Disp. Att. Trans. Codice Procedura Civile - 18/12/1941 - n. 1368 art. 156 - Esecuzione su beni sequestrati.

Giorgia Viola

Esecuzione su beni sequestrati.

[I]. Il sequestrante che ha ottenuto la sentenza di condanna esecutiva prevista nell'articolo 686 del codice deve depositarne copia presso il giudice competente per l'esecuzione nel termine perentorio [153 c.p.c.] di sessanta giorni dalla comunicazione, e deve quindi procedere alle notificazioni previste nell'articolo 498 del codice 1.

[II]. Se oggetto del sequestro sono beni immobili, il sequestrante deve inoltre chiedere, nel termine perentorio di cui al comma precedente, l'annotazione della sentenza di condanna esecutiva in margine alla trascrizione prevista nell'articolo 679 del codice.

 

[1] Comma modificato dall'art. 4, comma 4, lett. a),  d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, che ha sostituito le parole «presso il»  alle parole «nella cancelleria del»Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Precedentemente  il presente comma era stato sostituito dall'art. 85 l. 26 novembre 1990, n. 353. Il testo precedentemente in vigore, recitava: «Il sequestrante che ha ottenuto la sentenza di condanna esecutiva prevista nell'articolo 686 del codice deve depositarne copia nella cancelleria del giudice competente per l'esecuzione nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione, e deve quindi procedere alle notificazioni previste nell'articolo 498 del codice. Insieme con la sentenza di condanna deve essere depositata copia della sentenza di convalida del sequestro».

Inquadramento

Quando il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva o un altro titolo giudiziale avente effetti esecutivi, anche se non passata in giudicato, ai sensi dell'art. 686, comma 1, c.p.c., il sequestro conservativo si converte in pignoramento.

Il sequestrante deve, ai sensi dell'art. 156, comma 1 disp. att. c.p.c., depositare copia della sentenza presso il giudice competente per l'esecuzione nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione e, quindi, procedere alle notificazioni ai creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di prelazione risultante da pubblici registri (ex art. 498 c.p.c.).

L'articolo in esame è stato oggetto di riforma con il correttivo Cartabia (d.lgs. n. 164/2024) nella parte in cui prevede che il creditore sequestrante depositi la copia della sentenza di condanna presso il Giudice competente per l'esecuzione, in luogo della cancelleria del predetto Giudice.

Se oggetto del sequestro sono beni immobili, il sequestrante deve anche chiedere, nel menzionato termine perentorio, l'annotazione della sentenza di condanna esecutiva in margine alla trascrizione prevista nell'art. 679 c.p.c. (ex art. 156, comma 2 disp. att. c.p.c.).

La conversione, che, come si ricava dal tenore letterale della norma, non richiede il passaggio in giudicato della sentenza di condanna (o altro titolo giudiziale), avviene nei limiti del credito per il quale è intervenuta la condanna e non anche per l'importo eventualmente maggiore fino al quale il sequestro è stato autorizzato. Né per l'importo per il quale non è intervenuta condanna esecutiva, il sequestro può conservare efficacia (Cass. n. 10871/2012). In altri termini, laddove un provvedimento giurisdizionale provvisoriamente esecutivo sia posto in esecuzione e venga poi modificato da altro provvedimento anch'esso esecutivo, nel caso di modifica in aumento, il creditore procedente può spiegare intervento sulla base del nuovo titolo; nel caso di modifica in diminuzione, l'esecuzione prosegue solo nei limiti fissati dal nuovo titolo.

Perfezionamento della conversione

Dibattuta è la questione relativa alla individuazione del momento di perfezionamento della conversione del sequestro in pignoramento.

Al riguardo, c'è chi ritiene che la conversione sia condizionata all'espletamento degli adempimenti previsti dall'art. 156 disp. att. c.p.c. e chi parla di conversione automatica, cioè connessa alla mera pubblicazione della sentenza di condanna (Ferri, Voce Sequestro, in Dig. civ., XVIII, 1998; Conte, Il sequestro conservativo, in I procedimenti sommari e speciali, II, Procedimenti cautelari, a cura di Chiarloni e Consolo, 2005).

