Denuncia di gravi irregolarità ex art. 2409 c.c. per mancanza o inadeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili

Daniele Fico
20 Febbraio 2025

Il contributo si concentra sull'obbligo di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati, previsto dall'art. 2086 c.c. per gli amministratori, e sulla valutazione sull'adeguatezza degli assetti concretamente adottati dagli amministratori, nell'ambito di un procedimento di denuncia al Tribunale ex art. 2409 c.c.

Massima

La valutazione giudiziale sull'adeguatezza degli assetti gestori prescritta dall'art. 2086 c.c. deve essere condotta in concreto, ossia con riguardo alla specifica natura dell'attività aziendale cui gli assetti si riferiscono e, in ogni caso, nel rispetto della business judgment rule, per cui sono precluse valutazioni che sconfinino in un sindacato di merito circa la legittima discrezionalità delle scelte di amministrazione. In tale ottica restrittiva, la sindacabilità delle scelte inerenti agli assetti di cui all'art. 2086 c.c. andrebbe circoscritta alle strutture e ai sistemi di c.d. allerta interna, aventi la funzione di monitorare la continuità aziendale e rilevare tempestivamente eventuali segnali di crisi. 

Il caso

La questione trae origine da un ricorso con il quale il socio di una società per azioni, titolare di una partecipazione corrispondente al 49% del capitale sociale, lamentando la carenza di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni della società ha evidenziato la necessità di intervento del Tribunale ai sensi dell'art. 2409 c.c. volto alla eventuale revoca dell'organo gestorio ed alla conseguente nomina di un amministratore giudiziario.

In particolare, a parere del ricorrente l'inadeguatezza degli assetti sarebbe riscontrabile:

- nella mancanza di un budget previsionale delle vendite e di un piano industriale; 

- nella mancanza di una rete commerciale strutturata e organizzata; 

- nella inesistenza di un responsabile commerciale; 

- nell'inadeguato controllo di gestione; 

- nell'assenza di un sistema informatico interno; 

- nell'inattendibilità dei dati del budget di tesoreria;

- in un'eccessiva concentrazione di mansioni, sotto il profilo organizzativo, in capo a singole persone. 

Infine, ulteriore elemento tale da giustificare il ricorso al procedimento ex art. 2409 c.c. sarebbe rappresentato da contrasti e rivalità personali esistenti in ambito familiare (la compagine sociale è composto da fratelli), che coinvolgono all'evidenza anche tematiche connesse al passaggio generazionale. 

La questione giuridica e la soluzione

La sentenza in commento offre lo spunto per soffermarsi sul dovere di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati e per affrontare la questione concernente la denuncia di gravi irregolarità al tribunale ex art. 2409 c.c. per mancanza o carenza degli stessi.

Sulla questione, i giudici di primo grado lombardi, in via preliminare, ricordano che il fine del procedimento previsto dall'anzidetto art. 2409 c.c. è quello di consentire, attraverso l'intervento dell'autorità giudiziaria, il ripristino della legalità e della regolarità gestoria, violate da condotte dell'organo amministrativo gravemente contrastanti con i principi di corretta gestione. Oggetto della denuncia è il fondato sospetto di gravi irregolarità nella gestione tali da arrecare pregiudizio al patrimonio sociale o a procurare grave turbamento all'attività sociale nel cui interesse il ricorso è presentato. Quello che rileva, osserva il Tribunale di Brescia, è il presupposto della potenzialità del danno; con la conseguenza che l'intervento giudiziale non pare potersi ritenere ammissibile quando l'azione lesiva abbia esaurito i propri effetti in assenza di elementi tali da far ipotizzare una probabile reiterazione delle violazioni.

L'elemento caratterizzante tale strumento, infatti, è quello di interrompere comportamenti di non corretta gestione, in atto, idonei a originare, ove non disattivati, un danno per la società. In tale ottica, il procedimento previsto dall'art. 2409 c.c. impedisce che il rimedio sia fondatamente volto a censurare fatti remoti, rectius non più attuali, e/o comunque privi di potenzialità lesiva. Quello che rileva, osservano i giudici bresciani, è il requisito dell'attualità - carente nel caso di specie - essendo pacifico, in quanto allegato dalla stessa ricorrente, che ciò che viene imputato all'organo gestorio in carica è di aver protratto una struttura deficitaria sul piano organizzativo, amministrativo e contabile; accusa a fronte della quale il resistente ha eccepito che la notifica del ricorso è pervenuta a soli due mesi dall'assunzione della carica di amministratore unico, tempo all'evidenza incompatibile con la realistica possibilità di variare assetti consolidati da oltre trent'anni e mai prima d'ora oggetto di censura.

