Regolamento - 21/04/2004 - n. 805 art. 19 - Norme minime per il riesame in casi eccezionali

Giuseppe Fiengo

Norme minime per il riesame in casi eccezionali

1. Oltre ai requisiti di cui agli articoli da 13 a 18, una decisione giudiziaria può essere certificata come titolo esecutivo europeo solo se il debitore, conformemente alla legislazione dello Stato membro di origine, è legittimato a chiedere il riesame della decisione nel caso in cui:

a) i) la domanda giudiziale o un atto equivalente o, se del caso, le citazioni a comparire in udienza siano stati notificati secondo una delle forme previste all'articolo 14, e ii) la notificazione non sia stata effettuata in tempo utile a consentirgli di presentare le proprie difese, per ragioni a lui non imputabili, o

b) il debitore non abbia avuto la possibilità di contestare il credito a causa di situazioni di forza maggiore o di circostanze eccezionali per ragioni a lui non imputabili, purché in entrambi i casi agisca tempestivamente.

2. Il presente articolo non pregiudica la possibilità per gli Stati membri di consentire l'accesso al riesame di una decisione giudiziaria a condizioni più vantaggiose di quelle indicate al paragrafo 1.

Inquadramento

Come detto, il regolamento (CE) n. 805/2004 consente la circolazione della decisione relativa ad un credito non contestato senza controlli nello Stato membro dell'esecuzione. Una simile circolazione, secondo quanto risulta anche dal considerando 10 del medesimo regolamento, è tuttavia intrinsecamente legata e subordinata all'esistenza di garanzie sufficienti del rispetto dei diritti della difesa. L'esigenza di assicurare il pieno rispetto del diritto ad un equo processo (diritto previsto anche dall'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'art. 6 della C.E.D.U.) ha pertanto indotto il regolamento a contemplare, al capo III, talune norme procedurali minime il cui rispetto deve essere previamente verificato dall'autorità richiesta del rilascio del certificato.

Campo di applicazione delle norme minime

Limitatamente alle decisioni giudiziarie relative ad un credito non contestato ai sensi dell'art. 3, par. 1, lett. b ) o c ), l'art. 12 del regolamento impone all'autorità dello Stato membro d'origine competente al rilascio del certificato di verificare il rispetto di norme minime procedurali (rispetto che deve risultare in modo esplicito dai punti 11-13 dell'Allegato I al regolamento).

Il rispetto di simili norme minime è strumentale alla garanzia di un «contraddittorio informato» (Fumagalli, 36), ossia di una conoscenza del procedimento maturata in tempo utile e con modalità tali da consentire al debitore (adeguatamente informato anche degli adempimenti necessari per l'attiva partecipazione al procedimento) di difendersi (Carratta, 6; Fumagalli, 36). Al riguardo il legislatore comunitario, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità e nei limiti delle proprie competenze (Pozzi, 1102), non ha introdotto disposizioni processuali uniformi e vincolanti per tutti gli Stati membri quanto ai procedimenti interni idonei a produrre titoli esecutivi europei. Piuttosto è stata prescelta la «strada più morbida» (Carratta, 6) della predisposizione di norme processuali minime condizionanti l'efficacia esecutiva paneuropea delle decisioni giudiziarie. Tali norme, oltre a costituire un incentivo all'adeguamento degli ordinamenti nazionali alle norme minime procedurali (esplicito, in questo senso, il considerando 19 del regolamento), sono tese a definire alcuni principi relativi soprattutto alle notifiche (anche considerate le differenze esistenti tra gli Stati membri proprio in relazione alla disciplina della notificazione). La disciplina «dettagliata e minuziosa» (Farina, 174) delle norme minime (essenzialmente relative al cd. «diritto all'informazione processuale») si giustifica in considerazione del fatto che le decisioni suscettibili di circolazione sulla base del regolamento in esame sono solo quelle relative a crediti non contestati; decisioni, cioè, rese in un procedimento nel quale è stato in qualche modo valorizzato il comportamento inattivo del debitore. In casi del genere, si è osservato (Farina, 174 ss.), il rispetto delle garanzie processuali e dell'effettività del diritto di difesa, assume una valenza per certi versi rafforzata rispetto alla medesima, imprescindibile esigenza di protezione dei diritti di difesa propria anche del regolamento (CE) n. 44/2001. Nel contesto del regolamento che istituisce il TEE, infatti, la mancata partecipazione del debitore al processo produce effetti processuali più incisivi di quelli derivanti dalla contumacia del medesimo debitore in procedimenti conclusi con decisioni certificabili ai sensi dei regolamenti (CE) n. 44/2001 e (UE) n. 1215/2012.

