È legittimo il licenziamento ex art. 2119 c.c. fondato su un messaggio whatsapp?

Teresa Zappia
11 Aprile 2025

Può un licenziamento per giusta causa essere fondato sul solo fatto (oggetto di contestazione) di avere il dipendente inviato, in una chat privata Whatsapp con altri colleghi, un messaggio del quale il datore ha avuto conoscenza da un collega partecipante alla stessa chat, a prescindere dalla contestazione di un danno per l’immagine dell’azienda?

È necessario innanzitutto precisare che la tutela costituzionale della corrispondenza è circoscritta al rapporto comunicativo attuato con cautele e modalità idonee ad escludere terzi dalla conoscenza. Ai nostri fini è, inoltre, utile richiamare la sentenza della Corte Costituzionale n. 170/2023, con la quale è stato ribadito che la tutela accordata dall'art. 15 Cost. prescinde dalle caratteristiche del mezzo tecnico utilizzato ai fini della trasmissione del pensiero, estendendosi la garanzia ad ogni strumento che l'evoluzione tecnologica mette a disposizione a fini comunicativi, compresi quelli elettronici e informatici. Pertanto, anche i messaggi inviati tramite l'applicazione WhatsApp rientrano nella sfera di protezione dell'art. 15 Cost. Nella medesima sentenza il giudice delle leggi ha precisato, altresì, che la tutela della corrispondenza è assicurata anche dopo la ricezione da parte del destinatario, almeno fino a quando, per il decorso del tempo, essa non abbia perso ogni carattere di attualità, in rapporto all'interesse alla sua riservatezza, trasformandosi in un mero documento "storico". Tenuto fermo quanto sopra, in tema di licenziamento disciplinare per giusta causa, i messaggi scambiati in una chat privata, seppure contenenti commenti offensivi nei confronti del datore, non possono fondare la legittimità del recesso poiché, essendo diretti unicamente ai soggetti inclusi in un determinato gruppo, vanno equiparati alla corrispondenza privata e non sono idonei a realizzare una condotta diffamatoria. È da escludere, pertanto, il carattere illecito della condotta contestata al dipendente. Nel caso di specie, inoltre, la trasmissione al datore del contenuto del messaggio inviato in chat dal lavoratore licenziato è avvenuta per opera di un collega partecipante al gruppo e il recesso datoriale è stato giustificato proprio dall'aver inviato in chat quel messaggio, sicché la condotta contestata in via disciplinare è da ricondurre nel raggio di protezione dell'art. 15 Cost. Infatti, la violazione della segretezza della comunicazione, attraverso la rivelazione del contenuto al datore, è avvenuta ad opera non di terzi estranei alla chat, bensì di uno dei partecipanti alla chat medesima. Ne discende che la garanzia della libertà e segretezza della corrispondenza privata e il diritto alla riservatezza nel rapporto di lavoro impediscono di elevare a giusta causa di licenziamento il contenuto in sé delle comunicazioni private del lavoratore ove trasmesse con modalità significative dell'intento di mantenerne la segretezza, a prescindere dal mezzo e dai modi con cui il datore ne è venuto a conoscenza. Cfr.: Cass., sez. lav., 28 febbraio 2025, n. 5334.

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