Atto di riserva di ricorso per cassazione contro sentenze non definitive (artt. 361 c.p.c. e 133 disp. att. c.p.c.)InquadramentoLa norma di riferimento per la riserva facoltativa di ricorso contro le sentenze non definitive in cassazione è l'art. 361 c.p.c. In particolare in sede di riforma è stata esclusa l'immediata impugnabilità delle sentenze non definitive su “questioni”, con la conseguenza che ormai la riserva facoltativa di ricorso per cassazione esplica la sua funzione con riferimento alle sentenze non definitive su “domanda” e alla sentenza di condanna generica. La disciplina della riserva non si applica in ogni caso alle c.d. sentenze “parziali” ossia quelle previste e disciplinate dall'art. 277, comma 2 c.p.c. che sono vere e proprie sentenze definitive. Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha affermato che nell'ipotesi di riunione nello stesso processo di cause distinte fra soggetti diversi (nella specie, causa principale di risarcimento del danno e cause di garanzia basate su rapporti autonomi), la sentenza che statuisca in via integrale ed esauriente sull'una, disponendo la prosecuzione del giudizio sulle altre, ha carattere definitivo in ordine alla prima di dette controversie, indipendentemente dalla sua formale qualificazione come non definitiva, ed a prescindere dall'eventuale erroneo differimento della pronuncia sulle relative spese, e, pertanto, ancorché sia stata oggetto di riserva d'impugnazione differita (da considerarsi tamquam non esset) è impugnabile soltanto in via immediata anche con riguardo all'omessa regolamentazione delle spese (Cass. I, n. 665/1988). La sentenza di secondo grado che, definendo il giudizio di appello avverso una sentenza non definitiva di primo grado, esaurisca la fase del giudizio pronunciando su tutte le questioni in essa proposte è da considerare come definitiva e non suscettibile di riserva di impugnazione differita, a nulla rilevando la prosecuzione del giudizio di primo grado per la determinazione del quantum debeatur. Essa, pertanto, deve contenere la statuizione sulla liquidazione delle spese processuali (Cass. III, n. 21978/2019). Nel sistema di riserva facoltativa d'impugnazione contro sentenza non definitiva, la mancata dichiarazione di riserva o la sua irritualità o tardività producono la decadenza del diritto oggetto della riserva, ma non precludono l'esercizio del potere di impugnazione della sentenza non definitiva, secondo le regole generali (Cass. III, n. 212/2007). Pertanto, la parte soccombente che non ritenga di impugnare immediatamente la sentenza non definitiva deve farne espressa riserva di ricorrere contro la stessa insieme con la definitiva. La S.C. ha precisato che il ricorso per cassazione con cui venga impugnata, unitamente alla sentenza definitiva del grado di appello, quella non definitiva precedentemente emessa, è inammissibile ove la parte ricorrente non deduca il momento di pubblicazione della decisione definitiva - così precludendo alla S.C. la preliminare ed officiosa verifica della tempestività dell'impugnazione - ovvero non indichi di avere compiuto la dichiarazione di riserva ex art. 361 c.p.c. precisandone, altresì, modalità e tempi (Cass. II, n. 31153/2017). Sempre in tema di termini per la proposizione del ricorso per cassazione in caso di sentenze non definitive, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che i termini per la proposizione del ricorso per cassazione contro le stesse, ove venga formulata riserva, stante la scelta per l'unitarietà del procedimento impugnatorio, decorrono dalla notifica o dalla pubblicazione della sentenza definitiva, sicché nell'ipotesi in cui il ricorrente deduca, anche implicitamente, che la sentenza definitiva gli è stata notificata, la mancata produzione della stessa corredata dalla relata di notifica determina l'improcedibilità dell'unico ricorso proposto avverso le due sentenze, a nulla rilevando il rituale deposito della sentenza non definitiva (Cass. II, n. 7089/2017). Nel contenzioso tributario, deve ritenersi ammissibile – in deroga alla regola generale di inammissibilità dell'impugnazione cumulativa – l'impugnazione, con un unico atto, di più sentenze relative a distinti procedimenti, allorquando le sentenze impugnate cumulativamente siano espressamente indicate, con manifestazione non equivoca della volontà di impugnarle tutte (Cass. VI, n. 5003/2024). FormulaCORTE D'APPELLO DI ... DICHIARAZIONE DI RISERVA DI RICORSO PER CASSAZIONE EX ART. 361, COMMA 1, C.P.C. [1] Il Sig. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ... (C.F. ..., PEC ... ) del Foro di ... ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso sito in ... alla via ... n. ..., in forza di procura in calce [o allegata alla] della comparsa di risposta in appello [2]. -appellata- Nel giudizio di appello contraddistinto dal n. R.G. ... promosso dal Sig. