La promessa di pagamento da parte del socio accomandante non determina la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali
23 Luglio 2025
Massima Non basta la sottoscrizione, da parte della socia accomandante, di una scrittura privata contenente un riconoscimento di debito ed un impegno a ripianare le perdite al momento della cessione delle quote, ad integrare un atto di ingerenza nell'amministrazione, se non emerge la volontà di rinunciare alla limitazione di responsabilità inerente la sua condizione di accomandante e di assumere personalmente l'obbligazione. Il caso La pronuncia riguarda un giudizio di opposizione promosso dalla socia accomandante (Do.Lo) di una s.a.s. (Silver) avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da Ca.Gr. per il pagamento della somma di €.99.159,00= pari al 50% del finanziamento erogato da Ca.Gr. alla s.a.s. La pretesa creditoria si fondava su una scrittura privata del 9 febbraio 2016 con la quale i due soci della Silver (Do.Lo - accomandante e Fe.Al -accomandatario) si erano impegnati in via solidale a restituire la somma finanziata da Ca.Gr “all'atto della cessione a terzi della quote della società”; atteso che, nonostante l'avvenuta cessione a terzi, in data 21 luglio 2016, i soci non avevano onorato l'impegno assunto, Ca.Gr. chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Pavia ingiunzione di pagamento a carico di Do.Lo pro-quota per il 50% del suo credito. Nell'opporsi la socia accomandante chiedeva di accertarsi di nulla dovere in ordine al D.I. e di revocarlo; a sostegno della propria opposizione deduceva che, con la sottoscrizione dell'accordo del 9 febbraio 2016 non aveva assunto alcun impegno personale, ma solo promesso di ripianare le perdite al momento della cessione delle quote societarie a terzi. Il Tribunale rigettava la domanda di pagamento di Ca.Gr. in ragione del fatto che non risultavano applicabili nei confronti di Do.Lo le sanzioni di cui all'art. 2320 c.c., secondo il quale, i soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari, pena la responsabilità illimitata e solidale per tutte le obbligazioni sociali ed il rischio di esclusione a norma dell'art.2286. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che aveva confermato la sentenza di prime cure, Ca.Gr. proponeva ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi, di cui:
La questione La pronuncia in commento analizza la questione relativa ai presupposti applicativi della sanzione di cui all'art. 2320 c.c. per stabilire se la sottoscrizione di una scrittura privata di riconoscimento dei debiti sociali, con assunzione dell'impegno a ripianare le perdite, costituisca un atto di ingerenza nell'amministrazione della società da parte del socio accomandante con conseguente responsabilità illimitata verso i terzi, o debba essere invece ritenuto un atto ricognitivo, privo di effetti sulla responsabilità limitata del socio, in assenza di una chiara volontà di rinuncia alla limitazione della responsabilità inerente la condizione di socio accomandante della s.a.s. Osservazioni La sentenza in commento si colloca nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo il quale il socio accomandante assume la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, a norma dell'art. 2320 c.c., solo ove contravvenga al divieto di trattare o concludere affari in nome della società o di compiere “atti di gestione aventi influenza decisiva o almeno rilevante nell'amministrazione stessa” (cfr. Cassazione n.11250/2016, Cass. n. 4498/2018). È parimenti principio giurisprudenziale consolidato -ricorda la pronuncia in commento- che per aversi ingerenza dell'accomandante nell'amministrazione della s.a.s. non è sufficiente il compimento di atti esecutivi dei rapporti obbligatori della società o di mero ordine, ma è necessario che l'accomodante svolga una attività gestoria che si concreti nella direzione degli affari sociali, implicante una scelta che è propria del titolare dell'impresa. Neppure la “presa di contatto” del socio con altra società tesa a sondare le intenzioni “transattive” comporta la violazione del divieto di ingerenza (cfr. Cassazione n. 172/1987). Sulla base di questi principi, la Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo corretta la conclusione della Corte di Appello che ha escluso la ricorrenza, nel caso de quo, di un atto di ingerenza nell'amministrazione, aggiungendo altresì che, conformemente a quanto affermato dalla Corte milanese, non vi era neppure una volontà (chiara) di rinunciare alla limitazione di responsabilità inerente la condizione di socia accomandante. Richiamando l'approfondita disamina e l'indagine di fatto (non censurabile in Cassazione quando rappresenti, come in questo caso, una delle possibili e plausibili interpretazioni) della volontà delle parti, sia secondo il dato letterale, sia secondo i criteri logici, teleologici e sistematici, effettuata dalla corte di merito, la Suprema Corte nel dichiarare inammissibile (al pari del secondo e del terzo) anche il quarto motivo di ricorso, sottolinea come la sottoscrizione della scrittura privata 9 febbraio 2016 abbia avuto solo valore ricognitivo rispetto ad un debito sociale già esistente. La socia accomandante effettuò solo una ricognizione e conferma essendo emerso, con certezza, che il debito faceva capo alla s.a.s. e non ai suoi soci, i quali si erano impegnati a ripianare le perdite della società per consentire alla stessa, all'atto della sua cessione a terzi, di ripagare il suo debito nei confronti di Ca.Gr. Dallo scrutinio della volontà delle parti non è dato evincere: - né la volontà da parte dei soci di accollo/assunzione diretta in proprio del debito della società nei confronti di Ca.Gr. - né, men che mai, la volontà di Do.Lo. di rinunciare al beneficio della responsabilità limitata connessa al suo status per farsi carico di quota parte del debito sociale, in quanto l'obbligo/impegno a ripianare le perdite della società all'atto della cessione non può che essere riferito al solo socio accomandatario, a tanto, peraltro, tenuto ex lege in quanto illimitatamente responsabile dei debiti sociali. La mancanza di una espressa ed inequivoca volontà della socia accomandante di assumersi in proprio e pro-quota il debito sociale rende pertanto inapplicabili le sanzioni di cui all'art. 2320 c.c. Conclusioni La pronuncia esaminata, tutelando la netta distinzione tra soci accomandanti e accomandatari, nell'escludere che atti meramente ricognitivi o confermativi di un debito sociale possano far decadere il socio accomandante dal beneficio della responsabilità limitata, suggerisce ai creditori sociali di porre attenzione nella redazione di scritture private, quando siano coinvolti i soci accomandanti, affinché le loro obbligazioni personali vengano espresse in modo inequivocabile, chiaro oltre che consapevole. In difetto di ciò, al creditore non resterebbe che la prova (non sempre agevole) dell'avvenuto compimento da parte del socio accomandante di atti gestori, onde poter invocare le conseguenze di cui all'art. 2320 c.c. |