (Colandrea-Mercurio), avvisandoli, in parole povere, della circostanza dell'intervenuta iscrizione ed al contempo, di depositare suddetto avviso nel fascicolo d'ufficio. A tali adempimenti vengono (tutt'ora) riconnesse conseguenze, in caso di inadempimento, in termini (come si chiarirà nei paragrafi a seguire) di inefficacia del pignoramento e di cessazione degli obblighi da esso scaturenti.

Come per la modifica all'art. 26-bis c.p.c., la data di entrata in vigore di suddetta disposizione è quella del 22 giugno 2022, posto che la l. n. 206/2021 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 292/2021 ed è entrata in vigore il 24 dicembre 2021.

L'intervento normativo nasce dall'esigenza di completare, perfezionandolo, lo schema previsto dagli artt. 543 comma 4 c.p.c. e 164-ter comma 1 disp. att. c.p.c., permettendo, come sottolinea la Relazione Illustrativa, al terzo di essere puntualmente edotto circa la corretta prosecuzione del procedimento.

Come già evidenziato nel precedente paragrafo, l'art. 543, comma 4, c.p.c. – introdotto dall'art. 18 del d.l. n. 132/2014, convertito dalla l. n. 162/2014 prescrive che il creditore depositi la nota di iscrizione a ruolo e le copie del pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto nel termine di trenta giorni dalla consegna da parte dell'ufficiale giudiziario, prevedendo – in difetto – la perdita di efficacia del pignoramento medesimo.

In modo speculare e sincronico, l'art. 164-ter disp. att. c.p.c. (sempre introdotto dalla novella del 2014) da un lato impone al creditore di dichiarare al debitore ed al terzo debitor debitoris l'eventuale omessa iscrizione con un atto da notificarsi nel termine di cinque giorni; dall'altro precisa che, comunque, ogni obbligo a carico del debitore e del terzo pignorato (per quest'ultimo, principalmente, quello di custodia ex art. 546 c.p.c.) cessi in conseguenza della mancata iscrizione a ruolo nel termine previsto. In sintonia con l'eliminazione della nota di iscrizione a ruolo, il cd. Correttivo Cartabia, – in vigore dal 26 novembre 2024 – prevede l'Inefficacia del pignoramento per mancata iscrizione a ruolo, senza riferimento al deposito della nota.

Il limite di tale sistema era dato dall'assenza di qualsivoglia sanzione per l'ipotesi del mancato assolvimento dell'obbligo di rendere tale dichiarazione; nello specifico: in difetto di un meccanismo idoneo ad assicurare al terzo la conoscenza legale della causa di inefficacia pur operante ex lege, veniva minata la disponibilità dei beni pignorati da parte dell'esecutato a causa dalla perdurante (formale) operatività dell'obbligo di custodia a carico del terzo.

Ciò rendeva, di fatto necessario il ricorso al giudice dell'esecuzione per l'adozione di un provvedimento dichiarativo dell'inefficacia e di autorizzazione allo svincolo (Colandrea-Mercurio, 11), con conseguenze ritenute da tutti gli interpreti dannose per il debitore, ma anche per l'amministrazione della giustizia, costretta a sopportare i costi di contenziosi derivanti da pignoramenti inutilmente pendenti (Fabiani).

Venendo all'esame analitico delle modifiche all'art. 543 c.p.c., inserite con l'art. 1, comma 32, della l. n. 206/2021, le stesse potevano e possono (nei limiti di cui si dirà) così elencarsi:

– Inserzione dell'obbligo, in capo al creditore di notificare, al debitore e al terzo, un «avviso di avvenuta iscrizione a ruolo, con indicazione del numero di ruolo della procedura»;

– precisazione della necessità del deposito nel fascicolo dell'esecuzione dell'avviso notificato;

– indicazione di un termine specifico entro il quale debba essere eseguito l'adempimento («... entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento ...»);

– riconnessione di conseguenze specifiche per l'inosservanza dell'obbligo, sia in termini generali (così recitando: «la mancata notifica dell'avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell'esecuzione determina l'inefficacia del pignoramento», nonché: «in ogni caso, ove la notifica dell'avviso ... non sia effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento»), sia per il caso specifico in cui l'espropriazione concerna i crediti vantati nei confronti di più terzi (disponendo che in tale eventualità: «l'inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l'avviso»).

