Revoca cautelare di amministratore di società di persone e periculum in mora

15 Luglio 2025

Il contributo analizza criticamente una recente pronuncia del Tribunale di Catania in materia di revoca cautelare dell'amministratore di una società di persone.

Massima

In tema di revoca cautelare di amministratore di società di persone, non configura il requisito del periculum in mora il pregiudizio di carattere pecuniario, che non integra gli estremi della irreparabilità, rilevando, ai fini dell'adozione del provvedimento di cui all'art. 700 c.p.c., soltanto le posizioni soggettive di carattere assoluto, principalmente attinenti alla sfera personale del soggetto, che rendano necessario un pronto ed immediato intervento cautelare al fine di assicurarne la completa tutela (nella specie, il Tribunale, pur ravvisando la sussistenza del fumus boni iuris e, dunque, la sussistenza della giusta causa di revoca per avere l'amministratore prelevato l'intero importo presente sul conto corrente intestato alla società, ha rigettato il ricorso cautelare per assenza del requisito del periculum in mora, trattandosi di un danno meramente economico e, come tale, risarcibile all'esito del giudizio di merito).

Il caso

Il socio di una società in accomandita semplice ha chiesto, con ricorso depositato ai sensi dell'art. 700 c.p.c. nel corso della causa di merito, la revoca dell'amministratore per avere quest'ultimo compiuto atti contrastanti con i doveri inerenti al rapporto gestorio e con gli obblighi su di esso gravanti quale socio. Nel particolare, il ricorrente ha allegato che: il resistente aveva esercitato il suo ruolo in modo non trasparente, non avendo inviato i rendiconti di esercizio e non avendo fornito le dovute informazioni societarie; la società era da tempo inattiva, avendo ceduto la totalità delle attrezzature e dei rami d'azienda e avendo maturato perdite rilevanti; con precedente ricorso ex art. 700 c.p.c., proposto ante causam, aveva chiesto la revoca dell'amministratore adducendo di avere appreso l'intervenuta concessione in comodato gratuito, per una durata di 20 anni, dei beni immobili di proprietà della società ad un terzo; la domanda cautelare era stata rigettata per difetto del periculum in mora; dopo l'introduzione del giudizio di merito, ricorrente, dall'esame del relativo estratto, aveva appreso che il conto corrente della società era stato “svuotato” di € 41.792,40, e che il saldo contabile era stato ridotto a soli € 12,89, in seguito ad appropriazioni sine causa effettuate dall'accomandatario resistente; che, inoltre, quest'ultimo non gli aveva mai trasmesso il quadro H, necessario per la compilazione della sua dichiarazione dei redditi.

Costituitosi il socio-amministratore resistente, il Tribunale, con l'ordinanza in commento, rigettava il ricorso cautelare. In particolare, il giudicante, se da una parte, ravvisava la sussistenza del requisito del fumus boni iuris, in quanto «l'intervenuta esecuzione di bonifici dal conto corrente della s.a.s., tale da determinare lo svuotamento del conto, è una condotta che va valutata ai fini della revoca dell'amministratore, in quanto contraria ai doveri di corretta amministrazione e di salvaguardia del patrimonio sociale, considerata la mancata giustificazione dei pagamenti in questione», dall'altra, riteneva insussistente il presupposto del periculum in mora, in quanto i danni affermati dal ricorrente, di natura meramente patrimoniali, non integrava i requisiti di imminenza e irreparabilità che giustificano l'adozione del provvedimento di cui all'art. 700 c.p.c.