Peraltro, come condivisibilmente osservato in dottrina (Farina, 172-173), il rispetto delle norme minime non costituisce (o, meglio, può non costituire) un requisito di validità della decisione emessa nello Stato d'origine, ma garantisce che quella decisione possa circolare nello spazio giudiziario europeo come TEE. Ancora, è stato pure osservato (Carratta, 6) come non possa escludersi a priori che, anche in caso di mancato rispetto delle norme procedurali minime, la medesima decisione possa comunque essere riconosciuta ed eseguita sulla base del regolamento (CE) n. 44/2001 (e, oggi, del regolamento UE n. 1215/2012), ferme, in tal caso, le verifiche rimesse alla competente autorità dello Stato membro dell'esecuzione (nel senso, invece, della non riconoscibilità e/o eseguibilità ai sensi del regolamento CE n. 44/2001 di una decisione adottata in violazione delle norme minime procedurali contemplate dal regolamento CE n. 805/2004, v. Farina, 176 ss.).

Notificazione con prova di ricevimento da parte del debitore (art. 1)

Gli artt. 13,14 e 15 del regolamento (CE) n. 805/2004 pongono regole minime in ordine alla notificazione della domanda giudiziale o di un atto equivalente (si pensi, quanto all'Italia, alla notifica del ricorso monitorio e del decreto ingiuntivo) idonei ad assicurare (nel concorso di tutti i requisiti già precedentemente esaminati) la certificazione della decisione come TEE. Si tratta di norme tese ad assicurare che l'atto pervenga concretamente nella sfera di conoscenza (o, quanto meno, di conoscibilità del debitore) senza che possano venire in rilievo forme di notificazione fondate su una fictio iuris (Pozzi, 1102, Fumagalli, 37, Carratta, 7, nonché considerando 13).

Gli artt. 13 e 14 si presentano tra loro fungibili e, nella dimensione del regolamento, sono privi di un reale ordine gerarchico interno (Pozzi, 1102).

Particolare favore è – per ovvi motivi – riservato ai casi nei quali v'è assoluta certezza (v. considerando 14) del perfezionamento della notificazione. Si tratta dei casi disciplinati all'art. 13 (relativi, appunto, alle ipotesi di notificazione con prova di ricevimento da parte del debitore) che fa riferimento alle ipotesi in cui il ricevimento dell'atto introduttivo del giudizio: – è attestata da una dichiarazione di ricevimento datata e sottoscritta dal debitore (lett. a); – è attestata da un documento formato dall'agente notificatore dal quale risulti sia che il debitore ha ricevuto il documento o ha rifiutato di riceverlo senza alcuna giustificazione legale, sia la data della notificazione (lett. b); – risulta, in caso di notificazione a mezzo posta, da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore (lett. c); – risulta eseguita mediante mezzi elettronici (in particolare mediante telecopia o posta elettronica) ed attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore (lett. d) ; – risulta eseguita mediante mezzi elettronici per la notificazione o la comunicazione conformi a quelli previsti agli artt. 19 e 19bis del regolamento (UE) 2020/1784 del Parlamento europeo e del Consiglio (lett. e, destinata ad entrare in vigore a partire dal 1° maggio 2025 –cfr. artt. 18 e 26 del regolamento (UE) 2023/2844 del Parlamento europeo e del Consiglio).

Come osservato in dottrina (Farina, 181), l'ipotesi contemplata all'art. 13, lett. b ) è rinvenibile, quanto all'Italia, nei casi di notificazione eseguita ai sensi degli artt. 138 e 139, comma 1, c.p.c. ed il documento firmato dalla persona competente che ha provveduto alla notificazione è la relata di notificazione (art. 148 c.p.c.). Il medesimo autore individua inoltre quale ipotesi di legale rifiuto di ricevere l'atto il caso di rifiuto di ricevere l'atto allorquando la notificazione debba essere eseguita ai sensi del regolamento (CE) n. 1393/2007 e l'atto da notificare sia formato in una lingua diversa da quella dello Stato membro richiesto o, in ogni caso, in una lingua non compresa dal destinatario (Farina, 181).

La notificazione eseguita a mezzo posta ai sensi dell'art. 8, l. n. 890/1982 deve invece ritenersi idonea ad integrare l'ipotesi disciplinata all'art. 13, lett. c ) del regolamento (Farina, 181; Carratta, 7). Si è inoltre affermato che in caso di rifiuto di ricevere l'atto notificato a mezzo posta potrebbe ritenersi integrata l'ipotesi contemplata dall'art. 13, lett. b ) (Farina, 181-182).

Infine, ai sensi dell'art. 13.2, la citazione a comparire in udienza può essere stata notificata al debitore secondo le modalità indicate all'art. 13.1 o oralmente in una precedente udienza riguardante lo stesso credito e iscritta nel processo verbale dell'udienza.

Secondo Corte giustizia CE, 8 maggio 2008, C-14/07, Ingenieurbüro Michael Weiss und Partner GbR, l'art. 8, n. 1, del regolamento (CE) n. 1348/2000 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (v., oggi, l'art. 8, regolamento n. 1393/2007), deve essere interpretato nel senso che il destinatario di una domanda giudiziale oggetto di notifica o di comunicazione non è legittimato a rifiutare la ricezione dell'atto, nei limiti in cui esso ponga il destinatario in grado di far valere i propri diritti nell'ambito di un procedimento giurisdizionale nello Stato mittente, qualora tale atto sia accompagnato da allegati costituiti da documenti giustificativi che non sono redatti nella lingua dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario, ma che hanno esclusivamente una funzione probatoria e non sono indispensabili per comprendere l'oggetto e la causa della domanda. Spetta al giudice nazionale, secondo la Corte, verificare se il contenuto della domanda giudiziale sia sufficiente a consentire al convenuto di far valere i propri diritti o se il mittente sia tenuto a rimediare all'assenza di traduzione di un allegato indispensabile.