Alla luce di tale impianto normativo, l'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento viene costruita alla tregua di «barriera» alla quale tendenzialmente si collega – ove vengano in essere gli inadempimenti previsti dalla norma – la cessazione degli effetti del pignoramento medesimo: la data di quell'udienza rappresenta, cioè, il «termine» decorso il quale potenzialmente viene meno l'obbligo di custodia a carico del terzo.

Specularmente, si introduce un consistente onere positivo di «impulso» a carico del creditore, il quale per evitare la caducazione degli effetti del pignoramento (potenzialmente collegata all'automatico decorso della data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto) deve notificare l'avviso di «pendenza» della procedura espropriativa, comunicando, in buona sostanza, l'intervenuta iscrizione a ruolo e dunque la perdurante operatività del vincolo.

In questo modo il terzo è posto nella condizione di avere conoscenza legale circa la sorte e l'efficacia del pignoramento, ossia: il decorso della data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento unitamente alla notificazione o meno dell'ulteriore avviso di iscrizione a cura del creditore, serve a mettere, automaticamente, il terzo nelle condizioni di determinarsi in merito alla liberazione delle somme pignorate senza la necessità di un provvedimento del giudice dell'esecuzione.

La ratio della novella per alcuni interpreti consiste nella semplificazione dell'attività demandata al terzo pignorato, in special modo quanto alla verifica della persistenza o meno degli obblighi di custodia a proprio carico (Colandrea - Mercurio, 12; così Auletta, il quale sottolinea come la ratio di alleggerire» la posizione del terzo, di riflesso favorisca il debitore ); per altri invece, la modifica in questione crea potenzialmente dei problemi al terzo pignorato – come in tutti i casi nei quali si demanda a questo soggetto di valutare se i suoi obblighi di custodia siano ancora vigenti o, invece, cessati. in realtà – per cui la ratio è da ritrovarsi nella salvaguardia degli interessi del debitore (Saletti, 6).

Al di là dei dubbi, avanzati da una parte della dottrina, in ordine alla proporzionalità del rapporto individuato dal legislatore, tra mezzo e scopo (Fabiani), le espressioni utilizzate nella Relazione illustrativa («la previsione mira a completare il disposto dell'articolo 164-ter disp. att. del c.p.c.) e l'intima interconnessione tra: la presa di coscienza del terzo circa la cessazione degli obblighi su lui gravanti ex art. 546 c.p.c., la liberazione delle somme pignorate e l'automaticità di tale operazione consente di concludere che lo scopo della norma sia quello di infondere celerità e certezza allo svincolo (di nuovo a favore del debitore) delle somme pignorate a cura del terzo (che potrà serenamente liberarsi dagli obblighi ex art. 546 c.p.c.) evitando l'aggravio per l'amministrazione della giustizia di rendere provvedimenti relativi a procedure che non hanno più ragione di essere.

Gli adempimenti richiesti al debitore ed i termini previsti

Al creditore, sulla base della novella inserita dalla 26 novembre 2021, n. 206 era richiesto di notificare l'avviso di iscrizione a ruolo sia al terzo sia al debitore esecutato entro la «data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento; allo stesso modo, il medesimo termine viene previsto anche per l'ulteriore adempimento: il deposito nel fascicolo dell'esecuzione.

La seconda parte del comma 5 novellato prevede che «la mancata notifica dell'avviso o il suo mancato deposito determinano l'inefficacia del pignoramento».

A seguito dell'entrata in vigore del correttivo di cui al d.lgs. n. 164/2024, in data 26 novembre 2024, scompare l'obbligo di notificare l'avviso di iscrizione a ruolo anche al debitore esecutato.

La norma «corretta» trova applicazione, ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023; al contrario la novella precedente si applicava ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206/2021 (ossia dal 22 giugno 2022).

Pertanto per i provvedimenti instaurati dal 22 giugno 2022 al 28 febbraio 2023, continuerà ad applicarsi la versione originaria della norma in oggetto, contenente l'obbligo di notifica anche al debitore esecutato.

Posto ciò e tenuta presente la differenza di regimi temporali, gli due adempimenti richiesti vanno esaminati separatamente.

Per entrambi detti adempimenti al termine previsto (ricostruito come di seguito) deve ascriversi sicuramente natura perentoria.

