Pubblico impiego privatizzato: gli oneri di comunicazione delle assenze finalizzate alle cure

27 Maggio 2025

La vicenda in esame affronta il tema delle assenze per malattia del dipendente pubblico, al quale sia stata riconosciuta una invalidità civile. In particolare, la questione su cui si sofferma la Corte di cassazione concerne la legittimità del licenziamento irrogato al dipendente pubblico – invalido civile – il quale si sia assentato senza produrre la documentazione medica attestante la necessità della cura (nel giorno dell’assenza) in relazione all’infermità patita.

Massima

L'assenza priva di valida giustificazione prevista dall'art. 55-quater, lett. b), d.lgs. n. 165/2001 sussiste, nell'ipotesi di congedo per cure di cui all'art. 7, comma 1, d.lgs. n. 119/2011, qualora la relativa domanda non sia accompagnata, ai sensi del successivo comma 2 del citato art. 7, da richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità di tali cure in relazione all'infermità invalidante riconosciuta, a nulla rilevando la documentazione che eventualmente si limiti ad attestarne, successivamente, l'avvenuta erogazione.

Il caso

La ricorrente, premettendo di essere stata assunta alle dipendenze dell'ASL convenuta dal 1° marzo 2007, con inquadramento al livello A1 e mansioni di commessa, nonché di essere stata riconosciuta dalle competenti Commissioni mediche invalida civile nella misura del 67% a decorrere dal febbraio 2016, adiva il Tribunale di Lecce al fine di sentir accertare e dichiarare l'illegittimità del licenziamento comminatole dall'ASL in relazione alle assenze ingiustificate dal servizio che la stessa aveva posto in essere nel periodo dal 4 al 26 gennaio 2021.

L'ASL si costituiva in giudizio asserendo la legittimità del licenziamento irrogato alla ricorrente, sostenendo che in relazione alle assenze oggetto di contestazione la lavoratrice non si fosse premurata di trasmettere – come invece avrebbe ex lege dovuto – i certificati di malattia, infortunio sul lavoro o richiesta ferie e che, pertanto, risultando le assenze all'evidenza ingiustificate, la sanzione del licenziamento disciplinare fosse pienamente legittima nonché proporzionata al fatto commesso.

Il Tribunale di Lecce, in accoglimento della tesi sostenuta dalla ASL resistente, dichiarava la legittimità del licenziamento irrogato alla ricorrente, rigettando così integralmente il ricorso dalla stessa proposto.

Avverso tale statuizione proponeva ricorso in appello la lavoratrice, insistendo nell'illegittimità del licenziamento comminato dalla ASL per le medesime ragioni esposte in primo grado.

Si costituiva l'ASL chiedendo nuovamente il rigetto delle doglianze attoree.

La Corte d'Appello di Lecce, in totale conferma della sentenza di prime cure, rigettava il ricorso in appello della lavoratrice, ritenendo il licenziamento alla stessa comminato legittimo e proporzionato.

Con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la ricorrente adiva la Suprema Corte lamentando la violazione e falsa applicazione dell'art. 55-quater, lett. b), d.lgs. n. 165/2001, in combinato disposto con l'art. 7, commi 1, 2 e 3, con il d.lgs. n. 119/2011 e con l'art. 32 Cost. poiché la Corte territoriale avrebbe errato nel confermare la sanzione del licenziamento con preavviso a lei inflitta, per essersi assentata senza giustificazione, oltre che la violazione degli artt. 55 e 55-quater, d.gs. n. 165/2001 e 7 del d.lgs. n. 119 del 2011 perché la Corte territoriale non avrebbe valutato in concreto la gravità del fatto contestato e la proporzionalità fra sanzione e condotta.

La vicenda veniva decisa dalla Suprema Corte di cassazione, con sentenza Cass. n. 6133/2025, nei termini che ci si accinge ad illustrare.

La questione

L'assenza di una giustificazione adeguata si verifica quando una richiesta di congedo per motivi medici non è accompagnata da un certificato rilasciato da un medico che attesti la necessità delle cure in relazione all'invalidità riconosciuta? La documentazione che attesta solo la somministrazione dei trattamenti successivamente è sufficiente?