Notificazione senza prova di ricevimento da parte del debitore (art. 1)

L'esistenza di una prova certa quanto alla consegna dell'atto da notificare personalmente al debitore non è indispensabile ai fini della instaurazione del contraddittorio secondo modalità tali da consentire la certificazione della decisione quale titolo esecutivo europeo. All'art. 14, infatti, il regolamento prevede modalità di notificazione fungibili (Pozzi, 1102) rispetto a quelle dell'art. 13; modalità di notificazione per le quali si ritiene «con esagerato ottimismo» (Pozzi, 1102) esistente un grado assai elevato di verosimiglianza del fatto che il documento sia pervenuto al destinatario (considerando 14). Si tratta, nella sostanza, di casi in cui si ritiene sufficiente l'immissione dell'atto nella sfera di conoscibilità legale del destinatario della notificazione (Farina, 182).

In particolare, l'art. 14.1 ha riguardo ai casi di: – notificazione a mani proprie, presso l'indirizzo personale del debitore, a persona con esso convivente o che lavori come dipendente nell'abitazione del debitore (lett. a); – notificazione al debitore, lavoratore autonomo o persona giuridica, in mani proprie nei suoi «locali commerciali» a una persona alle dipendenze del debitore (lett. b); – deposito del documento nella cassetta delle lettere del debitore (lett. c); – deposito del documento presso un ufficio postale o un'autorità pubblica competente con relativa comunicazione scritta depositata nella cassetta delle lettere del debitore, ove dalla comunicazione scritta risulti chiaramente la natura giudiziaria del documento o il fatto che tale comunicazione ha l'efficacia legale della notificazione e che determina la decorrenza dei termini ai fini del calcolo della loro scadenza (lett. d); – notificazione a mezzo posta senza avviso di ricevimento conformemente al par. 3, ove il debitore sia domiciliato nello Stato membro di origine (lett. e); – notificazione con mezzi elettronici attestata da conferma automatica della trasmissione, a condizione che il debitore abbia preventivamente accettato in modo esplicito questo metodo di notificazione (lett. f). Ferma la non applicabilità dell'art. 14.1. in caso di mancata certezza quanto alla conoscenza dell'indirizzo del debitore, l'art. 14.3 pone specifiche regole quanto alla documentazione della notificazione ai sensi dell'art. 14, lett. da a ) a d ). Tali notificazioni, infatti, dovranno risultare o da un documento sottoscritto dal competente agente notificatore (documento che deve certificare la forma e la data della notificazione nonché il nome della persona diversa dal debitore cui l'atto è stato consegnato ed il legame tra il consegnatario ed il debitore) o da una dichiarazione di ricevimento sottoscritta dalla persona cui è stata effettuata la notificazione, ai fini del par. 1, lett. a) e b).

Quanto all'ordinamento italiano, devono ritenersi conformi all'art. 14.1, lett. a ) e b ) del regolamento le notificazioni eseguite ai sensi degli artt. 139, comma 2, e 140 c.p.c., nonché ai sensi dell'art. 8, comma 2, l. n. 890/1982 (Farina, 183; Carratta, 7). Qualche dubbio potrebbe invece sorgere con riferimento all'art. 139, comma 3 e 4, c.p.c. atteso che l'art. 14 del regolamento non fa riferimento al portiere o al vicino di casa (sì che, la notifica, pur idonea a produrre una decisione valida in termini di diritto nazionale, non consentirebbe la certificazione di quella medesima decisione come TEE). Nel senso della inesistenza di una preclusione alla certificazione quale TEE di una decisione resa all'esito di notificazione eseguita ai sensi dell'art. 139, comma. 3 e 4, c.p.c. si è tuttavia osservato che l'art. 14.1, lett. c) fa riferimento ad una modalità di perfezionamento della notifica meno garantista rispetto a quella prevista dai commi 3 e 4 dell'art. 139 c.p.c. (Farina, 184 secondo il quale «tutto sommato» la notificazione eseguita ai sensi della norma da ultimo citata sarebbe riconducibile a quella contemplata all'art. 14, lett. c del regolamento).

L'ipotesi disciplinata all'art. 14, lett. d ) del regolamento può, quanto all'ordinamento italiano, ritenersi integrata nei casi di notificazione eseguita ai sensi degli artt. 140 c.p.c. o 8, comma 2, l. n. 890/1982 (Farina, 185-186).