Ciò per due ordini di ragioni: in primo luogo la riconnessione esplicita della conseguenza della inefficacia del pignoramento, in secondo luogo «l'effetto mannaia» sull'operatività degli obblighi gravanti sul terzo (art. 546 c.p.c.) che la novella riconnette all'udienza indicata dal creditore nel pignoramento.

Venendo al primo dei due obblighi (ossia quello notificatorio), una notifica successiva avrebbe luogo in un momento temporale in cui ormai sono venuti meno gli obblighi di custodia del terzo sull'oggetto del pignoramento.

Ci si è chiesti se per data «dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento» si dovesse intendere quella inserita dal creditore nell'atto di pignoramento o quella effettivamente tenuta dal giudice dell'esecuzione.

L'interpretazione prevalente è quella secondo cui l'indicazione esplicita «della data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento» (Colandrea-Mercurio; Auletta) determina l'inconferenza, ai fini delle conseguenze sulla procedura esecutiva, dell'eventuale slittamento, per qualsiasi causa, dell'effettiva udienza di comparizione delle parti. (v. Trib. Ferrara 6 novembre 2022; Trib. Caltanissetta 7 gennaio 2023; Trib. Catania 16 marzo 2023; Trib. Napoli Nord 18 maggio 2023; contra Trib. Barcellona Pozzo di Gotto 1° febbraio 2023).

La data dell'udienza indicata nel pignoramento, infatti, da un lato conferisce certezza temporale alle determinazioni del terzo, dall'altro legislatore rimette tale sbarramento nella diretta disponibilità del creditore, che è il soggetto che è chiamato ad eseguire i successivi adempimenti e che allo stesso tempo potrà (con cognizione di causa) indicare una data congrua per l'espletamento delle suddette attività (Colandrea-Mercurio, nel senso delle conseguenze, in termini di allungamento dei tempi processuali: Saletti).

Per quanto concerne i luoghi in cui deve avvenire la notifica: quella al terzo pignorato dovrà avvenire nel luogo in cui allo stesso è stato notificato il pignoramento, a meno che lo stesso non abbia già provveduto a trasmettere la propria dichiarazione (da effettuarsi, anch'essa, nel termine – peraltro ordinatorio – di dieci giorni) tramite posta elettronica certificata, la notificazione potrà effettuarsi (anche) a tale indirizzo o, comunque, presso il difensore del quale il terzo si è avvalso per rendere la propria dichiarazione ex art. 547 c.p.c.

Per quanto concerne il debitore (per il ipotesi in cui tale obbligo resti ancora in piedi), deve ritenersi ferma la possibilità di notificare l'avviso dell'intervenuta iscrizione a ruolo nel luogo dove è già stato notificato il pignoramento, ma la stessa, alla stregua del disposto di cui all'art. 492, comma 2 c.p.c., potrà validamente avvenire nella cancelleria del tribunale competente per l'espropriazione (Colandrea-Mercurio; Auletta). Se invece l'elezione di domicilio è stata effettuata, la notificazione dovrà essergli indirizzata, in via esclusiva, presso tale luogo

In relazione, infine al contenuto dell'avviso, può ritenersi sufficiente l'indicazione nello stesso dell'avvenuta iscrizione a ruolo, unitamente agli elementi sufficienti per indicare la procedura esecutiva pendente e le parti della stessa.

Per le procedure iscritte dal 22 giugno 2022 al 28 febbraio 2023, l'art. 543 c.p.c. prescrive la notificazione dell'avviso sia al terzo pignorato che al debitore esecutato.

Tralasciando i dubbi sulla ragionevolezza e gravosità per il creditore dell'adempimento in esame, occorre chiarire due questioni:

1) in primis se le due posizioni (del terzo e del debitore) siano da intendersi sullo stesso piano ai fini della ratio normativa e delle conseguenze in caso di omissioni o ritardi nella notificazione dell'avviso;

2) in secondo luogo, cosa debba intendersi per mancata notifica dell'avviso ai fini della riconnessione della conseguenza/sanzione di inefficacia del pignoramento.

Dal primo punto di vista, la posizione del debitore diverge da quella del terzo, poiché da un lato il primo è parte del processo esecutivo, dall'altro la fine dell'operatività del vincolo ex art. 546 c.p.c. riguarda una condotta afferente al terzo pignorato.