Le questioni

L'art. 2259 c.c. disciplina la revoca dell'amministratore distinguendo tra l'ipotesi in cui questi sia nominato con il contratto sociale, nel qual caso, la revoca può essere disposta solo nella ricorrenza della giusta causa, e quella in cui l'amministratore sia nominato con atto separato, nel qual caso la revoca segue le regole sul mandato. In questo secondo caso, la revoca potrà avvenire anche in assenza di giusta causa, ma l'amministratore revocato avrà diritto al risarcimento del danno qualora essa intervenga prima della scadenza del termine ovvero, in caso di mandato a tempo indeterminato, qualora il preavviso risulti non congruo (F. Parrella, Art. 2259, in Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2247-2378, a cura di D. Santosuosso, Commentario del codice civile, a cura di E. Gabrielli, Milano, 2015, 189, F. Murino, La revoca dell'amministratore, in V. Donativi (a cura di), Trattato delle società, I, Milano, 1645). La revoca dell'amministratore nominato con il contratto sociale è, invece, subordinata alla duplice condizione che venga decisa con il consenso di tutti gli altri soci e che sussista una giusta causa. Peraltro, come osservato in giurisprudenza, allorché l'amministratore sia socio, non è richiesto il consenso del medesimo al fine della sua revoca, avendo portata generale il principio del divieto di voto in conflitto di interessi con la società, ai sensi dell'art. 2373 c.c., del quale costituisce applicazione anche l'art. 2287 c.c., che impone di non considerare il socio da escludere nel computo della maggioranza necessaria per l'esclusione. (Cass., 12 giugno 2009, n. 13761).

Il concetto di giusta causa rilevante, ai sensi dell'art. 2259 c.c., ricomprende, da un lato, tutti quei comportamenti dell'amministratore che compromettono l'esistenza stessa dell'impresa collettiva ed il suo funzionamento; dall'altro, le condotte che, violando obblighi di legge o doveri di correttezza e diligenza propri dell'amministratore, non garantiscono una corretta amministrazione della società e la tutela degli interessi privati dei soci della stessa e dei terzi.

In questa prospettiva, sono stati ritenuti, dalla giurisprudenza, integranti gli estremi della giusta causa: la redazione del rendiconto ex art. 2261 c.c. senza il rispetto dei criteri di verità, precisione e correttezza (Cass., 9 luglio 1994, n. 6524); l'esercizio, da parte del socio amministratore, di una attività in concorrenza con quella della società (Pret. Foligno, 22 dicembre 1987, in Arch. Civ., 1988, 960); il tentativo di provocare lo scioglimento della società mediante comportamenti strumentali diretti a pregiudicare la prosecuzione dell'attività sociale (Pret. Monza, 15 giugno 1983, in Giur. comm., 1984, II, 441); l'utilizzo di denaro della società per finalità estranee all'attività sociale (Trib. Milano, 22 marzo 1990, in Soc., 1990, 915); la delega a terzi del potere di gestione (Trib. Torino, 16 gennaio 2017, in Giur. it., 2017, 7, 1624 con nota di M. Callegari, L'impedito accesso alla documentazione sociale giustifica il recesso dell'accomandante; Trib. Napoli, 7 marzo 2006, in Corr. mer., 2007, 561; Trib. Milano, 3 febbraio 1983, in Soc., 1983, 1146); lo stabilire presso la propria residenza il recapito telefonico di altra società concorrente (Trib. Bologna, 5 febbraio 1994, in Giur. comm., 1995, II, 766); l'avere impedito l'accesso del socio accomandante alla documentazione essenziale per l'esercizio dei diritti di controllo sulla gestione societaria (Trib. Biella, 8 gennaio 2001, in Giur. it., 2001, 978); il compimento di un atto gestorio senza il consenso dell'altro amministratore nel caso in cui sia prevista l'amministrazione congiuntiva ovvero, comunque, l'autonoma gestione da parte di un amministratore del patrimonio sociale, realizzatasi attraverso la sostanziale estromissione dell'altro co-amministratore, in presenza della previsione nel contratto di società dell'amministrazione congiuntiva (App. Salerno, 29 agosto 2013, in Giur. comm., 2015, II, 540; Trib. Ancona, 11 novembre 2009, in Soc., 2000, 736); l'appropriazione degli utili (Cass., 30 gennaio 1980, n. 710).

Osservazioni

La tutela cautelare in tema di revoca dell'amministratore di società di persone

I tempi del processo civile sono, assai spesso, incompatibili con la necessità di ripristinare in tempi brevi, a fronte di condotte illecite poste in essere dall'amministratore, la corretta gestione societaria. E, sul punto, incide non solo la lunghezza del processo di primo grado, ma anche la circostanza che, avendo la sentenza che dispone la revoca dell'amministratore per giusta causa natura costitutiva, essa diviene esecutiva soltanto con il passaggio in giudicato con la conseguenza che, fino a tale momento, l'amministratore convenuto rimane in carica e mantiene intatti i suoi poteri gestori.

