Decreto legislativo - 12/01/2019 - n. 14 art. 70 - Apertura e omologazione del piano 1

Francesco Bartolini

Apertura e omologazione del piano1

1. Il giudice, se ricorrono le condizioni di ammissibilità, dispone con decreto che la proposta e il piano siano pubblicati in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e che ne sia data comunicazione entro trenta giorni, a cura dell'OCC, a tutti i creditori. Il giudice può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti. Se non ricorrono le condizioni di ammissibilità provvede con decreto motivato reclamabile nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dinanzi al tribunale, il quale provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Nel giudizio di reclamo la proposta e il piano non possono essere modificati e si applicano le disposizioni di cui agli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile. In caso di accoglimento del reclamo il tribunale rimette gli atti al giudice per l'adozione dei provvedimenti conseguenti 2.

2. Ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, primo periodo, il creditore deve comunicare all'OCC un indirizzo di posta elettronica certificata ai sensi dell'articolo 10, commi 1 e 2. Si applica l'articolo 10, comma 3 3.

3. Nei venti giorni successivi alla comunicazione ogni creditore può presentare osservazioni, inviandole all'indirizzo di posta elettronica certificata dell'OCC, indicato nella comunicazione.

4. Con il decreto di cui al comma 1, primo periodo, il giudice, su istanza del debitore, può disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano. Il giudice, su istanza del debitore, può altresì disporre il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore nonché le altre misure idonee a conservare l'integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento[, compreso il divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione se non  preventivamente autorizzati] Con il medesimo decreto il giudice può disporre il divieto di compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati. 4.

5. Le misure protettive sono revocabili su istanza dei creditori, o anche d'ufficio, in caso di atti in frode. Il giudice, salvo che l'istanza di revoca non sia palesemente inammissibile o manifestamente infondata, sente le parti, anche mediante scambio di memorie scritte , e provvede con decreto5.

6. Entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 3, l'OCC, sentito il debitore, riferisce al giudice e propone le modifiche al piano che ritiene necessarie.

7. Il giudice, verificata l'ammissibilità e la fattibilità del piano, risolta ogni contestazione, omologa il piano con sentenza con la quale dichiara chiusa la procedura disponendone, ove necessario, la trascrizione a cura dell'OCC. Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato, con le osservazioni di cui al comma 3, contesta la convenienza della proposta, il giudice omologa il piano se ritiene che il credito dell'opponente può essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione controllata6.

8. La sentenza che provvede sull'omologazione è comunicata ai creditori ed è pubblicata entro i due giorni successivi a norma del comma 1. La sentenza è impugnabile ai sensi dell'articolo 51 7.

[9. Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato, con le osservazioni di cui al comma 3, contesta la convenienza della proposta, il giudice omologa il piano se ritiene che comunque il credito dell'opponente possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria.]8

10. In caso di diniego dell'omologazione, il giudice [provvede con decreto motivato e] dichiara l'inefficacia delle misure protettive accordate. [Su istanza del debitore, verificata la sussistenza dei presupposti di legge, dichiara aperta la procedura liquidatoria ai sensi degli articoli 268 e seguenti] 9.

[11. Nei casi di frode l'istanza di cui al comma 10, secondo periodo, può essere presentata anche da un creditore o dal pubblico ministero.]10

[12. Contro il decreto di cui al comma 10, è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 50.]11

Inquadramento

L'art. 70 è stato munito di una nuova rubrica, più coincidente con il suo contenuto. Esso, infatti, disciplina il procedimento che, attraverso due fasi successive, conduce all'omologazione del piano presentato con la proposta di ristrutturazione dei debiti, se ne sussistono i presupposti e le condizioni. In un primo momento deve essere valutata l'ammissibilità della proposta, nel suo complesso di domanda avente il contenuto e la forma prescritti e il corredo documentale e relazionale richiesto dalla normativa. Esaurite le formalità occorrenti a consentire ai creditori di esprimere il loro parere, il giudice procede alle sue valutazioni riguardanti anche il merito di fondatezza e fattibilità del progetto.