L'interpretazione che ritrova la ratio legislativa della novella nella tutela (in primo luogo) del debitore esecutato, sottolinea come la posizione del debitore e del terzo siano da considerarsi uguali ai fini dell'obbligo di notifica dell'avviso, nonché in relazione alle conseguenze per l'omissione di ciascuna delle due notifiche (Saletti).

Al contrario, per parte della dottrina che vede la ratio perseguita nell'esigenza di semplificazione dell'attività demandata al terzo pignorato, la posizione del debitore pignorato (e con essa l'obbligo di procedere alla relativa notifica dell'avviso di iscrizione a ruolo) perde di rilevanza, ai fini degli oneri posti a carico del creditore. In particolare: la facoltà del debitore, in quanto parte del processo, di verificare autonomamente l'omessa (o tardiva) iscrizione a ruolo e di sollecitare in tal modo un provvedimento dichiarativo dell'inefficacia del pignoramento, non giustificherebbe un onere così gravoso imposto al creditore. Pertanto, la previsione dell'obbligo di notificazione dell'avviso nei confronti del terzo pignorato, essendo quest'ultimo il soggetto chiamato a «cooperare» con l'apposizione del vincolo sui beni, sarebbe già di per sé idonea allo scopo, mentre il valore spesso meramente formalistico della notifica al debitore (specialmente ove effettuato in Cancelleria, ex art. 492 c.p.c.) rafforzerebbe il valore eccessivamente punitivo che il Consiglio superiore della Magistratura (parere sulla riforma in commento espresso nella delibera 15 settembre 2021) ha ravvisato nella sanzione dell'inefficacia del pignoramento, introdotta dalla novella in oggetto.

Secondo questa impostazione (Colandrea-Mercurio) le conseguenze dell'omissione sarebbero diversificate in caso di mancata notifica al terzo o solo al debitore esecutato, Ciò secondo una lettura «teleologicamente orientata», che fa perno su due ordini di ragioni. In primis, il secondo periodo dello stesso comma 5 fa riferimento tout court alla mancata notifica dell'avviso, nel senso di assenza totale del processo notificatorio nei confronti di entrambi i destinatari; alla stessa stregua, il comma 6 nel disciplinare l'ipotesi di più terzi (destinatari dell'avviso) collega l'inefficacia del pignoramento nei confronti di ciascuno di essi alla mera carenza di notifica nei loro confronti, a prescindere dall'avvenuta notifica a favore del debitore esecutato.; in secondo luogo, in quanto costituisce ormai principio costante in giurisprudenza, quello secondo cui, in caso di più destinatari di un obbligo di notifica (ai fini della completezza del contraddittorio) il termine perentorio (indicato dalla legge o dal giudice) risulta rispettato, ove si ottemperi alla notifica in relazione ad uno degli stessi (in questo senso Cass. S.U., n. 14124/2010; Cass. III, n. 3890/2016; Cass. n. 20501/2015).

In verità, il tenore letterale del quinto comma dell'art. 543 c.p.c. novellato non opera alcuna distinzione tra la posizione del debitore e quella del terzo, collegando l'inefficacia del pignoramento, genericamente, alla mera «mancata notifica dell'avviso», per cui, pur essendo coscienti della differenza di posizione tra i soggetti destinatari della notifica, non si potrebbe che prendere atto della chiara scelta legislativa (così Auletta) esplicitata dalla cessazione degli obblighi incombenti anche sul debitore, in caso di mancata notifica entro la data indicata nell'atto di pignoramento.

Pertanto, il giudice, all'udienza (concretamente) fissata per disporre sulla richiesta di assegnazione/vendita dovrebbe sempre controllare l'assolvimento dell'obbligo nei confronti di entrambi i destinatari ed il perfezionamento della notifica (come si vedrà infra) in relazione a ciascuno di essi; in caso di mancata notifica al debitore e/o al terzo entro la data indicata nell'atto di pignoramento ne discenderà la conseguenza dell'inefficacia dello stesso. Per le procedure instaurate dal 1° marzo 2023 siffatti adempimenti e controlli riguarderanno solo il terzo pignorato.

Sul punto, occorre, infine chiarire quando la notifica possa ritenersi effettuata, ai sensi dei commi 5 e 6 dell'art. 543 c.p.c., novellati.