Proprio al fine di fronteggiare il pregiudizio arrecato dalla durata del processo ed evitare così le ripercussioni negative conseguenti alla permanenza nella carica dell'amministratore durante tutto il giudizio di merito, si ritiene ammissibile il ricorso allo strumento cautelare e, in particolare, non avendo il legislatore previsto per le società personali alcuna misura cautelare tipica, il ricorso allo strumento di cui all'art. 700 c.p.c.

In questa prospettiva, si afferma in giurisprudenza che è ammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c. per conseguire giudizialmente la revoca per giusta causa dell'amministratore unico accomandatario se ed in quanto sussista una giusta causa rilevante, nella quale sono da ricomprendersi tutti quei comportamenti dell'amministratore che compromettano l'esistenza stessa dell'impresa collettiva ed il suo funzionamento ovvero le condotte che, violando obblighi di legge o doveri di correttezza e diligenza propri dello stesso, non garantiscano una corretta amministrazione della società e la tutela degli interessi dei suoi soci (così, Trib. Torino, 16 gennaio 2017, cit.; Trib. Padova, 13 luglio 2003, in Giur. comm., 2005, II, 662, con nota di M. Battistini, La revoca giudiziale per giusta causa dell'amministratore unico accomandatario di società in accomandita semplice; Trib. Cassino, 28 ottobre 2000, in Soc. 2001, 476).

Né, d'altra parte, appare ostativo all'adozione di un provvedimento cautelare la circostanza che, in questo modo, tutela cautelare e tutela di merito verrebbero sostanzialmente a coincidere. Infatti, il provvedimento ex art. 700 c.p.c. ha ormai assunto una funzione non solo conservativa, ma anche pienamente anticipatoria degli effetti del provvedimento di merito (sul punto, U. Corea, Sulla nozione di provvedimento anticipatorio, in Judicium, 2020, 3, 407), dovendo garantire, attraverso l'adozione di provvedimenti non solo negativi, che assicurino la conservazione del diritto, ma anche di ordini aventi contenuto positivo, che il decorso del tempo necessario per ottenere la sentenza di merito non crei danni irreparabili ai diritti fatti valere, restando quindi inutile l'adozione del provvedimento conclusivo del giudizio. In altre parole, le misure adottabili ex art. 700, in via anticipatoria o conservativa, debbono essere funzionali alla tutela della situazione giuridica sostanziale durante il tempo occorrente per far valere questa in via ordinaria, e trovano il loro limite nella impossibilità, per la parte, di ottenere in via d'urgenza più di quanto può ottenersi in via ordinaria. È, invece, adottabile un provvedimento ex art. 700 c.p.c. che abbia un effetto del tutto coincidente con la sentenza di merito da pronunciarsi all'esito della preannunciata causa di merito, essendo proprio questo lo scopo della procedura in discorso e ciò anche in ipotesi di decisioni di merito aventi carattere costitutivo di una determinata situazione giuridica (come avviene nel caso di revoca dell'amministratore di società di persone).

In questa prospettiva, l'ammissibilità della revoca in via d'urgenza ex art. 700 c.p.c. dell'amministratore di società di persone viene spiegata sulla base della ricorrenza tanto del limite interno, costituito dalla residualità della misura, essendo inapplicabile alle società personali il procedimento cautelare di cui all'art. 2409 c.c., dettato per le sole società di capitali (così, F. Parrella, Art. 2259, in Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2247-2378, a cura di D. Santosuosso, Commentario del codice civile, a cura di E. Gabrielli, Milano, 2015, 191, nt. 8; R. Tuccillo, I provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., in Codice delle misure cautelari societarie, a cura di Nazzicone, Torino, 2012, 98; Trib. Agrigento, 2 aprile 2015, in Giur. comm., 2016, II, 377, con nota di F. Dimichina, Alla revoca cautelare dell'amministratore di s.a.s., unico accomandatario, consegue necessariamente lo scioglimento della società?), quanto del limite esterno, concernente l'astratta non inconciliabilità fra assicurazione in via d'urgenza ed azione costitutiva (sulla compatibilità tra tutela cautelare e sentenze costitutive, in particolare, cfr., U. Corea, Sulla nozione di provvedimento anticipatorio, cit., 408). Ovviamente, il provvedimento potrà essere concesso laddove sussistano gli estremi della giusta causa e vi sia la necessità di interrompere quanto prima la gestione incontrollata o ricorrano altrimenti gli estremi del periculum in mora.

