Liquidazione giudiziale del datore-cedente e responsabilità del cessionario per la mancata destinazione del TFR ad un fondo di previdenza complementare
31 Marzo 2025
Il credito del lavoratore all'accantonamento e alla destinazione del TFR a previdenza complementare, pur avendo in origine natura “retributiva”, assume natura “previdenziale” nel momento di attuazione del vincolo di destinazione, vale a dire con il versamento al fondo di previdenza complementare delle risorse finanziarie del lavoratore, accantonate dal datore su mandato del medesimo lavoratore. Nel caso in cui il datore non adempia all'obbligo di versare le quote del TFR al fondo di previdenza prescelto dal lavoratore, il vincolo di destinazione non si attua, si scioglie il contratto di mandato e perciò si ripristina, per il lavoratore, la disponibilità piena di tali risorse. Ne consegue che il lavoratore, nei confronti del suo datore, vanta il credito per il corrispondente importo che conserva la natura retributiva. In caso di cessione d'azienda, tuttavia, essendo subentrato nel rapporto di lavoro il soggetto cessionario, ai sensi dell'art. 2112 c.c., sarà quest'ultimo ad essere obbligato per il credito vantato dal dipendente. Pertanto, non potrebbe essere accolta la richiesta d'intervento del Fondo di garanzia, difettando il presupposto della sottoposizione dell'attuale datore (i.e. società cessionaria), a una delle procedure di cui all'art. 1 d.lgs. n. 80/1992, senza che possa incidere il provvedimento di ammissione al passivo del credito del lavoratore. Cfr.: Cass., sez. lav., 28 gennaio 2025, n. 1935; Cass., sez. lav., 26 aprile 2024, n. 11198; Cass., sez. lav., 28 giugno 2023, n. 18477. |