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ..., ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in ... -appellante- PREMESSO CHE - dinanzi a questa Ecc.ma Corte pende il giudizio di appello promosso dal Sig. ... nei confronti del Sig. ... con atto di citazione in appello notificato il ... per la riforma della sentenza n. ... emessa dal Tribunale di ... il ...; - Con sentenza del ... n. ... e pubblicata il ..., questa Ecc.ma Corte d'Appello, in accoglimento dell'appello proposto dal Sig. ... ha dichiarato la responsabilità del Sig. ... rinviando con ordinanza separata all'udienza del ... per la quantificazione del danno; - Che è interesse dell'odierno appellante impugnare la sentenza non definitiva in questione [3]; - Il termine per la proposizione del ricorso è tuttora pendente poiché la sentenza in questione è stata depositata in data ... TANTO PREMESSO Il Sig. ..., come in epigrafe rappresentato e difeso, con il presente atto formula espressa RISERVA Ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 361 c.p.c., di proporre ricorso per cassazione contro la sentenza non definitiva della Corte d'appello di ..., del ..., n. ..., depositata il ... [4]. Luogo e data ... Firma Avv. ... [5] 1. La riserva di impugnazione, per spiegare il proprio duplice effetto – di consentire contemporaneamente l'impugnazione della sentenza non definitiva e di quella definitiva e di precludere alla parte, dopo la riserva, di proporre l'impugnazione immediata – deve essere formulata in maniera chiara ed univoca, costituendo manifestazione della volontà di rinunciare all'impugnazione immediata (Cass. I, n. 6194/1996). 2. Al fine della proposizione dell'appello o del ricorso per cassazione avverso sentenza non definitiva, deve ritenersi valida ed efficace la procura speciale al difensore conferita in calce od a margine del precedente atto di riserva d'impugnazione differita, notificato alla controparte, in quanto idonea ad evidenziare il rilascio del mandato in data anteriore alla proposizione dell'impugnazione, nonché il suo specifico riferimento a quest'ultima (Cass. III, n. 4091/1982). 3. Si tenga presente che la riserva deve essere formulata in modo chiaro ed univoco, in base alla prescrizione dell'art. 133 disp. att. c.p.c., per la sua funzione di costituire una esternazione della volontà della parte di rinunciare all'impugnazione immediata della stessa; in base al già ricordato art. 133 disp. att. c.p.c. e all'art. 129 disp. att. c.p.c. la riserva può essere anche fatta all'udienza con dichiarazione orale che deve essere inserita nel verbale ovvero con una dichiarazione scritta che va allegata allo stesso. Si può anche effettuare con atto notificato ai procuratori delle parti costituite e alle parti contumaci. Recentemente la S.C. ha precisato che la riserva di impugnazione differita di sentenza non definitiva inserita in una memoria autorizzata non produce effetti con il mero deposito, essendo necessario che sia notificata ai procuratori delle parti costituite o personalmente a quelle non costituite, atteso che l'art. 129 disp. att. c.p.c. esprime il principio della necessaria conoscibilità della riserva, laddove una memoria autorizzata può giustificare la presunzione di conoscenza solo in relazione alle questioni a chiarificazione delle quali è stata autorizzata (Cass. III, n. 1574/2019). 4. La riserva, secondo la giurisprudenza, ha un doppio effetto poiché da una parte consente l'impugnazione della sentenza non definitiva con quella definitiva e, dall'altro lato impedisce alla parte, una volta formulata la riserva, pur se i termini non siano ancora scaduti, l'impugnazione immediata della stessa sicché, se venga ugualmente proposta va dichiarata inammissibile, senza pregiudizio dell'impugnazione della sentenza non definitiva insieme con la sentenza che definisce il giudizio (Cass. I, n. 6951/2004; sull'inammissibilità dell'impugnazione immediata una volta proposta la riserva si veda Cass. I, n. 12577/1991). 5. Sull'obbligo di deposito telematico si veda il Commento alla presente formula. COMMENTOLa riforma 2022 ha optato per una disciplina organica del deposito telematico degli atti contenuta all'interno del codice di procedura civile e, precisamente delle disposizioni di attuazione. In queste ultime è stato infatti inserito il Titolo V-ter, dedicato alle Disposizioni relative alla giustizia digitale e del deposito telematico si occupa il Capo I al cui interno si trovano gli artt. 196-quater, quinquies, sexies e septies adesso modificati dal d.lgs. n. 164/2024 recante disposizioni integrative e correttive al d.lgs. n. 149/2022. A norma dell'art. 196-quater c.p.c. (come modificato dal d.lgs. n. 164/2024), il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte del pubblico ministero, dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Con