Sconosciuto all'ordinamento italiano dovrebbe invece ritenersi il caso previsto all'art. 14, lett. e) (Farina, 186) che, applicabile nell'ipotesi di debitore domiciliato nello stesso Stato membro del giudice davanti al quale viene evocato in giudizio, risulta ispirato al modello del service by first-class post previsto dalle Civil procedure Rules inglesi (Pozzi, 1103, il quale osserva come l'art. 14.1 lett. e è il frutto di una proposta formulata dal Regno Unito e lungamente negoziata e dibattuta; Carratta, 7).

È opportuno anticipare che la minore certezza (rispetto ai casi disciplinati all'art. 13) in ordine al perfezionamento della notifica ha indotto il legislatore comunitario a prevedere che, ove la notificazione si sia perfezionata ai sensi dell'art. 14, la decisione giudiziaria può essere certificata come TEE solo se lo Stato membro d'origine contempla un meccanismo appropriato che consenta al debitore di richiedere un riesame completo della decisione giudiziaria (secondo le modalità regolate all'art. 19) negli eccezionali casi in cui, nonostante il rispetto dell'art. 14, la domanda o l'atto equivalente non siano pervenuti al destinatario.

Cass. III, n. 10543/ 2015 nel ritenere valida, ai sensi del regolamento (CE) n. 805/2004 la notifica eseguita a mezzo posta, ha precisato che il regolamento istitutivo del TEE costituisce lex specialis rispetto al regolamento n. 1393/07 (integrante, invece, legge generale in materia di notifiche nello spazio giudiziario europeo) e, pertanto, non è derogato dalla legge generale successiva. Infatti, il regolamento n. 805 non istituisce procedure di notifica speciali ed ulteriori rispetto a quelle ordinarie, ma, solo, richiede ai fini della certificazione come TEE, che l'esecuzione della notifica secondo le modalità generali sia rispettosa di «specifiche modalità: poi prevedendo le caratteristiche della notifica del provvedimento domestico ai fini della sua certificabilità come titolo esecutivo europeo». Pertanto, prosegue la Suprema Corte, «è l'osservanza delle norme dettate dal n. 805 a fondare idoneamente il rilascio del certificato del titolo esecutivo europeo e non già quella di altre norme, se del caso di diverso tenore». La sentenza citata osserva anche, quanto al caso concreto, che «una volta eseguita a mezzo posta, nel rispetto cioè quanto meno dell'art. 14 del Regolamento n. 805, la notifica del decreto ingiuntivo, quest'ultimo contenendo gli estremi dell'invito a costituirsi ritualmente per difendersi sotto pena di definitività dell'ingiunzione, si è per ciò stesso avuto il rispetto quanto meno dell'art. 18, comma secondo, del Regolamento n. 805».

Trib. Milano III, ord. 19 febbraio 2020 (relativamente ad un'istanza di revoca della certificazione ai sensi dell'art. 10, regolamento n. 805/2004) ha ritenuto regolare (ai sensi dell'art. 14, regolamento CE n. 1393/2007) la notifica del decreto ingiuntivo eseguita a mezzo posta dal difensore del creditore alla società debitrice avente sede nella Repubblica ceca. Pur non essendo la notifica eseguita ai sensi della l. n. 53/1994 espressamente contemplata dall'art. 14 del regolamento del 2007, il Tribunale (anche sulla scorta di Cass., sez. 6-2, ord. n. 22000/2018) ha ritenuto che allorquando l'art. 14 fa riferimento a «ciascuno Stato membro», intende richiamare non lo Stato così come rappresentato dagli organi mittenti di cui all'art. 2 (tra i quali, per l'Italia, non figurano gli avvocati), ma tutti gli organi che possono validamente effettuare notifiche ai sensi della normativa nazionale, inclusi, per restare all'Italia, l'organo accertatore che notifica il verbale di accertamento ai sensi dell'art. 201 CdS e gli avvocati ex art. 1 l. n. 53/1994, considerati a questi fini pubblici ufficiali ex art. 6 della medesima legge. Una simile conclusione, secondo il Tribunale meneghino, risulta più coerente con la complessiva struttura del regolamento n. 1393 che distingue una prima sezione del capo II (intitolata «trasmissione e notificazione o comunicazione degli atti giudiziari») che disegna un sistema di notificazione nella logica della rogatoria, con la previsione di un canale da «organi mittenti» a «organi riceventi» e viceversa ed una seconda sezione del medesimo capo (intitolata «altri mezzi di trasmissione e notificazione o comunicazione di atti giudiziari») che, invece, dalla logica rogatoria si stacca, andando, nel caso di cui all'art. 15, a contemplare addirittura una notifica effettuata direttamente dai privati «sempre che questo tipo di notificazione o di comunicazione diretta sia ammessa dalla legge di quello Stato membro».