A parere del Tribunale di Brescia, inoltre, risulta importante evidenziare, da un lato, che la nozione di adeguatezza adottata dal legislatore è volutamente elastica, dovendo adattarsi alla specifica natura della realtà aziendale oggetto di valutazione; d'altro lato, che la censura di inadeguatezza non può mai spingersi fino a sindacare scelte di merito che non si appalesino tali da impedire l'agire razionale e informato da parte dell'organo amministrativo.

In tema di adeguati assetti, sottolineano i giudici di primo grado lombardi, la sindacabilità delle scelte andrebbe circoscritta ai sistemi di allerta interna, aventi quale funzione di monitorare la continuità aziendale e di rilevare in maniera tempestiva eventuali segnali di crisi; non potendosi, al contrario, estendere a scelte – come quelle, nella fattispecie esaminata, inerenti all'attività produttiva e, più in particolare, agli strumenti previsionali delle vendite e dell'attività industriale – che rientrano nella discrezionalità dell'organo gestorio e, come tali, estranee al sindacalo giudiziale secondo il principio della business judgement rule.

Tale principio, come noto, si sostanzia nella insindacabilità del merito delle scelte gestorie a condizione che le stesse rispondano a criteri di ragionevolezza e di non manifesta irrazionalità all'esito di un diligente processo di valutazione dei possibili margini di rischio (in dottrina si discute se il medesimo sia applicabile anche alle scelte organizzative adottate dagli amministratori, oltre che a quelle sostanzialmente gestorie. Per un approfondimento v., per tutti, S. Fortunato, Assetti organizzativi dell'impresa nella fisiologia e nella crisi, in Giur. comm., 2023, 901; V. De Sensi, Adeguati assetti e business judgement rule, in dirittodellacrisi.it, 16 aprile 2021; F. Piccione, L'applicabilità della B.J.R. alle scelte organizzative degli amministratori, inquesto portale; G. Buffelli, Il perimetro degli obblighi e il contenuto degli adeguati assetti in un recente provvedimento bresciano, in dirittodellacrisi.it, 21 novembre 2024, secondo cui la regola di cui sopra è volta “ad evitare che un giudizio a posteriori possa rivelare condotte non corrette in quegli atti di gestione che si sono dimostrati non vantaggiosi per la società”).

In considerazione di quanto sopra, il Tribunale di Brescia ha escluso che i fatti posti a fondamento della denuncia giustifichino i provvedimenti richiesti e, visto l'art. 2409 c.c., ha respinto il ricorso per la denuncia di gravi irregolarità nella gestione della società.

Osservazioni

L'art. 2086, comma 2, c.c. (introdotto nel nostro ordinamento dall'art. 375 CCII) impone agli imprenditori che operano in forma societaria o collettiva di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Trattasi di principi di corretta gestione imprenditoriale, la cui collocazione è inserita in maniera significativa nella versione novellata dell'art. 2086 c.c. (rubricato: “gestione dell'impresa”) e, quindi, all'interno dei principi previsti dal codice civile sull'impresa in generale (in questo senso, N. Abriani, A. Rossi, Nuova disciplina della crisi d'impresa e modificazioni del codice civile: prime letture, in Società, 2019, 394).

Il secondo comma dell'art. 2086 c.c. fa quindi ricadere sull'imprenditore, sia in forma societaria, che in forma collettiva, l'obbligo di:

  • istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato;
  • istituire tale assetto anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa e della perdita della continuità;
  • attivarsi tempestivamente per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Strettamente correlato alla predetta disposizione è l'art. 377 CCII che, riformulando gli articoli contenuti nel codice civile in materia di amministrazione delle società di persone (art. 2257 c.c.), di quelle per azioni (artt. 2380-bis c.c. e, per le s.p.a. che adottano il sistema dualistico, 2409-novies c.c.) ed a responsabilità limitata (art. 2475 c.c.), ha chiarito che l'istituzione degli assetti di cui al suddetto art. 2086 c.c. spetta esclusivamente agli amministratori.