Le soluzioni giuridiche

La questione giuridica oggetto della presente pronuncia è rilevante anche alla luce delle varie discipline normative che si sono susseguite sul tema nel tempo.

Invero, dato il carattere pubblico del rapporto di lavoro tra le parti destinatarie della sentenza di Cassazione ivi in commento, la situazione giuridica de qua è innanzitutto regolamentata dal d.lgs. n. 165/2001 che, all'art. 55-quater prevede che:

“1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:

b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;”

e che all'art. 55-septies, concernente il controllo sulle assenze, aggiunge che:

“1. Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.”

Più in particolare, la norma disciplina anche le modalità di invio della suddetta certificazione medica, prevedendo che:

“2. In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all'Istituto nazionale della previdenza sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente”

e che

4. L'inosservanza degli obblighi di trasmissione per via telematica della certificazione medica concernente assenze di lavoratori per malattia di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare”.

Dunque, la normativa in materia di assenze per malattia dei lavoratori pubblici è chiara nel ritenere che, in caso di assenza priva di una valida giustificazione per un numero di giorni pari o superiore a tre nell'arco di un biennio, debba applicarsi la sanzione del licenziamento per giusta causa e che in caso di assenze per malattia per un periodo superiore a dieci giorni il dipendente sia tenuto a giustificare l'assenza mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato, certificazione che deve essere inviata telematicamente all'INPS, la cui mancata trasmissione costituisce illecito disciplinare.

A tale quadro normativo di riferimento già di per sé chiaro è susseguita poi la disciplina di cui al d.lgs. n. 119/2011, specificamente concernente il tema del congedo per cure dei soggetti invalidi, che all'articolo 7 ha previsto che:

“1. Salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 42, della legge 24 dicembre 1993, n.537, e successive modificazioni, i lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al cinquanta per cento possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni.

2. Il congedo di cui al comma 1 è accordato dal datore di lavoro a seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all'infermità invalidante riconosciuta.”.

In buona sostanza, ad integrazione della precedente, tale normativa aggiunge al quadro regolatorio la regola per cui gli invalidi civili, ai quali è concessa la possibilità di fruire ogni anno di un congedo per cure per un periodo massimo di 30 giorni, sono tenuti a chiedere il suddetto congedo al datore di lavoro accompagnando la domanda con la richiesta del medico convenzionato da cui risulti la necessità della cura (per le giornate di assenza) in relazione all'infermità invalidante patita dal dipendente.

Ebbene, sulla base del quadro normativo appena delineato, in relazione alla vicenda fattuale sopra debitamente rappresentata, la Suprema Corte ha deciso secondo le seguenti soluzioni giuridiche.

La vicenda giuridica in commento è particolarmente interessante poiché concerne una tematica su cui la Suprema Corte non si è frequentemente pronunciata, il che è evidente anche dall'espressa enunciazione del principio di diritto che viene riportato in sentenza, utile per porre un punto fermo alla delicata e complessa tematica delle assenze per cura dei dipendenti pubblici invalidi civili e delle specifiche modalità di richiesta dei giorni di assenza.

In particolare, nella sentenza ivi in commento la Corte di Cassazione risolve la vicenda giuridica di cui al ricorso proposto, sancendo che “L'assenza priva di valida giustificazione prevista dall'art. 55-quater, lett. b), d.lgs. n. 165/2001 sussiste, nell'ipotesi di congedo per cure di cui all'art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 119/2011, qualora la relativa domanda non sia accompagnata, ai sensi del successivo comma 2 del citato art. 7, da richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità di tali cure in relazione all'infermità invalidante riconosciuta, a nulla rilevando la documentazione che eventualmente si limiti ad attestarne, successivamente, l'avvenuta erogazione”.

Dunque, la Suprema Corte ritiene legittimo il licenziamento irrogato all'originaria ricorrente, per non avere la stessa rispettato le previsioni di legge in materia di comunicazione al datore delle assenze per sottoposizione alle cure relative al riconosciuto stato di invalidità ed i connessi oneri di trasmissione delle certificazioni mediche.

