Legittimità della clausola floor: conferme giurisprudenziali

28 Febbraio 2025

La Cassazione torna ad occuparsi della clausola floor, spesso apposta ai contratti di mutuo a tasso variabile, analizzandone finalità, contenuto e compatibilità con l'ordinamento.

Massima

La clausola floor, che garantisce che il tasso di interesse non scenda al di sotto di un minimo concordato, regola l'ammontare degli interessi corrispettivi all'interno di un contratto di mutuo, senza creare flussi finanziari a favore di una parte rispetto all'altra. Essa non ha natura di derivato implicito, bensì rientra nell'autonomia negoziale delle parti. Inoltre, la clausola non può qualificarsi come vessatoria ai sensi del d.lgs. n. 206/2005, in quanto non presenta indeterminatezza riguardo agli interessi corrispettivi. La validità della convenzione relativa agli interessi richiede una specificazione univoca del tasso, che, se variabile, può essere determinato attraverso parametri chiari e definiti. Nel caso in esame, la clausola floor è stata esplicitamente illustrata nel contratto, garantendo così la consapevolezza del mutuatario riguardo al corrispettivo e escludendo quindi la possibilità di configurarla come clausola iniqua o incomprensibile. Infine, poiché la clausola floor è chiara e comprensibile, non è soggetta al vaglio di vessatorietà ai sensi dell'art. 34, comma 2, del Codice del Consumo.

Il caso

È proposto ricorso avverso la decisione della Corte d'appello di Venezia che, in tema di clausola floor, nel confermare la decisione di primo grado, ha stabilito quanto segue: la clausola floor ha il significato di assicurare che il tasso di interesse non possa scendere al di sotto del minimo pattuito e quindi di regolare l'ammontare degli interessi corrispettivi, senza tuttavia prevedere flussi finanziari a favore dell'una o dell'altra parte; si tratta perciò di pattuizione attinente al mutuo e non di un derivato implicito, non avente natura finanziaria e rientrante nell'autonomia negoziale delle parti. La clausola floor, in quanto relativa alla determinazione dell'ammontare della prestazione corrispettiva, non può qualificarsi come vessatoria ai sensi del d.lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo), non emergendo l'indeterminatezza degli interessi corrispettivi, in quanto non vi è incertezza sul quando si applicasse il tasso ancorato all'Euribor 3 mesi e quando il tasso floor.

La questione

La clausola floor, spesso apposta ai contratti di mutuo (o leasing) a tasso variabile, è un meccanismo di redditività minima del finanziamento scollegato dalla variabilità dell'interesse corrispettivo; configura un limite percentuale al di sotto del quale gli interessi dovuti dal mutuatario non possono scendere, anche in presenza di una sensibile riduzione dei tassi di interesse di periodo.

Tale clausola ha una evidente funzione di salvaguardia per la banca mutuante, poiché garantisce all'istituto bancario interessi almeno pari al valore percentuale individuato dalla clausola stessa, anche laddove il tasso di interesse (variabile e di regola parametrato all'Euribor) risultasse inferiore al valore del tasso assunto dalla clausola floor. In sostanza, il mutuatario non potrà mai beneficiare completamente di un calo dei tassi d'interesse, poiché è tenuto a pagare interessi almeno pari al limite fissato nella clausola floor.

La questione di diritto affrontata nella decisione della Cassazione riguarda la presunta vessatorietà della clausola floor e la sua eventuale qualificazione come strumento derivato, con la conseguente applicabilità degli obblighi informativi di trasparenza bancaria previsti dal Testo Unico della Finanza (d.lgs. n. 58/1998TUF).

Osservazioni

Come detto, le contestazioni relative all'invalidità della clausola floor si concentrano su due aspetti: la presunta vessatorietà e la sua qualificazione come derivato finanziario implicito.

L'elaborazione giurisprudenziale di gran lunga maggioritaria (ex multis App. Bologna 28.10.2021; Trib. Sondrio 12.6.2020; App. Brescia 29.4.2020; Trib. Pordenone 24.4.2020; Trib. Treviso 12.3.2019; Trib. Rovereto 19.12.2020) e i responsi dell'ABF hanno avvalorato la legittimità della clausola floor – se è rispettato, da parte della banca, il dovere di “clare loqui” – escludendo al contempo che il ‘tasso pavimento' configuri una opzione, e quindi un derivato implicito, con applicazione della disciplina, in tema di obblighi contrattuali e informativi, prevista dal Testo unico della finanza.

Riguardo al primo aspetto, la vessatorietà della clausola floor è esclusa dall'art. 1341, comma 2 c.c., che fornisce un elenco tassativo di clausole vessatorie, nel quale la clausola floor non rientra (Cass. n. 9646/2006; v. anche App. Catania 13.7.2022 n. 1476; ABF Roma n. 5018/2023; Trib. Milano 26.3.2024 n. 3373: la clausola floor non rientra in alcuna delle tipologie di clausole - elencazione tassativa - contenute nell'art. 1341 c.c.). Inoltre, ai sensi dell'art. 33, comma 1, del Codice del Consumo, una clausola è vessatoria solo se determina uno squilibrio significativo a carico del consumatore, mentre l'art. 34 esclude la valutazione della vessatorietà qualora l'oggetto del contratto e il corrispettivo siano determinati in modo chiaro e comprensibile.

