Decreto legislativo - 12/01/2019 - n. 14 art. 327 - Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte dell'imprenditore in liquidazione giudiziale

Ivana Vassallo
Paolo Magro

Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte dell'imprenditore in liquidazione giudiziale

1. E' punito con la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi l'imprenditore in liquidazione giudiziale, il quale, fuori dei casi preveduti all'articolo 322, nell'elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l'esistenza di altri beni da comprendere nell'inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli articoli 49, comma 3, lettera c) e 149.

2. Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno.

Inquadramento

La norma in esame attribuisce rilevanza penale, a meno che non siano sussumibili nella fattispecie, più grave, di bancarotta fraudolenta:

– alla denuncia di creditori inesistenti nell'elenco nominativo dei creditori, di impronta commissiva e di pericolo;

– alla omessa dichiarazione di esistenza di altri beni da comprendere nell'inventario;

– alla inosservanza degli obblighi imposti dagli artt. 49, comma 3, lett. c) – deposito dei bilanci e scritture contabili e fiscali obbligatorie – e art. 149 c.c.i.i. (obblighi del debitore), già artt. 6 n. 3 e 49 l. fall.

Entrambe le ultime ipotesi, si presentano come omissive e di pericolo.

Trattasi di una norma a più fattispecie, in cui l'interesse protetto è costituito dal corretto svolgimento delle procedure concorsuali ed il rispetto del principio della par condicio creditorum.

Il soggetto attivo è l'imprenditore in liquidazione giudiziale, l'institore o il socio illimitatamente responsabile di società in liquidazione giudiziale, l'amministratore di società di capitali in liquidazione giudiziale o liquidazione coatta amministrativa.

Elemento oggettivo

La denuncia di creditori inesistenti si realizza allorquando l'imprenditore in liquidazione giudiziale denunci creditori inesistenti:

– sia nell'elenco nominativo dei creditori che l'imprenditore che chiede la propria liquidazione giudiziale (nel quale caso il momento consumativo del reato coincide con la dichiarazione di apertura giudiziale);

– sia nell'elenco nominativo dei creditori che deve essere compilato dal curatore sulla base sia delle scritture contabili sia delle notizie fornite dall'imprenditore in liquidazione giudiziale (nel qual caso il momento consumativo del reato coincide con la falsa denuncia al curatore).

La espressione «creditori inesistenti» comprende soltanto persone che non siano titolari di alcuna pretesa creditoria, e non anche persone il cui credito sia contestato o comunque fondato su atti revocabili, nulli o annullabili, nel qual caso è interesse del curatore verificarne l'esistenza per valutarne la fondatezza nel merito.

La omessa dichiarazione di beni da comprendere nell'inventario riguarda il procedimento di compilazione dell'inventario da parte del curatore, con il quale l'imprenditore in liquidazione giudiziale è tenuto a collaborare fornendo risposte veritiere.

L'oggetto materiale del reato è costituito dai beni da includere nell'attivo del fallimento e quindi soggettivamente riferibili all'imprenditore in liquidazione giudiziale e non anche appartenenti a terzi, nel qual caso trattasi di beni che vanno annoverati nell'ulteriore elenco che il curatore deve compilare avente ad oggetto i creditori e i titolari dei diritti reali mobiliari e bilancio.

La sussistenza di tale species delittuosa è ricollegata all'interpello, rivolto all'agente dal curatore fallimentare con le modalità indicate dall'art. 87 l. fall. (ora 195 c.c.i.i.); ciò si presenta come un indefettibile presupposto del reato de quo, sebbene non siano richieste formule esplicite e siano anche ammesse di modo implicito (Cass. pen. del 10 febbraio 1964, Trequattrini).

Il reato si consuma nel momento della omessa o falsa dichiarazione, avendo natura istantanea (Cass. pen. V, n. 12929/2020).

