Tutela del mercato, responsabilità, regolazione e insider trading
02 Luglio 2025
Massima In tema di insider trading cd. secondario e sull'uso della prova presuntiva, per configurare l'illecito è sufficiente provare il possesso e l'utilizzo dell'informazione privilegiata, indipendentemente dalla modalità con cui tale informazione è stata ottenuta o dalla fonte originaria. Sottolinea l'importanza di una valutazione complessiva e non frammentata degli indizi e si supera il presunto divieto di doppie presunzioni, riconoscendo la legittimità di inferenze 'a catena' purché supportate da un alto grado di probabilità logica. I fatti costitutivi del trading secondario di cui all' art. 187-bis, comma 4, TUF sono: il possesso dell'informazione privilegiata, la conoscenza o la conoscibilità con l'ordinaria diligenza del carattere privilegiato dell'informazione, il compimento di operazioni in strumenti finanziari utilizzando l'informazione privilegiata, oppure la comunicazione ad altri dell'informazione privilegiata, al di fuori delle situazioni che legittimano tale comunicazione, o ancora la raccomandazione o l'induzione di altri al compimento di tali operazioni. Il caso Con la delibera n. 20754 del 19 dicembre 2018 (successivamente integrata dalla n. 20870 del 27 marzo 2019), la CONSOB ha inflitto a Ga.Gi. una sanzione amministrativa pari a 110.000 euro per violazione dell'articolo 187-bis, comma 4, d.lgs. n. 58/1998. A tale provvedimento si aggiungono una sanzione accessoria della durata di sei mesi, ai sensi dell'art. 187-quater, comma 1, dello stesso decreto, e la confisca dei beni nella misura corrispondente al profitto illecito stimato in 7.130 euro, secondo quanto previsto dall'art. 187-sexies. A Ga.Gi. veniva contestato l'utilizzo illecito di informazioni privilegiate, ricevute da Fu.Ma., in relazione all'acquisto di 2.000 azioni della società Italcementi S.p.A., effettuato il 27 luglio 2015 tramite un conto titoli (omissis) aperto presso il Banco Popolare Soc. Coop. proprio lo stesso giorno dell'operazione. Secondo l'accusa, il trasferimento dell'informazione sarebbe avvenuto il giorno precedente all'annuncio ufficiale dell'acquisto da parte di HeidelbergCement AG del 45% delle quote di Italcementi S.p.A., che avrebbe portato al successivo lancio di un'OPA obbligatoria sull'intero capitale restante. La comunicazione riservata sarebbe stata trasmessa a Ga.Gi. da Fu.Ma., moglie di Lo.Gi., all'epoca dirigente dell'area Sviluppo Organizzativo di Italcementi. La CONSOB ha sottolineato l'esistenza di una relazione amicale tra Fu.Ma. e Ga.Gi., con frequenti contatti personali e telefonici nei giorni immediatamente precedenti l'investimento. In particolare, è stata documentata una chiamata di 25 secondi intercorsa il 23 luglio 2015, che potrebbe essere stata seguita da un incontro diretto. L'acquisto delle azioni, secondo l'autorità, presentava elementi anomali per la tempistica – avvenendo poco prima della comunicazione ufficiale di Italmobiliare sull'accordo con HeidelbergCement – e per le modalità, in quanto effettuato durante una vacanza di Ga.Gi. e in contrasto con le sue operazioni finanziarie precedenti. Ga.Gi., nella sua difesa, ha attribuito l'acquisto alla fortuita ascoltata conversazione di uno sconosciuto in spiaggia, senza fornire spiegazioni ritenute plausibili dalla CONSOB. L'Autorità si è quindi costituita per chiedere il rigetto del ricorso presentato. Tuttavia, la Corte d'Appello di Brescia ha accolto l'opposizione, ritenendo che, pur trattandosi di un'informazione privilegiata, non fosse provato in modo adeguato il trasferimento consapevole e doloso della stessa da parte di chi la deteneva a Ga.Gi. La Corte ha osservato che l'impianto accusatorio si basava su presunzioni non supportate da prove solide e che gli indizi considerati erano fra loro non sincronici. Inoltre, ha criticato l'assunto secondo cui la semplice presenza di un lavoratore in un ambiente aziendale implicherebbe automaticamente la conoscenza delle