In giurisprudenza, è orientamento consolidato quello secondo il quale nel momento stesso della pronuncia della sentenza di condanna provvisoriamente esecutiva, il sequestro conservativo si converte ope legis in pignoramento, cosicché da quel momento il sequestro, come tale, non esiste più, ma esiste il pignoramento quale primo atto del processo esecutivo così come automaticamente iniziato. «La conversione del sequestro in pignoramento opera ipso iure nel momento in cui il sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva, iniziando in quello stesso momento il processo esecutivo, di cui il sequestro stesso, una volta convertitosi in pignoramento, costituisce il primo atto, mentre l'attività imposta al sequestrante dall'art. 156 disp. att. c.p.c., è attività di impulso processuale che il sequestrante, divenuto creditore pignorante, ha l'onere di compiere nel detto termine perentorio e la cui mancanza comporta l'inefficacia del pignoramento», così, Cass. n. 18536/2007; Cass. n. 10029/2006; Cass. n. 8615/2004; Cass. n. 2202/1973. Conforme Cass. n. 35365/2023 secondo cui «il vincolo cautelare impresso col sequestro col sequestro si trasforma in vincolo esecutivo nel momento in cui il creditore sequestrante ottiene la sentenza esecutiva di condanna con effetto dal tempo dell'impostazione del primo».

In altri termini,

– la conversione del sequestro conservativo in pignoramento si verifica automaticamente al momento della pronuncia ovvero del deposito della sentenza di condanna provvisoriamente esecutiva;

– lo stesso sequestro conservativo, così come convertito in pignoramento, costituisce il primo atto del processo esecutivo, che, dunque, può ritenersi instaurato e pendente a decorrere dal deposito della sentenza di condanna;

– l'attività prevista dall'art. 156 disp. att. c.p.c. costituisce una mera attività di impulso processuale, in cui il mancato tempestivo compimento può unicamente concorrere a dare luogo ad una fattispecie estintiva del processo esecutivo riconducibile all'inattività delle parti;

– l'inerzia del creditore sequestrante – pignorante nel compimento della suddetta attività non può ontologicamente cagionare l'inefficacia del sequestro conservativo ormai convertito di diritto in pignoramento ma può contribuire o concorrere a cagionare l'inefficacia del pignoramento stesso.

In tal caso, come meglio si vedrà in seguito, l'estinzione del processo esecutivo deve esser fatta valere dalla parte proponendo al giudice dell'esecuzione la relativa eccezione.

Natura dell'attività di cui all'art. 156 disp. att. c.p.c.

Come detto, l'attività prevista dall'art. 156 disp. att. c.p.c. costituisce una mera attività di impulso processuale, in cui il mancato tempestivo compimento può unicamente concorrere a dare luogo ad una fattispecie estintiva del processo esecutivo riconducibile all'inattività delle parti.

Sulla natura non necessaria di tale attività ai fini della conversione del sequestro in pignoramento, essendo allo scopo sufficiente la sola pronuncia della sentenza di merito, Cass. n. 924/1971: «la trasformazione della misura cautelare in atto iniziale dell'esecuzione avviene ispo iure al momento del formari del titolo esecutivo».

Sulla strumentalità delle attività di cui all'art. 156 disp. att. c.p.c. ad evitare l'estinzione del processo esecutivo (già iniziato con la pronuncia della sentenza di condanna esecutiva e con la conseguente automatica conversione del sequestro conservativo in pignoramento), Cass. n. 747/1974: «il pignoramento non è inesistente qualora sia mancata l'annotazione nel termine perentorio stabilito dal secondo comma dell'art. 156 disp. att. cod. proc. civ. della sentenza di condanna esecutiva a margine della trascrizione del sequestro nei registri immobiliari».