App. Torino 20 febbraio 2012, in Giur. it., 6, 1374, ha revocato il certificato di TEE emesso con riferimento ad un decreto ingiuntivo notificato in violazione (oltre che dell'art. 17) dell'art. 14, lett. c) e d) del regolamento. In particolare, la Corte ha, quanto al caso concreto, ritenuto che le attestazioni dell'agente postale (relativamente all'assenza del destinatario ed all'avviso di deposito del plico presso l'ufficio postale) non comprovassero in alcun modo che il plico contenente l'atto giudiziario fosse stato depositato nella sua integrità nella cassetta delle lettere del destinatario (lett. c), ovvero che in tale cassetta fosse stato rilasciato un avviso contenente chiara indicazione della ‘natura giudiziaria del documento o il fatto che tale comunicazione aveva l'efficacia legale della notificazione e che determinava la decorrenza dei termini al fine del calcolo della loro scadenza” (lett. d). Secondo la Corte piemontese, non potrebbe, in senso contrario, valorizzarsi la generica rispondenza della notificazione a mezzo posta concretamente eseguita alla normativa nazionale o, anche, a quella comunitaria successiva, attesa la specialità della procedura di notificazione di cui all'art. 14, nonché la sua funzionalità alla regolare costituzione della fattispecie di esecutività del titolo per “mancata contestazione” del credito.

Notificazione ai rappresentanti del debitore (art. 1)

Secondo quanto previsto dall'art. 15, la notificazione ai sensi degli artt. 13 e 14 può essere eseguita anche ad un rappresentante del debitore.

In dottrina si è osservato che la norma trova applicazione nei casi in cui il debitore non può stare in giudizio personalmente, come nei casi in cui debitore sia una persona giuridica o un rappresentante è indicato dalla legge o il debitore ha autorizzato un'altra persona (in particolare un legale) a rappresentarlo nello specifico procedimento in corso (Pozzi, 1103; Fumagalli, 37). Nel senso che il riferimento al rappresentante del debitore sia relativo anche al soggetto dotato della mera rappresentanza cd. «tecnica», ossia l'avvocato o comunque il procuratore costituito in giudizio, v. anche Farina, 187.

Informazioni al debitore riguardo al credito (art. 1).

Le norme procedurali minime sono tese ad assicurare al debitore la conoscenza (o la conoscibilità) non solo dell'esistenza della domanda giudiziale (o dell'atto equipollente), ma, anche, di un contenuto minimo della pretesa formulata dal creditore e delle modalità mediante le quali è possibile contestare una simile pretesa.

Gli artt. 16 e 17 pongono infatti specifici requisiti di «forma-contenuto» (Pozzi, 1103) dell'atto introduttivo del giudizio; requisiti destinati a garantire ulteriormente che la mancata contestazione sia conseguenza di una scelta del debitore libera e consapevole. In dottrina si è per la verità osservato come, a differenza di quanto è a dirsi per l'art. 17, l'art. 16 del regolamento fa riferimento non tanto ad elementi destinati ad assicurare una debita informazione al debitore-convenuto nella prospettiva di garanzia del diritto di difesa, quanto ad elementi relativi alla individuazione del diritto di credito azionato. In altri termini, l'art. 16 avrebbe riguardo a requisiti relativi all' editio actionis (Farina, 187-188).

In particolare, ai sensi della norma da ultimo citata, la domanda giudiziale o l'atto equivalente devono contenere: – il nome e l'indirizzo delle parti (lett. a); – l'importo del credito (lett. b); – (nel caso in cui siano richieste somme a titolo di interesse) il tasso di interesse ed il periodo per il quale gli interessi sono richiesti sempre che la legislazione dello Stato d'origine non preveda un interesse legale che si aggiunga in modo automatico al capitale (lett. c); – una dichiarazione relativa ai motivi della domanda (lett. d).

In dottrina si è osservato come il requisito previsto dalla lett. c), nella parte in cui fa salvo il caso della legislazione dello Stato membro d'origine che preveda un interesse legale destinato, in via automatica, ad aggiungersi al capitale, sia formulato in senso «erroneamente limitativo» poiché il diritto di credito azionato in giudizio potrebbe essere sottoposto alla disciplina sostanziale di altro Stato (Farina, 188-189). In questa prospettiva si è proposto di interpretare l'inciso contenuto alla lett. c) come riferito alla legge sostanziale (anche di Stato diverso dallo Stato membro d'origine della decisione) che disciplina il diritto di credito (Farina, 189). Critico, per i medesimi motivi da ultimo indicati, verso la formulazione della lett. c) risulta anche Carratta, 7, il quale – tuttavia – ritiene che la clausola di salvezza contenuta dalla norma da ultimo citata non possa trovare applicazione ogni volta che il credito sia soggetto alla disciplina sostanziale di uno Stato diverso da quello ove la decisione è pronunciata.

Infine, si è sostenuto che la formulazione della lett. d) sia tesa ad assicurare la circolazione come TEE anche di decisioni rese in quegli Stati che ammettono la proposizione di una domanda di pagamento di una somma di denaro anche senza riferimento ad una specifica e storicamente individuata causa petendi (Farina, 189, il quale richiama la Germania, ove è ammessa la procedura automatizzata ovvero – fermi gli effetti della Brexit – l'ordinamento inglese nel quale il claim form iniziale può limitarsi ad una descrizione generica dei termini oggettivi della controversia che dovranno essere, poi, successivamente specificati mediante l'atto – oggetto di successiva notificazione – contenente i cd. «particulars of claim»).