Alla presentazione della domanda, il giudice esamina la sussistenza degli estremi che ne condizionano l'ammissibilità. In primis la giurisdizione e la competenza, quali requisiti generalissimi della cognizione del giudice sulle istanze di parte. In particolare, per la competenza deve farsi applicazione dell'art. 27 del Codice della crisi d'impresa, per il quale la competenza territoriale è determinata dal luogo in cui il richiedente ha la sede principale dei suoi interessi. Per le persone fisiche non esercenti attività d'impresa tale luogo coincide con la loro residenza o il loro domicilio. Se viene accertata l'incompetenza per territorio, poiché devesi provvedere con ordinanza avente natura decisoria, il giudice deve fissare un'udienza nella quale sentire le parti ed averne le rispettive richieste (art. 29 Codice). Con la pronuncia dell'incompetenza il giudice adito rimette le parti al giudice competente, affinché si pronunci sulla base di quanto acquisito: con conseguente translatio iudicii.

L'esame preliminare riguarda poi l'osservanza delle disposizioni regolatrici della proposizione della richiesta di ristrutturazione, secondo le disposizioni del Codice e, segnatamente, la provenienza dell'atto dal debitore per il tramite dell'OCC o, se questo non è presente nella circoscrizione del tribunale, dal professionista designato dal presidente dell'ufficio.

Le valutazioni preliminari

Il primo comma dell'art. 70 riferisce il compito demandato al giudice alla verifica di sussistenza delle condizioni di ammissibilità del piano. La normativa pone l'accento sul contenuto del progetto, costituito appunto dal piano: ma l'ammissibilità va riferita a tutto l'insieme degli elementi che devono concorrere affinché il giudice possa ricevere l'atto e conoscerne. Di per sé la nozione di ammissibilità è riferita ai requisiti prettamente formali di una iniziativa e prescinde da quanto concerne il merito di questa, negli aspetti di fondatezza o di pretestuosità. Il confine tra l'apprezzamento della ricevibilità di un atto e la sua accoglibilità come manifestazione di un proposito meritevole di attenzione è molto delicato e spesso discutibile.

Il Correttivo ha mutato la prospettiva dei controlli e dei compiti demandati all'ufficio giudiziario. Tanto è stato effettuato sotto un duplice profilo. Il primo comma della norma in commento dispone, come in precedenza, che il giudice, se ricorrono le condizioni di ammissibilità, dispone con decreto che la proposta e il piano siano pubblicati in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e che ne sia data comunicazione entro trenta giorni, a cura dell'OCC, a tutti i creditori. Ma il Correttivo ha aggiunto una disposizione opportuna a facilitare gli adempimenti rimessi alla parte e funzionali al compito del giudice: il giudice può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti. In secondo luogo è stata disciplinata la fattispecie di insussistenza dei presupposti di accoglimento, che anteriormente non era prevista. Se non ricorrono le condizioni di ammissibilità, è attualmente disposto, il giudice provvede con decreto motivato reclamabile nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dinanzi al tribunale, il quale provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Nel giudizio di reclamo la proposta e il piano non possono essere modificati e si applicano le disposizioni di cui agli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile. In caso di accoglimento del reclamo il tribunale rimette gli atti al giudice per l'adozione dei provvedimenti conseguenti. Il procedimento sul reclamo non è autonomamente regolato: esso ha natura di procedimento in camera di consiglio.

Si è posto in dottrina il problema di stabilire se il giudice possa sin dal momento iniziale valutare gli estremi di infondatezza o di improbabilità di risultati positivi del piano che viene sottoposto al suo esame. Può accadere, infatti, che esso si riveli privo di reali possibilità di riuscita; che costituisca un mero espediente strumentale per differire nel tempo le proprie responsabilità o salvare il patrimonio; o che ai propositi di composizione faccia palese ostacolo l'esiguità dei mezzi disponibili.

Una risposta ammissiva consentirebbe all'ufficio giudiziario di chiudere sin dall'inizio la procedura, senza avere sentito i creditori e senza compiere ulteriori accertamenti.

La questione non ha tutta l'importanza pratica che potrebbe esserle attribuita. Infatti, la domanda del debitore è accompagnata dalla relazione dell'OCC e, anche se non è espressamente disposto che essa contenga una prognosi di fattibilità, è indubbio che la stessa riveli sin da subito la reale situazione del debitore e la sfera di possibilità di una concreta ristrutturazione del suo debito. In questo caso, la valutazione negativa del giudice si unirebbe al suggerimento implicito dell'organismo. In ogni caso la parola decisiva è differita al momento dell'omologazione, quando il giudice decidente ha a sua disposizione la completezza dei dati, per quanto concerne l'elenco per quanto possibile definito dei beni nel patrimonio e il quadro soggettivo di creditori e debitori. Dopo il deposito della proposta i creditori sono ammessi a presentare le loro osservazioni e lo stesso OCC è ammesso a proporre modifiche al piano, se ritenute necessarie alla luce degli sviluppi che si sono verificati.