Al compito degli amministratori delegati di curare che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura ed alle dimensioni dell'impresa corrisponde quello dell'intero consiglio di amministrazione di valutarne la concreta effettività ed adeguatezza in base alle informazioni ricevute (art. 2381, comma 5, c.c.). A questo fine, è stato ritenuto che l'utilizzo del termine “valutazione” sta a significare che il consiglio non sia soltanto destinatario di un flusso informativo, “ma altresì onerato di un potere-dovere di reazione che si estrinseca nel potere-dovere di esprimere un giudizio e quindi anche di indirizzare l'opera dei delegati”, anche sotto forma di semplice approvazione di quanto proposto e riferito dai medesimi (l'espressione è di A. De Nicola, Commento sub art. 2381, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Amministratori, a cura di F. Ghezzi, Milano, 2005, 118). 

L'art. 2086, comma 2, c.c. deve essere letto congiuntamente al disposto di cui all'art. 3 CCII - rubricato “Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d'impresa” - che, proprio al fine di favorire l'emersione anticipata della crisi, impone:

  • all'imprenditore individuale di adottare misure idonee a rilevare in maniera tempestiva lo stato di crisi ed assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte (comma 1);
  • all'imprenditore collettivo di adottare un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi del sopra citato art. 2086 c.c., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative (comma 2).

Come precisato dalla Relazione illustrativa al CCII se, da un lato, il sopra citato art. 3 mira a responsabilizzare esplicitamente il debitore in qualsiasi forma sia organizzato, prescrivendo, anche nel caso di impresa individuale, l'adozione di ogni misura diretta alla precoce rilevazione del proprio stato di crisi, per porvi tempestivamente rimedio; dall'altro lato, in presenza di imprenditore collettivo, si richiede un quid pluris costituto da specifici assetti organizzativi adeguati ai sensi dell'art. 2086 c.c., calibrati in base alla natura ed alle dimensioni dell'impresa medesima, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale. In entrambi i casi, si prescrive un obbligo di immediata attivazione per il superamento della crisi.

Al fine di perseguire l'obiettivo che il legislatore individua nella prevenzione tempestiva dell'emersione della crisi, il terzo comma dell'art. 3 CCII precisa che le misure e gli assetti devono consentire di:

  1. rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  2. verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4 dell'art. 3 medesimo;
  3. ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento previsto dall'art. 13, comma 2, CCII (in relazione alla composizione negoziata della crisi).

Il successivo quarto comma individua i principali segnali che, anche prima della emersione della crisi o dell'insolvenza, consentono la previsione tempestiva di quello che potrebbe accadere in assenza di una inversione di tendenza. Ai sensi dell'art. 3, comma 4, CCII, costituiscono segnali per la previsione di cui al terzo comma:

  1. l'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell'ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. l'esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. l'esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;
  4. l'esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall'art. 25-novies, comma 1, CCII. Trattasi, in particolare, di esposizioni debitorie verso i creditori pubblici qualificati in presenza delle quali questi ultimi sono tenuti ad attivarsi con la segnalazione all'imprenditore.

La fisiologia della crisi di impresa presuppone che sia, in primo luogo, l'imprenditore - organo amministrativo in presenza di società - a monitorare, prima, ed a gestire, poi, la propria crisi.

L'adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili risulta, pertanto, strumento necessario per lo svolgimento della gestione in conformità al principio di corretta amministrazione.

Per gli imprenditori che operano in forma societaria, il compito di valutare l'adeguatezza degli assetti in base alle informazioni ricevute è attribuito al consiglio di amministrazione (consiglio di sorveglianza, nel caso di adozione del sistema dualistico; comitato per il controllo sulla gestione, nel caso di adozione del sistema monistico); il compito di vigilare sull'adeguatezza dei medesimi, invece, compete al collegio sindacale (sindaco unico nel caso di organo monocratico) ed al revisore legale, il cui ruolo appare di particolare importanza e delicatezza.