Informazione del debitore riguardo agli adempimenti procedurali necessari per contestare il credito (art. 1)

Anche i requisiti elencati all'art. 17 del regolamento presentano quella medesima funzione di ulteriore garanzia di una scelta (di non contestazione) libera e consapevole che è propria – come già visto – dei requisiti elencati all'art. 16.

Peraltro, se, come detto, l'art. 16 avrebbe riguardo all'editio actionis, i requisiti contemplati all'art. 17 sarebbero invece relativi alla vocatio in ius (Farina, 187).

Con disposizione dal contenuto «accurato» (Farina, 190), l'art. 17 richiede, in particolare, che nella domanda giudiziale, nell'atto equivalente e nelle eventuali citazioni a comparire all'udienza o in un atto contestuale devono, in modo chiaro, essere indicati: – i requisiti procedurali per contestare il credito, compresi il termine per contestare il credito per iscritto o, se del caso, il termine fissato per l'udienza, il nome e l'indirizzo dell'istituzione alla quale, a seconda dei casi, deve essere data una risposta o dinanzi alla quale si richiede di comparire e se vi sia l'obbligo di essere rappresentati da un avvocato (lett. a); – le conseguenze della mancanza di un'eccezione o della mancata comparizione, in particolare, se del caso, la possibilità che sia pronunciata o resa esecutiva una decisione giudiziaria contro il debitore e la responsabilità delle spese connesse al procedimento giudiziario (lett. b).

Proprio la segnalata accuratezza della disposizione ha, condivisibilmente, indotto la dottrina ad interrogarsi in ordine alla sussistenza, in capo al creditore che immagini di avvalersi del regime semplificato di circolazione dell'emananda decisione, di un onere di informazione ulteriore (rispetto a quello necessario ai fini della validità interna della medesima decisione). Si è pertanto ritenuto che, allorquando decida di avvalersi del procedimento monitorio (ma anche nel caso dell'ordinanza ex art. 186-ter c.p.c.), il creditore interessato al conseguimento della certificazione del provvedimento come TEE debba integrare il contenuto della domanda mediante l'indicazione del Tribunale competente a ricevere l'opposizione, della forma di una tale opposizione, dei luoghi in cui l'opposizione deve essere notificata e della necessità di rappresentanza tecnica (Farina, 190-191). Nello stesso senso (peraltro anche con riferimento all'atto di citazione ex art. 163 c.p.c. ed al ricorso ex art. 414 c.p.c.) anche Carratta, 8 il quale osserva inoltre come, nel caso in cui il creditore non assolva tale ulteriore onere informativo (pur non necessario – si ribadisce – ai fini della validità interna della decisione), la decisione potrà circolare nello spazio giudiziario europeo solo ai sensi del regolamento (CE) n. 44/2001 (oggi, regolamento UE n. 1215/2012).

Trib. ìMilano III, ord. 19 febbraio 2020 (relativamente ad un caso di istanza di revoca della certificazione come TEE di decreto ingiuntivo avverso il quale la debitrice – società ceca – aveva proposto tempestiva opposizione mediante atto redatto da un avvocato ceco in lingua ceca e italiana; opposizione che, irrituale, non è stata iscritta a ruolo) ha ritenuto non ricorrente una violazione dell'art. 17 del regolamento CE n. 805/04 in caso di mancata informazione al debitore della necessità di proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo avvalendosi di un avvocato abilitato al patrocinio innanzi alle Corti italiane e mediante atti in lingua italiana. Secondo il Tribunale, si tratta, infatti, di «indicazione talmente ovvia che non può ritenersi necessaria la sua specificazione, che infatti non risulta prevista all'art. 17 del Regolamento». Con riferimento al medesimo caso il Tribunale ha ritenuto in concreto ricorrente una sanatoria ai sensi dell'art. 18 del regolamento (v. il commento sub art. 18).

App. Torino, 20 febbraio 2012, in Giur. it., 6, 1374, ha accolto l'istanza di revoca del certificato (art. 10) emesso con riferimento ad un decreto ingiuntivo non opposto che (oltre ad esser stato notificato in violazione dell'art. 14, lett. c) e d) risultava non conforme all'art. 17 del regolamento, poiché conteneva la sola avvertenza al debitore «che nel termine di cui sopra potrà fare opposizione e che, in difetto, il provvedimento diverrà cosa giudicata e si procederà ad esecuzione forzata ai sensi di legge”, senza menzionare in alcun modo le «ben più pregnanti» avvertenze imposte dall'art. 17 del regolamento n. 805 che costituiscono «presupposti essenziali (“norme minime”) per l'emanazione del certificato di titolo esecutivo europeo, così come si desume dal periodo di apertura dell'art. 19 (“oltre ai requisiti di cui agli artt. da 13 a 18”), proprio perché concorrenti alla formazione di una “non contestazione” del credito reale ed effettiva, non già soltanto apparente».