informazioni riservate in circolazione. In questo caso, la supposizione che Fu.Ma. avesse appreso la notizia dal marito e poi trasmessa a Ga.Gi. è stata giudicata non sufficientemente fondata. Contro questa decisione, la CONSOB ha poi presentato ricorso per cassazione. La questione La querelle ha ad oggetto l'elemento costitutivo dell'illecito di abuso di informazioni privilegiate. Esso consiste non nella comunicazione dell'informazione privilegiata, essendo sufficiente il possesso della medesima. Trattandosi di insider trading cosiddetto secondario, ai fini dell'accertamento dell'illecito, non sarebbe rilevante la provenienza dell'informazione privilegiata, essendo sufficiente l'accertamento di elementi, anche in via presuntiva, in ordine al possesso dell'informazione privilegiata da parte di chi l'abbia utilizzata. In definitiva, al fine di configurare l'illecito di diffusione di informazioni privilegiate, non sarebbe stato necessario provare il coinvolgimento di Fu.Ma. nel processo decisionale che determinò l'acquisto da parte di Ga.Gi. delle azioni di Italcementi Spa, ma unicamente che quest'ultimo fosse a conoscenza delle informazioni privilegiate. Con un differente motivo di impugnazione, viene sollevata la violazione e l'erronea applicazione degli articoli 187-bis, comma 4, e 187-septies del d.lgs. n. 58/1998, nonché dell'art. 6 del d.lgs. n. 150/2011. La critica si concentra sulla decisione della Corte d'Appello, che, pur avendo riconosciuto che Ga.Gi. avesse effettuato l'acquisto delle azioni Italcementi S.p.A. avvalendosi di un'informazione privilegiata, avrebbe indebitamente preteso la prova della catena informativa, cioè del passaggio della notizia da Lo.Gi. alla moglie Fu.Ma., e da quest'ultima a Ga.Gi. Secondo la parte ricorrente, tale impostazione sarebbe giuridicamente scorretta: una volta escluse come inattendibili le giustificazioni fornite da Ga.Gi. circa la fonte dell'informazione – ritenute del tutto implausibili – il solo fatto che egli fosse in possesso di un'informazione riservata avrebbe dovuto essere sufficiente per configurare l'infrazione contestata, senza che fosse necessario ricostruire con certezza l'intero percorso di trasmissione della stessa. Altra questione centrale oggetto della pronuncia in commento, in tema di insider trading cd. secondario, attiene all'uso della prova presuntiva: per configurare l'illecito è sufficiente provare il possesso e l'utilizzo dell'informazione privilegiata, indipendentemente dalla modalità con cui tale informazione è stata ottenuta o dalla fonte originaria. Si sottolinea l'importanza di una valutazione complessiva e non frammentata degli indizi e si supera il presunto divieto di doppie presunzioni, riconoscendo la legittimità di inferenze 'a catena' purché supportate da un alto grado di probabilità logica. Osservazioni La sentenza de qua ha il pregio di determinare il perimetro operativo della fattispecie di insider trading secondario (D. Labetoulle, La Commission des sanctions de l'Autorité des marchés financiers: un témoignage, in Droit et société, 2016, 337 ss.; M. Allena, L'art. 6 Cedu e la continuità tra procedimento e processo, in P.A. Persona e Amministrazione, 2018, 25 ss.; F. Mazzacuva, Le pene nascoste. Topografia delle sanzioni punitive e modulazione dello statuto garantistico, Torino, 2017). Fatti costitutivi della fattispecie sono: (a) il possesso dell'informazione privilegiata (da parte di chiunque); (b) la conoscenza o la conoscibilità con l'ordinaria diligenza del carattere privilegiato dell'informazione; (c) il compimento di operazioni in strumenti finanziari utilizzando l'informazione privilegiata, oppure la comunicazione ad altri dell'informazione privilegiata (al di fuori delle situazioni che legittimano tale comunicazione), ovvero la raccomandazione o induzione di altri al compimento di tali operazioni. La fattispecie della cui configurazione si controverte - trading secondario - è descritta dall'art. 187-bis, comma 4, TUF (nella