Si esclude, però, che il tribunale possa procedere alla nomina di un amministratore giudiziario in sostituzione di quello revocato (Trib. Milano, 14 febbraio 2004, in Giur. comm., 2005, II, 662; Trib. Lecce, 29 novembre 1989, in Soc., 1990, 199; Trib. Napoli, 8 novembre 2000, in Foro nap., 2000, 269, contra Trib. Padova, 13 luglio 2003, in Giur. comm., 2005, II, 662).

Il requisito del periculum in mora

Come già evidenziato, il Tribunale di Catania - dopo avere ritenuto la sussistenza del fumus boni iuris e, dunque, la sussistenza della giusta causa per avere l'amministratore prelevato l'intero importo presente sul conto corrente intestato alla società - ha rigettato il ricorso cautelare per assenza del requisito del periculum in mora.

Secondo il Tribunale, infatti, non sussistono i requisiti della imminenza ed irreparabilità del pregiudizio lamentato, dal momento che esso risulta suscettibile di risarcimento all'esito dell'ordinario giudizio di cognizione: sul punto, il giudicante richiama la giurisprudenza secondo la quale il pregiudizio rilevante ex art. 700 c.p.c. sussiste solo quando siano in discussione posizioni soggettive di carattere assoluto, principalmente attinenti alla sfera personale del soggetto (e spesso dotate anche di rilievo e protezione costituzionale), che rendano necessario un pronto ed immediato intervento cautelare al fine di assicurarne la completa tutela. Al contrario, il pregiudizio non può essere considerato irreparabile nei casi in cui siano in discussione esclusivamente profili di carattere economico: il pregiudizio avente unicamente carattere pecuniario non integra gli estremi della irreparabilità necessaria ai fini della concessione del provvedimento d'urgenza, poiché i crediti monetari possono formare oggetto di provvedimenti d'urgenza solo in casi del tutto eccezionali, ossia solo laddove sia eccessivamente difficile la determinazione dell'ammontare del risarcimento o quando questo sia di entità tale che il pagamento determinerebbe la lesione di altri diritti assoluti o sarebbe difficilmente ripetibile in relazione alle dimensioni patrimoniali della parte resistente.

Ciò posto, sebbene il ricorrente avesse lamentato il pregiudizio per l'ordinato svolgimento delle attività della azienda e per la corretta gestione societaria (nell'immediatezza il pagamento della rottamazione delle imposte scadente fine mese), sulla base di tali premesse in diritto, il Tribunale di Catania ha ritenuto che, ove dallo svuotamento del conto corrente sia derivata l'impossibilità per la società di pagare le rate alle scadenze stabilite (anche a titolo di IMU) il pregiudizio risulta essere squisitamente economico e, in quanto tale, riparabile all'esito del giudizio di merito, già pendente.

In sostanza, la decisione in commento è fondata sul seguente sillogismo: l'art. 700 c.p.c. pretende che vi sia la minaccia di un pregiudizio imminente ed irreparabile; è irreparabile quel pregiudizio che non può essere ristorato; i danni patrimoniali sono sempre riparabili; dunque, il pregiudizio economico non è (mai) tutelabile con lo strumento dell'art. 700 c.p.c. (sul punto, L. Viola, Il procedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., Milano, 2013, 60).

In altre parole, la decisione richiama quell'orientamento secondo il quale il pericolo del verificarsi di un danno patrimoniale non costituisce un danno grave ed irreparabile, in quanto il danno patrimoniale è per sua natura riparabile attraverso il successivo risarcimento (così, Trib. Sant'Angelo dei Lombardi, 14 giugno 2011).

Appare, però, evidente che il sillogismo ora descritto sia fallace. E risulta fallace sia con riferimento alla tematica generale del periculum in mora sia con riferimento alla tematica particolare del cautelare afferente alla revoca dell'amministratore di società di persone. 