La clausola floor non è ritenuta vessatoria atteso che, per espressa previsione normativa, il «carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell'oggetto del contratto, né all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile» (art. 34, comma 2, d.lgs. n. 206/2005, c.d. Codice del consumo) (Trib. Treviso 12.3.2019; Trib. Sondrio 12.6.2020; Trib. Verona 9.12.2022; App. Catania 13.7.2022 n. 1476; Trib. Forlì 23.1.2024 n. 45; ABF Napoli 8843/2022; ABF Napoli n. 9795/2023; ABF Milano, nn. 1258, 1259 e 1260 del 2024; Collegio coordinamento ABF n. 4137/2024: la normativa europea e italiana - art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE e art. 34, c. 2, Codice del Consumo - esclude dal controllo di vessatorietà le clausole che attengono alla determinazione dell'oggetto del contratto, e all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano chiaramene individuati).

La clausola floor inserita nel contratto di mutuo non determina alcuna indeterminatezza del tasso quando, considerata la sua collocazione contrattuale, ossia in calce all'analitica determinazione del tasso nominale annuo, il tasso minimo può essere calcolato unicamente sulla base dei medesimi parametri indicati  (App. Brescia 29.4.2020; Trib. Pordenone 24.4.2020; Trib. Verona 9.12.2022; ABF Roma n. 5018/2023). Il meccanismo della clausola ‘pavimento' è altresì escluso possa essere illegittimo poiché, altrimenti, dovrebbero considerarsi illegittimi tutti i mutui a tasso fisso, per il solo fatto che le condizioni economiche applicate prevedono che, in caso di discesa dei tassi di mercato, non vi sia alcuna riduzione del tasso di interesse applicato al finanziamento (Trib. Ravenna 20.3.2018).

  Relativamente alla seconda questione (la clausola floor è un derivato implicito?), è diffuso il convincimento giurisprudenziale secondo cui la presenza di una clausola floor non faccia assumere automaticamente al contratto cui accede la natura di strumento finanziario, con conseguente applicabilità della disciplina del TUF, e in particolare degli obblighi informativi in esso previsti a carico dell'intermediario finanziario. Né può ritenersi fondatamente che, a fronte dell'inserimento di tale clausola, la pattuizione di interessi ‘minimi' da corrispondersi da parte del mutuatario al mutuante, quale accessorio dell'obbligo di restituzione e remunerazione per la cessione del capitale, snaturi l'essenza del contratto, mutandone la natura da contratto reale avente causa di finanziamento a strumento finanziario con cui il cliente, controparte dell'istituto di credito, mira a realizzare un investimento mobiliare economicamente proficuo (ed ha diritto a ricevere informazioni complete e puntuali riguardo all'effettivo grado di rischio assunto e sull'equilibrio delle condizioni contrattuali così come effettivamente praticate) (Trib. Bologna 6.3.2018; Trib. Pesaro 7.8.2018; Trib. Genova 5.2.2019; Trib. Crotone 27.1.2020; Trib. Pordenone 24.4.2020; Trib. Rovereto 19.12.2020; Trib. Roma 13.10.2020; Trib. Bari 14.9.2022 n. 3318).

L'equiparazione della clausola floor ad uno strumento derivato è stata reputata « una vera e propria acrobazia logica e dialettica », considerato che non si è in presenza di un contratto d'investimento mobiliare, ma di un contratto di mutuo, « dove la prestazione del mutuante è già avvenuta, mentre deve avvenire soltanto quella del mutuatario, e dove l'unica “alea” consiste proprio nell'inadempimento di quest'ultimo. In sostanza, con la sottoscrizione di un contratto di mutuo con clausola floor, il mutuatario non intende realizzare un investimento ma mira solamente ad ottenere fondi in previsione dell'acquisto di un bene e non già, ad esempio, a gestire un rischio di cambio o a speculare sul tasso di cambio di una valuta estera et similia, specialmente quando sussiste una previsione chiara e determinata in ordine al tasso d'interesse, che esclude ogni rilevanza a meccanismi aleatori, giuridicamente rilevanti e facenti parte come tali del contenuto del contratto» (così Trib. Bologna 8.2.2018; conf. Trib. Bologna 29.5.2017; Trib. Crotone 27.1.2020; Trib. Forlì 18.6.2020; Trib. Sondrio 12.6.2020).