versione anteriore all'abrogazione d.lgs. n. 107 del 2018, ex art. 4, comma 9, lett. c), in vigore dal 29/9/2018). Presupposta è la nozione di informazione privilegiata, cioè di un'informazione di carattere preciso, che non è stata resa pubblica e che concerne direttamente o indirettamente uno (o più) emittenti strumenti finanziari o uno (o più) strumenti finanziari. Il contenuto di tale informazione deve essere tale che, se reso pubblico, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari (così l'art. 181, comma 1, TUF, in vigore al tempo dei fatti). Come chiarito dalla Corte di Cassazione civile, Sezione II, nella sentenza n. 32829 del 27 novembre 2023, i requisiti che delineano l'ipotesi di insider trading secondario, ai sensi dell'art. 187-bis, comma 4, del TUF, sono costituiti:
In questa prospettiva, il concetto di "informazione" va inteso come conoscenza, a prescindere dalle modalità con cui è stata acquisita, e non necessariamente attraverso la trasmissione da parte di un soggetto "interno" o qualificato. L'illecito, infatti, non richiede che vi sia un nesso causale diretto tra la fonte dell'informazione e chi la utilizza, ma piuttosto un rapporto di causalità tra il possesso dell'informazione e l'operazione finanziaria compiuta sulla base di essa (cfr. Cass. n. 24310/2017; Cass. n. 8782/2020). Va poi evidenziato che, nell'ambito dell'accertamento di un abuso di informazioni privilegiate, le presunzioni semplici rivestono un ruolo centrale, rappresentando spesso l'unico strumento probatorio praticabile. Ciò si deve al fatto che, trattandosi di comportamenti generalmente occultati, è raro poter disporre di documentazione diretta o testimonianze circostanziate (Cass. n. 8782/2020). Pertanto, nell'attività valutativa, il giudice è chiamato a seguire un procedimento in due fasi: In primo luogo, deve selezionare individualmente tutti gli elementi raccolti, verificandone gravità e precisione ai sensi dell'art. 2729 c.c., ed eliminando quelli privi di rilevanza probatoria. In secondo luogo, deve procedere a una sintesi complessiva di tali elementi, accertando se siano tra loro concordanti e se, nel loro insieme, possano dare luogo a una valida presunzione del fatto da provare, come stabilito anche da Cass. n. 7647/2023. Nel caso in esame, sebbene la Corte d'Appello abbia inizialmente riconosciuto correttamente che, ai fini dell'insider trading secondario, non è necessaria l'identificazione delle modalità con cui l'informazione è stata acquisita, ha poi erroneamente ritenuto indispensabile la prova, anche indiretta, del passaggio dell'informazione privilegiata da Fu.Ma. a Ga.Gi. Tuttavia, sulla base dei principi consolidati, una volta accertato – anche tramite presunzioni – il possesso dell'informazione riservata da parte dell'autore dell'operazione, non è più necessario dimostrare l'origine o la fonte esatta della comunicazione. Il nodo cruciale non è la catena informativa, ma l'uso dell'informazione stessa per compiere operazioni di mercato. Anche l'accertamento del possesso della notizia riservata può avvenire tramite argomentazioni presuntive, fondate su un solido ragionamento induttivo. Da questa prospettiva, la decisione della Corte d'Appello risulta dunque viziata da una non corretta applicazione delle norme in materia. (F. Goisis, La full jurisdiction sulle sanzioni amministrative: continuità della funzione sanzionatoria v. separazione dei poteri, in Dir. amm., 2018, 1 ss.). Conclusioni Pienamente condivisibile, dunque, sembra il principio affermato nella pronuncia qui commentata, a soluzione di un problema affrontato ex professo dalla giurisprudenza di merito e da quella di legittimità. La decisione pare essere, peraltro, allineata ai principi di tutela del mercato, operando un bilanciamento di interessi con la natura punitiva delle sanzioni irrogate dalle autorità indipendenti. Nel nostro ordinamento processuale non è riconosciuto il principio del praesumptum de praesumpto non admittitur, ovvero il presunto