le stesse modalità le parti depositano gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Quando è necessario ai fini della decisione il giudice può ordinare il deposito di singoli atti e documenti su supporto cartaceo, indicandone specificamente la ragione. Il deposito dei provvedimenti del giudice e dei verbali di udienza ha luogo con modalità telematiche. Il deposito con modalità telematiche è effettuato nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Il capo dell'ufficio autorizza il deposito con modalità non telematiche quando sussiste una situazione di urgenza e il direttore generale per i servizi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti. La certificazione del direttore generale è pubblicata sul portale dei servizi telematici. Inoltre va segnalato che l'art. 46 disp. att. c.p.c., dedicato alla forma degli atti giudiziari e quindi applicabile sia agli atti del giudice che a quelli delle parti stabilisce che i processi verbali e gli altri atti giudiziari devono essere scritti in carattere chiaro e facilmente leggibile; che quando sono redatti in forma di documento informatico tali atti rispettano la normativa anche regolamentare relativa alla redazione, sottoscrizione e ricezione dei documenti informatici. Il comma 3 della disposizione riguarda le modalità di redazione dei documenti non informatici e ripete l'originario comma 2, prevedendo che gli atti non redatti in forma di documento informatico devono essere scritti in continuazione, senza spazi in bianco e senza alterazioni e abrasioni; le aggiunte soppressioni o modificazioni eventuali devono essere fatte in calce all'atto con nota di richiamo senza cancellare la parte soppressa o modificata. Per quanto concerne lo schema informatico degli atti giudiziari va fatto riferimento al d.m. n. 110/2023, pubblicato in G.U. n. 187 dell'11 agosto 2023, che reca il “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari” applicabile ai procedimenti introdotti dopo il 1° settembre 2023. Questo decreto pone i criteri di redazione e regola gli schemi informatici degli atti del processo civile con la struttura dei campi necessari per inserire le informazioni nei registri del processo. Fissa anche i limiti dimensionali degli atti del processo civile per le cause di valore inferiore a 500 mila euro. In ogni caso, a norma del comma 6 della disposizione il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e dei limiti di redazione dell'atto non comporta invalidità dello stesso, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese processuali. L'art. 196-quinquies, rubricato “Dell'atto del processo redatto in formato elettronico” stabilisce che l'atto del processo è redatto in formato elettronico dal magistrato o dal personale degli uffici giudiziari e degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti ed è depositato telematicamente nel fascicolo informatico. In caso di atto formato da organo collegiale l'originale del provvedimento è sottoscritto con firma digitale secondo quanto previsto dagli artt. 132, comma 3, 134, comma 1 e 135, comma 4 c.p.c. Quando l'atto è redatto dal cancelliere o dal segretario dell'ufficio giudiziario questi vi appone la propria firma digitale e ne effettua il deposito nel fascicolo informatico. Se l'atto del processo è in formato cartaceo il cancelliere ne estrae copia informatica, nel rispetto della normativa anche regolamentare, che deposita nel fascicolo informatico. Il provvedimento del giudice si intende depositato, anche agli effetti di cui all'art. 133 c.p.c. quando è effettuato il deposito nel fascicolo informatico. Se il provvedimento di correzione di cui all'art. 288 c.p.c. è redatto in formato elettronico, il cancelliere forma un documento informatico contenente la copia del provvedimento corretto e del provvedimento di correzione, lo sottoscrive digitalmente e lo inserisce nel fascicolo informatico. A norma dell'art. 196-sexies, rubricato “Perfezionamento del deposito con modalità telematiche”, il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto nel momento in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici ed è tempestivamente eseguito quando la conferma è generata entro la fine del giorno di scadenza. Si applicano le disposizioni di cui all'art. 155, commi 4 e 5 c.p.c. Se gli atti o i documenti da depositarsi eccedono la dimensione massima stabilita nelle specifiche tecniche del direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, il deposito può essere eseguito mediante più trasmissioni. Infine l'art. 196-septies c.p.c. è dedicato alla disciplina della copia cartacea degli atti depositati telematicamente. Con riferimento al d.m. n. 110/2023 in particolare l'art. 2 del decreto stabilisce che, al fine di assicurare la chiarezza e sinteticità degli atti processuali (art. 121 c.p.c.) gli atti di citazione e i