Pur in mancanza di specifici precedenti, si deve ritenere che il termine di 60 giorni prescritto dall'art. 156 disp. att. c.p.c. sia assoggetto alla sospensione feriale dei termini ai sensi dell'art. 1 della l. n. 742/1969, la quale riguarda tutti i termini processuali, compresi quelli del processo d'esecuzione non rientranti fra le eccezioni previste dall'art. 3 della citata legge in relazione all'art. 92 Ord. Giud. (disposizioni queste ultime che escludono la sospensione agostana per le opposizioni esecutive, ma non già per la procedura esecutiva).

Conseguenze della inosservanza delle attività di cui all'art. 156 disp. att. c.p.c.

Si è visto che la mera pronuncia della sentenza di condanna provvisoriamente esecutiva è di per sé solo sufficiente a cagionare, in pari data, la conversione automatica de sequestro conservativo in pignoramento e, dunque, l'inizio e la pendenza del processo esecutivo; che le attività prescritte dall'art. 156 disp. att. c.p.c. non rilevano sul piano sostanziale per l'attivazione della conversione del sequestro in pignoramento ma rilevano sul piano processuale, quali attività di impulso processuale il cui tardivo adempimento determina la formazione della fattispecie estintiva del processo esecutivo.

Sulla competenza funzionale del Giudice dell'esecuzione territorialmente competente a dichiarare l'inefficacia del pignoramento, Cass. n. 146/1967: «Il provvedimento con il quale il Giudice dell'esecuzione dichiara estinto il processo esecutivo a norma dell'art. 630 c.p.c. per non avere la parte, a seguito della conversione del sequestro conservativo in pignoramento, provveduto all'osservanza delle formalità indicate nell'art. 156 disp. att. c.p.c. ha forma e contenuto di ordinanza e non è impugnabile con istanza di regolamento di competenza, ma soltanto con reclamo al collegio».

Sulle conseguenze del mancato compimento delle formalità di cui all'art. 156 disp. att. c.p.c., Cass. n. 747/1974: «L'attività imposta al sequestrante dall'art. 156 disp. att. cod. proc. civ. da eseguirsi nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di condanna esecutiva è attività di impulso processuale che il sequestrante, divenuto creditore pignorante, ha l'onere di compiere nel detto termine perentorio. Il mancato tempestivo compimento di quell'attività di impulso processuale provoca l'estinzione del processo esecutivo, per il disposto dell'art. 630, primo comma, c.p.c. e, conseguentemente, per il disposto dell'art. 632 primo comma c.p.c. l'inefficacia del pignoramento, in cui si è convertito ipso iure il sequestro conservativo». Conforme Cass. n. 10029/2006; Cass. n. 18536/2007 e Cass. n. 35365/2023, secondo cui la mancata o tardiva esecuzione delle formalità previste dall'art. 156 disp. att. c.p.c. (deposito ed annotazione del provvedimento esecutivo) non integra un vizio – da far valere con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. – del pignoramento o dell'espropriazione forzata con esso iniziata, bensì un'inattività della parte comportante l'estinzione della parte comportante l'estinzione della procedura a norma dell'art. 630 c.p.c. rispetto alla quale è dato esclusivamente il rimedio del reclamo.

Sulle modalità processuali tramite le quali il soggetto interessato possa domandare (ed ottenere) la dichiarazione di inefficacia del pignoramento e la conseguente dichiarazione di estinzione del processo esecutivo, Cass. n. 747/1974: «A norma dell'art. 630 secondo comma cod. proc. civ. l'estinzione per quel motivo del processo esecutivo deve essere eccepita dai soggetti interessati prima di ogni altra difesa e l'ultimo e definitivo momento preclusivo dell'esecuzione è l'udienza stabilita a norma degli artt. 530 secondo comma e 569 secondo comma c.p.c. per la fissazione del tempo e delle modalità della vendita».