E, invero, la decisione in esame non tiene conto di tutta l'evoluzione che, negli ultimi decenni, è stata portata avanti dalla giurisprudenza e dalla dottrina, le quali hanno, sostanzialmente, superato i pregressi orientamenti che limitavano il perimetro della tutela cautelare ai soli pregiudizi ai diritti assoluti.

Questa opera di nuova ed originale decodificazione del concetto di periculum è stata portata avanti - come osservato in dottrina (A. Panzarola, R. Giordano, Provvedimenti d'urgenza, Bologna, 2016, 225) - da un lato, considerando, in una prospettiva funzionale, la destinazione concreta del diritto di credito a garantire bisogni non patrimoniali e, dall'altro, assegnando rilievo, anche nell'ipotesi di un diritto integralmente di credito, allo scarto tra danno subito e danno risarcibile.

In tal modo, nella prima ipotesi, si ammette la tutela cautelare in via d'urgenza di un diritto di credito in quanto diretta a salvaguardare non tanto il diritto di credito in quanto tale, ma le situazioni giuridiche soggettive non patrimoniali che ad esso sono indissolubilmente e immediatamente correlate (come il diritto al lavoro, il diritto all'integrità fisica, alla salute o ad un'esistenza libera e dignitosa), le quali potrebbero essere pregiudicate definitivamente dal ritardo nella soddisfazione del diritto di credito (Trib. Bari, 30 giugno 2009 in giurisprudenzabarese.it; Trib. Torino, 22 dicembre 2000, in Gius., 2022, 103).

In questa (moderna) prospettiva, l'irreparabilità deve essere ravvisata allorquando, all'esito del giudizio di merito, il risarcimento del danno non costituisca una tutela piena ed effettiva della situazione giuridica lesa e, quindi, quando il primo non sia - verrebbe da dire, strutturalmente - in grado di assicurare una tutela satisfattoria completa, con conseguente determinarsi di uno scarto intollerabile tra danno subito e danno risarcito (in questo senso, Trib. Lecce, 8 gennaio 2013, in Giur. mer., 2013, 1045).

E la tematica del c.d. «scarto intollerabile» porta a considerare la seconda delle due ipotesi sopra accennate. In tal caso, pur avendo il diritto di credito contenuto e funzione patrimoniale, si potrebbe egualmente ravvisare il pregiudizio irreparabile allorché - per lo scarto temporale che si determina tra il tempo della lesione ed il momento del ristoro per equivalente - vi sia il rischio che il risarcimento non sia appagante per il creditore. Il che può dipendere ora dalle condizioni patrimoniali della parte, ora dalle stesse difficoltà pratica di procedere alla determinazione dell'equivalente, pur astrattamente consentita (così, già V. Andrioli, Commentario al codice di procedura civile, IV, 3 ed., Napoli, 1964, 352; di recente, A. Panzarola, R. Giordano, Provvedimenti d'urgenza, cit., 226). Così, come è stato efficacemente affermato, l'irreparabilità può essere intesa tanto come “inefficacia di diritto” quanto come “inefficacia di fatto” della emananda sentenza di merito o, più ampiamente, come impossibilità, conseguente all'una o all'altra sorta d'inefficacia, di reintegrare per equivalente la situazione lesa (V. Andrioli, Commentario al codice di procedura civile, cit., 250 il quale evidenziava, correttamente, che l'irreparabilità ricorre tutte le volte in cui la reintegrazione per equivalente, ma neppure il risarcimento del danno e gli altri rimedi eccezionalmente apprestati dalla legge valgono in concreto ad attuare integralmente il diritto dedotto in giudizio).

In definitiva, dall'esame complessivo della giurisprudenza, emerge una considerazione meno intensa del presupposto della irreparabilità, che appare il riflesso del ripudio di una interpretazione in senso assoluto di tale concetto e della diffusa propensione a non confonderlo con la irrisarcibilità.

E tale sembra essere divenuto (a ragione) «diritto vivente» (così, A. Panzarola, R. Giordano, Provvedimenti d'urgenza, cit., 229).