divieto di doppie presunzioni (anche detto divieto di presunzioni "a catena" o di secondo grado). Questo principio, infatti, non trova alcun fondamento né negli articoli 2729 e 2697 del codice civile, né in altre disposizioni normative, con la conseguenza che un fatto noto, anche se accertato per via presuntiva, può legittimamente costituire la base per un'ulteriore presunzione, funzionale all'accertamento di un fatto ignoto. Come ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 32829 del 2023, il presunto divieto di doppie presunzioni viene evocato unicamente in quei casi in cui gli elementi utilizzati nel ragionamento inferenziale risultano poco solidi o scarsamente idonei a supportare deduzioni logiche, mentre in dottrina e giurisprudenza si afferma con sempre maggiore chiarezza che il nostro sistema consente presunzioni multiple, purché ciascuna inferenza sia sorretta da requisiti di gravità, precisione e concordanza (cfr. Cass. n. 5992/2024, Cass. n. 37819/2022, Cass. n. 27982/2020, Cass. n. 23860/2020, Cass. n. 20748/2019, Cass. n. 15003/2017). Più precisamente, se ogni passaggio inferenziale segue una catena logica ben strutturata, e se ciascun fatto "ignoto" diventa "noto" attraverso il supporto probatorio del fatto precedente, non si è in presenza di una doppia presunzione vietata, bensì di un procedimento logico legittimo e coerente con i criteri previsti dall'art. 2729 c.c. (così anche Cass. n. 27982/2020). Il vero nodo non è il numero di passaggi presuntivi, ma la forza logica e la probabilità del nesso inferenziale che li lega (Cass. n. 5963/2015, Cass. n. 2123/2021, Cass. n. 33961/2019, tra le altre). La Corte d'Appello, nel caso do specie, ha errato proprio nell'interpretazione e applicazione del principio in esame, invalidando il ragionamento presuntivo per un supposto divieto di presunzioni concatenate, che in realtà non esiste nel nostro ordinamento. In particolare, il giudice d'appello ha ritenuto non sufficientemente dimostrato il possesso dell'informazione privilegiata da parte di Ga.Gi., sulla base del fatto che non era stata provata, nemmeno per indizi, la conoscenza dell'informazione da parte di Lo.Gi., e quindi neppure la trasmissione da quest'ultimo alla moglie Fu.Ma., né da questa a Ga.Gi. Tuttavia, la Corte ha attribuito erroneamente valore decisivo al fatto che Lo.Gi. non risultasse iscritto nel registro degli insider, escludendo in modo aprioristico che potesse essere venuto a conoscenza dell'operazione attraverso il proprio ruolo aziendale, e quindi negando qualsiasi effetto inferenziale ai fatti susseguitisi. Questo approccio è stato adottato nonostante fosse stata riconosciuta la presenza di vari elementi indiziari, tra cui:
Nonostante il riconoscimento di questi elementi, la Corte ha ritenuto che l'assenza di una prova diretta del passaggio dell'informazione da Lo.Gi. a Fu.Ma. e da questa a Ga.Gi. impedisse di configurare l'illecito. Tale valutazione è censurabile, poiché ha portato a un'analisi atomistica e frammentaria degli indizi, ignorando l'obbligo di procedere a una valutazione complessiva e sistemica, secondo le regole proprie del ragionamento presuntivo. Inoltre, la Corte d'Appello non ha tenuto conto del fatto che le dinamiche dell'insider trading implicano frequentemente più passaggi nella catena di trasmissione dell'informazione riservata, e che la normativa sanziona anche i soggetti cosiddetti insider secondari, ossia coloro che ricevono l'informazione da chi, a sua volta, non era un insider primario. Pertanto, l'omessa valutazione complessiva degli indizi, unitamente all'erronea interpretazione dell'art. 187-bis, comma 4, del TUF, in maniera condivisibile, ha condotto a una decisione viziata, giustificando l'accoglimento del ricorso principale (E. Bindi - A. Pisaneschi, Il Consiglio di Stato annulla il regolamento sulle procedure sanzionatorie dell'IVASS. Quale il razionale della giurisdizione ordinaria sulle sanzioni Consob e Banca d'Italia?, in Giustamm.it, 2019). |