Ai sensi dell'art. 25-octies, comma 1, CCII, il collegio sindacale e il soggetto deputato alla revisione legale dei conti - nell'esercizio delle rispettive funzioni -  hanno l'obbligo di segnalare, per iscritto, all'organo gestorio la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell'istanza di accesso alla composizione negoziata della crisi; con la precisazione (comma 2) che la tempestiva segnalazione e la vigilanza sull'andamento delle trattative sono valutate al fine dell'attenuazione o esclusione della responsabilità di cui all'art. 2407 c.c. (per il collegio sindacale) o all'art. 15 d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 (per il revisore legale). In ogni caso, la segnalazione è considerata tempestiva ove interviene nel termine di sessanta giorni dalla conoscenza delle condizioni di crisi da parte dell'organo di controllo o di revisione.

Il legislatore ha quindi introdotto “una clausola generale, di natura deontica, volta ad obbligare gli organi di gestione a realizzare quel complesso di attività necessarie a dotare la società di strutture organizzative e presidi amministrativo-contabili idonei, da un lato, a garantire l'esistenza di una delle condizioni essenziali ai fini di un valido esercizio dell'impresa e, dall'altro, in ottica funzionale, (anche) alla rilevazione tempestiva di eventuali segnali di crisi” (così M. Zappalà, Adeguatezza degli assetti, ruoli e responsabilità, in dirittodellacrisi.it, 7 gennaio 2025).

Si discute in relazione a se la violazione del dovere previsto dall'art. 2086 c.c. di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato o la carenza, rectius inadeguatezza degli assetti medesimi costituisca una grave irregolarità ex art. 2409 c.c. tale da giustificare - nei casi più gravi - la revoca degli amministratori e del collegio sindacale (ove presente) e la conseguente nomina di un amministratore giudiziario con il compito di predisporre assetti adeguati.

In linea generale, le gravi irregolarità nella gestione rilevanti ai fini dell'art. 2409 c.c. devono riguardare la sfera societaria e non quella personale degli amministratori, devono rivestire carattere di attualità e devono concretarsi nella violazione di norme civili, penali, tributarie od amministrative, capaci di provocare un danno al patrimonio sociale ed agli interessi dei soci e dei creditori sociali ovvero di determinare un grave turbamento dell'attività sociale.

In particolare, il procedimento regolato dall'art. 2409 c.c. deve riguardare, come peraltro evidenziato dal Tribunale di Brescia nel provvedimento in commento, irregolarità connotate dal requisito dell'attualità, risultando irrilevanti ai fini del controllo giudiziario fatti, seppur gravi, i cui effetti siano venuti meno. In altre parole, il controllo giudiziario deve collocarsi temporalmente in una fase in cui le irregolarità gestorie sono ancora in atto.

Non vi è dubbio, a parere di chi scrive, che la mancata predisposizione degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili genera una responsabilità per l'organo amministrativo e, in caso di mancata o negligente vigilanza, per l'organo di controllo (ove presente), tale da generare una grave irregolarità che giustifica il provvedimento di revoca degli amministratori e del collegio sindacale ai sensi dell'art. 2409 c.c. e la nomina di un amministratore giudiziario.

Di più difficile soluzione, al contrario, pare essere il riconoscimento di grave irregolarità ad assetti ritenuti inadeguati, in considerazione della sindacabilità delle scelte di tipo gestionale e di tipo organizzativo nei limiti della business judgemet rule (sul punto, v. P. Benazzo, La denunzia al Tribunale di gravi irregolarità e l'adozione di assetti organizzativi adeguati: da prevenzione della crisi a “condizione di esercizio dell'attività d'impresa”, in Fall., 2023, 829; O. Cagnasso, Denuncia di gravi irregolarità e omissione dell'istituzione di assetti adeguati, in Soc., 2024, 720).

Secondo l'opinione prevalente dei giudici di merito, la mancata predisposizione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati costituisce grave irregolarità che giustifica la revoca dell'organo amministrativo (e dell'organo di controllo, ove costituito) da parte del Tribunale nell'ambito del procedimento di denuncia di gravi irregolarità ai sensi dell'art. 2409 c.c. (Trib. Milano 29 febbraio 2024, in Soc., 2024, 707, con nota di O. Cagnasso, Denuncia di gravi irregolarità e omissione dell'istituzione di assetti adeguati, cit.; Trib. Catanzaro 6 febbraio 2020, in ilcaso.it; Trib. Milano 21 ottobre 2019, in Soc., 2020, 988, con nota di I. Capelli, Assetti adeguati, controllo dei sindaci e denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c.; Trib. Cagliari 19 gennaio 2022, in Soc., 2022, 1430, con nota di I. Capelli, Gli assetti organizzativi adeguati e la prevenzione della crisi; Trib. Catania 8 febbraio 2023, in Fall., 2023, 817, con nota di P. Benazzo, La denunzia al Tribunale di gravi irregolarità e l'adozione di assetti organizzativi adeguati: da prevenzione della crisi a “condizione di esercizio dell'attività d'impresa”, cit.).

