Qual è il perimetro entro il quale può essere affermata una responsabilità per i commenti altrui apparsi sulla propria pagina Facebook?
12 Maggio 2025
Massima La Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che vi è stata una violazione dell'art. 10 CEDU, che tutela la libertà di espressione, a causa della condanna del ricorrente per le dichiarazioni fatte sulla sua pagina Facebook e per i commenti pubblicati da terzi sulla stessa pagina. La Corte ha ritenuto che le autorità nazionali non abbiano condotto un adeguato esercizio di bilanciamento per dimostrare che la sentenza civile contro il ricorrente corrispondeva a una «necessità sociale imperativa» e che le disposizioni legali utilizzate non erano sufficientemente chiare e dettagliate per offrire una protezione adeguata contro l'interferenza delle autorità con il diritto del ricorrente alla libertà di espressione. Il caso Tizio, cittadino rumeno appassionato di lirica, è stato condannato al risarcimento danni, a seguito della pubblicazione sul proprio profilo Facebook di alcuni post dal contenuto critico rispetto a uno scandalo che aveva riguardato la gestione dell'Opera nazionale di Bucarest. I contenuti pubblicati stigmatizzavano il comportamento di due membri dell'orchestra che avevano partecipato ad alcune manifestazioni di protesta. Costoro, ritenendosi diffamati sia dai post del ricorrente sia dai commenti di terzi comparsi in calce a questi ultimi, agivano in giudizio in sede civile nei confronti di Tizio per chiedere il risarcimento del danno, ottenendo la condanna del ricorrente sia in primo grado che in appello. Mentre il giudice di primo grado non aveva operato alcun distinguo tra i post pubblicati dal ricorrente ed i commenti di utenti terzi comparsi in calce a questi ultimi, la Corte d'appello aveva ridimensionato l'entità del risarcimento (poche migliaia di euro) all'esito di un'analisi maggiormente approfondita dei contenuti che presentavano carattere diffamatorio. Con particolare riguardo ai commenti di utenti terzi, entrambe le corti ritenevano sussistente la responsabilità del titolare dell'account Facebook per non aver tempestivamente eliminato le esternazioni diffamatorie previste dalla norma del Codice civile rumeno che disciplina la materia degli illeciti extracontrattuali. Tizio proponeva così ricorso alla Corte, sostenendo che la condanna sia per i propri contenuti sia per i commenti di terzi costituisse una violazione dell'art. 10 CEDU. La questione In che termini la Corte europea dei diritti dell’uomo impone dei limiti sulla responsabilità per i commenti sui social network? Le soluzioni giuridiche Con la sentenza Corte EDU, 7 gennaio 2025, n. 1847, Pătraşcu c. Romania, la Corte ha accolto il ricorso sotto entrambi i fronti presentato da Tizio, riscontrando le violazioni principali dell'art. 10 CEDU, che tutela la libertà di espressione. In particolare, per quanto riguarda la condanna per i commenti espressi da Tizio, la Corte ha stabilito che le autorità rumene non hanno effettuato un bilanciamento adeguato degli interessi in gioco per dimostrare che la sua condanna rispondeva a una «necessità sociale imperativa» ed era proporzionata allo scopo legittimo perseguito. Più precisamente la Corte ha ritenuto che i commenti di Tizio, sebbene critici, rientrassero nei limiti della libertà di espressione, soprattutto considerando il contesto di interesse pubblico in cui erano stati fatti. In riferimento alla responsabilità per i commenti inseriti da soggetti terzi nel social network, la Corte ha rilevato che la base legale utilizzata dalle autorità rumene per condannare Tizio non era sufficientemente chiara e dettagliata, impedendogli, in tal modo, di conoscere con certezza quali fossero le sue responsabilità e come avrebbe dovuto comportarsi. La Corte EDU, affermando che l'interferenza con il diritto di Tizio alla libertà di espressione non era prevista dalla legge in modo sufficientemente specifico, ha altresì precisato che l'ingerenza nel diritto alla libertà di espressione non è compatibile con la Convenzione se le autorità nazionali non hanno considerato l'interesse generale della questione