Ne segue che fatta eccezione per situazioni del tutto univoche, è sempre prudente non anticipare i tempi per una eventuale dichiarazione di inammissibilità, essendo possibile il verificarsi di mutamenti nella stessa situazione viva da gestire. Per la giurisprudenza (formatasi sotto la vigenza della l. n. 3/2012) Cass. n. 4499/2018 e Cass. n. 1869/2016 ha affermato che avverso il decreto del tribunale che abbia dichiarato inammissibile la proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, presentata dal debitore che versi in stato di sovraindebitamento, non è proponibile ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., perché il provvedimento è privo dei caratteri della decisorietà e definitività, e pertanto non è suscettibile di passaggio in giudicato. Tale conclusione non determina alcun vulnus al diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., dal momento che il decreto, in relazione al quale non è prevista alcuna forma di impugnazione, non preclude la riproposizione della medesima domanda, anche prima del decorso dei cinque anni di cui all'art. 7, comma 2, lett. b), della l. n. 3/2012, operando tale termine preclusivo nella sola ipotesi che il debitore abbia concretamente beneficiato degli effetti riconducibili a una procedura della medesima natura (Cass. n. 30534/2018; Cass. n. 4500/2018).

Le modifiche cui si è accennato non sono lasciate alla discrezionalità di chi le propone. La normativa le vincola alla loro necessità e questa necessità va posta in stretta relazione con lo scopo da raggiungere, non perseguibile senza di loro.

Gli adempimenti successivi

La prima esigenza che si pone dopo il deposito della proposta è quella di darne conoscenza a coloro che sono le parti sostanziali dei rapporti che con essa si intende vengano definiti. Il giudice con suo decreto dispone che la proposta e il piano siano pubblicati nell'apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e che a cura dell'OCC ne sia data notizia ai creditori entro trenta giorni. Ricevuta la comunicazione, i singoli creditori devono provvedere a comunicare all'OCC un indirizzo di posta elettronica certificata (il Correttivo ha aggiunto il richiamo alle norme generali del Codice sulle comunicazioni dettate dall'articolo 10, commi 1 e 2; e ha disposto che si applichi l'articolo 10, comma 3 per i casi di mancata o impossibile comunicazione): l'onere così regolato è in linea con gli adempimenti imposti a seguito della digitalizzazione del processo e, sotto il profilo pratico, facilita il dialogo ufficiale tra gli interessati al procedimento. In mancanza di questa indicazione le comunicazioni ai creditori si effettuano con deposito nel fascicolo informatico: e spetta ad essi attivarsi per giungerne a conoscenza.

I creditori hanno a disposizione un termine di venti giorni per comunicare all'OCC le loro eventuali osservazioni. La comunicazione è eseguita a mezzo posta elettronica certificata, modalità che ormai regola i rapporti di comunicazione con le amministrazioni pubbliche, i professionisti e in larga parte anche le imprese.

Nei successivi dieci giorni dalla scadenza del termine di cui sopra l'OCC acquisisce il parere del debitore, e riferisce poi al giudice proponendo le eventuali modifiche che si sono rivelate necessarie.

I provvedimenti provvisori

Inevitabilmente il tempo occorrente allo sviluppo del procedimento ne comporta ritardi quanto ad effetti sulla situazione di chi, nel frattempo, si è esposto al ceto dei creditori con la sua iniziativa dichiaratrice del proprio indebitamento. L'art. 40, comma 4, consente al giudice di assumere provvedimenti allo scopo di evitare al debitore di ricevere danni dalla sua uscita allo scoperto.

