Decreto legislativo - 12/01/2019 - n. 14 art. 326 - Circostanze aggravanti e circostanza attenuante

Ivana Vassallo
Paolo Magro

Circostanze aggravanti e circostanza attenuante

1. Nel caso in cui i fatti previsti negli articoli 322, 323 e 325 hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi stabilite sono aumentate fino alla metà.

2. Le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate:

a) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati;

b) se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un'impresa commerciale.

3. Nel caso in cui i fatti indicati nel comma 1 hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo.

Inquadramento

La disposizione in esame prevede due circostanze aggravanti e un'attenuante.

In ordine alle prime due:

– se i fatti di bancarotta fraudolenta, semplice e ricorso abusivo al credito hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità (nel qual caso è previsto l'aumento della pena fino alla metà, trattasi quindi di una circostanza aggravante ad effetto speciale e di natura oggettiva; Giuliani-Balestrino);

– se, con riferimento ai reati de quibus, il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli artt. , ovvero, ha commesso il fatto nonostante, per divieto di legge, non potesse esercitare un'impresa commerciale.

Per quanto riguarda l'ultimo comma, di contro, il legislatore ha previsto che laddove i fatti indicati nel comma 1 abbiano cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte di un terzo.

Va evidenziata una certa sovrapponibilità, sotto il profilo descrittivo, con le eventualia delicti codicistiche degli artt. 61, n. 7 e 62, n. 4 c.p.; esse, di conseguenza, in materia di liquidazione giudiziale non trovano applicazione (cfr. Lo Cascio, 1 ss.).

Rimane ferma, ad ogni buon conto, l'applicazione della causa di non punibilità e della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 25 c.c.i.i., a cui si rimanda.

Circostanze aggravanti

Il danno patrimoniale di rilevante gravità

Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, il danno patrimoniale di rilevante gravità, cagionato dai fatti di bancarotta, ha natura di circostanza aggravante speciale e ad effetto speciale, con la conseguenza che – alla luce dell'art. 157 c.p. nel testo novellato dalla l. n. 251/2005 – si deve tenere conto dell'aumento massimo di pena previsto per la stessa, mentre non assume rilievo la diminuzione di pena per le circostanze attenuanti eventualmente applicabili (cfr. Cass. pen. V, n. 34530/2015).

In merito, la giurisprudenza ha altresì chiarito che essa si configura solo se, ad un fatto di bancarotta di rilevante gravità, quanto al valore dei beni sottratti all'esecuzione concorsuale, corrisponda un danno patrimoniale per i creditori che, complessivamente considerato, sia di entità altrettanto grave (cfr. Cass. pen. V, n. 48203/2017).

In tema di bancarotta fraudolenta, ai fini della contestazione dell'aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità non è sufficiente, in assenza di una specifica indicazione da cui si comprenda che l'aggravante sia stata contestata, né la mera indicazione delle somme oggetto di distrazione, ancorché di importo elevato, né la generica menzione dell'art. 326 c.c.i.i. (cfr. Cass. pen. V, n. 34116/2019).

Più di recente, la Suprema Corte ha evidenziato come la circostanza del danno patrimoniale di rilevante gravità trovi configurazione previa commisurazione dell'entità della crisi al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all'esecuzione concorsuale; non deve guardarsi, quindi, al pregiudizio sofferto da ciascun partecipante al piano di riparto dell'attivo, indipendentemente dalla relazione con l'importo globale del passivo (Cass. pen. I, n. 28009/2024).

Con riferimento alla bancarotta fraudolenta documentale, dove risulta di particolare difficoltà il processo di accertamento della portata lesiva degli illeciti, la giurisprudenza ha individuato quale criterio di riferimento quello della differenza che la mancanza dei libri e delle scritture contabili abbia determinato nella quota complessiva della massa attiva da distribuire tra i creditori, a nulla rilevando l'ammontare del passivo (Cass. pen. I, n. 50440/2017).

Per quanto attiene all'applicabilità dell'aggravante de qua alle ipotesi di bancarotta impropria, la giurisprudenza non è concorde, stante l'assenza di un espresso riferimento normativo (che permane anche nel vigente d.lgs. n. 14/2019).

