Codice di Procedura Civile art. 477 - Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi.Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi. [I]. Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può loro notificare il precetto [480] soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione [479] del titolo. [II]. Entro un anno dalla morte, la notificazione può farsi agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell'ultimo domicilio del defunto [303 2, 328 2]. InquadramentoLa norma, avente finalità di economia processuale, stabilisce che il titolo pronunciato contro il defunto ha efficacia anche nei confronti degli eredi (Luiso 1979, 21). L'ambito applicativo di tale regola è stato esteso, in giurisprudenza, anche alla successione a titolo particolare (Cass. III, n. 3643/2013), nonché ad ipotesi differenti dalla morte della persona fisica ma equiparate alla successione a titolo universale (ad esempio, relative all'estinzione delle società: Cass. S.U., n. 6070/2013). È necessaria peraltro una notifica disgiunta del titolo esecutivo e del precetto, che deve seguire di almeno dieci giorni la prima (salvo che al defunto fossero stati, prima della morte, notificati sia il titolo che il precetto: cfr. Castoro, 60). Entro un anno dalla morte è consentita la notifica collettiva e impersonale agli eredi nell'ultimo domicilio del defunto. Ambito di applicazioneLa disposizione in esame consente di estendere l'ambito soggettivo di efficacia del titolo rispetto ai soggetti indicati nello stesso ed ha, pertanto, funzione di economia processuale, evitando che sia necessario per il creditore, in alcune ipotesi, procurarsi un nuovo titolo esecutivo. In particolare, la norma fa riferimento esclusivo ad un'efficacia del titolo esecutivo pronunciato nei confronti del defunto contro gli eredi, essendo tali coloro i quali hanno accettato, anche tacitamente, l'eredità, circostanza che, peraltro, dovrà dimostrare il creditore soltanto qualora in sede di opposizione all'esecuzione il presunto erede contesti siffatta qualità (Cass. III, n. 2849/1992). L'art. 477 ammette il subentro nella posizione sostanziale del solo «erede» che sia tale per accettazione espressa o tacita, non estendendosi la disposizione al chiamato all'eredità (Grasso, par. 6). Anche se in alcune ipotesi è controverso l'operare della norma anche nell'ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso (v., peraltro, in senso affermativo, Cass. III, n. 3643/2013), in virtù della regola dettata dal quarto comma dell'art. 111, è indubbio che il titolo costituito da una sentenza possa essere fatto valere nei confronti del successore anche laddove lo stesso non sia intervenuto in giudizio (Cass. III, n. 601/2003; cfr. Trib. Reggio Emilia 10 febbraio 2014). In sostanza, il sistema delineato dall'art. 477 presuppone una successione che si sia verificata dopo la formazione del titolo esecutivo, operando, in difetto, il principio di cui all'art. 111, comma 4. Sussistono inoltre ulteriori peculiari ipotesi nelle quali anche per l'operare delle regole di diritto sostanziale trova applicazione la disposizione in commento (Luiso 1979, 38). Ad esempio, è consolidato in giurisprudenza il principio per il quale il titolo pronunciato nei confronti di una società di persone estende i suoi effetti anche contro i soci illimitatamente responsabili, derivando dall'esistenza dell'obbligazione sociale necessariamente la responsabilità dei singoli soci e, quindi, ricorrendo una situazione non diversa da quella che, ai sensi dell'art. 477, consente di porre in esecuzione il titolo nei confronti di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato (Cass. III, n. 6734/2011; conf. Trib. Bari 10 maggio 2012, Giur. mer., 2013, n. 2, 348, con note di Striano e Briolini). Il soggetto minacciato dell'esecuzione in qualità di socio illimitatamente responsabile e sulla base del titolo esecutivo formatosi contro la società – del quale gli va fatta la notifica – attraverso l'opposizione all'esecuzione può, tuttavia, contestare la sua qualità di socio responsabile delle obbligazioni sociali (Cass. n. 5884/1999). Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno inoltre chiarito che, qualora una società in accomandita semplice si estingua per cancellazione dal registro delle imprese dopo la formazione di un titolo esecutivo nei suoi confronti, il titolo ha efficacia contro i soci accomandanti, ex art. 477, nei confronti dei quali, pertanto, l'azione esecutiva potrà essere intrapresa dal creditore sociale nei limiti della quota di liquidazione (Cass. S.U., n. 6070/2013; sulla possibilità per il socio di far valere il beneficium excussionis, cfr. Trib. Torino 21 maggio 2014). Sulla questione, si è evidenziato, in senso consonante, che il titolo esecutivo giudiziale emesso in favore di una società non perde efficacia in caso di estinzione della stessa per cancellazione dal registro delle imprese, con la conseguenza che lo stesso può essere fatto valere, al fine di esercitare il conseguente diritto a procedere ad esecuzione forzata, dalla persona fisica nei cui confronti si integra il fenomeno successorio derivante dall'estinzione (Cass. n. 20155/2017). In maniera ancora più radicale Cass. n. 21768/2019 ha affermato che, a prescindere dalle vicende della società, il creditore che sia munito di un titolo esecutivo nei confronti di una società di persone può avere interesse a dotarsi di un secondo titolo esecutivo nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, al fine di poter iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili personali di questi ultimi, non potendo a tal fine avvalersi del titolo ottenuto nei confronti della società. Notifica separata del titolo e del precettoPer consentire agli eredi uno spatium deliberandi rispetto al momento di conoscenza del titolo esecutivo, la seconda parte del primo comma prevede che agli stessi possa notificarsi il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione del titolo: si tratta di una deroga rispetto alla previsione contenuta nell'art. 479 che consente una notifica contestuale del titolo e del precetto (Castoro, 61). Tale principio opera, secondo un certo orientamento giurisprudenziale, anche nell'ipotesi in cui la notifica del titolo sia stata già eseguita nei confronti della parte defunta, fattispecie nella quale il titolo stesso è inefficace nei confronti dell'erede sino a quando non gli venga notificato e nel senso che, per la intimazione del precetto all'erede, occorre rispettare il termine dilatorio di dieci giorni dalla notifica del titolo stesso (Trib. Catanzaro 19 luglio 2011). Per converso, la norma in commento non impone alcun obbligo di notificare nuovamente il titolo esecutivo ed il precetto agli eredi di una persona defunta alla quale siano già stati notificati sia l'uno che l'altro (Cass. III, n. 25003/2008; Cass. sez. lav., n. 5200/2000; Trib. Reggio Calabria 18 febbraio 2003, in Giur. mer., 2003, 1726). La violazione di tali previsioni può essere fatta valere mediante opposizione agli atti esecutivi (Cass. III, n. 11292/1991). Notifica collettiva ed impersonale agli eredi del defuntoIl comma 2 della norma in esame stabilisce che la notificazione può farsi agli eredi, collettivamente ed impersonalmente, nell'ultimo domicilio del defunto (ossia il luogo dove al momento del decesso il de cuius aveva il luogo principale dei suoi affari ed interessi) entro un anno dalla morte. La previsione, analoga a quella dettata dall'art. 330, comma 2, vuole evitare al creditore l'onere di reperire i singoli eredi. La stessa ha peraltro valenza eccezionale e, quindi, non può essere validamente effettuata decorso un anno dalla morte (Cass. III, n. 20680/2009; Cass. I, n. 7275/1995). 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