Il giudice, su istanza del debitore, può disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione pendenti e, sempre su istanza del debitore, può disporre il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio di costui; nonché altre misure idonee a conservare l'integrità del patrimonio. Il citato quarto comma prevedeva che il giudice potesse pronunciare inoltre, il divieto al debitore di compiere senza autorizzazione atti di straordinaria amministrazione: la disposizione era stata aggiunta dal primo correttivo del codice, d.lgs. n. 147/2020. L'intervento, però, aveva dato luogo ad una incongruenza. Esso aveva collocato all'interno di un'unica norma disposizioni rivolte a soggetti diversi. La sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata, il divieto di azioni esecutive e cautelari e la pronuncia di misure idonee a conservare l'integrità del patrimonio mirano a sventare le iniziative di terzi, come dimostra il fatto che i provvedimenti del giudice in proposito devono essere chiesti dal debitore. Il divieto di compiere atti eccedenti l'ordinaria gestione non poteva che essere riferito al comportamento del debitore. Il provvedimento di correzione di cui al d.lgs. n. 136/2024 è intervenuto per rendere più precisa e corretta la normativa. Ha tolto l'indicazione del divieto di compiere atti di amministrazione straordinaria (che ha ridenominato in «atti eccedenti l'ordinaria amministrazione») dal corpo del secondo periodo del quarto comma dell'art. 70 e ne ha fatto un nuovo e autonomo periodo in chiusura del comma citato.

Gli effetti protettivi per il debitore non sono collegati in automatico alla presentazione della proposta ma devono essere sollecitati dal debitore stesso, onerato dal fornire la prova della fondatezza delle sue istanze.

La sospensione delle procedure esecutive è consentita soltanto se la loro prosecuzione potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano. Il punto di interesse non è tanto la considerazione dell'eventuale pregiudizio che ne subisce il debitore quanto l'incidenza che l'espropriazione di beni, se compiuta, possa impedire il risultato positivo del piano di complessiva ristrutturazione.

La sospensione ad opera del giudice della procedura per la regolazione dell'indebitamento costituisce una eccezione al disposto generale di cui all'art. 63 c.p.c. per il quale la sospensione dell'esecuzione forzata non può essere disposta che con provvedimento del giudice dell'esecuzione. Ma questa norma si applica con la clausola della diversa disposizione di legge e pertanto la fattispecie rientra nel quadro di una disciplina coerente. Occorre, tuttavia, un raccordo tra il giudice della ristrutturazione che ordina la sospensione e il giudice dell'esecuzione cui è impedito di procedere oltre. Quest'ultimo deve essere informato del provvedimento che è stato pronunciato e deve limitarsi a prenderne atto formalmente.

Il divieto di azioni esecutive e cautelari è finalizzato a prevenire iniziative che, vincolando beni del patrimonio del debitore, condurrebbero a non disporre liberamente di parte di esso, con evidente detrimento per la proposta e il progetto di una soluzione sanante unitaria.

Le misure protettive sono revocabili. In proposito, all'istanza affidata ai creditori si affianca il potere officioso del giudice. Condizione comune per la revoca è che siano stati compiuti atti in frode. La natura e la tipologia di questi atti non è specificamente indicata. Un riferimento può aversi attraverso il disposto dell'art. 72 che disciplina la revoca dell'omologazione ed elenca le cause che la giustificano: l‘aumento o la diminuzione del passivo, la sottrazione o la dissimulazione di una parte rilevante dell'attivo, la simulazione dolosa di attività inesistenti o la perpetrazione di altri atti frodatori in danno delle ragioni dei creditori.

La revoca delle misure protettive è considerata quale provvedimento avente contenuto sanzionatorio. Per questa ragione essa è pronunciata soltanto dopo aver sentito le parti, anche informalmente o per mezzo dello scambio di memorie scritte. La revoca è disposta con decreto, atto del giudice che non richiede necessariamente una motivazione.

Il provvedimento del giudice

Una volta raccolte le osservazioni delle parti e ricevute le proposte eventuali di modifiche da parte dell'OCC, non resta al giudice che risolvere le eventuali contestazioni insorte e finalmente pronunciare l'omologazione o il rigetto del piano. Verificata l'ammissibilità della proposta alla luce di quanto emerso dopo la sua proposizione, la valutazione si concentra sulla fattibilità del piano. Il Correttivo d.lgs. n. 136/2024 ha soppresso il riferimento alla «ammissibilità giuridica», che era contenuto nel comma 7, espunto dal Codice in ogni altra ipotesi di previsione della verifica giudiziale sull'ammissibilità delle proposte degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza. Per la giurisprudenza formatasi anteriormente a questo intervento di modifica, l'omologazione del piano proposto dal consumatore presuppone che esso sia idoneo ad assolvere concretamente la sua funzione causale; a tal fine, il tribunale è tenuto a verificarne la giuridica fattibilità, esprimendo un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (Cass. n. 28013/2022). Risultava evidente l'incongruenza della commistione tra giudizio in fatto e giudizio in diritto: per quest'ultimo era sufficiente demandare al giudice il vaglio sull'ammissibilità della domanda.