Da un lato, per affermare l'estensibilità dell'aggravante in esame, è stata evidenziata la unitarietà della disciplina data dal legislatore in materia di insolvenza, pur nella varietà normativa delle fattispecie incriminatrici (ex plurimis, Cass. pen. V, n. 3229/2012). Al contempo, per la soluzione positiva si avanza anche l'argomento che il richiamo operato dagli artt. 329,330 e 331 c.c.i.i. alle pene stabilite dagli artt. della bancarotta propria debba considerarsi integrale, comprensivo anche della circostanza aggravante e che ogni diversa soluzione sarebbe irragionevole (cfr., da ultimo, Cass. pen. V, n. 6904/2016; cfr. Santoriello, 2016). In merito, inoltre, la Suprema Corte ha evidenziato come le differenze strutturali tra la bancarotta propria e quella impropria siano minime e non attinenti al dato oggettivo della condotta. L'art. 223 (ora 329 c.c.i.i.) della l. fall., sulla bancarotta impropria, rinvia all'art. 216 (ora 322 c.c.i.i.), sulla bancarotta propria, per la determinazione della pena. Il rinvio deve considerarsi integrale, anche per l'applicazione delle aggravanti ex art. 219 (ora 326 c.c.i.i.), vista l'identità oggettiva delle condotte (cfr. Cass. pen. V, n. 10180/2013).

Dall'altro, in favore dell'esclusione di quest'estensione, milita la considerazione che si tratterebbe di un'indebita estensione analogica in malam partem, inammissibile in ambito penale (ex multis, Cass. pen. V, n. 16566/2010; per la soluzione negativa la dottrina di Conti, 340; La Monica, 619; Perdonò, 307).

A parere di chi scrive, appare condivisibile il primo orientamento, apparendo irragionevole un richiamo al trattamento sanzionatorio che escluda le circostanze che possano in concreto verificarsi; invero, la giurisprudenza ha rilevato come non trattasi di analogia, ma al più di interpretazione estensiva (cfr. Cass. pen. V, n. 2903/2013).

È stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale (in riferimento agli artt. 11,25,117 Cost. e, all'art. 7 CEDU), relativa all'applicabilità della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all'art. 219, comma 1 l. fall. (oramai 326 c.c.i.i.) alle ipotesi di bancarotta «impropria» previste dall'art. 223, comma primo, della stessa legge. In motivazione la Corte ha chiarito che ritenendo, invece, l'inapplicabilità dell'aggravante citata alla bancarotta impropria si determinerebbe l'irragionevole risultato di sottoporre solo l'imprenditore individuale ad un trattamento sanzionatorio astrattamente più afflittivo, a fronte di fatti del tutto analoghi commessi nell'ambito della gestione societaria (Cfr. Cass. pen. V, n. 4400/2017).

Più fatti di bancarotta

In deroga rispetto alla disciplina generale in materia di continuazione, avuto riguardo alla identità degli interessi offesi, il legislatore prevede, nel caso in cui vengano commessi, in seno alla medesima procedura, più fatti di bancarotta, la riconduzione ad unità degli stessi, considerati alla stregua di una circostanza aggravante. Nell'ipotesi in cui i molteplici fatti di bancarotta vengano commessi in seno a procedure diverse, invece, si applica la disciplina generale, se ne ricorrono i presupposti, del reato continuato (cfr. Cass. pen. V, n. 1137/2008).

La configurazione formale della cosiddetta continuazione fallimentare, originariamente prevista dall'art. 219, comma 2, n. 1 l. fall., confluito nel comma 2, lett. a) dell'articolo in commento, come circostanza aggravante, ne comporta l'assoggettabilità al giudizio di bilanciamento con le eventuali attenuanti. Fattispecie in cui vi era stata in altra irrevocabile un giudizio di equivalenza tra l'aggravante di cui all'art. 219 l. fall. e le circostanze attenuanti generiche, e la Corte ha ritenuto illegale l'aumento della pena in continuazione per un'ulteriore autonoma condotta di bancarotta (cfr. Cass. pen. V, n. 48361/2018).