Accanto a chi ritiene che l'esigenza «di certezza» insita nella novella in oggetto, imponga di richiedere che la notifica alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento risulti perfezionata anche per i destinatari (Barale, Auletta), altra dottrina sottolinea come la novella non possa prescindere dai principi chiariti dalla giurisprudenza di legittimità in materia di notifiche ed in particolare di scissione del momento perfezionativo della stessa in relazione alla posizione del notificante e quella del destinatario (Saletti).

Invero, la dizione di cui al comma 6 («in ogni caso, ove la notifica dell'avviso di cui al presente comma non sia stata effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento») non risulta essere argomento sufficiente per ritenere che nella fattispecie ci si debba discostare da quello che ormai costituisce un principio generale in materia di notificazione, incentrato sul diverso momento di perfezionamento per il richiedente e il destinatario (C. cost., n. 477/2002 e C. cost., n. 28/2004, con cui, nel dichiarare la parziale illegittimità costituzionale degli artt. 149 c.p.c. e art. 4, comma 3, l. n. 890/1982, hanno sancito il principio secondo cui per il notificante la notifica deve ritenersi perfezionata al momento di consegna dell'atto all'Ufficiale Giudiziario).

Di talché, seguendo tale impostazione, non può aversi inefficacia del pignoramento ove il procedimento notificatorio sia stato avviato tempestivamente dal creditore, per la parte rimessa alla sua iniziativa (in questo senso, Trib. Napoli, ord., 29 gennaio 2024).

In questo caso, qualora la notificazione dell'avviso dovesse non perfezionarsi, sarà onere del creditore, per evitare la perdita di efficacia del pignoramento, procedere al completamento del procedimento notificatorio senza indugio (Cass. n. 10142/2022). Dal punto di vista pratico, il creditore dovrà farsi parte diligente nei rapporti con il terzo, in quanto questi, dal canto suo, non ricevendo l'avviso entro la data indicata nel pignoramento, sarebbe legittimato a liberare le somme vincolate. In questo caso, sarà necessaria ulteriore dichiarazione del terzo successiva alla concreta notifica dell'avviso.

Per quanto attiene al secondo adempimento, l'art. 543 c.p.c., nel secondo periodo del quinto comma novellato, impone al creditore non solo di notificare l'avviso di iscrizione a ruolo, ma anche di depositarlo nel fascicolo dell'esecuzione, stabilendo nel contempo come anche l'omissione di tale formalità determini l'inefficacia del pignoramento.

Dal punto di vista letterale, inequivocabilmente, il testo del novellato quinto comma dell'art. 543 c.p.c., ricollega l'inefficacia del pignoramento – con previsione disgiuntiva – sia alla mancata notifica dell'avviso, sia al suo mancato deposito nel fascicolo.

Pertanto, il mancato deposito dell'avviso comporterà ineluttabilmente l'inefficacia del pignoramento.

Posto ciò, gli interpreti si sono interrogati sulla conseguenza, in termini di inefficacia o meno del pignoramento, in caso di mero ritardo nel deposito dell'avviso nel fascicolo dell'esecuzione.

La norma riconnette esplicitamente l'automatica caducazione dei vincoli di custodia a carico del terzo alla carenza dell'avviso e non del deposito, pertanto si è detto che l'obbligo del deposito, in realtà persegue un obiettivo strutturalmente diverso rispetto a quello sotteso all'obbligo di «notificazione», rispondendo all'esigenza di far sì che il giudice dell'esecuzione abbia contezza dell'intervenuto adempimento a carico del creditore e possa adottare le determinazioni che necessariamente presuppongono l'operatività di quel vincolo ed in particolar modo, la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione del credito (Colandrea-Mercurio). A fronte di ciò, si è osservato che la sanzione dell'inefficacia del pignoramento possa ragionevolmente prospettarsi solo qualora il creditore abbia del tutto omesso il deposito in questione, impedendo in tal modo al giudice di verificare la perdurante operatività del vincolo nei confronti del terzo e di adottare le determinazioni consequenziali. Dunque, il deposito dell'avviso, effettuato sino all'udienza concretamente fissata per l'assegnazione (anche successiva a quella indicata nel pignoramento) sarebbe idonea a scongiurare la conseguenza dell'inefficacia del pignoramento (così, anche Auletta).