Spianata la strada all'apertura del procedimento, e all'esito degli adempimenti previsti dalla legge o comunque resisi necessari, l'accertamento deve scendere a quello che possiamo denominare come il merito della domanda: la possibilità fattuale di esperire con probabilità favorevoli la realizzazione del progetto.

Nell'apprezzamento della fattibilità il giudice non è solo. Una solida base gli è fornita dalla relazione dell'OCC, organismo che si ha tutte le ragioni di considerare esperto e adatto a disegnare un quadro affidabile del passato, del presente e di un ipotizzabile futuro dei destini debitori dell'interessato.

Le osservazioni che i creditori sono sollecitati a presentare dopo che hanno ricevuto la notizia iniziale della proposta consentono di formulare con esse vere e proprie contestazioni e dissensi. Quando richiedono una presa di posizione, le contestazioni e i dissensi sono risolti dal giudice prima dell'omologazione; se riguardano la convenienza della proposta possono essere disattese quando il giudice ritiene che comunque il credito dell'opponente può essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione controllata (così il citato correttivo ha modificato la disposizione, che faceva generico riferimento alla «alternativa liquidatoria»). Ciò significa che la contestazione può essere non considerata se il tenerne conto conduce al medesimo risultato che si avrebbe con la prosecuzione della procedura verso la liquidazione del patrimonio (quanto era disposto nel comma 9, ora abrogato, è stato trasportato nel comma 7).

Nella ristrutturazione dei debiti del consumatore non è prevista la fase dell'approvazione dei creditori, i quali possono solo inviare le loro osservazioni all'OCC. Dopo l'apertura e una volta che l'OCC abbia riferito al Tribunale sulle osservazioni ricevute dai creditori, si apre direttamente la fase dell'omologazione. In questa fase il Tribunale deve verificare: la sussistenza del presupposto soggettivo e oggettivo per l'ammissione alla procedura; la regolarità della procedura rispetto alle regole del procedimento di concordato; la fattibilità del piano, intesa come non manifesta inidoneità dello stesso al raggiungimento degli obiettivi previsti.

L'omologazione della ristrutturazione dei debiti del consumatore produce effetti:

– nei confronti dei creditori, in quanto per effetto dell'omologazione la loro pretesa creditoria viene tradotta nei termini e con le condizioni previsti dalla proposta omologata;

– nei confronti del debitore, in quanto produce la c.d. esdebitatazione, liberandolo dai debiti nei confronti di tutti i creditori anteriori, con sostituzione del suo originario debito con la nuova obbligazione oggetto della proposta.

Con l'omologa della ristrutturazione dei debiti, pertanto, il consumatore non è più obbligato per l'importo originario del debito, ma per il diverso (e presumibilmente inferiore) importo promesso con la proposta, il cui adempimento lo libera da tuti i debiti anteriori.

Il giudice, verificata la fattibilità del piano, risolta ogni contestazione, omologa il piano con sentenza, pronunciata dal tribunale in composizione monocratica e che, quando occorre, è trascritta nei registri immobiliari o automobilistici a cura dell'OCC. L'atto è pubblicato entro i due giorni successivi. Il Correttivo ha conservato la disposizione secondo cui la sentenza di omologazione dichiara chiusa la procedura davanti all'ufficio giudiziario, così come è disposto per il concordato preventivo. È stata soppressa l'indicazione del decreto motivato quale forma della pronuncia di rigetto dell'omologazione, dovendosi attualmente fare applicazione degli artt. 50 e 51 del codice, in forza del rinvio operato dall'art. 65, comma 2.

Il comma 10, secondo periodo, della norma in esame è stato modificato dal Correttivo per chiarirne il testo, anche in considerazione del nuovo disposto dell'art. 73, il quale si occupa proprio del passaggio dalla procedura del piano del consumatore a quella della liquidazione controllata. La conseguente eliminazione della possibilità che in sede di diniego dell'omologazione si possa dichiarare aperta la liquidazione controllata consente (avverte la Relazione al progetto del Correttivo) di risolvere i fondati dubbi interpretativi sorti sulla possibilità, per il giudice monocratico del piano del consumatore, di dichiarare l'apertura della liquidazione controllata, apertura che il vigente art. 270 affida al tribunale collegiale.