Sul tema si rileva infatti che la decisione della Corte di cassazione oggetto di commento è in linea con un precedente di legittimità (Cass. civ., sez. lav., 25 agosto 2016, n. 17335) concernente un caso analogo, in cui la Suprema Corte aveva affermato che l'assenza per malattia è priva di rilievo disciplinare non solo se è reale e adeguatamente comunicata al datore di lavoro, ma soprattutto (se e) quando è giustificata nelle forme di cui all'articolo 55-septiescomma 1 e 2, d.lgs. n. 165/2001 e, dunque, solo se sia stata attestata da un'apposita certificazione rilasciata da un medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale o da una struttura pubblica.

Nel dettaglio, dal momento che l'articolo 55-septies, d.lgs. n. 165/2001 prevede che la procedura di comunicazione possa ritenersi conclusa solo con l'inoltro della certificazione medica al datore di lavoro da parte dell'INPS, la Corte di Cassazione è ferma nel ribadire la vigenza della regola giuridica per cui le domande effettuate senza rispettare tale procedura devono ritenersi incomplete e, di conseguenza, le assenze ingiustificate, a nulla rilevando la produzione dei referti ottenuti all'esito della visita fiscale, che renderebbero comunque l'assenza ingiustificata (ex multiis: Cass. civ., sez. lav., 26 settembre 2016, n. 18858).

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha adottato una soluzione giuridica in linea con il quadro normativo di riferimento (e con qualche precedente arresto che si era verificato sul tema), anche rilevando il corretto accertamento condotto dalla Corte di merito circa la mancata presentazione da parte della lavoratrice della documentazione medica obbligatoria, attestante la necessità di cura in relazione all'infermità invalidante e la mancata concessione del permesso di cui trattasi da parte del datore di lavoro.

Pertanto, in linea con la regola giuridica per cui in tema di pubblico impiego privatizzato l'assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni anche non continuativi superiore a tre nell'arco di un biennio consente l'intimazione della sanzione disciplinare del licenziamento ai sensi dell'articolo 55-quater lett. b), d.lgs. n. 165/2001, la Suprema Corte ha respinto il ricorso per cassazione proposto dalla dipendente, anche sulla base dell'insussistenza di elementi scriminanti della condotta tenuta dalla lavoratrice, a nulla rilevando che la stessa avesse inviato un certificato ex post attestante l'avvenuta fisioterapia, che di fatto non può sostituirsi all'obbligo di preventiva comunicazione al datore di lavoro dell'assenza corredata dall'obbligatoria certificazione medica attestante la necessità di cure in relazione all'invalidità patita dal dipendente che richiede di assentarsi dal lavoro.

Per effetto delle considerazioni appena rese la Suprema Corte ha dunque rigettato il ricorso e ritenuto il licenziamento disciplinare illegittimo e proporzionato.

Osservazioni

La sentenza in esame detta una regula iuris fondamentale ad accertare la legittimità dei licenziamenti irrogati a fronte di assenze ritenute non giustificabili dal datore di lavoro pubblico che non abbia ricevuto tutta la documentazione medica attestante le ragioni dell'assenza nelle modalità prescritte dalla disciplina in materia di congedi per invalidità civile.

In buona sostanza, dalla pronuncia de qua si consolida la regola giuridica per cui le assenze per malattia dei dipendenti pubblici affetti da invalidità civile devono essere giustificate da idonea certificazione medica rilasciata da enti autorizzati, inoltrata al datore di lavoro secondo la procedura prevista dalla legge, con la conseguenza che la mancanza di adeguata documentazione medica, e la mancata espressa autorizzazione all'assenza da parte del datore di lavoro pubblico, legittimano l'irrogazione di sanzioni disciplinari - incluso il licenziamento (ex multiis, Cass. civ., sez. lav., n. 17600 del 21 giugno 2021) - purché non sussistano circostanze scriminanti che escludano la responsabilità del dipendente.

Riferimenti

V. Luciani, La risoluzione del rapporto, in Il lavoro pubblico, (a cura di) G. Amoroso, V. Di Cerbo, L. Fiorillo, A. Maresca, 2019.

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