Perché si configuri il reato di omesso deposito dei bilanci e altre scritture contabili e fiscali, è necessario che l'imprenditore sia posto nelle condizioni di venire a conoscenza della sentenza che dichiara l'apertura della liquidazione giudiziale, che deve pertanto essergli comunicata (cfr. Cass. pen. V, n. 40816/2005, in Cass. pen., 2007, p. 1748); in tal caso non è necessario un espresso invito da parte degli organi della procedura (essendo il precetto contenuto nella sentenza stessa).

Il reato si consuma nel momento in cui decorre infruttuosamente il termine di tre giorni dalla comunicazione della sentenza.

La inosservanza degli obblighi di cui all'art. 149 c.c.i.i., concerne la violazione dell'obbligo di comunicare ogni cambiamento della propria residenza o domicilio ovvero dell'obbligo di presentarsi agli organi della procedura laddove occorrano informazioni o chiarimenti ai fini della gestione della procedura.

Il reato si consuma nel momento in cui viene posta in essere la condotta dovuta, fatto che elimina l'antigiuridicità, conferendo a questa ipotesi del delitto in oggetto il carattere di permanenza.

Con recente pronuncia gli Ermellini hanno statuito che mancata comparizione determina la punibilità dell'imprenditore anche dopo le modifiche apportate all'art. 49 l. fall. dall'art. 46d.lgs. n. 5/2006; inoltre, per la sussistenza del reato non è necessario che il soggetto «fallito» (rectius, alla luce del c.c.i.i., imprenditore sottoposto a liquidazione) sia convocato dal curatore per una particolare ragione (Cass. pen. V, n. 25154/2015).

In merito, la giurisprudenza ha affermato che l'allontanamento del fallito dal luogo di residenza, in assenza dell'autorizzazione del giudice delegato, «non è più assoggettata a sanzione penale, considerato che il testo previgente dell'art. 49 l. fall. è stato sostituito ad opera dell'art. 46 del d.lgs. n. 5/2006, il quale – prevedendo che gli imprenditori di cui sia dichiarato il fallimento nonché i legali rappresentanti di società o enti soggetti alla procedura fallimentare «sono tenuti a comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio» – ha determinato la abolitio criminis della condotta integrata dalla mera formale violazione dell'obbligo di munirsi dell'autorizzazione del giudice delegato in vista di un cambiamento di domicilio, sostituendo, peraltro, tale obbligo con la previsione di un onere di comunicazione delle variazioni del domicilio o della residenza al curatore» (Cass. pen. V, n. 13812/2007).

Un ulteriore arresto della Suprema Corte ha infine chiarito come alla comunicazione possa supplirsi tramite elezione di domicilio presso il difensore e presa di contatto di quest'ultimo con gli organi del fallimento, poiché la ratio dell'obbligo è quello di rendere immediatamente reperibile l'imprenditore sottoposto in liquidazione, così da consentire di ottenere dallo stesso tutte le informazioni e i chiarimenti ritenuti necessari (Cass. pen. V, n. 32867/2019).

Ancora, la Corte di Cassazione ha evidenziato come la non ottemperanza all'ordine del tribunale di depositare i bilanci e le altre scritture contabili entro il termine di tre giorni dalla comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento presuppone l'avvenuta regolare comunicazione di questa al titolare dell'impresa in crisi, costituendo tale comunicazione il presupposto del reato in commento, con l'esclusione di ogni equipollente (Cass. pen. V, n. 46796/2021).

Elemento soggettivo

L'elemento soggettivo, per tutte le fattispecie previste dall'art. 327 c.c.i.i. è costituito dal dolo generico nelle ipotesi del primo comma; esso consiste nella consapevolezza della inesistenza del creditore e nella volontà di farlo apparire come esistente, ovvero nella consapevolezza dell'esistenza di beni non dichiarati, nella conoscenza dello stato di imprenditore in liquidazione giudiziale e nella volontà di non ottemperare agli obblighi prescritti.

Così, è stato ritenuto che l'obbligo del fallito di non allontanarsi dalla propria residenza, senza l'autorizzazione del giudice delegato, al fine di assicurarne la pronta presentazione innanzi agli organi del procedimento concorsuale, impedisce di considerare involontaria la non conoscenza degli atti del procedimento non solo fallimentare, ma anche penale che alla dichiarazione di fallimento si ricolleghino, da parte dell'imprenditore sottoposto a liquidazione. (In applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la possibilità di rimessione in termini dell'imputato che adduceva la mancata conoscenza della sentenza contumaciale di condanna; Cass. pen. V, n. 42372/2004).