Il comma 11 dell'art. 70 (istanza presentata con frode) è stato soppresso in quanto le sue disposizioni sono state trasferite nell'art. 73. Ugualmente, è stato soppresso il comma 12, in conseguenza dell'intervento eseguito sul comma 10.

Giurisprudenza formatasi vigente la l. n. 3/2012

L'omologazione del piano proposto dal consumatore presuppone che esso sia idoneo ad assolvere concretamente la sua funzione causale; a tal fine, il tribunale è tenuto a verificarne la giuridica fattibilità, esprimendo un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. n. 28013/2022).

È omologabile, in assenza di specifica disposizione di legge sul termine massimo per il compimento dei pagamenti, la proposta di piano del consumatore per la soluzione della crisi da sovraindebitamento che preveda una dilazione dei pagamenti di significativa durata, anche superiore ai cinque o sette anni, non potendosi escludere che gli interessi dei creditori risultino meglio tutelati da un piano siffatto in quanto la valutazione di convenienza è pur sempre riservata ai creditori, cui deve essere assicurata la possibilità di esprimersi sulla proposta, anche alla luce del principio di origine comunitaria della c.d. second chance in favore degli imprenditori, ispiratore della procedura (Cass. n. 27544/2019). ai creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, per i quali sia prevista la soddisfazione non integrale, va assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dall'organismo di composizione della crisi (Cass. n. 4270/2021).

Il reclamo

La pronuncia di omologazione è impugnabile con il reclamo disciplinato dall'art. 51: ricorso alla corte d'appello che, di per sé, non sospende l'efficacia della sentenza.

Il provvedimento del giudice può negare l'omologazione. In difetto di esplicite indicazioni è ovvio ritenere che le motivazioni del rigetto debbano essere rinvenute sia nella ritenuta inammissibilità della proposta e sia nella ravvisata non fattibilità del piano.

In tema di applicazione della legge fallimentare la Suprema Corte aveva operato una distinzione. In tema di concordato preventivo, aveva affermato, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall'attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità si realizza (si affermava) facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo, e si attua verificandosene l'effettiva realizzabilità della causa concreta: quest'ultima, peraltro, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e all'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro (Cass. S.U., n. 1521/2013). Il principio così enunciato può essere trasferito positivamente nell'ambito degli strumenti di regolazione della crisi e, segnatamente, in quello della ristrutturazione dei debiti del consumatore.

Giurisprudenza formatasi in riferimento alla l. 3/2012:

Con riferimento alla l. n. 3/2012 la giurisprudenza aveva ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di accoglimento del reclamo proposto avverso il provvedimento di omologazione del piano del consumatore (Cass. n. 22797/2023; Cass. n. 10095/2019). Sempre con riguardo alla legge citata, Cass. n. 2731/2022 ha affermato che non è proponibile il ricorso straordinario per cassazione avverso il decreto che, in sede di reclamo, abbia confermato la dichiarazione di inammissibilità della proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, trattandosi di provvedimento privo dei caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, insuscettibile di passaggio in giudicato. Tale conclusione non determina alcun “vulnus” al diritto di difesa, dal momento che non è preclusa la riproposizione della medesima domanda, anche prima del decorso dei cinque anni di cui all'art. 7, comma 2, lett. b), l. n. 3/2012, operando tale termine preclusivo solo se il debitore abbia concretamente beneficiato degli effetti riconducibili a una procedura della medesima natura. Per le stesse ragioni il decreto non è ricorribile per cassazione (Cass. n. 4326/2024; Cass. n. 6516/2017; Cass. n. 1869/2016).

Il decreto del tribunale in composizione collegiale, di rigetto del reclamo avverso il diniego del giudice monocratico di omologazione del piano del consumatore, proposto ai sensi dell'art. 12-bis della l. n. 3/2012, è impugnabile con ricorso per cassazione, trattandosi di provvedimento avente carattere decisorio e definitivo, in quanto idoneo ad incidere su diritti soggettivi ed a regolamentare in modo incontrovertibile la dedotta situazione di sovraindebitamento (Cass. n. 28013/2022; Cass. n. 10095/2019).

Bibliografia

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