Costituisce grave irregolarità, altresì, l'inerzia in presenza di segnali di crisi, anche nell'ipotesi in cui gli assetti siano stati regolarmente istituiti e siano almeno da un punto di vista formale adeguati. In tale situazione, pertanto, “la grave irregolarità viene individuata sul piano, anticipato, del dovere conformativo-istitutivo degli assetti, piuttosto che in quello, successivo, del dovere reattivo e attuativo” (l'espressione è di P. Benazzo, La denunzia al Tribunale di gravi irregolarità e l'adozione di assetti organizzativi adeguati: da prevenzione della crisi a “condizione di esercizio dell'attività d'impresa”, cit., 826).

Quanto sopra vale, oltre che per le società che si trovano in una situazione di dubbia configurabilità della continuità aziendale o, comunque, in una situazione definibile “gravemente critica” (Trib. Milano 21 ottobre 2019, cit.), anche nel caso in cui l'impresa non si trova in stato di crisi, quanto piuttosto in situazione di equilibrio economico-finanziario e, quindi, assetti adeguati permetterebbero di evitare all'impresa di scivolare inconsapevolmente in una situazione di crisi o di perdita della continuità. In tale situazione, la mancata predisposizione e istituzione di adeguati assetti costituisce grave irregolarità pur in assenza di una situazione di crisi, nella misura in cui l'assenza di assetti adeguati rappresenta causa primaria e determinante di una gestione societaria non corretta (secondo Trib. Catanzaro 6 febbraio 2024, cit., la violazione dell'obbligo di predisporre adeguati assetti è più grave nel caso in cui la società non si trova in stato di crisi “anche perché, del resto, proprio in tale fase essa ha le risorse anche economiche per predisporre con efficacia le misure organizzative, contabili e amministrative”. Per Trib. Cagliari 19 gennaio 2022, cit., invece, una volta manifestatasi la crisi, sfuma la gravità dell'adozione di adeguati assetti e viene in massimo rilievo, al contrario, la mancata adozione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per farvi fronte).

Secondo un diverso orientamento giurisprudenziale, ad onore del vero minoritario, cui aderisce la pronuncia in commento, invece, le scelte, sia di tipo gestionale, che di tipo organizzativo, possono essere sindacate nei limiti della business judgement rule, in maniera tale da ritenere possibile assoggettare a sindacato giudiziale la struttura organizzativa predisposta dall'organo amministrativo nei limiti e secondo i criteri della proporzionalità e della ragionevolezza e se la tipologia degli interventi scelta dall'organo gestorio sia ragionevole e non manifestamente irrazionale (Trib. Bologna 19 maggio 2022, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 4 gennaio 2024, con nota di M. Angelini, Adeguati assetti societari: orientamenti giurisprudenziali a confronto, che ha rigettato la richiesta di revoca degli amministratori anche sulla scorta dei non confutati dati di bilancio ed economico-finanziari forniti dai resistenti, ed attestanti una equilibrata e proficua operatività dell'impresa, nonché in assenza di alcun segnale di crisi, né presente, né prossimo futuro, e/o di perdita della continuità aziendale ragionevolmente suscettibile di rilevazione; App. Bologna 18 novembre 2022, ivi, secondo cui la carenza organizzativa ex art. 2086 c.c. non è idonea a produrre effetti negativi immediati e diretti sul patrimonio o sull'attività sociale tale da giustificare la revoca dell'amministratore ai sensi dell'art. 2409 c.c.; Trib. Roma 15 settembre 2020, in Giur. comm., 2021, II, 1358, con nota di S. Fortunato, Atti di organizzazione, principi di correttezza amministrativa e Business Judgement Rule).