Ed ancora, Cass. n. 18536/2007 secondo cui l'inefficacia del pignoramento (in cui si sia automaticamente convertito il sequestro conservativo) «opera di diritto ma deve essere eccepita dal debitore esecutato prima di ogni altra difesa (artt. 630 e 562 c.p.c.) nell'ambito del processo esecutivo promosso dal creditore procedente. Alla stregua di tali principi si deduce che un soggetto estraneo alla procedura non ha, di regola, interesse a chiedere al Giudice dell'esecuzione di dichiarare l'inefficacia del pignoramento derivata da quella del precedente sequestro, fatta salva l'ipotesi in cui il creditore procedente, avvalendosi della sentenza di condanna come titolo esecutivo, inizi un'azione esecutiva contro di lui oppure in una sede diversa come azione dichiarativa, poiché in questo caso egli avrebbe interesse ad un accertamento negativo».

In conclusione, dalla disamina giurisprudenziale innanzi indicata si ricava che la richiesta di estinzione del processo esecutivo può essere proposta in via incidentale o di eccezione da sollevarsi con un'istanza rivolta al Giudice dell'esecuzione ovvero in via principale attraverso un giudizio ordinario avente ad oggetto l'azione di accertamento negativo della pretesa.

Tale quadro è, tuttavia, notevolmente cambiato con la modifica dell'art. 630 c.p.c. ad opera dell'art. 49, l. n. 69/2009, per effetto del quale la nullità può essere «dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza del giudice dell'esecuzione, non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa».

Concorso con gli altri creditori

Se i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di altri creditori, il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione della somma ricavata, ai sensi dell'art. 686, comma 2 c.p.c.

Al riguardo, infatti, è da tener presente che l'art. 158 disp. att. c.p.c. dispone che quando dall'atto di pignoramento o dai pubblici registri risulti l'esistenza di un sequestro conservativo sui beni pignorati, il creditore pignorante deve fare notificare al sequestrante avviso di pignoramento ai sensi dell'art. 498 c.p.c. e che l'art. 547, ultimo comma c.p.c. dispone che il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante nel termine perentorio fissato dal giudice.

La disposizione in esame deve, dunque, essere intesa nel senso che il creditore che abbia eseguito un sequestro sui beni pignorati al momento del pignoramento, può intervenire nell'esecuzione forzata promossa da altro creditore, insieme ai creditori muniti di titolo esecutivo e a quelli che hanno un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri o sono titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'art. 2214 c.c.

Ai fini della partecipazione alla distribuzione della somma ricavata, invece, occorre che i sequestranti, il cui credito sia stato nel frattempo accantonato, abbiano ottenuto un titolo esecutivo nel termine di tre anni stabilito dall'art. 510 comma 3 c.p.c. (Capponi, L'intervento del creditore sequestrante nel processo di espropriazione del bene successivamente pignorato, in Riv. dir. proc., 1987, 848 ss.; Capponi, Note in tema di concorso tra misure cautelari e misure esecutive, in Giust. civ., 1989).

Nel caso in cui siano sottoposti a sequestro dei beni il cui valore eccede il limite massimo concesso dal giudice, può essere richiesta la riduzione del sequestro.

Nel codice non vi è una norma specifica relativa alla riduzione del sequestro conservativo, ma la giurisprudenza la ritiene ammissibile, richiamando la disciplina prevista per la riduzione del pignoramento (cfr. Cass. n. 7218/1997; Cass. n. 2589/1988).

Bibliografia

Capponi, Note in tema di concorso tra misure cautelari e misure esecutive, in Giust. civ., 1989; Capponi, L'intervento del creditore sequestrante nel processo di espropriazione del bene successivamente pignorato, in Riv. dir. proc., 1987, 848 ss.; Conte, Il sequestro conservativo, in I procedimenti sommari e speciali, II, Procedimenti cautelari, a cura di Chiarloni e Consolo, 2005; Ferri, Voce Sequestro, in Dig.civ., XVIII, 1998; Mastrogiovanni, La conversione del sequestro conservativo in pignoramento, in Riv. esecuz. forzata, 1/2024.

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