Per altra dottrina il dato letterale risulta talmente stringente nel ricollegare il mancato deposito dell'avviso entro la data dell'udienza di comparizione all'inefficacia del pignoramento, da non lasciare spazio ad interpretazioni diverse (Saletti)

Orbene, il dato letterale risulta effettivamente chiaro e stringente omologando le due fattispecie e le relative conseguenze (Auletta). Cionondimeno, la verifica del deposito dell'avviso nel fascicolo dell'esecuzione al momento della decisione sull'assegnazione a cura del giudice dell'esecuzione, rappresenta un mero accertamento di una formalità ricadente sul creditore, ma senza alcun beneficio in termini di certezza per il terzo ed il debitore, né di speditezza per la procedura esecutiva. Infatti, in quella sede, la stessa istanza del creditore volta all'assegnazione risulta sempre indicatore sufficiente per testimoniare la volontà perdurante di portare avanti l'esecuzione.

Per parte della dottrina, dunque anche il deposito dell'avviso andrebbe curato, entro la data dell'udienza fissata nel pignoramento e rappresenterebbe una verifica anticipata della volontà del creditore di portate avanti la procedura;

La giurisprudenza di merito prevalente sembra invece attestarsi sulla necessità che il deposito venga curato entra la data in cui il Giudice dell'esecuzione debba pronunciarsi sull'istanza adi vendita o di assegnazione (Trib. Catania 28 aprile 2023).

Per quanto attiene alla possibilità, ad opera del giudice dell'esecuzione di ottenere aliunde la conoscenza dell'avvenuta notifica degli avvisi, la tesi del tutto prevalente che si è formata riguardo a tale disposizione è nel senso della inefficacia del pignoramento in ragione della mera omissione dell'obbligo di deposito in capo al creditore, non rilevando che il g.e. potrebbe ordinare l'esibizione e il deposito degli atti in questione (in specie, ad esempio, del titolo esecutivo) [tra le tante, v. Trib. Milano, n. 9446/2016, conf. da App. Milano, n. 146/2017].

Il deposito telematico dell'avviso potrà essere sostituito dal deposito cartaceo in udienza (in presenza delle parti) con onere di successivo deposito telematico ove l'udienza concretamente deputata alle decisioni sull'assegnazione corrisponda a quella indicata nell'atto di pignoramento (Barale).

La novella del 2021 prevedeva al comma 6 l'inefficacia parziale del pignoramento, ove lo stesso avesse riguardato più terzi pignorati e fosse mancata la notifica in relazione ad uno o più di essi. Il correttivo del 2024 è intervenuto sull'art. 543 c.p.c., aggiungendo al quinto comma, nella parte finale, i seguenti periodi: «Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, l'inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l'avviso. In ogni caso, ove la notifica dell'avviso di cui al presente comma non sia effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento.»

Nella relazione illustrativa, viene chiarita la ratio della modifica, nel modo che segue: «La suddivisione delle disposizioni in due diversi commi e la previsione, contenuta nel sesto comma, della liberazione delle somme per il caso in cui non sia stata effettuata la notifica dell'avviso «di cui al presente comma» può indurre a pensare che tale effetto si verifichi solo qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, e non anche quando è eseguito nei confronti di un solo soggetto. La liberazione delle somme avviene, invece, in entrambi i casi. Si è quindi ritenuto opportuno concentrare nel solo quinto comma tutte le disposizioni in tema di avviso dell'avvenuta iscrizione a ruolo, con contestuale abrogazione del sesto, affinché sul punto non residuino dubbi di sorta».

Dunque la liberazione avrà sempre luogo ove manchi l'avviso al terzo dell'avvenuta iscrizione, nel caso di più terzi, la sanzione di inefficacia e di svincolo automatico, riguarderà quello specifico terzo, non destinatario di avviso. Trattandosi di mero intervento chiarificatore e non di novella, gli effetti di tale disposizione si sovrapporranno a quelli della norma originaria.

I provvedimenti del giudice dell'esecuzione

In ultimo, occorre chiarire in che modo emerga e/o venga dichiarata l'inefficacia del pignoramento per la mancata notificazione dell'avviso di iscrizione a ruolo.

Dall'impianto della novella si arguisce che la necessità dell'emissione di un provvedimento del giudice dell'esecuzione dovrebbe integrare un'eventualità meramente residuale ed eccezionale, poiché il sistema costruito dal legislatore dovrebbe comportare la liberazione «automatica» dei beni pignorati sulla scorta di una determinazione del terzo pignorato, escludendo la necessità del ricorso al giudice.