Conclusioni

Le misure organizzative, amministrative e contabili che l'organo amministrativo è chiamato ad adottare costituiscono la struttura portante delle modalità di attuazione della funzione di gestione dell'impresa: le relative irregolarità hanno ricadute sulla gestione imprenditoriale della società, anche in funzione di una tempestiva rilevazione e gestione della crisi, con la conseguenza che la mancata adozione di adeguati assetti giustificherebbe l'adozione dei provvedimenti ex art. 2409 c.c., oltre a fondare la responsabilità risarcitoria di amministratori e sindaci per i danni - cagionati alla società ed ai creditori - che avrebbero potuto essere evitati osservando le prescrizioni di cui all' art. 2086 c.c.

Se, quindi, non possono sorgere dubbi circa l'assoluta centralità degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili nell'attuale sistema del diritto societario e di quello della crisi d'impresa, è altrettanto vero che le irregolarità compiute dagli amministratori nella predisposizione degli stessi non possano che ricadere nella nozione di “gravi irregolarità” di cui all'art. 2409 c.c. e, in quanto tali, legittimino senz'altro i soci di minoranza a invocare i relativi rimedi giudiziari. Secondo tale impostazione, nell'attuale cornice normativa, il dovere degli amministratori di dotare la società di assetti adeguati assume un'importanza centrale, massima ed inderogabile nella prospettiva dell'attività imprenditoriale e della sua protezione da fenomeni di crisi, costituendo il pilastro portante della nuova disciplina finalizzata a far sì che l'impresa collettiva sia in grado di rilevare tempestivamente lo stato di crisi e, in modo egualmente puntuale, di assumere iniziative idonee a farvi fronte.

Se è pacifico che la mancanza di adeguati assetti costituisce grave irregolarità che giustifica il provvedimento del Tribunale di revoca dell'organo amministrativo e di controllo e la nomina di un amministratore giudiziario, controverso è invece il riconoscimento di grave irregolarità ad assetti ritenuti inadeguati, in considerazione della discussa applicazione del limite della business judgemet rule.

Qualora gli adeguati assetti si considerano rientranti nell'alveo della clausola generale dell'adeguatezza, nel senso di attribuire alla stessa la forma giuridica di un obbligo di legge, l'esistenza di assetti non adeguati, al pari della mancanza, parrebbe costituire grave irregolarità. L'adempimento di un tale obbligo, infatti, “non sarebbe un atto nell'esclusivo interesse dell'impresa, quanto piuttosto, e prima ancora, un atto a protezione di interessi generali, a rilevanza costituzionale, gerarchicamente sovraordinato rispetto al principio della BJR, vocato invece alla protezione dell'interesse, egoistico e comunque privato, degli amministratori dell'impresa”. In altre parole, “l'osservanza dell'obbligo di istituzione (e manutenzione) di assetti adeguati risponderebbe a quella prospettiva di garanzia per il mercato che, nell'esercizio del privilegio condizionato della libera iniziativa economica, l'imprenditore verrebbe così ad assumere”; come tale, insuscettibile di aree di esenzione e di affrancamento (così P. Benazzo, Assetti organizzativi, diritto dell'impresa e diritto delle società: dal passato a un (possibile) futuro, in dirittodellacrisi.it, 2 gennaio 2025).

Ove, al contrario, si considerino le scelte di tipo organizzativo, tra cui quelle concernenti l'istituzione di adeguati assetti, rientrare nel più ampio ambito della gestione sociale e, in quanto tali, soggette alla discrezionalità dell'operato degli amministratori, le stesse sarebbero sindacabili nei limiti della business judgement rule e, quindi, nei limiti e secondo i criteri della ragionevolezza e proporzionalità, il cui esercizio potrà essere censurato “a posteriori se non nei casi di irrazionalità, irragionevolezza e arbitrarietà” (così P. Benazzo, La denunzia al Tribunale di gravi irregolarità e l'adozione di assetti organizzativi adeguati: da prevenzione della crisi a “condizione di esercizio dell'attività d'impresa”, cit., 829. Per la sindacabilità della istituzione degli adeguati assetti nei limiti della BJR, S. Fortunato, Assetti organizzativi dell'impresa nella fisiologia della crisi, in Giur. comm., cit.; critico M. Zappalà, Adeguatezza degli assetti, ruoli e responsabilità, in dirittodellacrisi.it, cit.).

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