Sanatoria dell'inosservanza delle norme minime (art. 1)

Tra le norme procedurali minime il regolamento che istituisce il TEE contempla anche disposizioni idonee ad assicurare una sanatoria di eventuali violazioni degli articoli contenuti nel capo III del medesimo regolamento.

Risulta in questo senso accolta la soluzione già fatta propria del regolamento Bruxelles I (art. 34, n. 2) che riconosce efficacia sanante al fatto che il convenuto, nonostante l'irregolarità della notificazione, abbia comunque, aliunde, avuto conoscenza del processo e, ciò nonostante, non si sia attivato (Farina, 193 Pozzi, 1103; Carratta, 8).

L'art. 18 distingue due ipotesi di sanatoria delle inosservanze delle norme minime.

La prima (art. 18.1) è destinata ad operare a fronte della violazione di una qualsiasi delle previsioni contenute agli artt. 13 – 17 ed è integrata con il concorso delle seguenti condizioni: – sussiste la notificazione al debitore della decisione ai sensi degli artt. 13 o 14 (lett. a); – il debitore ha avuto la possibilità di ricorrere contro la decisione avvalendosi di un mezzo di riesame completo e, mediante la decisione o un atto ad essa contestuale, è stato debitamente informato delle norme procedurali per proporre tale mezzo di riesame, compreso il nome e l'indirizzo dell'istituzione alla quale deve essere proposto e, se del caso, il termine previsto (lett. b); – il debitore non ha impugnato la decisione di cui trattasi conformemente ai relativi requisiti procedurali (lett. c).

In dottrina si è osservato come, stante la possibile scissione fra requisiti di validità (interna) della decisione e requisiti di certificabilità della stessa come TEE, la possibilità di una simile sanatoria sia data solo quando l'inosservanza delle norme minime costituisca anche, nell'ordinamento interno, requisito di validità della decisione, la cui violazione possa esser fatta valere mediante un'impugnazione (Farina, 193 il quale prosegue osservando come, infatti, ove non fosse data nell'ordinamento dello Stato membro d'origine la possibilità di impugnare la decisione, non potrebbe esservi la sanatoria in esame).

Ancora, si è pure ritenuto che, difettando, quanto all'ordinamento italiano, norme che impongano di informare il destinatario della decisione in ordine ai mezzi di impugnazione esperibili ed ai termini per proporli, l'art. 18.1 non potrebbe trovare applicazione in Italia (Carratta, 8). Nella medesima prospettiva si è tuttavia anche rilevato come ben potrebbe sopperire alla lacuna della disciplina processuale il creditore il quale potrebbe fornire le informazioni richieste dall'art. 18.1 mediante un atto separato da allegare alla decisione notificata (Carratta, 8).

Ulteriore modalità di sanatoria (questa volta destinata ad operare a fronte della violazione dei soli artt. 13 e 14) è contemplata all'art. 18.2 il quale, facendo nella sostanza applicazione del principio della sanatoria della nullità formale dell'atto processuale per raggiungimento dello scopo (Carratta, 8) prevede la sanatoria della violazione per il caso in cui il comportamento del debitore nel corso del procedimento giudiziario dimostri che lo stesso debitore ha ricevuto il documento da notificare personalmente ed in tempo utile per potersi difendere.

Dubbi sono stati sollevati in ordine alla concreta portata della norma, attesa la difficoltà di immaginare casi nei quali un comportamento del debitore con efficacia sanante possa coesistere con un contegno processuale che costituisca non contestazione ai sensi del regolamento (Pozzi, 1103, il quale osserva come, in ogni caso, ragionevolmente, la questione è destinata ad emergere non in sede di rilascio del certificato, ma nel procedimento di revoca disciplinato all'art. 10 del regolamento).

Trib. Milano III, ord. 19 febbraio 2020 (relativamente ad un caso di istanza di revoca della certificazione come TEE di decreto ingiuntivo avverso il quale la debitrice – società ceca – aveva proposto tempestiva opposizione mediante atto redatto da un avvocato ceco in lingua ceca e italiana; opposizione che, irrituale, non è stata iscritta a ruolo) ha ritenuto che, pur non contenendo il decreto ingiuntivo certificato come TEE tutte le informazioni previste all'art. 17 del regolamento, l'assenza dei minima standard fosse sanabile ai sensi dell'art. 18 del regolamento, atteso che la mancata iscrizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo non era riconducibile all'assenza delle informazioni di cui all'art. 17. Tanto perché la ricorrente aveva proposto tempestivamente l'opposizione dinanzi alla corretta autorità giudiziaria e l'atto non era stato iscritto a ruolo perché redatto in lingua ceca da avvocato ceco.