Questo automatismo – come sottolineato dalla dottrina – si verifica plausibilmente ove l'iscrizione a ruolo sia stata del tutto omessa, mentre, la necessità di un provvedimento dichiarativo potrebbe sussistere laddove quell'iscrizione abbia comunque avuto luogo, ma sia mancata la tempestiva notificazione (Colandrea-Mercurio, Saletti).

Per ciò che concerne la natura del provvedimento emesso dal giudice dell'esecuzione (e di conseguenza i relativi strumenti impugnativi si deve sottolineare quanto segue.

Secondo una parte della dottrina, il provvedimento che dichiara l'inefficacia del pignoramento per la mancata notifica dell'avviso di iscrizione a ruolo o per il suo mancato deposito, con conseguente chiusura (totale o parziale) del processo esecutivo, ne dichiara appunto la chiusura anticipata, avendo il pignoramento perduto, per motivi sopravvenuti, i suoi effetti, senza che posa riscontrarsi (al contrario delle ipotesi di estinzione tipica) la carenza di un atto di impulso, come accade invece per i casi di mancata iscrizione a ruolo. Di talché lo strumento impugnatorio sarebbe (per il debitore come per il terzo) quello dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, comma 2 c.p.c. (Saletti).

Per altra dottrina l'inefficacia andrebbe dogmaticamente costruita nei termini di una fattispecie di estinzione tipica del processo esecutivo conseguente ad una inattività «qualificata» ex art. 630 c.p.c. In pratica all'inadempimento da parte del creditore ad un obbligo – la notificazione dell'avviso di iscrizione a ruolo – che rappresenta un adempimento necessario per la prosecuzione del processo esecutivo, trattandosi della condizione per la persistente vigenza dell'obbligo di custodia da parte del terzo (Colandrea-Mercurio-Auletta).

Questo secondo inquadramento risulta maggiormente aderente al dettato normativo e coerente alla disciplina ritenuta applicabile alle altre ipotesi in cui risulta omesso (ad opera del creditore) un atto di impulso di cui lo stesso viene onerato entro un termine perentorio.

Si pensi all'ipotesi di cui all'art. 497 c.p.c. in tema di istanza di vendita, in cui viene comminata l'inefficacia del pignoramento per il caso di omissione o violazione del termine di richiesta della vendita; in questo caso la giurisprudenza di legittimità ha precisato come: in caso di omesso o tardivo deposito dell'istanza di vendita: «la situazione può essere definita con l'ordinanza di cui all'art. 630 cod. proc. civ., avente come contenuto il diretto accertamento dell'inefficacia del pignoramento e la conseguente declaratoria di estinzione del processo esecutivo» (Cass. n. 9624/2003). Alla stessa stregua, la sanzione dell'inefficacia, per opinione condivisa, si raccorda al meccanismo delineato dal codice per l'iscrizione a ruolo del processo di espropriazione forzata, per cui risulta coerente che l'ipotesi di omessa e/o tardiva notifica dell'avviso della medesima iscrizione a ruolo sconti la medesima disciplina.

Una volta qualificata in questi termini «l'inefficacia» prevista dalla novella (in giurisprudenza v. Trib. Napoli Nord 27 dicembre 2023, Trib. Napoli 29 gennaio 2024, cit.) ne discendono alcuni corollari che possono così sintetizzarsi: a) l'estinzione può essere rilevata d'ufficio (oltre che oggetto di specifica eccezione di parte); b) l'ordinanza che abbia dichiarato l'estinzione (od abbia rigettato l'eccezione di estinzione formulata dall'interessato) è soggetta al rimedio del reclamo al Collegio ai sensi degli artt. 630, comma 3, c.p.c. e 178 c.p.c. (con una decisione da adottarsi con sentenza suscettibile di appello); c) l'esecutato non è tenuto a spiegare un'opposizione deducendo la violazione del termine, né è onerato di proporre tempestiva opposizione agli atti esecutivi nel termine ex art. 617 c.p.c., essendo sufficiente che formuli istanza al giudice, ex art. 486 c.p.c., per la declaratoria di estinzione del processo (in maniera analoga all'ipotesi di omesso o tardivo deposito dell'istanza di vendita, in cui la giurisprudenza di legittimità – Cass. n. 19283/2014, Cass. n. 18366/2010 e Cass. n. 9624/2003 – ha escluso l'onere per il debitore di proporre opposizione agli atti esecutivi nel momento in cui abbia conoscenza legale della causa di estinzione, essendo sufficiente formulare eccezione di estinzione nel termine ex art. 630, comma 2, c.p.c.).