In tema di reati fallimentari, nel caso di consumazione di una pluralità di condotte tipiche di bancarotta, anche relative a diverse fattispecie di bancarotta fraudolente e semplice, nell'ambito del medesimo fallimento, le stesse mantengono la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dall'art. 219, comma 2, n. 1 l. fall., ora 326, comma 2, lett. a), disposizione che pertanto non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all'art. 81 c.p. (cfr. Cass. pen. V, n. 44097/2019).

Sulla falsariga di questa pronuncia da ultimo richiamata, in caso di applicazione dell'istituto della continuazione in commento, posta l'autonomia ontologica delle singole fattispecie di bancarotta unificate, ai fini del computo del termine di prescrizione, la contestazione dell'aggravante ad effetto speciale del danno di rilevante gravità per una sola di esse non rileva per le altre (Cass. pen. V, n. 42213/2022).

Il giudice dell'esecuzione è tenuto ad applicare la disciplina speciale sul concorso di reati prevista dall'art. 219, comma 2, n. 1, l. fall., ora 326, comma 2, lett. a), nel caso in cui nei confronti di uno stesso soggetto siano state emesse, in procedimenti distinti, ma relativi alla stessa procedura concorsuale, più sentenze irrevocabili per fatti diversi di bancarotta, sempre che il giudice della cognizione non abbia già escluso la unificazione quoad poenam dei suddetti reati (cfr. Cass. pen. V, n. 37029/2019).

La disciplina speciale sul concorso di reati prevista dall'art. 219, comma 2, n. 1 l. fall., ora 326, comma 2, lett. a), si applica sia nel caso di reiterazione di fatti riconducibili alla medesima ipotesi di bancarotta, che in quello di commissione di più fatti tra quelli previsti dagli artt. 322 e 323, 216 e 217 della stessa legge (Cfr. Cass. pen. S.U., n. 21309/2011).

La circostanza aggravante prevista dall'art. 219, comma 2, n. 1 l. fall., ora 326, comma 2, lett. a), non richiede la contestuale presenza di più fattispecie diverse descritte negli artt. 322 e 323 c.c.i.i., prima artt. 216 e 217 l. fall., ma la reiterazione della condotta, comunque sussumibile in entrambe o in ciascuna delle due ipotesi, sicché anche fatti dello stesso tipo e riferibili alla stessa ipotesi di bancarotta sono sufficienti alla sua integrazione. Nel caso di specie, erano stati contestati all'imputato fatti di bancarotta fraudolenta prefallimentare e fatti di bancarotta fraudolenta postfallimentare (cfr. Cass. pen. V, n. 16566/2010).

In tema di reati fallimentari, laddove all'imputato siano contestati più fatti di bancarotta, la mancata contestazione della circostanza aggravante speciale di cui all'art. 219, comma 2, n. 1), l. fall. ora 326, comma 2, lett. a), non integra alcuna violazione dell'art. 522 c.p.p., in quanto la predetta circostanza comporta una disciplina più favorevole di quella derivante dalle regole generali sulla determinazione della pena in caso di pluralità di reati, e la contestazione di questi ultimi pone l'imputato in condizione di conoscere il significato dell'accusa e di esercitare il diritto di difesa (Cass. pen. V, n. 20432/2019).

Più di recente, la Cassazione ha confermato come la cd. «continuazione fallimentare tra più fatti di bancarotta» non richieda la formale contestazione dell'articolo in commento (già contenuta nell'art. 219, comma 2, n. 1, l. fall.). L'istituto, infatti, determina comunque l'applicazione di una disciplina più favorevole per il condannato, comparativamente rispetto alle regole generali in tema di determinazione della pena nel caso di pluralità di reati (Cass. pen. V, n. 17799/2022; cfr. anche Cass. pen. V, n. 33123/2020).

Il colpevole non poteva esercitare un’impresa commerciale

La circostanza aggravante in esame, di natura eminentemente soggettiva, trova applicazione laddove la violazione del divieto dell'esercizio di un'impresa commerciale non integri gli estremi del reato di cui all'art. 340 c.c.i.i. (prima 234 l. fall. Esercizio abusivo di attività commerciale) e pertanto laddove il divieto di esercitare l'attività commerciale trovi il proprio fondamento nella legge e non in una sentenza di condanna.