Nella ipotesi del comma 2, invece, il coefficiente soggettivo è quello colposo.

Rapporti con altri reati

Il reato in esame concorre con i reati di bancarotta documentale – semplice o fraudolenta – allorquando il nucleo oggettivo del delitto «non consista nella sottrazione, distruzione ovvero nella mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta irregolare o incompleta delle stesse ovvero in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari» (Cass. pen. V, n. 49789/2013; cfr. anche Cass. pen. V, n. 3190/2020).

Ancora, è stata ammessa dalla giurisprudenza la riqualificazione nel reato in commento – allorquando gli inquirenti abbiano contestato all'imputato di – «non aver consegnato le scritture in questione entro il termine previsto dall'art. 16, comma 1, n. 3, l. fall.» nella diversa ipotesi di bancarotta semplice per omessa tenuta dei libri contabili, non sussistendo la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza (Cass. pen. V, n. 19269/2015).

A proposito dei rapporti con altre fattispecie di reato, la giurisprudenza ha chiarito come, l'inosservanza dell'obbligo di deposito delle scritture contabili (al tempo della pronuncia previsto dagli artt. 16, n. 3, 220 l. fall.) «deve ritenersi assorbita dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, commessa mediante sottrazione del compendio contabile, risultando del tutto omogenea la struttura e l'interesse sotteso ad entrambe le figure di reato, ma più specifica, in ragione dell'elemento soggettivo, la seconda» (Cass. pen. V, n. 4550/2011; nello stesso senso Cass. pen. V, n. 21303/2014).

Per quanto attiene alla mancata consegna del bilancio, che non rientra nel novero delle «scritture contabili», la violazione dell'art. 327 concorre con quella di cui all'art. 323 (cfr. Cass. pen. V, n. 14846/2017).

Rispetto alla bancarotta semplice, con particolare riferimento alla disposizione che punisce l'omessa tenuta dei libri e delle scritture contabili, essa ricomprende in sé – come norma di più ampia portata la cui sanzione, più grave, esaurisce l'intero disvalore oggettivo e soggettivo delle condotte di riferimento – anche quella in commento (già contenuta agli artt. 220 e 16, n. 3 l. fall.); di conseguenza, una volta accertata la mancata tenuta delle scritture, risulta inesigibile l'obbligo, da queste ultime norme penalmente sanzionato, di consegna delle stesse al curatore fallimentare (Cass. pen. 5, n. 12050/2021).

Da ultimo, la Cassazione ha evidenziato come non sussista il concorso tra il reato di inosservanza dell'obbligo di deposito delle scritture contabili (prima previsto dagli artt. 16, comma 1, n. 3 e 220 l. fall.), ed il reato di bancarotta fraudolenta documentale (prima previsto dall'art. 216, comma 1, n. 2, primo periodo, l. fall.). Ciò anche laddove le condotte non riguardino i medesimi libri e scritture contabili, attesa la clausola di riserva contenuta all'art. 327 in commento (parimenti contenuta nell'art. 220 l. fall.) e l'identità dell'offesa che connota le due fattispecie (Cass. pen. V, n. 675/2022).

Bibliografia

Antolisei, Manuale di diritto penale, Leggi Complementari, II, Milano, 2018; Conti, Diritto penale commerciale, in I reati fallimentari, II, Torino, 1991; Ferro, La legge fallimentare, Commentario teorico-pratico – Seconda edizione, Padova, 2011; Giuliani, Balestrino, La bancarotta e gli altri reati concorsuali, Milano, 2006; Lo Cascio, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 2007; Soana, I reati fallimentari, Milano, 2012; Sorrentino, La denuncia di crediti inesistenti e l'omessa dichiarazione dei beni nell'inventario, in Iusitinere, 2018.

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