Per ciò che concerne, però, il termine ultimo per rilevare l'inefficacia conseguente all'omessa notificazione dell'avviso di iscrizione a ruolo, non deve ritenersi applicabile il limite sancito dall'art. 630, comma 2 c.p.c., nella parte in cui prevede che l'estinzione sia dichiarata «non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa».

Nella fattispecie in esame, infatti, il novellato art. 543 c.p.c., prevede un meccanismo di ricadute a cascata in cui: la carenza degli adempimenti gravanti sul creditore comporta l'automatica liberazione dei beni e di conseguenza il venir meno (per terzo e debitore esecutato) del vincolo del pignoramento, cui consegue la declaratoria di inefficacia/estinzione del pignoramento.

Ne discende che, in qualunque momento della sequenza del processo esecutivo, il giudice dovrà prendere atto della caducazione degli effetti del pignoramento oramai definitivamente determinatasi e del fatto che quell'atto non risulta più idoneo a sorreggere l'ulteriore compimento degli atti esecutivi (Colandrea - Mercurio).

Ovviamente, occorre tener conto della posizione del terzo pignorato, il quale non è parte del processo esecutivo. L'esigenza di tutela dello stesso, comunque, prenderà forma solo ove l'inefficacia del pignoramento non venga eccepita dalle parti o rilevata dal giudice e l'espropriazione illegittimamente prosegua con la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione del credito. In questi casi, lo strumento per la contestazione di un tale «vizio» da parte del terzo (con evidenza interessato a far valere il venir meno dell'obbligo di custodia a proprio carico) sarà quello ordinario per la deduzione delle nullità degli atti esecutivi, ossia l'opposizione ex art. 617 c.p.c.

Sotto questo ultimo profilo, sebbene la nullità sia tendenzialmente riconducibile al novero di quelle c.d. assolute od insanabili, secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità – ciò non comporta non comporta la possibilità di proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. senza il rispetto del termine perentorio di venti giorni dalla conoscenza legale dell'atto di che si assume viziato, bensì esclusivamente la possibilità che il vizio sia successivamente rilevato d'ufficio dal giudice dell'esecuzione e che, laddove esso si riproduca in relazione a successivi atti del processo esecutivo, avverso questi ultimi sia possibile proporre l'opposizione ex art. 617 c.p.c. (nel relativo termine di decadenza decorrente dal giorno in cui essi siano compiuti) per far valere il vizio non sanato (Cass. n. 14449/2016; Cass. n. 837/2007).

Fissazione dell'udienza dopo la notifica ex art. 492-bis

La peculiare forma di pignoramento c.d. d'ufficio effettuata dall'ufficiale giudiziario a seguito del reperimento di beni, somme o crediti del debitore mediante le ricerche compiute in via telematica ai sensi dell'art. 492-bis – che appare per certi versi analogo al pignoramento esattoriale – si caratterizza perché lo stesso, pur corredato dall'ingiunzione al debitore e dall'ammonimento al terzo in ordine agli obblighi di custodia della somma o credito oggetto di pignoramento, sarà privo delle indicazioni afferenti la c.d. vocatio in jus. L'apposizione del vincolo di indisponibilità sui crediti del debitore o sulle cose dello stesso in possesso di terzi ha luogo per mezzo della notificazione al debitore ed al terzo del verbale che dà atto delle operazioni di ricerca ed individuazione dei beni, quindi forma analoga al pignoramento diretto.

Una volta che l'ufficiale giudiziario, notificato il pignoramento, consegna l'atto nelle mani del creditore quest'ultimo nel termine previsto dall'art. 501 dovrà fare istanza di vendita o di assegnazione e, fissata la relativa udienza, dovrà notificare il decreto di fissazione dell'udienza al debitore ed all'eventuale terzo con l'invito e l'avvertimento al terzo di cui all'art. 543, comma 2, n. 4. c.p.c.

Per una disamina più approfondita, si veda commento subart. 492-bis c.p.c.

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