Dirimente, in argomento, è infine quanto stabilito dalle Sezioni Unite n. 5657/2023 (conf. Cass. n. 5151/2024), secondo cui «costituisce un puro artificio la tesi (anch'essa sostenuta in dottrina) secondo cui la previsione di un tasso minimo dovuto dal cliente, inserita in un contratto di finanziamento a tasso indicizzato, costituirebbe una “inconsapevole vendita da parte del cliente al finanziatore” di una option, e dunque un contratto derivato. Infatti la previsione per cui, anche nel caso di fluttuazione dell'indice di riferimento per la determinazione degli interessi, il debitore sia comunque tenuto al pagamento di un saggio di interessi minimo, non è che una clausola condizionale, in cui l'evento condizionante è la fluttuazione dell'indice di riferimento al di sotto di una certa soglia, e l'evento condizionato la misura del saggio: dunque un patto lecito e consentito dall'art. 1353 c.c.».

In definitiva, la clausola floor rappresenta una tecnica convenzionale di determinazione del tasso di interesse volta a tutelare l'intermediario dal ribasso dei tassi, garantendo una remunerazione minima per il servizio prestato, senza trasformare il mutuo in un contratto finanziario.

In questo panorama giurisprudenziale si inserisce l'ordinanza in commento, che ribadisce che la clausola floor ha il significato di assicurare che il tasso di interesse non possa scendere al di sotto del minimo pattuito e, quindi, di regolare l'ammontare degli interessi corrispettivi, senza tuttavia prevedere flussi finanziari a favore dell'una o dell'altra parte. Si tratta, in sostanza, di una pattuizione attinente al mutuo e non di un derivato implicito, non avente natura finanziaria e rientrante nell'autonomia negoziale delle parti. La clausola floor, in quanto relativa alla determinazione dell'ammontare della prestazione corrispettiva, non può qualificarsi come vessatoria ai sensi del d.lgs. n. 206/2005, non emergendo alcuna indeterminatezza degli interessi corrispettivi, atteso che non vi è incertezza sul momento in cui si applica il tasso ancorato all'Euribor a 3 mesi e quando, invece, opera il tasso floor.

Il Collegio conferma l'orientamento di legittimità, sopra citato, ed esclude che la previsione di un tasso minimo dovuto dal cliente, inserita in un contratto di finanziamento a tasso indicizzato, integri un'inconsapevole vendita, da parte del cliente al finanziatore, di un'option floor e, dunque, un contratto derivato (Cass., Sez. Un., 23 febbraio 2023, n. 5657; conf. Cass., n. 5151/2024).

In tema di contratti di mutuo, la convenzione relativa agli interessi deve avere, ai fini della sua validità ai sensi della norma imperativa di cui all'art. 1284, comma 3, c.c., un contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse. Qualora il tasso convenuto sia variabile, ai fini della sua precisa individuazione è idoneo il riferimento a parametri fissati su scala nazionale alla stregua di accordi interbancari, mentre non sono sufficienti riferimenti generici dai quali non emerga con chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione (Cass. n. 96/2022; Cass. n. 20555/2020). Nella fattispecie in esame, il funzionamento della clausola floor è stato chiaramente illustrato nel contratto di mutuo, con l'espressa precisazione che il tasso d'interesse iniziale sarebbe stato, per l'appunto, del 3,25%, sicché il mutuatario, all'atto della sottoscrizione del contratto, aveva piena consapevolezza della misura del corrispettivo. Tale circostanza ha escluso «in radice tanto che si trattasse di una clausola non chiara o incomprensibile, quanto che fosse una clausola avente per oggetto o per effetto l'adesione del consumatore a condizioni contrattuali che non aveva avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto».

Va, infine, osservato che la clausola floor contenuta nel contratto stipulato tra le parti attiene alla determinazione dell'oggetto del contratto e/o all'adeguatezza del corrispettivo e, pertanto, è esclusa dal vaglio di vessatorietà ai sensi dell'art. 34, comma 2, del Codice del Consumo, in quanto formulata in modo chiaro e comprensibile. L'eventuale difetto di chiarezza e comprensibilità costituisce, comunque, un accertamento di fatto. 

Conclusioni

Le contestazioni relative alla clausola floor si concentrano sulla sua presunta vessatorietà e sulla sua qualificazione come derivato implicito. Tuttavia, l'analisi giurisprudenziale prevalente conferma la legittimità di tale clausola, evidenziando che essa non rientra nelle tipologie di clausole vessatorie né assume la natura di strumento finanziario. La clausola floor chiaramente esplicitata, infatti, garantisce un tasso d'interesse minimo, senza generare indeterminatezza e mantenendo la sua applicazione nell'ambito dell'autonomia negoziale delle parti. Le pronunce della Corte di Cassazione confermano la legittimità della clausola floor formulata in maniera chiara e comprensibile, escludendo pertanto la valutazione di vessatorietà. In sintesi, la clausola floor rappresenta un meccanismo contrattuale legittimo e trasparente, volto a tutelare l'intermediario senza configurarsi come un derivato.

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