In altre parole, quello che non considera la decisione in esame è, soprattutto, la natura «ibrida» dei diritti patrimoniali: e, infatti, alcuni diritti sono destinati a caricarsi di un disvalore ulteriore, laddove lesi, derivanti dalla loro funzione essenzialmente non patrimoniale, in quanto consentono al titolare il godimento di una situazione di libertà oppure la soddisfazione di bisogni primari che non potrebbero altrimenti essere soddisfatti (così, L. Viola, Il procedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., cit., 60). In questi casi, infatti, il contenuto del diritto diviene, in qualche modo, ibrido perché, alla componente patrimoniale si affianca ed è inscindibilmente collegata una componente non patrimoniale: la prima diviene, in questa prospettiva, il mezzo perché si realizzi la seconda. Da qui l'importanza di non limitare il perimetro della irreparabilità - e, dunque, il perimetro dello strumento di cui alla tutela innominata ex art. 700 c.p.c. - ai soli risvolti patrimoniali di una vicenda umana.

Proprio sulla base delle precedenti considerazioni, la dottrina (A. Panzarola, R. Giordano, Provvedimenti d'urgenza, cit., 230) ha opportunamente distinto: 1) diritti a contenuto e a funzione non patrimoniale (ad es., i diritti della personalità); 2) diritti a contenuto patrimoniale ma a funzione non patrimoniale (ad es., il diritto del lavoratore illegittimamente licenziato o trasferito a essere reintegrato nel posto di lavoro o il diritto alla fruizione di un servizio pubblico essenziale gestito in sistema di concessione o monopolio o il diritto di credito dell'imprenditore a rischio di fallimento); 3) i diritti a contenuto e funzione esclusivamente patrimoniale. Anche per tale terza categoria sarebbe possibile la tutela cautelare quando le conseguenze della violazione di quel diritto non appaiano riparabili patrimonialmente, tenuto conto che vi sarebbe uno scarto non colmabile tra danno subito e danno risarcibile (Trib. Bari, 15 luglio 2010, in Foro it., 2010, I, 3220; Trib. Firenze, 4 marzo 2005, in Giur. mer., 2005, 2323; Trib. Bologna, 4 ottobre 2005, in Giur. it, 2006, 1436).

Conclusioni

Le precedenti considerazioni evidenziano come la motivazione del Tribunale si sia fermata alla superficie - l'aspetto patrimoniale - del diritto leso, senza, tuttavia, indagare come la sottrazione dell'intero saldo attivo del conto corrente possa refluire sulla corretta gestione societaria e, quindi, su un aspetto non meramente patrimoniale quale l'attività imprenditoriale svolta dalla società. D'altra parte, la mancanza di disponibilità economiche comporta, evidentemente, lo scioglimento della società o la sua sottoposizione alla liquidazione giudiziaria e, dunque, in entrambi i casi una perdita di valore (non solo economico, ma) imprenditoriale.

In ambito societario, infatti, nell'ambito del requisito del periculum in mora, possono essere valorizzati la probabile reiterazione delle condotte illegittime che ostacolino il normale funzionamento della società e l'estrema difficoltà del ripristino della situazione anteriore (R. Tuccillo, I provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., cit., 259; F. Murino, La revoca dell'amministratore, cit., 1665 secondo il quale il provvedimento ex art. 700 c.p.c. può essere concesso qualora sia urgente rimuovere al più presto l'amministratore per impedirgli di continuare a recare danni alla società). E appare del tutto evidente come, nel caso in esame, sia del tutto mancata una prognosi in ordine alla possibile reiterazione di condotte illecite e fraudolente da parte dell'amministratore.

Guida all'approfondimento

L. Viola, Il procedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., Milano, 2013

U. Corea, Sulla nozione di provvedimento anticipatorio, in Judicium, 2020, 3, 407

A. Panzarola, R. Giordano, Provvedimenti d'urgenza, Bologna, 2016

V. Andrioli, Commentario al codice di procedura civile, IV, 3 ed., Napoli, 1964

F. Parrella, Art. 2259, in Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2247-2378, a cura di D. Santosuosso, Commentario del codice civile, a cura di E. Gabrielli, Milano, 2015, 188;

R. Tuccillo, I provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., in Codice delle misure cautelari societarie, a cura di Nazzicone, Torino, 2012, 98

F. Murino, La revoca dell'amministratore, in V. Donativi (a cura di), Trattato delle società, I, Milano, 1645

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