ricorsi, le comparse di risposta, le memorie difensive, i controricorsi e gli atti di intervento sono redatti secondo il seguente schema: a. Intestazione, recante l'ufficio giudiziario innanzi al quale la domanda è proposta e il tipo di atto; b. Le parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c. Le parole chiave, in numero massimo di 20, che individuano l'oggetto del giudizio; d. Nelle impugnazioni gli estremi del provvedimento che si impugna con indicazione dell'autorità che lo ha emesso, della data di pubblicazione e della data dell'eventuale notificazione; e. L'esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, rispetto alle impugnazioni, l'individuazione dei capi della decisione che si impugnano e l'esposizione dei motivi; f. Nella parte in fatto, il riferimento puntuale ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati corrispondentemente al loro contenuto, consultabili “preferibilmente” con apposito collegamento ipertestuale; g. Rispetto ai motivi di diritto, l'esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono come rilevanti; h. Le conclusioni, con la distinta indicazione di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i. L'indicazione specifica dei mezzi di prova e l'indice dei documenti consultabili con il collegamento ipertestuale; j. Il valore della controversia; k. La richiesta di distrazione delle spese; l. L'indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Ai sensi dell'art. 2, comma 2, del decreto, le disposizioni in questione si applicano, in quanto compatibili, anche agli altri atti del processo; e gli atti processuali successivi alla costituzione in giudizio indicano il numero di ruolo del processo cui si riferiscono. Per quanto riguarda i limiti dimensionali degli atti processuali, l'art. 3 del decreto stabilisce che salvo le deroghe e le esclusioni previste dal decreto (artt. 4 e 5), l'esposizione deve essere contenuta nel numero massimo di: a. 80.000 caratteri che corrispondono circa a 40 pagine nel formato previsto dall'art. 6 del decreto, rispetto all'atto di citazione e al ricorso, alla comparsa di risposta e alla memoria difensiva, agli atti di intervento e chiamata di terzi, alle comparse e note conclusionali, nonché agli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione; b. 50.000 caratteri, che corrispondono circa a 26 pagine nello stesso formato, rispetto alle memorie, alle repliche e in genere a tutti gli altri atti del giudizio; c. 10.000 caratteri, che corrispondono circa a 5 pagine nello stesso formato, rispetto alle note scritte in sostituzione dell'udienza di cui all'art. 127-ter c.p.c., quando non è necessario svolgere attività difensive possibili solo all'udienza. Nel conteggio del numero massimo di caratteri non sono compresi gli spazi. Da questi limiti sono però esclusi gli elementi previsti dall'art. 2, comma 2, lett. a), b), c), d), h), i), l), m), n); l'indice e la sintesi dell'atto; le indicazioni, le dichiarazioni e gli avvertimenti previsti dalla legge; la data e il luogo e le sottoscrizioni di parti e difensori; le relazioni di notifica e le relative richieste e dichiarazioni; i riferimenti giurisprudenziali riportati nelle note. Sono altresì previste delle deroghe; si possono superare i limiti di cui all'art. 3 del decreto se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche a causa della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi. In questo caso il difensore deve esporre in modo sintetico le ragioni per cui si è reso necessario superare i limiti dimensionali. Vi sono delle ipotesi di deroga “automatica”, cioè la proposizione di una domanda riconvenzionale, di una chiamata di terzo, di un atto di integrazione del contraddittorio, di un atto di riassunzione o di una impugnazione incidentale giustifica il ragionevole superamento dei limiti previsti dall'art. 3. Per quanto riguarda il formato, gli atti sono redatti mediante caratteri di uso corrente, preferibilmente con l'uso di dimensioni di 12 punti; con interlinea di 1,5; con margini orizzontali e verticali di 2,5 cm. Non sono consentite note salvo che per indicare i precedenti giurisprudenziali e i riferimenti dottrinali. L'art. 8 infine prevede che gli atti giudiziari sono redatti secondo le regole previste dall'art. 11 del d.m. n. 44/2011 e sono corredati dalla compilazione di schemi informatici conformi alle specifiche tecniche dell'art. 34 del decreto in questione. Le specifiche tecniche di cui al primo comma, definiscono le informazioni strutturate e i dati necessari per elaborare gli schemi dell'atto da parte del sistema informatico ricevente. Rispetto agli atti del giudizio di cassazione, le specifiche tecniche tengono anche conto dei criteri stabiliti con decreto del Primo Presidente della Corte, sentiti il Procuratore generale presso la Corte, il CNF e l'Avvocatura generale dello Stato. |