controversa, evidenziando che una responsabilità per commenti di altri, considerati diffamatori, non può essere ammissibile se non vi sia un preciso quadro normativo. La necessità di una base legale identificata è essenziale per avere regole chiare che definiscano le responsabilità degli utenti e delle piattaforme per i contenuti pubblicati. Ciò contribuisce ad evitare ambiguità e a garantire che gli utenti sappiano quali sono i loro obblighi e diritti; le normative devono bilanciare la necessità di moderare i contenuti con la protezione della libertà di espressione. Il Digital Services Act (DSA) dell'Unione Europea, sul punto, mira a creare un ambiente digitale più sicuro e trasparente stabilendo che la rimozione dei contenuti deve riguardare solo quelli illeciti, garantendo al contempo la pluralità delle voci. Il DSA introduce nuove norme per proteggere i consumatori online, garantendo che i prodotti e i servizi offerti siano sicuri e conformi alle leggi europee. In particolare, le piattaforme digitali, come i social network e i marketplace online, devono adottare misure per prevenire la diffusione di contenuti illegali e proteggere i diritti degli utenti; devono essere trasparenti riguardo alle loro politiche di moderazione dei contenuti e fornire informazioni chiare agli utenti su come vengono gestiti i loro dati. Il DSA stabilisce degli obblighi per le grandi piattaforme: le very large online platforms (VLOP), ovvero piattaforme online con oltre 45 milioni di utenti attivi mensili nell'UE e i very large online search engines (VLOSE), ovvero motori di ricerca con più di 45 milioni di utenti mensili attivi in Europa, I quali devono rispettare obblighi più stringenti, come la valutazione dei rischi sistemici e la trasparenza degli algoritmi. Le piattaforme devono implementare meccanismi efficaci per la segnalazione e la rimozione dei contenuti illegali, garantendo al contempo la protezione della libertà di espressione. Le autorità nazionali avranno il compito di vigilare sull'applicazione del DSA e potranno imporre sanzioni alle piattaforme che non rispettano le norme. In termini di trasparenza ed equità, le piattaforme devono essere trasparenti riguardo alle loro politiche di moderazione e garantire che i contenuti siano trattati in modo equo e non arbitrario. Gli utenti devono essere informati su come vengono gestiti i loro contenuti e avere la possibilità di contestare le decisioni. Sussistono diverse buone pratiche per la moderazione dei contenuti, aspetto essenziale per mantenere un ambiente sicuro e rispettoso sulle piattaforme online. Una tra questa è quella di stabilire linee guida chiare che devono definire cosa è considerato accettabile e cosa no, aiutando i moderatori a prendere decisioni coerenti e informate. È altresì importante rispondere ai commenti e ai messaggi degli utenti in modo tempestivo e appropriato; ciò dimostra che la piattaforma è attenta alle esigenze degli utenti e contribuisce a creare un ambiente di dialogo costruttivo. L'implementazione di filtri automatici e avvisi per identificare contenuti potenzialmente problematici può aiutare a gestire grandi volumi di commenti e messaggi. Tali strumenti possono segnalare contenuti che richiedono una revisione manuale. Infine, l'automatizzazione di attività di moderazione più semplici, come la rimozione di spam o contenuti duplicati, consente ai moderatori di concentrarsi su compiti più complessi e critici. Uno dei casi più noti riguardanti la responsabilità per i commenti di terzi su una piattaforma online è la pronuncia Delfi AS c. Estonia. Nel 2006, Delfi, un popolare portale di notizie estone, pubblicò un articolo su una controversia riguardante una compagnia di traghetti. L'articolo generò numerosi commenti da parte degli utenti, alcuni dei quali erano offensivi e diffamatori. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che Delfi poteva essere ritenuta responsabile, ai sensi dell'art. 10 CEDU, per i commenti offensivi pubblicati da utenti anonimi in calce ad un post in quanto non aveva adottato misure sufficienti per prevenire la pubblicazione di commenti diffamatori. Con riferimento ai contenuti pubblicati da Tizio, i giudici di Strasburgo hanno rilevato come la Corte d'appello, pur non sottraendosi ad un esame del contesto entro il quale i post erano stati pubblicati, aveva omesso di svolgere una compiuta analisi sul contributo che le esternazioni pur sferzanti del ricorrente avevano offerto un dibattito di interesse generale. Inoltre, i giudici rumeni non avevano tenuto conto dell'apporto dato dagli attori in giudizio, con il loro operato, alla più ampia circolazione dei commenti asseritamente diffamatori, oltre che il potenziale effetto dissuasivo rispetto all'esercizio della libertà di espressione di una pronuncia di condanna. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha così concluso che i giudizi nazionali non avevano dimostrato che la limitazione fosse necessaria a tutelare un interesse sociale rilevante e proporzionata a tale scopo. I profili di maggiore interesse della decisione analizzata riguardano, quindi, la condanna per i commenti di utenti terzi apparsi in calce ai post su Facebook del ricorrente, il quale lamentava la carenza di prevedibilità della limitazione alla libertà di espressione. Infatti, i giudici nazionali avevano fondato l'addebito per la mancata moderazione dei commenti sulla disciplina generale in tema di responsabilità extracontrattuale. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha rilevato come le norme dell'ordinamento nazionale rilevanti non contengano alcuna indicazione circa l'obbligo per il titolare di una pagina su un social network di monitorare i messaggi pubblicati da terze parti, né sulle modalità di un eventuale siffatto controllo. A riprova della carenza di prevedibilità della limitazione, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha evidenziato che ciascuna delle Corti nazionali aveva argomentato diversamente la responsabilità del ricorrente per la mancata moderazione di commenti di terzi. Per esempio, la Corte d'appello aveva sostenuto che Tizio non si fosse conformato alle regole della comunità virtuale di Facebook, che a suo avviso esigevano dagli utenti lo stesso controllo richiesto alla piattaforma. La stessa Corte, a tal riguardo, aveva operato un'assimilazione tra il ricorrente e un fornitore di contenuti, richiamandosi al caso Delfi su menzionato. Secondo la Corte di Strasburgo, i giudici nazionali si erano spinti oltre il significato letterale e immediato delle disposizioni invocate per affermare la responsabilità del ricorrente; infatti, le norme applicate dai giudici nazionali non possono considerarsi sufficientemente chiare e dettagliate per mettere al riparo i cittadini da possibili ingerenze delle autorità pubbliche nell'esercizio della libertà di espressione. Tali basi giuridiche non hanno individuato il perimetro e le modalità per l'esercizio da parte del ricorrente della libertà di espressione anche rispetto alla moderazione di contenuti di terzi in modo da garantire il livello di protezione richiesto in una società democratica. La Corte ha così dichiarato la violazione dell'art. 10 CEDU anche con riguardo alla condanna per i contenuti di terzi, ordinando alla Romania di pagare a Tizio una somma di denaro per danni morali e spese legali. Il Provvedimento analizzato ha avuto un impatto significativo sulla discussione riguardante la libertà di espressione e la responsabilità online, evidenziando la necessità di leggi chiare e dettagliate per proteggere i diritti degli utenti rafforzando l'importanza di un bilanciamento adeguato degli interessi in gioco, suscitando, altresì, diverse reazioni, sia a livello nazionale che internazionale. Sul punto, il Governo rumeno ha espresso il suo rispetto per la decisione della Corte EDU dichiarando che questa sarà la base di partenza per migliorare le leggi nazionali sulla libertà di espressione e la responsabilità online. Gli esperti legali in tali ambiti hanno sottolineato che la decisione della Corte EDU invia un messaggio forte ai governi europei sull'importanza di garantire che le leggi sulla responsabilità online siano precise e non eccessivamente restrittive; gli stessi hanno accolto positivamente il provvedimento, affermando che stabilisce un precedente