Norme minime per il riesame in casi eccezionali (art. 1)

Il rispetto delle norme minime contenute nel capo III del regolamento è condizione necessaria, ma non ancora sufficiente ai fini della certificazione della decisione come TEE (Pozzi, 1103). L'autorità richiesta della certificazione deve, infatti, verificare la ricorrenza del requisito « aggiuntivo » (Farina, 198 il quale, in proposito, rinvia all'inciso «oltre» con il quale si apre l'art. 19) relativo alla possibilità, per il debitore, di richiedere – in base alle norme dello Stato membro d'origine – il riesame della decisione nel caso in cui, pur essendo stata la domanda giudiziale (o l'atto equivalente o, se del caso, le citazioni a comparire in udienza) notificata in modo conforme all'art. 14, la notificazione, per fatto non imputabile al debitore, non sia stata effettuata in tempo utile per consentire al convenuto di svolgere le proprie difese (lett. a), ovvero nel caso in cui il debitore non abbia avuto la possibilità di contestare il credito per forza maggiore o per circostanze eccezionali e non imputabili (lett. b), purché in entrambi i casi il debitore si avvalga del riesame tempestivamente.

Ai sensi dell'art. 19.2 resta in ogni caso salva la possibilità, per il singolo Stato membro, di contemplare forme di riesame della decisione giudiziaria secondo condizioni più vantaggiose per il debitore rispetto a quelle indicate al paragrafo precedente.

L'autorità richiesta della certificazione è peraltro tenuta a verificare, con riferimento al proprio ordinamento, l'astratta disponibilità del rimedio, non anche il concreto ed infruttuoso esperimento dello stesso da parte del debitore (Pozzi, 1104, Carratta, 9).

A differenza di quanto previsto dall'art. 18.1 lett. b), il riesame contemplato dall'ordinamento dello Stato d'origine non deve consistere in un rimedio che consenta un riesame «completo» della decisione (Carratta, 8).

Quanto all'ordinamento italiano, si è ritenuto che mezzi di riesame rilevanti ai sensi dell'art. 19 siano l'art. 327, comma 2, c.p.c., relativamente alla inapplicabilità al contumace involontario dei termini di impugnazione (Carratta, 9) e, quanto al procedimento monitorio, l'art. 650 c.p.c. (Pozzi, 1104, il quale osserva che nella lettura additiva risultante da Corte cost. n. 120/1976, l'art. 650 c.p.c. è destinato a trovare applicazione per entrami i casi previsti dall'art. 19; Carratta, 9).

Cass. III, n. 10543/2015 ha valorizzato (anche) l'art. 19 del regolamento per affermare che il certificato di TEE non ha natura decisoria, dovendo le contestazioni relative al concreto esercizio del diritto di difesa farsi valere, dal debitore, contro il titolo in sé considerato (e non contro il certificato) esclusivamente mediante i mezzi di impugnazione previsti dallo Stato d'origine o, in casi eccezionali, mediante il riesame previsto dal regolamento (CE) n. 805/2004. Tanto, secondo la Suprema Corte, sarebbe reso manifesto (anche) dall'art. 19 del regolamento che ricollega la concedibilità del certificato di TEE alla esistenza, nello Stato d'origine, di strumenti processuali straordinari di riesame, in via di eccezione rispetto alla generale regola della non ulteriore impugnabilità, del titolo esecutivo in quanto tale. Ancora, la Corte di cassazione con tale sentenza ha ritenuto che, nel caso in cui il titolo esecutivo certificato sia costituito da un decreto ingiuntivo, «l'ambito di operatività del riesame come disciplinato dall'art. 19 citato coincide sostanzialmente, ma in modo del tutto appagante, con l'opposizione prevista dall'art. 650 cod. proc. civ.».

In precedenza, già App. Torino, 20 febbraio 2012, in Giur. it., 6, 1374, aveva individuato nell'astratta esistenza, nell'ordinamento d'origine, di uno strumento processuale di riesame della decisione conforme all'art. 19 del regolamento non (come invece aveva ritenuto il giudice di primo grado) una «causa di legittimazione ed esperibilità dell'istanza di revoca del certificato di titolo esecutivo europeo», ma una condizione per l'emissione del certificato. Con la medesima decisione la Corte piemontese esclude, quanto all'Italia, il difetto del requisito di cui all'art. 19 del regolamento quanto al decreto ingiuntivo non opposto, stante il rimedio previsto dall'art. 650 c.p.c.

Trib. La Spezia, ord. 7 febbraio 2008 , in Foro it., 2009, I, 939 ha rigettato l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo proposta ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c. con riferimento a due sentenze emesse da giudici londinesi e fondata, tra l'altro, sulla richiesta di riesame ai sensi dell'art. 19 del regolamento stante l'impossibilità del legale rappresentante della società debitrice di contestare efficacemente il credito a causa della grave malattia che l'aveva colpito nel 2006 e ne aveva causato il decesso nel 2007. Il Tribunale ligure ha infatti osservato che la domanda di riesame deve essere proposta innanzi al giudice dello Stato d'origine.

Bibliografia

Carratta, Titolo esecutivo europeo, I) Diritto processuale civile, in Enc. Giur., 2006, 1 ss.; Farina, Titoli esecutivi europei ed esecuzione forzata in Italia, Roma, 2012; Fumagalli, Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati nel regolamento comunitario n. 805/2004, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2006, 1, 23 ss.; Pozzi, Titolo esecutivo europeo, in Enc. Dir., Annali, I, Milano, 2008, 1095 ss.

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