Circostanza attenuante

Ai fini della concessione dell'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall'art. 219, comma 3, l. fall., ora 326, comma 3 c.c.i.i., fermo restando che la valutazione debba riguardare il pregiudizio economico arrecato ai creditori dai fatti di bancarotta; tuttavia, non può prescindersi dal considerare anche le dimensioni dell'impresa, il movimento degli affari e l'ammontare dell'attivo e del passivo. (Nel caso di specie, in cui si trattava di una bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale con un passivo pari a lire 480.000.000, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva negato la concessione dell'attenuante) (cfr. Cass. pen. V, n. 21353/2003).

In tema di bancarotta fraudolenta, il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto di cui all'art. 219, comma 3 l. fall., deve essere posto in relazione alla diminuzione (non percentuale, ma globale) che il comportamento del fallito abbia provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto, ove non si fossero verificati gli illeciti; non è necessario che l'entità dell'attivo sia interamente e dettagliatamente ricostruita, ma è sufficiente, al fine di escludere la circostanza attenuante di cui all'art. 219, comma 3 l. fall., ora 326, comma 3 c.c.i.i., la distrazione di beni di rilevante entità, idonea di per sé ad incidere, in misura consistente, sul riparto (cfr. Cass. pen. V, n. 5300/2008).

Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato come la sussistenza dell'attenuante in commento vada necessariamente valutata all'atto della dichiarazione di fallimento, rappresentando questo il momento consumativo del reato; il recupero del bene a seguito del prospettato esercizio dell'azione revocatoria, rappresenta quindi un mero post factum, irrilevante anche ai fini della configurabilità dell'attenuante comune della riparazione del danno di cui all'art. 62, comma primo, n. 6, c.p. (Cass. pen. V, n. 7999/2021; cfr. anche Cass. pen. V, n. 856/2020).

Più di recente, la Corte di Cassazione ha ritenuto che l'occultamento delle scritture contabili impedisca l'applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità (già prevista dall'art. 219, comma 3, l. fall.), laddove, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell'impresa fallita, tale condotta precluda parimenti la dimostrazione del danno causato alla massa creditoria in seguito all'incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori (Cass. pen. V, n. 25034/2023).

Dottrina e giurisprudenza, in materia di bancarotta semplice, hanno sostenuto che, in assenza di una prova di danno eziologicamente riconducibile all'agire del fallito (rectius, soggetto in liquidazione) dovrebbe applicarsi sempre l'attenuante dell'art. 219, ultimo comma l. fall., ormai nel comma 3 ora commentato (Antolisei, 244 ss.; Pagliaro, 174; Guliani Balestrino, 557; Pedrazzi, Sgubbi, 213; Cass. pen. V, n. 24325/2005; cfr. Corte cost. n. 93/1975).

In ultimo, va evidenziato come la Consulta abbia ritenuto illegittimo l'art. 69, comma 4 c.p. laddove prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante in parola sulla recidiva di cui all'art. 99, comma 4 c.p. (Corte cost. n. 2015/ 2017).

Bibliografia

Antolisei, Manuale di diritto penale, Leggi Complementari, II, Milano, 2018; Giuliani-Balestrino, La bancarotta e gli altri reati concorsuali, V ed., Milano, 2006; Lo Cascio, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 2007; Marini, Bancarotta impropria e circostanze aggravanti: i termini attuali di una vexata quaestio nello specchio della suprema corte, in Le Società, 2010; Pagliaro, Pluralità dei fatti di bancarotta ed unità del reato, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, Milano, 1976; Orlandini, L'applicazione dell'art. 25 C.C.I. al reato di bancarotta, in Iusitinere, 2019; Pedrazzi, Sgubbi, Reati commessi dal fallito - Reati commessi da persone diverse dal fallito, in Comm. S.B. Legge fallimentare, a cura di Galgano, Bologna-Roma, 1995, 174; Santoriello, Pluralità di fatti di bancarotta: dalle sezioni unite una ricostruzione completa, Le Società, 2011; Santoriello, La strana disciplina in tema di circostanze aggravanti per la bancarotta fraudolenta, in Quotidiano Giuridico, 2016.

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