importante per la protezione della libertà di espressione online e sottolineando la necessità di leggi dettagliate che definiscano le responsabilità degli utenti per i contenuti pubblicati da terzi. Tuttavia, alcuni funzionari hanno espresso preoccupazioni riguardo la difficoltà di bilanciare la libertà di espressione con la protezione della reputazione e dei diritti degli individui. Anche diverse organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno accolto con favore la decisione, elogiando la Corte EDU per aver stabilito che le leggi debbano essere specifiche per evitare incertezze legali e proteggere i diritti degli utenti online. Le piattaforme social hanno preso atto della decisione e alcune, come Facebook, hanno dichiarato che rivedranno le loro politiche e procedure per garantire che gli utenti siano adeguatamente informati delle loro responsabilità esprimendo, altresì, l'intenzione di implementare strumenti più efficaci per la moderazione dei contenuti e la gestione dei commenti di terzi. Osservazioni Il Provvedimento analizzato è significativo poiché afferma che le autorità devono dimostrare chiaramente la necessità e la proporzionalità di qualsiasi restrizione alla libertà di espressione. Inoltre, evidenzia la necessità di una base legale comprensibile per responsabilizzare gli utenti per i contenuti pubblicati da altri soggetti sulle loro piattaforme. Per far ciò, viene sottolineata l'importanza di avere leggi precise che definiscano le responsabilità degli utenti di piattaforme online, specialmente quando si tratta di commenti pubblicati da terzi. Gestire i commenti di terzi sulle piattaforme online è fondamentale per mantenere un ambiente sicuro e rispettoso. Di seguito si riportano alcuni punti chiave sull'importanza di tali misure e la necessità di una base legale esplicita:
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha considerato l'effetto dissuadente che la condanna del ricorrente potrebbe avere sulla libertà di espressione; le ingerenze nella libertà di espressione possono scoraggiare gli utenti dal partecipare a dibattiti pubblici e dall'esprimere le proprie opinioni online. Tale effetto dissuadente è particolarmente rilevante nei contesti digitali, dove la partecipazione attiva degli utenti è fondamentale per il funzionamento delle piattaforme social. Sono, altresì, da tenere in considerazioni le implicazioni per le piattaforme social, le quali potrebbero dover rivedere le loro politiche e procedure per garantire che gli utenti siano adeguatamente informati delle loro responsabilità. Inoltre, le piattaforme potrebbero dover implementare strumenti più efficaci per la moderazione dei contenuti e per la gestione dei commenti di terzi, al fine di evitare responsabilità legali per gli utenti. Sono molteplici le pronunce conformi al provvedimento analizzato riguardanti la responsabilità per i contenuti pubblicati online, in particolare sui social media. Nella vicenda Sanchez c. Francia, la Corte EDU ha esaminato la responsabilità di un politico per i commenti razzisti e xenofobi pubblicati da terzi sulla sua pagina Facebook stabilendo che il politico era responsabile per non aver rimosso prontamente i commenti, considerando il contesto politico e la natura pubblica della sua pagina. Nel caso MTE e Index.hu Zrt c. Ungheria, avente ad oggetto la responsabilità di un portale di notizie per i commenti diffamatori pubblicati da utenti anonimi, la Corte EDU ha stabilito che il portale non poteva essere ritenuto responsabile, poiché aveva adottato misure adeguate a rimuovere i commenti illeciti una volta segnalati. Tali casi evidenziano l'importanza di adottare misure adeguate a gestire i commenti di terzi sulle piattaforme online e la necessità di una base legale chiara per determinare la responsabilità degli utenti per i contenuti pubblicati da altri. Le piattaforme social e gli utenti devono, quindi, essere consapevoli delle loro responsabilità e delle implicazioni legali delle loro azioni online. Ciò è fondamentale per evitare incertezze legali e garantire che gli utenti possano esercitare la loro libertà di espressione senza timore di sanzioni impreviste. |